Data: 
Lunedì, 12 Maggio, 2014
Nome: 
Carlo Dell'Aringa

A.C. 2208-B

Relatore. Signor Presidente, il decreto-legge n. 34 del 2014 contiene disposizioni in materia di lavoro a termine, apprendistato, servizi per il lavoro, verifica della regolarità contributiva e contratti di solidarietà.
  Il decreto-legge è entrato in vigore il 21 marzo 2014 e, pertanto, dovrà essere convertito in legge entro il 19 maggio 2014. Il decreto-legge è stato approvato con modifiche dalla Camera dei deputati il 24 aprile 2014. Successivamente il Senato lo ha approvato con ulteriori modifiche il 7 maggio 2014.
  Il provvedimento, ora all'esame della Camera in seconda lettura, verrà esaminato unicamente in relazione alle parti modificate dall'altro ramo del Parlamento. Passo quindi ad illustrare le modifiche apportate dal Senato, che hanno riguardato in particolare la disciplina dei contratti a termine e l'apprendistato, per poi passare a quanto è stato deciso in Commissione lavoro della Camera la settimana scorsa.
  Con riferimento alla nuova disciplina dei contratti a termine – e parlo delle modifiche apportate dal Senato – è stato previsto che il superamento del limite del 20 per cento (superamento del limite del 20 per cento del numero di contratti a termine su tutto il complesso dei contratti a tempo indeterminato) comporta una sanzione.
  Il superamento di questo tetto, che è un vincolo per l'impresa da rispettare, comporta una sanzione. Al riguardo si ricorda che il testo originario del decreto-legge non prevedeva alcuna conseguenza per il superamento del tetto, perlomeno esplicitamente, mentre nel testo approvato dalla Camera era prevista la trasformazione in contratto a tempo indeterminato dei rapporti contrattuali instaurati in violazione del limite quantitativo del 20 per cento.
  È stato stabilito che il tetto legale del 20 per cento non trova applicazione nel settore della ricerca. Prima di questo, però, è stato deciso dal Senato che il superamento del 20 per cento comporta semplicemente una sanzione amministrativa, una penalità pecuniaria, e non, come sanzione, la trasformazione del rapporto di lavoro in rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
  Ulteriormente il Senato ha stabilito che il tetto del 20 per cento non trova applicazione nel settore della ricerca, limitatamente ai contratti a tempo determinato che abbiano ad oggetto lo svolgimento di attività di ricerca scientifica o di attività ad esse strettamente connesse. Inoltre si stabilisce che i contratti a termine, che abbiano ad oggetto esclusivo attività di ricerca, possano avere durata pari al progetto di ricerca al quale si riferiscono. Questa in assoluto è una novità introdotta dal Senato, sia rispetto al testo originario sia rispetto al testo approvato dalla Camera.
  Questo per quanto riguarda le modifiche apportate dal Senato in materia di contratto a tempo determinato, perlomeno quelle più significative. Veniamo alle modifiche relative alla nuova disciplina dell'apprendistato.
  In primo luogo – sempre nel testo che è uscito dal Senato – è stata innalzata da 30 a 50 dipendenti la soglia dimensionale di impresa, oltre la quale trova applicazione l'obbligo di stabilizzazione di una quota di apprendisti ai fini di nuove assunzioni in apprendistato.
  Il decreto-legge originario aveva tolto qualsiasi vincolo e obbligo da parte delle imprese. Nel testo uscito dalla Camera era stato precisato che le imprese, che vogliano continuare ad assumere apprendisti, debbano trasformare i rapporti di apprendistato in contratti a tempo indeterminato nella misura del 20 per cento, però questo obbligo riguardava, nel testo approvato dalla Camera, solo le imprese con più di trenta dipendenti. Il Senato ha alzato questa soglia a cinquanta dipendenti, cioè ha ristretto l'applicazione di quel 20 per cento.
