Data: 
Lunedì, 12 Maggio, 2014
Nome: 
Davide Baruffi

A. C. 2208-B

Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, prima di andare in Libano, vorrei svolgere il mio intervento. Come detto, il decreto-legge n. 34 del 2014 nei lavori parlamentari esce modificato, ma non stravolto. Se l'obiettivo del Governo era quello di facilitare il ricorso ai due istituti contrattuali principali contenuti nel provvedimento – cioè quello del tempo determinato e quello dell'apprendistato –, semplificando le procedure, quell'obiettivo mi pare oggettivamente salvaguardato. E le correzioni introdotte dalla Camera, prima, e dal Senato, poi, hanno teso a rafforzare le garanzie e le tutele per i lavoratori, senza complicare il procedimento o appesantirlo con inutili vincoli.
  C’è ora in questo provvedimento più equilibrio, un equilibrio che è di sistema, ed è un equilibrio tra le parti, ed esce decisamente migliorato, dicevo. Sottolineo questo aspetto per chiarire un primo punto, è tornato nella discussione: il lavoro del Parlamento è stato utile e, a mio avviso, efficace; un lavoro che meritava di essere svolto e chi, anche qui, anche oggi, lamenta una certa frettolosità o mancanza di tempo per discutere del merito del provvedimento, io credo che non dica la verità. La verità è, invece, che la Camera, in particolare questa Camera dei deputati, ha avuto modo di esaminare in prima lettura il provvedimento per oltre un mese; e non è stato un mese perso, questo provvedimento non è rimasto nel cassetto di una scrivania. È stato un tempo nel quale la Commissione ha molto discusso e approfondito, ha avuto modo di ascoltare tutti e con tutti di confrontarsi.
  E anche questo ascolto, questo esercizio di confronto con le parti sociali in particolare – con i sindacati, le associazioni di categoria, con i tecnici, i professionisti, gli istituti specializzati, eccetera –, è stato un confronto non inutile, perché ci ha consentito di mettere a punto proposte, modifiche, che sono entrate come provvedimenti, presentati in particolare, devo dire, dal Partito Democratico, e, poi, veicolati, ragionati, quasi con minuzie di dettaglio insieme al relatore, che ringrazio, al Governo – il sottosegretario Bobba, in particolare, ha seguito alla Camera il provvedimento – hanno inciso e modificato puntualmente il testo.
  Questo lavoro importantissimo compiuto alla Camera, in particolare nei lavori della Commissione, io credo che non sia stato in nulla vanificato o depotenziato dal lavoro, altrettanto legittimo, e io aggiungo anche utile, poi condotto dal Senato: ed è la seconda questione, mi pare, che sia emersa nella nostra discussione. Qualcuno aveva annunciato sfracelli, qualcuno li aveva promessi o minacciati e qualcun altro aveva paventato che il passaggio al Senato potesse stravolgere l'impianto o del decreto o del lavoro positivo – che io giudico positivo – svolto in prima lettura alla Camera. Alla prova dei fatti, le cose non stanno così, le cose non sono andate in questo modo: i toni, certamente, sono stati quelli della campagna elettorale, e ci sta, a poche settimane dal voto per le europee e le amministrative. Resta, invece, il merito, con buona pace di tutti, e su quello, sul punto di equilibrio che è stato costruito, il nostro giudizio è positivo.
  Hanno già detto i colleghi prima di me sul lavoro importante che era stato svolto nel merito, quali modifiche significative sono state anche introdotte, senza stravolgere l'impianto nella prima lettura della Camera, e io non ci torno, però io voglio stare su due questioni. La prima, di merito: l'impianto entro cui questo specifico provvedimento si iscrive. È quello che contempla, a fianco del decreto-legge n. 34, anche il decreto-legge n. 66, che taglia il cuneo fiscale a vantaggio dei lavoratori e delle imprese.
  È stato detto su questo, non mi soffermo, ma 10 miliardi di euro messi a disposizione di milioni di lavoratori, di 10 milioni di lavoratori, rappresentano una misura sostanziale, una misura che non solo va incontro a chi ha pagato il prezzo più alto nella crisi, non solo ha il segno dell'equità, ma prova a sostenere i consumi, a dare slancio ai consumi delle famiglie, a dare una mano alla ripresa di un pezzo della nostra economia attraverso la domanda interna.
