Discussione sulle linee generali
Data: 
Lunedì, 13 Febbraio, 2017
Nome: 
Maria Amato

A.C. 259-B ed abbinate

Grazie, Presidente. Perdonate l'ironia, ma la visione di un medico è diversa e mi verrebbe da dire che se questo provvedimento non piace ad un avvocato, forse il provvedimento è buono. È una legge che torna in Aula, torna sul rischio clinico, è stata approvata dalla Camera il 28 gennaio 2016 e dal Senato l'11 gennaio scorso con 168 voti favorevoli, 35 voti di astensione e solo 8 voti contrari. Si tratta di un provvedimento molto atteso e, se non bastasse a certificarlo la voce delle associazioni mediche e delle professioni sanitarie o i tanti convegni sul tema, da qualche mese è stata lanciata su quotidiani on line di settore una petizione per sollecitare il percorso della proposta di legge sul rischio clinico che ha trovato immediate e numerose adesioni. Il provvedimento affronta e disciplina i temi della sicurezza delle cure e del rischio sanitario, della responsabilità dell'esercente le professioni sanitarie o socio-sanitarie, della struttura sanitaria pubblico-privata, le modalità di svolgimento dei procedimenti giudiziari aventi ad oggetto la responsabilità sanitaria, l'obbligo di assicurazione e l'istituzione del Fondo di garanzia per i soggetti danneggiati da responsabilità sanitaria. È un testo – lo ha ricordato il relatore – di iniziativa parlamentare a cui è stato dato un significativo contributo anche attraverso i risultati dei lavori della Commissione consultiva Alpa nominata dal Ministero della salute. Che cos’è la medicina difensiva ? È ormai un atteggiamento di sistema per cui si richiedono esami di diagnostica non necessariamente appropriati, procedure e visite specialistiche oppure si evitano pazienti o procedure ad alto rischio al fine di ridurre la esposizione ad un giudizio di responsabilità per malpractice, indirizzandoli ad altri o più grandi centri oppure di fatto facendoli passare attraverso lunghi percorsi di controlli specialistici oppure attraverso referti di diagnostica prevalentemente descrittivi con poche conclusioni di diagnostica. Nell'uno e nell'altro caso si verifica un grave disservizio direttamente ai danni del paziente che potrebbe, qualora il fenomeno non venga arginato per tempo, incontrare difficoltà nella ricerca di un professionista adeguato che sia disposto alla presa in carico del suo caso. In ogni caso il danno sarebbe di tipo economico e corrisponderebbe ad una spesa inappropriata per servizi sanitari. Un esempio, dicevo, sono gli esami di diagnostica strumentale fatti per vedere meglio o per essere più prudenti, visite specialistiche richieste per maggiore approfondimento, viaggi della speranza consigliati dagli stessi specialisti per sentire un altro parere o per evitare un paziente complesso, referti descrittivi senza ipotesi diagnostica. La medicina difensiva non giova, non cura, meno che mai guarisce.
Detta così è una definizione quasi asettica che forse non fa comprendere fino in fondo la portata del fenomeno che non è fatto solo dei dieci miliardi assorbiti dalla medicina difensiva ma di professionisti che necessitano di percorsi formativi impegnativi e di coraggio, esattamente di coraggio, quotidianamente di coraggio per superare la paura di incorrere in denunce, processi o condanne essenzialmente per fare il proprio lavoro. Dunque proviamo a immaginare per esempio come incide la paura dell'errore in emergenza-urgenza quando il presto e bene è vitale o quanto incide la stanchezza dopo turni gravosi non sempre ricoperti nel rispetto della normativa europea degli orari di lavoro perché anche questo sono le strutture nel nostro Paese. L'impatto maggiore quindi ricade sui pazienti: tanti esami non sono necessariamente quelli giusti per una diagnosi tempestiva; tanti esami rimandano a liste d'attesa e a sistemi organizzativi di efficienza differente di regione in regione; si sovraccaricano le strutture che accettano i pazienti cosiddetti difficili; i pazienti spendono più in soldi, energia e tempo e il tempo in medicina è un fattore di vitale importanza. È questo il paradosso della medicina difensiva: si lavora peggio, si spende di più con un maggiore rischio. È questo il contesto in cui si opera: un contesto in cui non bisogna dimenticare il ruolo delle assicurazioni con polizze onerose e agenzie assicurative poco inclini a stipulare polizze sostenibili a strutture o agli specialisti maggiormente a rischio, per esempio i ginecologi. Quanti titoli di giornali abbiamo letto su casi eclatanti di malasanità non tutti realmente con responsabilità di operatori o strutture ma il primo titolo, un passaggio su una televisione, l'amplificazione dei social e il processo mediatico è molto più rapido e sommario del percorso della giustizia, più rapido anche rispetto all’audit clinico cioè alla procedura interna con cui si chiariscono le modalità per cui è avvenuto l'evento avverso o con cui si individuano i correttivi perché non si ripeta. E dietro ogni titolo di giornale ci sono storie dolorose di persone e di famiglie, risarcimenti che mai ti ridaranno chi hai perduto e che solo in parte potranno aiutare un paziente danneggiato dal sistema-sanità. Il testo – che, per tutto quello che ho detto, è atteso con ansia dal mondo della sanità – già al primo passaggio alla Camera aveva messo i punti fermi sull’audit i cui risultati restano segreti, confermando negli obiettivi quelli di un'indagine interna sull'evento avverso ma anche sul quasi evento avverso con un confronto fra tutti gli operatori coinvolti e il referente per il rischio clinico della struttura finalizzato ad individuare il punto fragile e trovare un correttivo per rendere sicura la procedura. I punti