A.C. 3265-A
Grazie, signor Presidente. Il provvedimento che portiamo oggi in approvazione, al di là di quello che ha detto qualcuno in dichiarazione di voto, è l'esito di un approfondito lavoro di confronto con le associazioni di categoria e dei consumatori e si inserisce nel solco dell'impegno che il Parlamento e il Governo hanno profuso in questi anni per la promozione delle produzioni tipiche e dell'agroalimentare italiano.
Come l'arte, l'ambiente e il paesaggio, il buon cibo è parte di quel patrimonio nazionale che contraddistingue il nostro Paese nel mondo e attrae ogni anno migliaia di turisti e visitatori. L'agroalimentare, d'altronde, è stato il valore aggiunto, per il nostro sistema produttivo, che ha consentito all'economia nazionale di affrontare la lunga crisi senza tracollare, anzi, per alcuni prodotti tipici, addirittura di espandersi e conquistare nuovi mercati, facendo del cibo il primo e principale ambasciatore dell'Italia e degli italiani in un mondo sempre più globalizzato.
La valorizzazione del nostro settore primario è stata il filo rosso di tutta la politica agricola e agroalimentare di questa legislatura. Governo e Parlamento hanno tessuto la relazione tra la qualità dei nostri prodotti e le aspettative dei cittadini consumatori, che, in base a tutte le rilevazioni demoscopiche, si definiscono ancora saldamente legati alla tradizione enogastronomica del proprio territorio e a quella nazionale.
Il lavoro svolto per la promozione e la diffusione del sistema delle etichettature è parte integrante di questo impegno. Etichette chiare e trasparenti, indicazione dei luoghi di produzione e confezionamento degli alimenti, indicazione dell'origine delle materie prime utilizzate, per evidenziarne l'origine italiana, offrono ora ai consumatori la possibilità di districarsi con chiarezza nella scelta e valorizzare la qualità e la genuinità dei prodotti made in Italy.
Il provvedimento in esame pone l'accento proprio su uno degli elementi caratteristici della cultura italiana e della cucina italiana: il pane, un elemento essenziale che non manca mai sulla tavola degli italiani e che non ha conosciuto crisi, nonostante le quantità consumate siano progressivamente diminuite con il passare del tempo.
Stiamo parlando, comunque, di un settore che vale diversi miliardi, 140.000 addetti in 26.000 imprese, in gran parte di dimensioni familiari. La proposta di legge pone l'accento sulla specificità e sulla tipicità del pane italiano, un patrimonio inestimabile, che conta circa 200 specialità, di cui 95 già iscritte nell'elenco tenuto dal Ministero delle politiche agricole. Definisce il pane fresco come il frutto di quel lavoro e di quell'insieme di competenze e conoscenze, pratiche e tradizioni che costituiscono un patrimonio culturale nazionale, che abbiamo il dovere di preservare e valorizzare con accorgimenti specifici, necessari ad informare il consumatore, certo, ma anche a tutelare le produzioni artigianali, e definisce “panificio” quell'impianto di produzione del pane che svolge l'intero ciclo di produzione, a partire dalla lavorazione delle materie prime, sino alla cottura finale, e, adesso, affianca la denominazione di “forno di qualità”, riservata esclusivamente al panificio che produce e commercializza pane fresco.
Le innovazioni e le nuove tecnologie hanno portato ad un'evoluzione delle modalità di produzione e vendita del pane e le tecniche di conservazione del freddo hanno reso l'offerta di questo prodotto estremamente variegata.
Accanto a quello tradizionale, ottenuto con un impasto di acqua, farina e lievito, con l'aggiunta eventuale di altri ingredienti, come l'olio, cotto e venduto nell'arco di poche ore, oggi, è possibile trovare sul mercato pane ottenuto per completamento di cottura, effettuato nel punto vendita, anche a partire da basi congelate.
Le possibilità di scelta del consumatore, quindi, sono considerevolmente aumentate; ciò che ancora manca, tuttavia, è la possibilità per i consumatori di accedere a informazioni corrette sulla qualità e sulle caratteristiche del pane posto in commercio. Si tratta, quindi, di allineare la normativa in vigore alle mutate opportunità di produzione e commercializzazione di un prodotto che è e deve restare tipico della tradizione italiana.
Da oltre dieci anni, cioè dalle liberalizzazioni del 2006, il settore della produzione artigianale del pane è in credito di norme chiare che consentano al consumatore di riconoscere il pane fresco artigianale dal Pane conservato, da quello prodotto con base surgelata, magari confezionata altrove, anche fuori dall'Unione europea. Le differenze sono sostanziali; per il pane artigianale servono acqua, farina, sale e la lievitazione di una notte; per il pane industriale si possono avere tempi di preparazione ridotti e ingredienti aggiuntivi, fra cui conservanti utili per una più lunga resistenza all'invecchiamento. Differenze non da poco, delle quali i consumatori hanno il diritto di avere contezza.
Il provvedimento ricompone parte del quadro normativo e offre ai consumatori certezza sia sull'origine e sul processo produttivo impiegato, sia sulla qualità del pane, mettendoli in condizione di scegliere, in modo adeguatamente informato, il tipo di prodotto che meglio risponda alle loro esigenze; non si limita a individuare che cosa debba intendersi con il termine “pane fresco”, ma opera un'ulteriore, importante specificazione, nel distinguere il prodotto finale sulla base del processo di lievitazione utilizzato; definisce, finalmente, in modo preciso che cosa si debba intendere per “lieviti”, “agenti lievitanti” e “pasta madre”, superando quell'equivoca e generica definizione di “lievito madre”, troppo spesso utilizzata a sproposito. Offre, in sostanza, un riconoscimento al ruolo che il pane e la panificazione hanno giocato e giocano tuttora nel quadro economico, occupazionale, culturale e storico italiano, così com'è avvenuto per il vino.
La finalità ultima è quella di consentire a chi produce di valorizzare al meglio il frutto del proprio lavoro, dando piena e completa informazione a chi lo acquista, rispetto ai caratteri di unicità, qualità e genuinità intrinsechi nelle produzioni artigianali che la proposta di legge pone al centro.
Le novità che introduce vanno nella direzione della tutela non solo di chi consuma, ma anche di chi il pane lo produce e vende tutti i giorni, nel rispetto dei valori e della tradizione artigianale. Il mestiere del panificatore è un lavoro antico, fatto di impegno e passione; l'impasto, la lievitazione, la preparazione e la cottura in forno sono tutti processi che rendono l'arte bianca un mestiere speciale e per questo vanno difesi e tutelati: per non dimenticare il vero sapore del pane, quello artigianale, fatto con cura e passione, che troppo spesso si tende a dare per scontato.
Allora, qualità, competenza e trasparenza sono i criteri che hanno ispirato questa iniziativa legislativa e il lavoro della Commissione agricoltura, che l'ha istruita in sede referente.
Per tutte queste ragioni, il voto del gruppo Partito Democratico, nel solco del lavoro svolto in questi cinque anni di legislatura nel settore agroalimentare, non potrà che essere convintamente positivo.