  In quel decreto – lo dico anche a Rizzetto che dice che non sente più parlare di IRAP, si è fermato all'articolo 1, ma c’è anche un articolo 2, che va letto tutto –, si mette mano anche all'IRAP per le imprese.

Certo, è un provvedimento più limitato ancora nella portata, ma che va senz'altro nella direzione giusta. Noi lo sottolineiamo, perché crediamo che sostenere le imprese che vogliono assumere sia un fatto positivo. Sappiamo bene anche noi che se non c’è commessa, se non ci sono ordinativi, se non c’è domanda, le imprese non assumono neanche se il lavoro nel suo costo si dimezza e, tuttavia, in questo momento, in cui una parte del Paese e delle sue imprese sta agganciando la ripresa, a partire anche da quelle che lavorano per l’export, credo che sostenere attraverso questa misura la riduzione del cuneo fiscale, la capacità di assunzione delle imprese sia un fatto positivo che va assolutamente nella direzione giusta, e questa parte per noi è il pezzo più forte dei provvedimenti sul lavoro. Dicevamo, inoltre, del disegno di legge delega, che riordina la materia su alcuni capitoli cruciali, a partire dagli ammortizzatori sociali naturalmente, per provare a dare una risposta anche a coloro che sono scoperti dal punto di vista di questi strumenti di tutela circa le tipologie contrattuali. Ci tornerò.
  Inoltre, in questo pacchetto sul lavoro ci sono risorse cospicue per gli investimenti, alcuni miliardi di euro per il prossimo triennio, che vanno ad alcuni settori strategici, a partire da quello della scuola, dal contrasto al dissesto idrogeologico e, quindi, alla manutenzione del territorio, per arrivare alla casa, nel prossimo decreto-legge che discuteremo anche in quest'Aula, e ai pagamenti della pubblica amministrazione.
  Il pacchetto lavoro è questo, tutto insieme. Pensare di poter esaminare il decreto-legge n. 34 da solo è, a mio avviso, un errore e credo, quindi ,che sia stato utile – lo abbiamo fatto prima alla Camera e anche in questo caso il lavoro del Senato è stato migliorativo – inserire nel preambolo non solo come la portata dei provvedimenti inseriti in questo decreto-legge nascano nella contingenza, nel tempo di crisi che stiamo vivendo, ma come tengano insieme e proiettino già una parte del lavoro anche sulla delega, che è in questo momento al Senato, e che prova ad assumere tra i punti che indicavo prima anche la semplificazione e il riordino delle forme contrattuali oggi previste, a partire dalla possibilità di inserirne, invece, una nuova, che sostenga contratti di assunzione a tutele crescenti. Discuteremo nel merito. Ci sono anche proposte diverse, come naturalmente è, ma credo che questo obiettivo, cioè tenere fermo il contrasto alla precarietà, non per via unicamente legislativa, ma anche attraverso strumenti di incentivi e disincentivi economici, sia una soluzione giusta.
   Ora, la domanda è: riuscirà il decreto-legge n. 34, che stiamo per convertire in legge, nell'intento che il Governo si è dato di agevolare una flessibilità buona a discapito di altre forme contrattuali più deboli e povere, che prima anche il collega Miccoli ricordava ? O finirà, invece, per divorare quel poco di lavoro stabile che ancora nasce ogni anno, come i colleghi legittimamente paventano ? La sfida è senz'altro questa e i correttivi che noi abbiamo introdotto, tanto alla Camera quanto al Senato, provano a non mettere in campo cattivi incentivi, ma buoni incentivi perché ci sia moneta buona in circolazione, ci sia flessibilità buona; ed è stato giustamente ricordato come il contratto a tempo determinato, da un lato, e i contratti di apprendistato, dall'altro, possano rappresentare l'anticamera anche per la stabilizzazione del lavoro e, in ogni caso, contratti più garantiti, meno deboli, meno poveri di altri che sono in questo momento a disposizione della platea delle imprese.
