Discussione generale
Data: 
Lunedì, 11 Maggio, 2020
Nome: 
Paolo Siani

A.C. 2117-A

Grazie Presidente, grazie sottosegretario, grazie cari colleghi. Questo provvedimento nei mesi scorsi è stato a lungo invocato dai miei colleghi medici e da tutto il personale sanitario e c'è stata un'attenzione crescente nei mesi scorsi, devo dirvi anche soffocante, su un tema davvero increscioso e per molti versi incomprensibile: perché tanta violenza contro chi lavora in sanità? Tutti ci chiedevamo nei mesi scorsi perché uno va in ospedale per curarsi e in realtà picchia quello che dovrebbe curarlo. Bene, tutto questo però sentendolo oggi sembra davvero fuori contesto. Era solo il 14 marzo, neanche un mese fa, e a mezzogiorno in tutto il Paese da ogni balcone si è alzato un applauso lungo, lunghissimo, emozionante per dire grazie a tutti coloro che si stavano prendendo cura di noi mettendo a rischio però la propria vita; e molti, troppi colleghi, ahimè, l'hanno persa la vita durante questa terribile epidemia e a tutti loro e alle loro famiglie va il mio più sincero ricordo e il mio più profondo grazie. Questo dell'applauso, del grazie, del ringraziamento è il mondo del COVID-19, dove è avvenuto una sorta di miracolo, perché si è ristabilito quel patto di fiducia e di riconoscenza per chi fa il medico e si prende cura dei propri pazienti, anche senza protezioni, anche senza mascherine, senza tempo, raddoppiando il turno di lavoro, fino allo sfinimento su una scrivania o su una panca, come abbiamo visto in tv in questi giorni.

Infatti, chi lavora in sanità, Presidente, lavora così sempre. Qualcuno li ha chiamati eroi, ma non sono eroi: sono medici, infermieri, tecnici di radiologia, tecnici di laboratorio, addetti alle pulizie, che fanno semplicemente e normalmente sempre il loro lavoro, e, lasciatemelo dire, è il lavoro più bello del mondo. Lo fanno tutti insieme, lo fanno in squadra, perché se il tecnico di radiologia non fa subito e bene quella radiografia, se l'infermiere non prende subito e bene quella vena difficile e se il medico non ha la lucidità per prendere decisioni complesse, il sistema, tutto il sistema, non funziona. Se un anello di questa catena non va nel giusto posto, si blocca il sistema, perché quello sanitario è un sistema altamente complesso. Quindi, non sono eroi, ma ci sono stati degli eroi, lasciatemelo dire. Sono stati eroi tutti quei colleghi come me che, negli ultimi dieci anni, hanno mantenuto in piedi il nostro Sistema sanitario nazionale nonostante i tagli, le carenze di personale molto gravi, tagli di risorse, di tecnologie, e lo hanno fatto in silenzio, senza applausi, ma hanno continuato con difficoltà enormi a fare il loro lavoro. Certo, con difficoltà, certo, hanno fatto il possibile, e hanno subito anche episodi di violenza, senza lamentarsi, per tenere in piedi un sistema. Voglio solo rammentarvi che negli ultimi nove anni la riduzione dei posti letto in Italia è stata pari quasi al 14 per cento, con un'importante riduzione dei posti letto - abbiamo scoperto in questi giorni - proprio nei reparti di malattie infettive e in terapia intensiva. In questi mesi è accaduto il miracolo, cioè si è ristabilito quel patto di fiducia tra medici e pazienti, e sono stati riattivati dal Governo, dallo Stato, quei posti che erano stati tagliati in precedenza, e abbiamo avuto l'enorme aumento di posti letto di terapia intensiva e subintensiva. Infatti, in questi mesi, non è stato registrato nessun atto di violenza, nessuna recriminazione, anzi tutti hanno accettato lunghe attese al primo soccorso, hanno accettato attese in barella, hanno accettato di aspettare lunghi turni in rianimazione, perché si è stabilito quel patto di fiducia: i cittadini avevano di nuovo fiducia dei loro medici, e i medici hanno fatto il possibile per curarli tutti, anche senza protezioni. Questa è la normale prassi nella sanità, ma torniamo invece alla vita pre-COVID-19, torniamo ai mesi scorsi, a dicembre, gennaio, quando contavamo 3 mila casi di aggressioni a medici e a infermieri ogni anno: tremila casi di aggressione! Gli infermieri ci dicono che gli esposti al rischio sono quelli ovviamente di pronto soccorso, e sono stati circa 500 gli infermieri che hanno avuto violenze in pronto soccorso, ma non solo lì, anche in corsia, cioè nei posti dove il paziente è già sistemato, abbiamo episodi di violenza, anche negli ambulatori (circa 320 all'anno). I dati ci dicono che al Sud le aggressioni sono più frequenti, e questo è lo specchio, Presidenze, delle disuguaglianze nel nostro Paese, delle carenze organizzative del nostro Paese, del Sud Italia, ma anche dei tagli alla sanità nel Sud Italia. Infatti nel Sud Italia molte regioni sono state obbligate a piani di rientro con radicali tagli di posti letto e di personale. Tutto questo, evidentemente, ha incrinato quel patto di fiducia. Tutto questo ha creato un fenomeno, disdicevole e insopportabile, della violenza contro medici, infermieri e tutto il personale della sanità. Ma cerchiamo di capire nel dettaglio il fenomeno, per provare a comprenderlo meglio e capire quindi come arginarlo. Negli ospedali e anche nelle altre strutture sanitarie, negli ambulatori, dovunque ci siano attività sanitarie, gli episodi si verificano, dagli studi fatti, nelle fasi della giornata particolari, per esempio di sera o di notte, o nei fine settimana, forse perché in quel momento c'è un ridotto numero di personale; non sono rari i casi di violenza anche nelle sale d'attesa degli ambulatori o degli ospedali, e questo è particolarmente strano e incomprensibile. Ma perché si scatena l'ira degli ammalati e spesso dei familiari degli ammalati?

