Data: 
Lunedì, 12 Maggio, 2014
Nome: 
Patrizia Maestri

A.C. 2208-B

Signor Presidente, il testo di questo decreto-legge, che è in discussione oggi alla Camera in terza lettura dopo essere stato approvato con parziali modifiche al Senato, conserva sostanzialmente l'impostazione che quest'Aula aveva votato e approvato non più tardi di due settimane fa. Viene confermato, infatti, l'impianto delle correzioni migliorative al testo del decreto originale, correzioni realizzate in Commissione lavoro della Camera, volute e sostenute dal Partito Democratico. Questo decreto-legge, nel quale pure si rilevano alcune criticità ma anche rafforzamenti in positivo di norme di tutela, è tuttavia da considerarsi parte integrante dell'intervento più complessivo di rinnovamento delle regole del mercato del lavoro contenute nella legge delega attualmente al Senato e riguardante soprattutto il contratto di inserimento a tutele crescenti e il riordino degli ammortizzatori sociali; legge delega che dovrebbe seguire al più presto questo stesso decreto-legge attualmente in discussione affinché non si creino squilibri dannosi per l'efficacia dei provvedimenti in discussione. Così come si rende necessaria e urgente l'applicazione del provvedimento in tema di politiche attive del lavoro «Garanzia giovani», avviato il 1o maggio ultimo scorso, che al momento risulta applicato solo in alcune regioni che hanno prontamente realizzato le convenzioni, mentre rimangono esclusi dall'accesso a questa importante opportunità tanti giovani che, pure in possesso dei requisiti previsti, sono però residenti nelle stesse regioni che non hanno ancora provveduto a fare convenzioni.
  Il Governo, quindi, sta attuando delle misure che hanno la funzione di sostenere l'occupazione. La direzione deve essere quella della buona occupazione e quella di un corretto equilibrio fra le ragioni dell'impresa e la tutela dello stesso lavoro. Con questo decreto-legge si offre alle imprese la possibilità di ampliare le assunzioni fornendo degli strumenti di semplificazione e di maggiore flessibilità del lavoro, nella speranza che l'occasione di una pur debole ripresa economica possa ridurre i numeri, drammatici, della disoccupazione, che colpisce giovani e adulti. Tutto ciò nella consapevolezza, condivisa anche dal Governo – e spero anche da chi ha creduto di utilizzare questo decreto come bandiera ideologica in modo anche scomposto o per campagna elettorale o ancora altro – che l'occupazione non si crea con le regole, e che un Paese civile e democratico deve porsi l'obiettivo di stabilizzare il lavoro, di qualificarlo, e non di aumentare quella precarietà che toglie speranza e fiducia nel futuro e crea instabilità sociale, soprattutto nelle giovani generazioni.Sappiamo che la flessibilità, elemento essenziale in un mercato del lavoro efficiente, funziona quando esiste una situazione economica di crescita, ma non protegge imprese e lavoratori nelle condizioni di crisi economica. Penso a quanto si sta verificando in questi giorni nella mia provincia, a Parma, in cui un'azienda del settore alimentare – importante – ha annunciato al sindacato e ai lavoratori che chiuderà l'attività, cesserà. Si parla di circa 140 lavoratori, tra fissi e stagionali, ai quali non più tardi di due anni fa sono stati chiesti dei sacrifici con il passaggio da un contratto collettivo ad un altro con salario più basso. La disponibilità degli stessi lavoratori, oltre a sostegni anche ministeriali, pubblici del Ministero dell'agricoltura, non sono serviti, e oggi quindi noi temiamo in questo territorio di purtroppo assistere a un depauperamento ulteriore del nostro sistema economico.
  Nello stesso tempo penso che sia giusto affrontare questa sfida lanciata dal Governo che, con questo decreto, con la prossima legge delega, con la riduzione delle tasse alle imprese, il bonus di 80 euro che verrà rivolto ai lavoratori, mette al centro il lavoro, pur sapendo che tutto questo dovrà essere accompagnato da politiche industriali, da investimenti nei settori strategici per poter avere finalmente quella famosa ripresa economica di cui il Paese ha bisogno.
  Oggi voteremo quindi un testo che non è quello originario, come qualcuno chiedeva, ma in cui sostanzialmente si mantengono le cinque proroghe nei 36 mesi, in cui rimane il deterrente della sanzione per chi supera il 20 per cento dei contratti a termine, anche se la sanzione è diventata pecuniaria, e non più obbligo di assunzione, ma rimane comunque sanzione. Si escludono enti di ricerca dal limite del 20 per cento, si va a rafforzare il diritto di precedenza mantenendo una maggiore tutela per le lavoratrici in maternità. Riguardo il contratto di apprendistato, anche qui, qualcuno pensava di poter avere un contratto di apprendistato senza fare formazione e questa davvero sarebbe stata una cosa che ci avrebbe messi anche a rischio di infrazione da parte dell'Unione europea, ma se da un certo punto di vista vedo una criticità nella modifica del numero dei dipendenti da 30 a 50 per la stabilizzazione del 20 per cento, leggo in positivo la conferma dell'obbligo di formazione contenuta nel contratto e la possibilità, in quelle regioni che hanno il provvedimento di alternanza scuola-lavoro, di avviare contratti di apprendistato per tenere legati alla stagionalità, consentendo a quei giovani e agli studenti che risiedono in quelle zone turistiche la possibilità di lavoro regolare e di evitare quindi quella realtà, purtroppo generalmente diffusa, che è il lavoro nero.
  Viene confermato inoltre il regime transitorio fra la vecchia e la nuova normativa e il monitoraggio dopo 12 mesi di quella che sarà stata un'effettiva e reale efficacia di queste misure in discussione oggi, verifica che potrà realizzarsi anche attraverso il confronto con le parti sociali, confronto necessario e utile con i soggetti della rappresentanza vera, confronto che non impedisce le scelte del Governo ma che in un Paese democratico non può essere negato, anche per rispetto dei milioni di lavoratori, pensionati e imprese che intendono partecipare, anche criticamente, al processo di riforme che riguarda il lavoro.
  Infine, il processo di riforme non può e non deve fermarsi alle regole del mercato del lavoro, ma deve essere accompagnato da un'urgente rivisitazione delle norme che riguardano il sistema di previdenza del nostro Paese e che attualmente, oltre ad aver creato veri e propri danni sociali a tantissimi lavoratori, bloccano il turnover per molte imprese e impediscono a tanti giovani di entrare nel mondo del lavoro, pubblico e privato.
  Nel dichiarare quindi il mio voto favorevole al decreto, chiedo l'impegno del Governo per ricercare quelle soluzioni adeguate affinché si possa riportare il tema complessivo della previdenza nelle priorità delle scelte politiche di questa legislatura.