  Questa verifica noi la faremo puntualmente. Abbiamo accettato la sfida che il Ministro Poletti ha posto sin dalla presentazione delle linee guida del suo Ministero, all'avvio dei lavori del Governo, che è stata questa: non siamo qui a difendere dottrine economiche, non siamo qui a sostenere tesi astratte in punto di dottrina economica, siamo qui a provare ad assumere provvedimenti che incidano concretamente nella realtà. Li misuriamo nel tempo e, nel caso, qualora si renda necessario, assumiamo anche i correttivi che si rendono necessari. Li verificheremo nel tempo e lo faremo perché, sempre attraverso un'altra modifica che abbiamo introdotto qui alla Camera, questo monitoraggio sarà svolto in modo puntuale per misurare come scambiano le diverse forme contrattuali, cioè a vantaggio o in penalizzazione di cosa vengono assunti i lavoratori attraverso i riformati istituti del tempo determinato o dell'apprendistato.

Circa le altre modifiche introdotte dal Senato, molto brevemente, noi diamo un giudizio positivo rispetto al rafforzamento della parte formativa nel contratto di apprendistato. Si trattava di semplificare sì, ma di tenere fermo un obiettivo strategico; il contratto di apprendistato è nel nostro ordinamento l'unica vera forma duale, cioè che contempla formazione e lavoro, e noi non possiamo riempirci la bocca di parole: formazione, più sapere, più capacità di avere, come dire, un apprendimento costante nel corso di tutta la vita, e poi andare a indebolire, nel momento in cui magari un ragazzo viene assunto attraverso quella forma contrattuale, proprio la sua capacità di dotarsi di strumenti che, dico all'onorevole Binetti, vanno senz'altro assunti dentro il posto di lavoro; la cosiddetta formazione on the job, è un obiettivo e noi lo abbiamo rafforzato. Infatti, pur nella semplificazione, abbiamo previsto che anche questi percorsi formativi interni debbano essere certificati, messi per iscritto, in forma semplificata ma presenti, per dare una risposta anche a quelle persone che non riescono poi a mettere a curricula in un qualche modo i percorsi che hanno fatto anche dentro le aziende. Ma occorre anche una formazione esterna. In questo dibattito, che non può essere ideologico, tra formazione pubblica, privata, dentro le linee guida che sono state definite tra il Governo e le regioni, cioè dentro percorsi codificati che certifichino non la natura astratta di quella formazione, ma la capacità di dare strumenti a quei ragazzi, a quelle persone, questo deve essere il nostro obiettivo: più formazione.
  Noi diciamo anche che è un bene l'aver definito una fattispecie specifica circa il tempo determinato per quanto riguarda gli istituti di ricerca, in particolare i contratti dei ricercatori, in quanto è una flessibilità necessaria per quelle aziende pubbliche e private che si occupano di quell'ambito specifico, è una necessità stringente, naturalmente, per quei contratti specifici, che magari hanno una durata diversa dal tempo di limite massimo che è previsto per i contratti a tempo determinato, che è quello appunto di tre anni, è giusto che ci possa essere, come dire, un adeguamento di questi tempi.
  Sottoscrivo invece il giudizio non positivo che alcuni miei colleghi, in particolare l'onorevole Albanella, ha già espresso rispetto all'aver innalzato a 50 dipendenti la soglia limite per cui l'impresa è costretta ad assumere, a stabilizzare, una percentuale di apprendisti; faccio presente che nel decreto-legge, per come era arrivato, non c'erano né soglia né percentuale; la Camera aveva fatto, io credo, un passo avanti importante, 50 a me pare una soglia molto alta, non in astratto, ma per questo Paese, 50 è negli standard europei la soglia per le piccole imprese, in un paese come l'Italia la soglia dei 50 lascia fuori quasi tutto, penso in particolare al mio territorio, ma è fatto così il nostro Paese.
