Dichiarazione di voto
Data: 
Lunedì, 6 Agosto, 2018
Nome: 
Vito De Filippo

A.C. 1004

Presidente, membri del Governo, colleghe e colleghi, vi confesso che sono arrivato un po' inquieto questa mattina, alla vigilia di questa discussione, perché ero molto curioso di capire come il miracolo della cosiddetta quadratura del cerchio si sarebbe realizzato in questo dibattito. Avevo il rimbombo e la eco chiari della discussione e della propaganda pre-elettorale e post-elettorale delle forze politiche che costituiscono questo Governo, ed era molto incuriosito di capire come quelle posizioni così altamente e rumorosamente immesse nel dibattito pubblico del nostro Paese si sarebbero poi qui tramutate nelle scelte politiche.

Confesso che, come è stato fatto notare, il gruppo del PD è arrivato ben disposto, con anche la sua storia di risultati istituzionali, correttamente, con un equilibrio di impostazione verso questi temi. Era arrivato ben disposto a dare una mano e una collaborazione, e gli emendamenti che sono stati presentati andavano esattamente in questa direzione, ma, come al solito, il fragoroso dibattito, ancora nella propaganda elettorale, ha ucciso anche questi nostri ragionevoli tentativi. Il fatto più grave lo abbiamo poi ascoltato, nell'apice nella discussione, nel racconto - Presidente, mi rivolgo a lei - di una giovane collega che ovviamente ha sciolto le redini al linguaggio in un luogo che si chiama Parlamento, dove le parole hanno una loro dimensione, una loro importanza di democrazia e di libertà. Dalle parole della collega relatrice abbiamo scoperto qual è ancora il sottofondo o quello che sovrintende anche a quest'azione, fatta di intolleranza, anche con una simultanea azione e gesti che abbiamo visto in quest'Aula che sono il sintomo il carattere vero anche della maggioranza su questo tema. Ma io voglio dire ai colleghi che governano in questo momento il nostro Paese che abbiamo un problema enorme di fronte, che non è un problema che si concluderà nei prossimi giorni. Abbiamo uno scenario che più volte quest'Aula ha potuto approfondire, lungo, drammatico. E dovremmo essere qui noi i primi, nel Parlamento di questo Paese, a chiudere la storia anche di un vocabolario fatto di parole disumane.

Prima della “pacchia”, che abbiamo ascoltato, ce n'era una ancora più dura, più netta, più crudele per molti aspetti: respingimenti. Parlavamo di uomini, di donne e di bambini, abbiamo usato la parola “respingimenti”. Mi sarebbe molto piaciuto - lo voglio dire alla collega che è distratta, Presidente, che ha fatto la dichiarazione di voto -, alla sua giovane età vorrei sentire, anche in un suo intervento futuro, che cosa penserà, per esempio, quando fra qualche decennio qualche archeologo del mare che guarderà i fondali del Mediterraneo troverà tanti morti di uomini, di donne e di bambini, e quell'archeologo si domanderà quale guerra mondiale c'è stata in un pezzo del nostro pianeta dove si è scoperta la logica, la ragione, le grandi religioni, che è stato un pezzo del mondo che ha guidato veramente il pianeta. Quale guerra c'è stata?

Noi, che siamo il Parlamento di un Paese democratico, ci dovremmo porre questa domanda nelle nostre discussioni, che appaiono certe volte burocratiche, in una strettoia di parole usuali che non fanno e non danno diritto a questo grande ed enorme problema che noi abbiamo di fronte. Questo mare non si chiama più Mare Nostrum, si chiama “mare monstrum”, da un po' di tempo. Devo dire che mi fa molto orrore che a questa prospettiva così drammatica si possa rispondere con una battuta, con un tweet, lo voglio dire ai giovani colleghi che sono in quest'Aula da poche settimane. “Prima gli italiani”: questa è la battuta che liquida in un solo colpo questo scenario drammatico con il quale noi dobbiamo sapere fare i conti.

E io mi domando se “prima gli italiani” in questo popolo che ha fatto grande l'Europa e il mondo con la cultura, con il Rinascimento, con la tolleranza, con la forza e la dimensione se “prima gli italiani” non significa prendere coscienza di uno dei più drammatici problemi che noi abbiamo di fronte. Siamo diventati così aridi? Abbiamo perso totalmente l'alfabeto delle emozioni? Penso di no. Noi vogliamo essere a presidio esattamente di questa prospettiva, che è di parole, di azioni, di fatti, di tolleranza. Ci sono tante comunità nel nostro Paese che hanno dato risposte straordinarie in termini di integrazione, io ne ho conosciute alcune nella mia vita. Una grande donna, un premio Nobel per la pace, Betty Williams, qualche anno fa, in un sito dove si voleva costruire il grande sito dei rifiuti nucleari, decise di costruire la città della pace, dove ucraini, rumeni, siriani, nigeriani, bambini e donne - vi assicuro, se volete fare una visita - sono totalmente e perfettamente integrati in una sintonia e in una capacità che una piccola comunità del Mezzogiorno ha saputo esaltare. L'alfabeto delle emozioni che queste storie dovrebbe ancora suscitarci non può essere travolto. Fa bene il gruppo PD ad astenersi da questa indegna, per molti aspetti crudele, prospettiva che viene descritta e che ha trovato nelle parole di una giovane collega paradossalmente e clamorosamente i termini più duri e anche più impropri.