  È stata, poi, introdotta una disposizione volta a consentire, nelle regioni e nelle province autonome di Trento e Bolzano, che i contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati da associazioni di datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale prevedono specifiche modalità di utilizzo del contratto di apprendistato, anche a tempo determinato, per lo svolgimento di attività stagionali: questa è un'altra novità introdotta dal Senato – che non era presente né nel testo originario del decreto-legge del Governo, né in quello che è uscito dalla Camera – riguardo alla possibilità di utilizzare l'istituto dell'apprendistato per attività stagionali laddove le regioni abbiano a disposizione strumenti per garantire l'alternanza scuola-lavoro.
  Per quanto riguarda la formazione pubblica, sempre nell'apprendistato, è stato stabilito che la regione provveda a comunicare al datore di lavoro, entro 45 giorni dalla comunicazione dell'instaurazione del rapporto di lavoro, le modalità di svolgimento dell'offerta formativa – e questo era già previsto nel testo uscito dalla Camera – cui si aggiunge, da parte del Senato, che questa comunicazione deve fare riferimento anche alle sedi e ai calendari delle attività previste, avvalendosi anche dei datori di lavoro e delle loro associazioni che si siano dichiarati disponibili ai sensi delle linee guida adottate dalla Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano (queste linee guida recano la data del 20 febbraio 2014).
  Per quanto riguarda la Camera, essa stabiliva cose analoghe; il Senato ha riproposto la possibilità, sempre prevista in queste linee guida delle regioni, che la formazione obbligatoria sia anche garantita dalle stesse aziende, avendo naturalmente gli strumenti per poterla effettuare, ma siamo sempre nell'ambito delle linee guida impartite dalla Conferenza Stato-regioni.
  Nel complesso, le modifiche apportate dal Senato riguardano materie che si potrebbero distinguere in questi termini: alcune di queste norme sono aggiuntive rispetto sia al testo originario del decreto-legge, sia a quello che è uscito dalla Camera, e queste norme che riguardano nuove materie sono in particolare le norme sull'apprendistato negli enti di ricerca e sull'apprendistato per le attività stagionali; un allargamento, diciamo così, delle materie, che non c'era né nel testo originario, né nel testo uscito dalla Camera.
  Su altre materie le norme sono modificative del testo approvato dalla Camera e le modifiche più significative in questo ambito riguardano, da un lato, la dimensione delle imprese da prendere in considerazione per imporre l'obbligo di una percentuale di trasformazione dei contratti di apprendistato. Come abbiamo visto, l'obbligo di trasformare il 20 per cento degli apprendisti in contratto a tempo indeterminato vale non più per le imprese sopra i venti dipendenti, ma sopra ai cinquanta: da venti a cinquanta. Questo ha modificato certamente la norma uscita dalla Camera. L'altra – nel caso di superamento del limite del 20 per cento dei contratti a tempo determinato – è trasformare la sanzione, del tutto riferita al singolo lavoratore come beneficiario, cioè la trasformazione del contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato, in una sanzione amministrativa, di tipo pecuniario, il cui beneficiario non è il lavoratore o i lavoratori, ma ciò che viene da queste sanzioni viene portato nel Fondo occupazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
  E poi c’è un paio di norme che hanno modificato, anche migliorando, il testo uscito dalla Camera, quello sulla formazione obbligatoria, per esempio: è ancora meglio chiarito il ruolo delle aziende e delle regioni nel garantire la formazione obbligatoria.Un'altra norma che è stata inserita, cui non ho accennato, era nella parte iniziale del decreto-legge, laddove si apre alla possibilità di sperimentare il contratto a tutele crescenti: qui è stato rafforzato questo punto, che può rappresentare un punto di unione fra questo decreto-legge e i decreti-legge successivi in applicazione della legge delega attualmente in discussione al Senato. Questi sono interventi di carattere migliorativo.