  Infine la sanzione prevista per le imprese che superino il tetto del 20 per cento. Anche su questo si è dibattuto, lo si è fatto qui, lo si è fatto sulla stampa, in particolare debbo dire in questi ultimi giorni; alcuni colleghi lo hanno già sottolineato e io vorrei riprenderlo: intanto il tetto del 20 per cento è stato introdotto col decreto-legge, nel nostro ordinamento non esisteva una soglia al di sotto della quale bisognava stare per accendere contratti a tempo determinato, è una novità positiva che non scalfisce in ogni caso gli accordi assunti tra le parti, cioè nei contratti nazionali di lavoro, nei contratti collettivi. Non essendoci una soglia nel nostro ordinamento, non era prevista neanche una sanzione: non c'era un limite, non c'era neanche una sanzione, ripeto sempre al di fuori dei contratti sottoscritti. Ora la Camera, che cosa ha fatto nella sua prima lettura ? Ha meglio puntualizzato questa soglia, veniva già ricordato e non ci torno, cioè il tetto viene calcolato sui contratti a tempo indeterminato, non su quelli genericamente sottoscritti, e così diamo anche un po’ più di certezza al diritto, oltre che a una platea un po’ più circoscritta.
  In secondo luogo, abbiamo previsto, cosa non richiesta da nessuno – abbiamo fatto le audizioni, può essere che a me qualcosa sia scappato, ma in quel momento non ricordo una particolare attenzione anche delle parti sociali – che, qualora la soglia sia sforata, scatti una sanzione, cioè la stabilizzazione di quel posto di lavoro eccedentario; una proposta che è stata inserita di concerto tra il relatore – l'emendamento se non sbaglio era proprio del relatore, l'onorevole Dell'aringa – ed il Governo, quindi, fuori da letture ideologiche e retroscena, si è trattato, per così dire, di dare cogenza, efficacia ad un tetto che veniva messo (senza una soglia il tetto non ha significato). Se ne è discusso anche in sede politica, naturalmente, in quei giorni e al Senato si è arrivati ad approntare una modifica, che certo io non ritengo preferibile ma ritengo comunque ragionevole: quella di trasformare questa sanzione, passando dalla natura del contratto, ad una sanzione che viene data all'imprenditore. Se vogliamo, in punto di diritto è anche più coerente come strumento.
  Vorrei aggiungere qui, non è il mio mestiere naturalmente – noi facciamo le leggi, che vanno applicate da chi ne ha la titolarità e gli abusi hanno sanzionati dall'autorità giudiziaria – ma rilevando questo ai fini del rapporto del datore di lavoro, nulla toglie e nulla vieta ad un giudice, ad un giudice del lavoro che volesse intervenire a tutela del diritto di quel lavoratore se ne ravvisasse in qualche modo un comportamento illecito da parte dell'impresa, anche di procedere alla sua stabilizzazione. La legge questo non lo vieta. Prima non c'era questa previsione, oggi c’è una sanzione economica per l'impresa, per il datore di lavoro; nulla toglie, rispetto ai diritti del lavoratore in quanto tale, che ha diritto di lavorare naturalmente e, se vede violati i suoi diritti, io direi per analogia rispetto a quanto avviene per altre tipologie similari (gli apprendisti non stabilizzati o i lavoratori assunti con contratti a termine per oltre 36 mesi) c’è la possibilità anche per il giudice della stabilizzazione. Ho voluto ricordare questo aspetto perché, ripeto, ho massimo rispetto, naturalmente, per tutti i giudizi che ho ascoltato, anche delle parti sociali e degli opinionisti, sulla stampa, in questi giorni e in queste settimane, ma registro che l'attenzione è nata solo nel passaggio tra la Camera e il Senato, non l'avevo registrata prima, non avevo registrato un problema quando tetti non ce n'erano e sanzioni non erano previste nel nostro ordinamento. Spero che non diventi questa la pietra dello scandalo su un decreto che invece, da questo punto di vista, fa fare un passo avanti al diritto ed impone un vincolo e una sanzione alle imprese che quel vincolo non rispettino.
  Vado a concludere, Presidente. Ho detto che abbiamo lavorato tanto ed io credo anche bene, anche se non spetta a noi dare un giudizio sul nostro lavoro naturalmente, lo faranno i cittadini. Lo abbiamo fatto per migliorare un provvedimento che, nella stesura iniziale, a ben vedere destava molte perplessità. Il Partito Democratico ha concorso in modo determinante ad una sintesi importante per tutti. Altro che autoreferenzialità ! Altro che problemi interni al Partito Democratico ! Lo voglio dire alle forze che non sono abituate a discutere al loro interno e neanche pubblicamente. Un dibattito di qualità su questi provvedimenti aiuta a migliorare i provvedimenti stessi ed è nel compito e nei doveri dell'istituzione parlamentare svolgere queste discussioni e svolgerle alla luce del sole.