Dice la letteratura che ciò si verifica quando ci sono disservizi, quando gli spazi sono sovraffollati, quando le liste d'attesa sono troppo lunghe, quando si sta in attesa di un intervento sanitario e non si capisce bene quando verrà il mio turno. Aggiungiamo a tutto questo l'ansia di chi è in quel momento in ospedale per una qualsiasi patologia; tutto questo scatena o può scatenare in alcune circostanze la violenza contro il personale. È fenomeno che non è solo italiano, naturalmente, ma è diffuso in tutto il mondo. Infatti molti lavori, anche internazionali, anche di riviste inglesi molto importanti lo hanno studiato in profondità, e hanno evidenziato i fattori scatenanti, che sono ritenuti quelli più influenti in letteratura, che sono sei. Il primo è il sovraffollamento del pronto soccorso: se c'è troppa gente in attesa, questo crea uno stato di ansia e di preoccupazione; una mancanza di un triage fatto bene, una struttura che ha spazi inadeguati - quindi locali troppo piccoli, poco accoglienti - e il basso livello di umanizzazione delle cure, che è un elemento molto importante in sanità. Oppure, quelli che più spesso fanno atti di violenza sono dei pazienti che fanno uso di alcol, di droghe, o pazienti con un livello socio-culturale basso, e questo è caratteristico del Sud Italia. Al sesto punto c'è anche l'insufficienza della preparazione dei medici a gestire situazioni complesse in emergenza, cioè il medico non riesce a gestire un affollamento e un caos al pronto soccorso se non è preparato a farlo; a volte bastano piccole parole, piccoli gesti, per stemperare l'ansia. Bene, per tutti questi motivi, questa proposta di legge va nell'ottica non solo di inasprire le pene, ma vuole essere un deterrente, vuole provare a scoraggiare quei cittadini che per i motivi che ho appena detto causano violenza a chi lavora in sanità. Ciò perché sappiamo tutti bene che non servirà soltanto inasprire le pene, non servirà aumentare gli anni di galera, perché, Presidente, sono molto pochi i medici che denunciano, quindi è importante che si proceda d'ufficio, è importante che un medico venga esonerato dal peso di dover denunciare un suo paziente e quindi anche il suo aggressore. Questa proposta di legge vuole inoltre, come ha detto il mio collega Bordo, provare a monitorare alcune cose, per esempio gli eventi sentinella: ci sono degli eventi in sanità che sono degli alert, che possono dare un allarme, e se un'azienda sanitaria verifica più di un alert vuol dire che il sistema non sta funzionando bene, c'è una distorsione. Per questo vogliamo promuovere studi e analisi per provare a ridurre questo fenomeno, che vuol dire anche monitorare tutte le misure di prevenzione che si possono fare nelle aziende. E ultima cosa, ma molto importante, è diffondere le buone pratiche che esistono nel nostro Paese, che vanno quindi diffuse e anche copiate in altre realtà territoriali. Tutto questo prova a fare questa proposta di legge, che arriva in un momento in cui sembra effettivamente inutile. Ma diciamocelo oggi, e diciamolo chiaramente: non ci sarà legge, non ci saranno norme che potranno evitare questo triste e deprecabile fenomeno, se non si ristabilisce quel patto di fiducia fra cittadini e medici; e questo non lo si può fare per legge. Per cui, se non si riesce a mettere i medici, gli infermieri e tutti i tecnici nelle condizioni di poter svolgere al meglio il loro lavoro, quindi mettere in atto l'articolo 32 della nostra Costituzione, il fenomeno della violenza sui medici, che sembra oggi miracolosamente scomparso, riapparirà in tutta la sua gravità. Fare il medico è difficile, perché fare una diagnosi spesso è difficile, perché tutti pensiamo di essere ormai immortali ma le malattie esistono, e perché è difficile saper comunicare con i pazienti, ma per fare bene il medico c'è bisogno di serenità e di fiducia; e se si rompe il patto di fiducia il medico non fa altro che attuare una medicina, che si chiama difensiva, che non è la medicina migliore per i pazienti e neanche per il Sistema sanitario nazionale, perché è costosa e spesso non è neanche quella più corretta.

