Discussione sulle linee generali
Data: 
Lunedì, 1 Aprile, 2019
Nome: 
Ubaldo Pagano

A.C. 491-A

Presidente, onorevoli colleghi, la proposta in discussione oggi in materia di trasparenza dei rapporti tra le imprese produttrici, i soggetti che operano nel settore della salute e le organizzazioni sanitarie è stato accolto con favore da tutto il gruppo del Partito Democratico della XII Commissione, che infatti negli scorsi mesi, come ha raccontato piuttosto puntualmente il relatore, si è dedicato con spirito di assoluta collaborazione al suo esame. La proposta ha riscosso favorevoli consensi anche da parte di altri soggetti auditi, che vanno ringraziati anche in questa sede per l'importante contributo che hanno fornito nel migliorare l'impianto originario della legge. La materia, nonostante sia già stata oggetto di diversi strumenti di soft law quali il codice sulla trasparenza e l'EPA o i vari codici deontologici degli ordini professionali, non è mai stata oggetto di una vera e propria regolamentazione organica di legge. Sebbene dunque sia apprezzabile lo sforzo compiuto dall'industria e dalle associazioni farmaceutiche di estendere nuove regole di condotta agli operatori del settore, innovare la materia con lo strumento della legge potrebbe certamente rendere i principi di etica professionale e trasparenza maggiormente cogenti e giovare alla loro effettiva applicazione, anche alla luce dell'introduzione di un sistema sanzionatorio, che ovviamente è un unicum che nei codici di autoregolamentazione non era prevedibile.

La proposta di legge, esplicitamente ispirata al “Sunshine Act” statunitense e ad altre leggi varate negli scorsi anni in diversi Stati europei, va a colmare un vuoto normativo nel nostro ordinamento, e si inserisce nel solco già tracciato da alcune leggi volte a promuovere le buone pratiche, la trasparenza delle pubbliche amministrazioni, e a contrastare il fenomeno corruttivo e l'opacità dell'azione pubblica, già approvate nella scorsa legislatura. Tra gli esempi più emblematici si può ricordare l'istituto dell'accesso agli atti della pubblica amministrazione, introdotto con la legge n. 241 del 1990, o la sua più compiuta estensione, ossia l'istituto dell'accesso civico, introdotto dal cosiddetto “decreto trasparenza” del 2013, il decreto legislativo n. 33 del 2013: strumenti volti a rendere più aperto e trasparente l'agire delle pubbliche amministrazioni che, da un lato, permettono ai cittadini di conoscere l'operato degli amministratori pubblici, ed esercitare così un maggiore e più diffuso controllo, dall'altro, impongono veri e propri obblighi di pubblicità nei confronti di tutti gli uffici ed enti pubblici. Insomma, negli scorsi anni il nostro Paese ha fatto alcuni importanti passi avanti nella lotta alla corruzione, e un chiaro esempio di questa volontà è rappresentato dall'istituzione dell'Autorità nazionale anticorruzione, che dal 2014, ormai, fornisce il suo fondamentale supporto alle amministrazioni pubbliche per contrastare e prevenire i fenomeni corruttivi, anche nel settore della sanità. È per questo che ringrazio il presidente dell'Anac, anche per il contributo che ha fornito nel corso dell'esame di questo provvedimento. Come detto, quindi, la proposta di legge oggi in discussione intende estendere regole di trasparenza più stringenti nel settore della sanità. Il suo obiettivo generale è quello di rendere esplicite e controllate le relazioni di interesse intercorrenti tra gli operatori del settore sanitario, le imprese produttrici di strumentazioni e apparecchiature e le stesse organizzazioni sanitarie. Il fine primario è ovviamente quello della promozione di pratiche e procedure all'insegna dell'etica e della trasparenza, nonché il conseguente scopo di contrastare i fenomeni di corruzione e conflitto di interessi, innanzitutto tramite attività di prevenzione. Insomma, il “Sunshine Act” vuole intervenire con maggiore efficacia sui comportamenti clientelari e scorretti, sia punendo chi li produce o li agevola sia tutelando coloro che li ostacolano o li denunciano. Non bisogna dimenticare, come ha sottolineato qualcuno in audizione, come proprio in ambito sanitario, rispetto a qualsiasi altro settore della pubblica amministrazione, i fenomeni corruttivi siano ancora più inaccettabili, perché comportano di fatto la sottrazione di risorse da destinare alla cura dei pazienti e talvolta la mancata possibilità di offrire servizi di cura per chi ne ha diritto e bisogno.

