A.C. 259-A ed abbinate
Grazie, signora Presidente. Colleghi, dopo tre legislature, più di dieci anni di discussione parlamentare, arriva in Aula alla Camera una proposta di legge di iniziativa parlamentare, particolarmente importante, sul tema della responsabilità professionale in sanità. L'oggetto dell'intervento è la creazione di un sistema di sicurezza delle cure, il miglioramento delle fattispecie per la responsabilità professionale dei sanitari, il contenimento della spesa dovuta alla medicina difensiva, maggiori certezze legislative, stanti le difficoltà di interpretazione dell'articolo 3 del decreto n. 189 del 2012, che è il cosiddetto «decreto Balduzzi», maggiore celerità nei risarcimenti e una dimensione che finalmente ci porta in Europa, attraverso una maggiore omogeneizzazione a quello che avviene negli altri sistemi sanitari.
Allora, colleghi, la prima domanda a cui noi dobbiamo rispondere è perché è necessario riconoscere una specificità, a chi lavora in sanità, in materia di responsabilità professionale. Dove sta la differenza rispetto alla responsabilità professionale di un ingegnere, di un geometra, di un avvocato, di un notaio, di un promotore finanziario eccetera ? Bene, la risposta sta nel fatto che se la casa costruita dall'uomo crolla, dopo lavori sbagliati e inopportuni, come peraltro è appena successo a Roma, quello è l'esito di scelte sbagliate, compiute appunto da uomini. Se l'automobile costruita va per strada e c’è un incidente, quella è una macchina costruita da ingegneri, all'interno di fabbriche: è una costruzione umana. Se abbiamo problemi a interpretare le leggi – qualche responsabilità forse ce l'ha anche il legislatore – e il notaio compie un errore, quello è, a tutti gli effetti, l'errore umano. Ma se hai a che fare con la salute del nostro corpo, non è solo una questione di meccanica, non è una cosa che possiamo affrontare sapendo in principio che sappiamo già tutto, perché quello che sappiamo, invece, è che, per quanto le conoscenze della medicina siano enormemente aumentate negli ultimi decenni, ancora noi non sappiamo tutto e non sappiamo tutto del singolo paziente, della sua specificità – avete sentito, nell'intervento della collega Binetti, quanto si vada ormai verso una medicina con una cura individualizzata –, non sappiamo quale sia la sua eredità genetica e quali siano le sue capacità e potenzialità psicologiche.
Ecco, è quello che non sappiamo che ci pone l'obbligo di tenerne conto, nel momento in cui si fa una scelta che attiene alla responsabilità. È il senso del limite che sta alla radice della proposta che va nella direzione di una modifica della responsabilità penale riconosciuta specificatamente agli operatori sanitari, per i quali si risponde – certo – per dolo e per colpa grave, ma, se ci si attiene alle buone prassi e alle linee guida, cioè a quell'insieme di cose che già sappiamo, allora, in quel caso, per l'imperizia e solo per l'imperizia, non si risponderà di colpa lieve.
La seconda scelta che noi facciamo, che attiene alla dimensione della responsabilità civile, viene dalla raccolta di quanto emerso dal lavoro di una commissione, insediata ormai più di un anno fa dal Ministro Lorenzin, che ha chiamato intorno al tavolo migliori esperti sanitari e giuristi e gli ha posto il tema di fare proposte sul tema della responsabilità in sanità. Era presieduta dal professor Alpa e ha dato esito dei propri lavori nel giugno scorso. È da loro che viene la proposta di distinguere la responsabilità contrattuale della struttura – l'ospedale, giusto per capirci, pubblico o privato che sia, ma se fossimo in Europa, diremmo dell'impresa –, quindi mantenendo in capo alla struttura una responsabilità contrattuale, con onere della prova, a carico della struttura ospedaliera, di dimostrare di aver fatto tutto il possibile e prescrizione decennale, a fronte del ritorno, per gli operatori della sanità, a quanto era valido fino al 1999 e, quindi, responsabilità aquiliana extra contrattuale, ex articolo 2043 del codice civile.
Ho visto anche, nelle ultime ore, molta preoccupazione da parte delle associazioni più attente alla rappresentanza dei diritti dei pazienti su questo punto. Vorrei rassicurarle: questo è il sistema adoperato in larga parte dei Paesi europei; il riferimento, quello contro cui agire, è appunto la struttura, l'ospedale, la ASL, il poliambulatorio. È anche una scelta coerente con l'evoluzione dell'organizzazione della sanità, dove non c’è il medico che agisce da solo – ce l'ha già ricordato l'onorevole Colletti nel suo intervento –, ma sempre di più le cause vengono fatte risalire a problemi organizzativi dell'intera macchina ospedaliera. Si pensi che in tre dei quattro casi di decessi di donne, morte nel momento del parto, che hanno tanto colpito, giustamente, l'opinione pubblica negli ultimi due mesi, in tre di quei casi gli ispettori del Ministero della salute hanno segnalato, in primo luogo, problemi informativi ed organizzativi.