Per questo motivo pensiamo che sia necessario adesso, mentre ancora stiamo combattendo con un virus subdolo e pericoloso, ripensare al nostro sistema.

Questa pandemia ci ha insegnato molte cose: a conoscere un virus, a capire come curarlo (abbiamo provato tanti farmaci tante, tanti approcci terapeutici); abbiamo imparato dagli antichi che il modo migliore era stare in quarantena e separarsi, ma ci ha anche insegnato che è necessario riorganizzare la medicina territoriale e le strutture socio sanitarie. La crisi degli ospedali è correlata, inevitabilmente e sempre, con il depauperamento dei servizi territoriali: se il territorio non funziona bene, non fa un filtro adeguato, l'ospedale va in sofferenza. In questi mesi, i medici del territorio hanno fatto quello che potevano, loro ancor di più senza protezioni: si sono inventati le cure telefoniche e per WhatsApp con i pazienti.

Ebbene, per provare a contrastare questo fenomeno orribile della violenza sui medici, dobbiamo cominciare a fare, non solo, campagne di comunicazione ad hoc, non solo dobbiamo provare a formare i medici e il personale sanitario per controllare episodi del genere; non solo dobbiamo incrementare la vigilanza negli ospedali, nei pronto soccorsi, nelle corsie, ma dobbiamo mettere il territorio nelle condizioni di poter lavorare bene, perché se questo funziona si svuoteranno miracolosamente, come in questi mesi, le sale d'attesa dei nostri pronto soccorsi; si svuoteranno i nostri reparti di malati inutili, di malati, cioè, che possono essere curati tranquillamente nelle loro case o nel territorio; verranno meno tutti quegli eventi sentinella che possono portare e che portano alla violenza negli ospedali e nei pronto soccorsi. Bisogna fare in modo, adesso che stiamo combattendo contro un virus così aggressivo, di mettere tutti i medici, del territorio e dell'ospedale, nelle migliori condizioni per poter curare gli ammalati. Il territorio potrà curare gli ammalati di patologie di bassa complessità e lasciare agli ospedali gli ammalati, come in questo periodo, di alta complessità che hanno bisogno di terapie intensive e sub intensive.