Se la principale causa dei fenomeni di corruzione in sanità risiede proprio nel cattivo funzionamento e nella mancanza di trasparenza della macchina amministrativa e tecnica di supporto alle cure, allora l'applicazione di questa legge potrà almeno parzialmente contribuire a ridurre i rischi connessi alla cattiva gestione e magari a disinnescare l'improvvisazione amministrativa, l'opacità dei processi e l'indifferenza di chi, con il proprio silenzio, accompagna i percorsi illeciti molto spesso perché privo di tutele. Combattere la pratica odiosa della corruzione è e deve continuare ad essere uno degli obiettivi principali delle azioni di tutti i Governi e del Parlamento. Per questa ragione abbiamo ritenuto doveroso – sottolineo: doveroso - offrire la nostra piena collaborazione e disponibilità a migliorare il testo in Commissione, partendo proprio dalle osservazioni raccolte in sede di audizioni.

La proposta di legge originaria, infatti, si fondava già su un buon impianto e disciplinava vari aspetti direttamente o indirettamente correlati alla materia. Il testo però, anche secondo l'opinione di molti soggetti auditi, presentava alcune criticità e partiva da un'idea un po' troppo severa e generalizzante nei confronti degli operatori del settore. In alcuni casi si rivelava troppo pervasivo della sfera di autonomia professionale di cui gli operatori sanitari dovrebbero godere a beneficio della salute pubblica, in altri casi, al contrario, risultava incerta ed eccessivamente superficiale nel definire elementi fondamentali come la relazione di interesse o le definizioni dei soggetti coinvolti, escludendo importanti categorie di imprese, soggetti e organizzazioni dall'ambito di applicazione della stessa. Tra questi le organizzazioni sanitarie private, i soggetti pubblici e privati che organizzano attività di formazione continua in medicina, gli ECM, i professionisti iscritti all'albo nazionale dei componenti delle commissioni giudicatrici di gara e gli intermediari delle organizzazioni sanitarie, come anche erano escluse le imprese che non operano nel commercio di farmaci e strumentazioni ma nelle attività di promozione di questi prodotti oppure le imprese che producono o commerciano prodotti nutrizionali, beni non propriamente assimilabili a quelli sanitari ma altrettanto rilevanti ai fini della presente legge.

Tutte queste lacune sono state fortunatamente colmate da un buon lavoro in Commissione, grazie a un atteggiamento di apertura nei confronti delle nostre proposte emendative. Ma forse è nell'articolo 3, riguardante la comunicazione dell'erogazione delle relazioni di interesse, che si riscontravano le maggiori criticità di tutta la proposta di legge. Innanzitutto, in relazione agli importi delle erogazioni in denaro o altre utilità in favore degli operatori del settore della salute e delle organizzazioni sanitarie ritenuti da tutti eccessivamente bassi, soprattutto rispetto alla complessità degli adempimenti richiesti e delle sanzioni previste. Erano previsti valori minimi unitari di 10 euro e valori annui complessivi superiori ai 100 euro per gli operatori, come anche valori annui maggiori di 1.000 euro per le organizzazioni. Con un po' di buonsenso quei valori sono stati rivisti al rialzo. Noi proponevamo che questo passaggio potesse essere fatto in un successivo momento tra le autorità che avrebbero potuto fare una verifica e una validazione anche del limite, ma in Commissione si è stabilito di aumentarli rispettivamente a 50 e 500 euro quali importi minimi per far scattare l'obbligo di comunicazione nel caso degli operatori sanitari e in 2.500 euro per le erogazioni e utilità in favore delle organizzazioni sanitarie. La modifica così fatta contribuisce comunque a evitare l'eccesso di burocratizzazione che si sarebbe verificato con importi così bassi e che avrebbe gravato prima sui soggetti interessati dalla normativa e poi sulle pubbliche amministrazioni competenti al trattamento dei dati. In secondo luogo, si dava una definizione di relazione di interesse troppo vaga e ambigua che non aiutava di certo ad individuare comportamenti illeciti. Anche questa è stata rivista e meglio inquadrata anche grazie ai suggerimenti avanzati dall'Anac, che più di chiunque altro conosce le logiche e le dinamiche del fenomeno corruttivo. Grazie poi all'approvazione di un emendamento, la partecipazione a titolo onorifico o gratuito a convegni, eventi e comitati non sarà più sottoposta agli obblighi di comunicazione introdotti per le reali relazioni di interesse.