  Quindi, se volessimo distinguere: vi sono alcune norme nuove, che hanno allargato il campo; alcune norme che hanno migliorato probabilmente anche il testo originario; e un paio di norme che effettivamente hanno cambiato il testo uscito dalla Camera. Queste due hanno riguardato alcuni punti essenziali. Queste due modifiche, che hanno cambiato il testo uscito dalla Camera, sono state il frutto di una discussione che si è svolta all'interno della Commissione lavoro del Senato, e che hanno rappresentato punti di vista diversi rispetto a quelli espressi all'interno della Commissione lavoro della Camera, e poi approvati dalla Camera stessa con fiducia.
  Quindi, punti di vista diversi; così come può succedere nel passaggio di un testo da una Camera all'altra: è del tutto fisiologico che possa succedere. Ma non solo questo: sono stati portati ad unità punti di vista che erano emersi all'interno della stessa maggioranza, punti di vista diversi emersi all'interno della maggioranza; su questi due punti: la sanzione e la trasformazione dell'apprendistato in contratto a tempo indeterminato.
  Ma anche per questi cambiamenti, che riflettono un confronto all'interno della maggioranza su questi punti, si può parlare di un confronto abbastanza fisiologico, che avviene su una materia, quella della legislazione del lavoro, su cui, molto spesso, si confrontano pareri e prese di posizione molto differenziati, anche all'interno dei partiti che formano la maggioranza, prima di addivenire e arrivare necessariamente a qualche punto di incontro, di compromesso.
  Però, di fatto, queste due modifiche – ripeto: la sanzione per il tetto dei contratti a termine, il limite dimensionale delle imprese che devono trasformare i contratti di apprendistato in contratti permanenti – queste due modifiche, che ho ripetuto diverse volte perché si abbia contezza dell'importanza del punto di discussione che è avvenuta anche all'interno della Commissione, soprattutto fra i gruppi di maggioranza e i gruppi di opposizione, ancorché importanti, non toccano i punti fondamentali del decreto-legge.
  Essi sono, riassumendo, potrei dire, soprattutto per il contratto a termine, l'estensione della acausalità, cioè togliere praticamente alle imprese l'obbligo di spiegare e motivare l'apposizione del termine, non solo per il primo contratto di 12 mesi, come era già previsto dalla legislazione, ma per tutti i contratti per 36 mesi, e la possibilità di fare proroghe, cinque nell'ambito dei 36 mesi, anche qui non motivate, che rappresentano dei cambiamenti sostanziali della legislazione del lavoro del nostro Paese. Non sono stati quindi toccati da cambiamenti di norme che sono avvenuti, né all'interno della Camera né all'interno del Senato; e ciò ha indotto anche il Governo, lo stesso Ministro, a dire più volte, e non credo solo per volontà di mantenere la pace politica, ma per ferma convinzione di quello che diceva, che il decreto-legge non era stato modificato nei suoi fondamenti. Ed è per questo motivo che la Commissione lavoro della Camera ha ritenuto a maggioranza di non intervenire ulteriormente sul testo approvato dal Senato, privilegiando in questo modo la necessità di accelerare il processo di conversione, rispetto all'eventualità di riaprire su questi due punti un confronto che non porterebbe comunque ad un cambiamento significativo del testo del provvedimento.
  In definitiva, nel complesso, si tratta di modifiche di natura diversa e con diverse finalità, nel complesso utili a realizzare una maggiore compattezza e completezza del testo; soprattutto a realizzare quell'equilibrio, tutto politico, tra le modifiche della normativa a favore delle imprese e la necessità di mantenere un presidio minimo ed efficace delle garanzie dei lavoratori.
  E non dimentichiamo un punto fondamentale, cioè che il provvedimento mantiene intatta la filosofia che lo ha ispirato fin dall'inizio, ossia quella di facilitare le aziende con dosi massicce di semplificazione della normativa esistente, nell'aspettativa che la futura ripresa economica possa anche trasformarsi in un allentamento delle pressioni fortissime che gravano tuttora su mondo del lavoro.