chiave del provvedimento in discussione sono i seguenti: il malato avrà l'indennizzo senza bisogno dell'iter processuale; la polizza diventa obbligatoria per le strutture sanitarie; il rispetto di buone pratiche e linee guide tutela il medico ma tutela la sicurezza del paziente. Accanto ai casi eclatanti di malasanità altri quotidiani drammi passano sotto silenzio e in mezzo ci sono le centinaia di camici bianchi – medici, infermieri, operatori delle professioni sanitarie – messi in croce e poi assolti senza clamore. È una materia rovente dopo anni in cui gli operatori della salute e gli assistiti si sono fronteggiati dietro le barricate della cosiddetta medicina difensiva: questo testo unificato sulla responsabilità dei professionisti della sanità e sui diritti del paziente rappresenta una scelta ambiziosa quanto mai necessaria. Le strutture sanitarie avranno l'obbligo di stipulare una polizza e il malato danneggiato da un evento avverso potrà ottenere l'indennizzo senza bisogno di imbastire processi: questo è un punto chiave del provvedimento sulla responsabilità degli esercenti le professioni sanitarie. Dico «esercenti le professioni sanitarie» – lo ripeto – perché riguarda tutto il mondo delle professioni sanitarie e noto che il costo stimato per gli affetti della medicina difensiva è di 10 miliardi di euro: lo 0,75 per cento del PIL e senza un intervento correttivo attraverso cui si superi la paura della denuncia da parte degli operatori diventa inutile continuare a parlare di appropriatezza come chiave di volta per la sostenibilità del sistema sanitario. Per le sole patologie croniche si è assistito a un incremento delle richieste di prestazione pari al 20 per cento e lo scudo per gli operatori è il sistema delle linee guida e l'aderenza ai propri comportamenti e raccomandazioni delle società scientifiche, all'applicazione di buone pratiche e al rispetto, lo ripeto, delle linee guida. Il sistema delle linee guida non può e non deve rappresentare una trappola legale né uno strumento essenzialmente di giudizio, ma è un dinamico strumento di lavoro. Le linee guida, infatti, non sono sempre adeguate ai diversi livelli delle strutture presenti sul territorio nazionale, necessitano, cioè, di contestualizzazione. È questa una delle funzioni delle unità di risk management aziendali: condividere con gli operatori le regole per lavorare secondo scienza e al meglio delle possibilità messe a disposizione dalla struttura stessa. Ad accogliere con favore la norma sono la Federazione dei medici di medicina generale, la Società italiana di medicina generale e l'Associazione chirurghi italiani. «Finalmente si profila una legge fondamentale – è il commento del segretario dei dirigenti dell'ANAAO – il vuoto legislativo ha lasciato campo libero alla fantasia giurisprudenziale, spesso orientata a punire il medico». Commenti positivi anche dall'altra parte della barricata. «Al legislatore – afferma il presidente di Obiettivo Risarcimento – avevamo riportato il punto di vista dei cittadini-pazienti che rappresentano la parte debole da tutelare», ma non ci sono conciliazioni o risarcimenti che tengano davanti al dolore dei familiari per una storia finita male. Ci torno, sul dolore, perché è la parte che non si monetizza. Il dolore provocato è la vera sconfitta di un medico o di chi fa della sua professione un continuo atto di cura. A latere della normativa deve svilupparsi, però, una discussione che stimoli la crescita globale degli attori della sanità, che descriva il modello reale, fatto di professionisti della salute bravi, formati, ma non onnipotenti, di una medicina che qualche volta guarisce, ma che sempre cura; un modello fatto di pazienti informati e di operatori che abbiano tempo e modo di informarli e di svolgere correttamente le loro procedure; un sistema in cui il paziente sia persona e non la sua malattia e la relazione di cura sia l'elemento qualificante del sistema. 
Tralascio i contenuti del testo già illustrati dal relatore, ma voglio specificare, a proposito del difensore civico, che costui non rappresenta le associazioni, ma è istituzionalmente garante del cittadino. Sulle modifiche apportate al testo in Senato è intervenuta la Commissione giustizia, in particolare con una condizione, accolta, posta in merito alla responsabilità penale dell'esercente, prevedendo che nei casi di morte e di lesioni personali in ambito sanitario, verificatisi a cura di imperizia, la punibilità è esclusa qualora siano state rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida approvate secondo le modalità che sono puntualmente descritte nel testo modificato al Senato e sempre che risultino adeguate alle specificità del caso concreto, ovvero, in mancanza di esse, le buone pratiche clinico assistenziali, cioè il modo in cui si lavora correttamente in sanità. Rimane fermo il fondamentale limite già presente nel testo, approvato dalla Camera, per cui non vi è alcuna attenuazione della punibilità se il fatto è commesso per negligenza o imprudenza. Si conferma tutto quanto relativo alla responsabilità contrattuale ed extracontrattuale. 
In conclusione, è un provvedimento atteso, risultato dall'iniziativa e dal lavoro parlamentare, con l'obiettivo di incidere sulla sostenibilità del sistema sanitario, attraverso l'appropriatezza delle cure, con il rispetto delle buone pratiche e delle linee guida, per garantire un'offerta sanitaria più sicura per il paziente, più serena per gli operatori. Una sanità fatta di pazienti consapevoli e di operatori preparati, in cui i risarcimenti dovuti siano rapidi e certi, auspicando, però, un più diffuso convincimento che le complicanze, la morte non sono sempre e necessariamente per colpa di qualcuno.