Un altro significativo problema sorgeva in merito alla frequenza delle comunicazioni delle relazioni di interesse che il comma 5 dell'articolo 3 stabiliva con cadenza trimestrale. Erano stati diversi soggetti, tra cui la stessa Corte dei Conti, a ritenere eccessiva la previsione della comunicazione trimestrale, soprattutto perché avrebbe richiesto un esagerato sforzo da parte di tutti i soggetti coinvolti e da parte delle stesse pubbliche amministrazioni. La nostra proposta di modifica della frequenza da trimestrale a semestrale è stata ampiamente condivisa e approvata dalla Commissione, anche se riteniamo ancora opportuno valutare l'idea di portare gli obblighi di comunicazione ad una cadenza annuale.

Per quanto ancora riguarda l'articolo 3, abbiamo provato a sollevare in Commissione il problema legato ai crediti ECM, educazione continua in medicina, ossia il processo attraverso il quale il professionista della salute si mantiene aggiornato per rispondere ai bisogni dei pazienti, alle esigenze del Servizio sanitario e al proprio sviluppo professionale. Tutti gli operatori del settore della salute sono obbligati per legge a conseguire almeno 50 crediti ECM all'anno o 150 nel triennio attraverso la partecipazione ad attività di aggiornamento professionale. Molto spesso, come segnalato da molte associazioni di categoria, la partecipazione a congressi o corsi di aggiornamento ha costi di trasferta e di soggiorno che, senza i contributi versati dai soggetti organizzatori, graverebbe su tutte le persone che vi partecipano. In Commissione abbiamo proposto un emendamento per esonerare dagli obblighi di pubblicità dell'erogazione delle relazioni di interesse le attività di formazione continua in medicina per permettere a medici, infermieri, operatori di partecipare senza ulteriori costi a loro carico alle attività più attinenti alla loro professione. Il nostro emendamento è stato bocciato e il testo che arriva oggi in Aula non tiene in dovuta considerazione le attività ECM che - è necessario ripeterlo - tutti gli operatori della salute sono obbligati a seguire. È per questo che vi rivolgiamo un ulteriore invito a riflettere sulla questione, affinché la legge si dimostri più sensibile nei confronti delle esigenze di tutti i professionisti che dedicano la loro vita alla nostra salute. In particolare vorrei sottolineare il fatto che, senza un intervento ad hoc, la legge potrebbe portare tutti i soggetti obbligati a conseguire crediti ECM a partecipare ad eventi e corsi più vicini geograficamente alla loro abituale residenza, invece che ad attività più attinenti alla loro professione. Questa eventualità provocherebbe un danno multiplo. Innanzitutto agli stessi professionisti che, per sostenere costi talvolta rilevanti di trasferta e soggiorno, parteciperebbero ad attività estranee alla loro specializzazione pur di accumulare i crediti necessari. Il secondo luogo, ignorare il tema potrebbe praticamente svuotare di senso la legge istitutiva dell'obbligo di conseguimento dei crediti ECM. In ultimo, sarebbe un danno per tutti i cittadini e per l'intero sistema sanitario perché ai professionisti non sarebbe permesso di aggiornarsi e acquisire nuove competenze e, dunque, metterle in pratica per offrire un'assistenza qualitativamente migliore.