Allora, grazie per gli applausi, ma quello è soltanto il lavoro dei medici, che facciamo sempre, al meglio delle nostre possibilità, perché è un lavoro difficile, è un lavoro pesante, fatto di rinunce, fatto di turni che durano dodici o ventiquattro ore senza smontare, di giovedì o di domenica, a Natale, come a Capodanno o a Ferragosto, è fatto di lunghe ore in piedi a un tavolo operatorio, perché l'intervento si prolunga, è fatto di operazioni su se stessi, per dominare la paura, la paura di sbagliare, la paura di non aver fatto tutto quello che era possibile per il proprio paziente, tocca trattenere il dolore per la morte di un paziente e se il paziente è un bambino il dolore è insopportabile, tocca abbracciare un familiare per dargli coraggio e ci tocca accogliere tutte le ansie e le preoccupazioni dei pazienti, quelle piccole e quelle grandi, ma quello che non ci tocca proprio è una violenza inutile e sempre ingiustificata.

Guardate, nessun medico vorrebbe mai perdere un ammalato e farà sempre di tutto per salvarlo; certo, potrà sbagliare, come tutti, ma non sarà mai un errore volontario e sappiate che quell'errore, quel medico, se lo porterà dentro tutta la vita, e sappiate che l'errore dipende, oggi più che mai, dal sistema: se il sistema funziona l'errore non si verifica, se il sistema si inceppa è possibile che qualcuno in quella catena di montaggio cada in quell'errore, come accade al tavolo operatorio; quando l'équipe lavora all'unisono, è in grado di affrontare qualsiasi emergenza anche grave, qualsiasi condizione che nessuna linea guida può prevedere, perché se, quando sto operando un tumore del pancreas, avviene un'emorragia inaspettata, in quei secondi in cui bisogna far fronte all'emorragia, che, ovviamente, sappiamo mettere a rischio la vita del paziente, ci vogliono calma, saggezza, sangue freddo, esperienza e lavoro di équipe, ognuno deve saper cosa fare in quel momento. Così, il professor Corcione, mio amico, pochi giorni fa ha raccontato su un quotidiano una sua operazione complessa che è riuscito a dominare, facendo tutto questo. Tutto questo è il lavoro dei medici, tutto questo serve per abbassare il più possibile gli errori e garantire ai nostri pazienti e ai nostri cittadini la migliore assistenza possibile.

Per fare tutto questo è necessario quel famoso patto di fiducia che in questi mesi si è miracolosamente ristabilito, perché i cittadini hanno capito che i medici facevano il massimo e nel miglior modo possibile, con tutte le carenze, le difficoltà e le deficienze che vi erano in quel momento. Hanno buttato oltre l'ostacolo il loro cuore, hanno inventato nuove terapie, hanno provato a fare più del possibile per i nostri pazienti. Ogni giorno, contiamo i morti, ma ciò nonostante la gente ringrazia ancora i medici. Ebbene, se tutto questo funziona, Presidente, e concludo, non avremo più tanti casi di violenza contro il personale sanitario che lavora tutto insieme, ma avremo più applausi dai balconi, come il 14 marzo scorso. Questa proposta di legge può rappresentare uno strumento utile se viene inserita in un nuovo sistema sanitario che possa mettere tutto il sistema a lavorare all'unisono e nel miglior modo possibile. Se questo accade, questa legge sarà probabilmente inutile.