Quindi, porre in capo alla struttura la responsabilità è una giusta, logica conseguenza e, in quel caso, l'onere della prova rimane a carico della struttura stessa. Non c’è alcun carico ulteriore sulle spalle di chi è già provato da quello che ha vissuto. Ed è anche chiaro che la struttura ospedaliera o l'azienda sanitaria rispondono, come rispondono tutte le imprese, di quanto avviene nelle loro sedi e che dipende da altri fattori, quali la cattiva organizzazione, il malfunzionamento di un ascensore ed altro. Ma quello non è oggetto di questa legge e attiene alla normativa che è uguale per tutti.
Allora, in questo caso i due cambiamenti – responsabilità penale e responsabilità civile – sono molto, molto significativi, ma non avrebbero alcuna giustificazione se non fossero inquadrati in un più complessivo ragionamento, che riguarda la sicurezza delle cure, in parte già anticipato dalla legge di stabilità, nella quale, ai commi 539 e 540, noi abbiamo inserito quelle che sono le norme sull’audit clinico, cioè abbiamo inserito le norme che spingono un'organizzazione complessa, come quella dei servizi sanitari, a adottare e costruire meccanismi di verifica continua della propria organizzazione, di cambiamento della stessa organizzazione in conseguenza di eventi avversi o di segnali di malfunzionamento, e abbiamo spinto, quindi, la struttura farsi complessivamente carico dell'importanza dell'obiettivo di garantire sicurezza alle cure, obiettivo che, a questo punto, diviene una parte importante del sistema sanitario.
Abbiamo parlato dei risparmi della medicina difensiva. Io, però, vorrei parlarvi – mi auguro che i colleghi del bilancio sappiano interpretare le mie parole – della responsabilità che, come Governo e Parlamento, ci assumiamo nei confronti di questa impostazione.
Infatti, come altre colleghe hanno detto nei loro interventi, questo vuole anche dire che noi dobbiamo garantire in primo luogo al sistema sanitario nazionale le risorse sufficienti ad assicurare quegli elementi di base che stanno appunto a garanzia della sicurezza: dagli orari di lavoro, chiamiamoli civili o chiamiamoli europei vista la direttiva che finalmente abbiamo recepito, alla garanzia sulla manutenzione e sull'adeguamento delle macchine tanto fondamentali all'interno della sanità. Pertanto, se è vero che da una parte noi potremmo avere dei risparmi conseguenti al contenere il ricorso ad esami diagnostici o anche a interventi chirurgici non necessari, ma giustificati solo dalla necessità di evitare il ricorso a una causa, dall'altra parte noi dobbiamo anche sapere che è responsabilità del servizio sanitario adeguare le risorse in modo tale da contenere la possibilità che ci sia un malfunzionamento tale da portare poi a gravi conseguenze.
L'ultima considerazione è nata ascoltando gli interventi di oggi, come è bene che sia, perché questa, che è una legge di iniziativa parlamentare, è una legge che viene apertamente e con grande tranquillità discussa, con il contributo attivo e fattivo di tutti i colleghi. Mi colpisce sempre quando i colleghi della giustizia rivendicano la loro competenza in questa materia perché a me sembra che, in realtà, la giustizia sia competente su tutto essendo questa un'Aula di Parlamento nel quale si fanno le leggi. Peraltro, noi abbiamo altri quattro provvedimenti in congiunta tra gli affari sociali e la giustizia ed è un segno del momento riformatore che stiamo vivendo; era moltissimo tempo che non c'era questa necessità di lavorare insieme, tenendo presente il cambiamento della società, che noi che ci occupiamo di affari sociali siamo chiamati a rappresentare, con la necessità di adeguare le norme, non a principi astratti, ma che tengano conto di quel cambiamento. Ma in questo caso specifico, sotto c’è il tema difficilissimo del rapporto tra il diritto e la scienza. La prima questione che questo Parlamento ha affrontato quando nel primo provvedimento arrivato in Aula abbiamo discusso del caso Stamina e che in qualche modo è un fil rouge di questa legislatura è il tema di come noi riusciamo a costruire una legislazione tale da valorizzare e riconoscere il grande contributo che la scienza dà allo sviluppo e alla crescita di qualsiasi Paese e in particolare del nostro Paese. E io vorrei un diritto più amico della scienza per poter avere garanzie per la salute di tutti, cominciando dalla salute di chi in questo momento ne ha più bisogno.