Per quanto riguarda l'articolo 4, riguardante la comunicazione delle partecipazioni azionarie, abbiamo già segnalato in Commissione la necessità di un'ampia riformulazione. I motivi sono di facile intuizione. Gli obblighi sono molto pervasivi, sono basati su presupposti a volte poco realistici, provocherebbero innanzitutto un dannoso irrigidimento degli ambiti di collaborazione tra il settore pubblico e quello privato, andando di fatto a danneggiare un rapporto fondamentale ai fini delle attività di ricerca e sviluppo di nuovi prodotti farmaceutici e di strumentazioni sanitarie all'avanguardia. In più l'obbligo risulterebbe un vero e proprio dramma per gli operatori del settore in quanto di difficilissima gestione, applicazione ma soprattutto controllo.

In merito all'articolo 5, concernente il registro pubblico telematico, le nostre perplessità si concentravano non tanto sullo strumento giustamente individuato, quanto sulla previsione irrealisticamente ottimista della sua neutralità finanziaria: non è possibile immaginare un sistema complesso con obblighi che generano enormi quantità di dati e non prevedere in maniera contestuale una dotazione finanziaria per far fronte alle attività amministrative per gestirlo.

In questo caso, il nostro monito è stato ascoltato, seppur parzialmente, e si è modificato il comma 9, prevedendo uno stanziamento di 300 mila euro per il 2019, tutta la fase di startup, e 50 mila euro per gli anni successivi; risorse, lo voglio dire chiaro, che a noi sembrano comunque insufficienti per garantire l'istituzione di un registro che funzioni, le attività di aggiornamento e manutenzione, nonché quelle legate all'assunzione di nuovo personale da impiegare alla gestione dei dati connessi. Sarebbe auspicabile, quindi, chiedere una stima reale dei costi, magari alla Corte dei conti o alle stesse amministrazioni che dovranno occuparsi del registro e stanziare adeguate risorse in base a quelle stime, anche prevedendo un monitoraggio annuale di tali costi.

L'articolo 6 del testo originario, infine, partiva da un approccio eccessivamente rigido nei confronti dei professionisti della sanità e delle organizzazioni e imprese sanitarie sotto il profilo della vigilanza e dell'entità delle sanzioni, un approccio più punitivo che preventivo e contraddistinto da troppa poca flessibilità. L'articolo, peraltro, non specificava nemmeno quale organo avrebbe dovuto applicare le sanzioni previste nei casi di violazione di legge. Grazie all'attività emendativa e allo spirito di collaborazione che si è creato in Commissione, siamo riusciti a inserire elementi di flessibilità, soprattutto in favore delle imprese medio-piccole del settore, e ad abbassare notevolmente le sanzioni draconiane inizialmente previste per imprese che hanno un'organizzazione molto limitata.

Quindi, signor Presidente, possiamo ritenerci parzialmente soddisfatti del lavoro svolto in Commissione; ovviamente, restano ampi margini di miglioramento del provvedimento che ci auguriamo col cuore possano ridursi, fino alla sua definitiva approvazione nei prossimi giorni, ma, in attesa che queste ulteriori criticità possano essere risolte, sono certo che l'auspicio del relatore possa essere raccolto da tutti i gruppi parlamentari.

Ci tengo a sottolineare un fatto quasi inedito, in questo primo anno di attività parlamentare, ossia che quando c'è disponibilità alla collaborazione e si dà modo a tutti di contribuire e partecipare al miglioramento di una proposta di legge i risultati finali sono di gran lunga migliori e più condivisi, in un clima anche di ritrovata pacificazione nazionale, rispetto agli obiettivi di sistema sui quali non possiamo dividerci. Il mio auspicio è che questo atteggiamento di apertura e di ascolto non resti un'eccezione, ma possa rinnovarsi anche nel prossimo futuro, a incominciare da quando andremo ad approvare concretamente questo provvedimento.