  E se oggi è vero, come è vero, che è possibile registrare su questo provvedimento un consenso più largo di quanto non fosse per la stesura iniziale del decreto, è merito del Parlamento, di tutto il Parlamento naturalmente, della Camera e del Senato. Io credo che una parte significativa di questo merito vada anche a chi, da subito, nel lavoro di Commissione, ha lavorato non per azzoppare e non per sposare acriticamente il provvedimento, ma per migliorarlo secondo quello che è il mandato che abbiamo ricevuto dai nostri elettori.
  Noi non crediamo che il lavoro si crei per legge o per decreto. A me stupisce che questo richiamo venga fatto a noi e venga fatto a questo Governo in questo momento, perché ho ricordato quali provvedimenti sono stati messi in campo insieme a questo decreto, a partire dal taglio del cuneo fiscale e dalle risorse per gli investimenti. Credo che sia una critica ingenerosa, una critica sbagliata, una critica anche che non incrocia il senso comune dei cittadini, e poi questo lo diranno fra qualche giorno, ma non mi pare che fra i cittadini ci sia questo tipo di dibattito: «Qualcuno si è inventato di creare lavoro per decreto». Stiamo parlando di creare lavoro attraverso investimenti ed attraverso un sostegno ai consumi.

E stiamo provando a mettere le imprese nella condizione di poter assumere più agevolmente, o, se volete, per non avere alibi, a procedere ad assunzioni attraverso forme contrattuali un pò meno povere e un pò meno deboli di quelle che prima abbiamo ricordato. Tra un anno, come abbiamo detto, e chiudo, tireremo una riga, faremo una verifica. La faremo in Parlamento, non è un passaggio di routine, ma è un passaggio previsto. Se il provvedimento nasce in un tempo eccezionale e ha degli obiettivi esplicitati, è giusto che possano essere anche verificati nel merito in termini operativi. È una novità positivamente introdotta al tempo di un'altra riforma del lavoro, come voglio ricordare, la cosiddetta Fornero, la riforma del mercato del lavoro, non della previdenza. Abbiamo degli elementi, parziali, ma abbiamo degli elementi. Credo che ne avremo degli altri tra un anno per misurare se il ricorso sarà più intenso a queste forme a dispetto di altre, migliori o peggiori, di contratti di lavoro. Se ci sarà da aggiustare, lo faremo. È un impegno che il Partito Democratico assume qui in Parlamento. Lo assume di fronte al Governo, esattamente con le parole che ha usato anche il Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Lo faremo e siamo consapevoli che probabilmente non tutto andrà bene, che delle cose si potranno anche ritoccare. D'altra parte, quello di poter commettere anche degli errori è un rischio che corre unicamente chi fa. Chi, invece, chiacchiera e basta, quel rischio non lo corre mai, si mette sempre in una condizione di sicurezza e di garanzia.
  Da ultimo – ho finito davvero, l'ho detto tre volte, ma questa volta chiudo, Presidente – se il Governo deciderà di porre la fiducia sul decreto-legge, visti i tempi stretti in cui l'approvazione si deve consumare (sono stati usati praticamente tutti i sessanta giorni del decreto-legge), il Partito Democratico senz'altro voterà la fiducia e lo farà per la fiducia che ha nel Governo e per il giudizio che esprime sul provvedimento. Anch'io guardo con preoccupazione al modo in cui a volte perdiamo tempo nella nostra discussione e a come il Regolamento disciplini la gestione dei tempi, anche nella conversione dei decreti-legge. Quindi, anche in questo caso – lo faccio bonariamente e tiro per la giacca, attraverso lei, Presidente, il collega Rizzetto – io mi sento di sottoscrivere questo lodo del MoVimento 5 Stelle per provare a razionalizzare i tempi, ad accorciarli e a garantire ai disegni di legge, del Governo da un lato, e alla conversione dei decreti-legge dall'altro, una corsia preferenziale e tempi più celeri.