Esame di una questione pregiudiziale
Data: 
Mercoledì, 18 Ottobre, 2023
Nome: 
Paolo Ciani

A.C. 1458

Grazie Presidente. Il decreto-legge n.133 del 2023, recante disposizioni urgenti in materia di immigrazione e protezione internazionale, presenta a nostro avviso diversi rilievi di costituzionalità. Particolarmente problematico è il Capo 2, laddove vengono introdotte alcune previsioni relative alla possibilità di accogliere in via provvisoria i minori ultra sedicenni nelle strutture di prima accoglienza e di accoglienza straordinaria per adulti, disposizioni che creano grave allarme sotto il profilo della promiscuità, che verrebbe inevitabilmente a crearsi tra adulti e minori, con possibili conseguenze anche sotto il profilo della sicurezza del minore, non essendo tali centri attrezzati a garantire l'accesso dei minori a taluni diritti fondamentali, come il primo colloquio o l'accesso ad un'assistenza psicologica adeguata alla loro condizione di vulnerabilità. Né è sufficiente a tal proposito richiamare l'articolo 24, paragrafo 2, della direttiva 20013/33/UE, che prevede, sì, la possibilità di alloggiare i minorenni non accompagnati che abbiano compiuto i 16 anni in centri di accoglienza per adulti richiedenti, ma solo se è nel loro interesse superiore, ad esempio per non venire separati da un legame con un adulto di riferimento, interesse superiore del minore che non è mai preso in considerazione nel decreto in esame.

Inoltre, sono numerose le pronunce della Corte di Strasburgo che hanno condannato alcuni Paesi membri, tra cui l'Italia, per la violazione dell'articolo 3 della Convenzione, quindi per la violazione del divieto di trattamenti inumani, crudeli e degradanti, come nel caso di una minore straniera cittadina ghanese che era stata tenuta in un centro in condizioni di promiscuità e senza tener conto delle particolari condizioni di vulnerabilità personale (è una sentenza dell'agosto del 2023). In altri termini, con la nuova formulazione introdotta al comma 1, lettera a), dell'articolo 5 del DL in discussione, viene normativamente prevista per gli stranieri minorenni una condizione che il diritto dell'Unione non contempla e che le corti europee hanno già ritenuto in più sentenze integrare una violazione della Convenzione europea dei diritti umani. È bene ricordare che la Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, ratificata dall'Italia e in vigore a tutt'oggi in 193 Stati, prevede la collocazione dei minori di età privi di ambiente familiare in adeguati istituti a loro dedicati e non opera alcuna distinzione nei confronti di chiunque abbia un'età inferiore ai 18 anni, ma riconosce il diritto di ciascun minore a vivere e ad essere protetto e accolto come tale, difeso dai rischi di abusi, sostenuto nel proprio sviluppo, senza condizioni, né differenziazioni in base alla nazionalità, al sesso, o alla disponibilità di documenti di riconoscimento. Più in generale, la stessa Convenzione stabilisce che, in tutte le decisioni relative ai fanciulli di competenza delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l'interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente, principio espressamente richiamato dall'articolo 28 del testo unico sull'immigrazione, in riferimento ai procedimenti amministrativi e giurisdizionali finalizzati a dare attuazione al diritto all'unità familiare riguardanti i minori. Tale ultimo principio trova conferma anche nella Costituzione italiana che, all'articolo 31, prevede l'impegno della Repubblica a proteggere l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo, ponendo le basi per la tutela di quel superiore interesse del minore che deve trovare attuazione nella legislazione nazionale e internazionale. Anche l'articolo 30 della Costituzione, nello stabilire che è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli richiede, secondo la Corte costituzionale, che nelle decisioni concernenti il minore venga sempre ricercata la soluzione ottimale in concreto per l'interesse del minore, quella cioè che più garantisca, soprattutto dal punto di vista morale, la miglior cura della persona. Le disposizioni contenute nel decreto-legge in esame appaiono pertanto lesive sia degli articoli 30 e 31 della Costituzione, come interpretati dalla Corte costituzionale, sia dell'articolo 10, laddove prevede che la condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali, sia dell'articolo 117, comma primo, laddove prevede che la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle regioni nel rispetto della Costituzione e dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. Con riguardo a tale ultimo parametro, occorre ricordare che la Corte costituzionale, nella sentenza n. 102 del 2020, ha ribadito il principio già espresso in quella n. 7 del 2013, che la suddetta Convenzione vincola il potere legislativo statale e regionale ai sensi e nei limiti di cui all'articolo 117, comma primo, della Costituzione, secondo le note scansioni enucleate dalle sentenze n. 348 e n. 349 del 2007. Altrettanto grave è la procedura introdotta dall'articolo 5 del provvedimento in esame, che prevede che, in caso di arrivi consistenti, multipli e ravvicinati, l'autorità di pubblica sicurezza, in deroga alle disposizioni di carattere generale previste dal comma 6 dell'articolo 19-bis del decreto legislativo 18 agosto 2015, possa disporre lo svolgimento di rilievi antropometrici e di altri accertamenti sanitari anche radiografici, volti all'individuazione dell'età, così derogando al protocollo multidisciplinare per la determinazione dell'età dei minori non accompagnati, che è stato diramato alle regioni e alle province autonome in data 19 novembre 2018 e che la Presidenza del Consiglio dei ministri ha adottato in data 9 luglio 2020.

Tali disposizioni contrastano inoltre con i criteri previsti dal parere del Consiglio superiore della sanità del 2009 e dalle raccomandazioni dell'UNHCR del 2014, atti che incorporano alcuni principi fondamentali volti a garantire il rispetto dei diritti dei minori nel caso in cui la valutazione dell'età sia sottoposta ad accertamenti tramite procedure mediche. Queste previsioni derogatorie, oltre ad essere inutilmente coercitive nei confronti dei minori non accompagnati, finiscono per introdurre una differenza immotivata anche sulla metodologia utilizzata per determinare l'età del minore in relazione al momento in cui è giunto in Italia, che sembrano violare in modo palese il principio di ragionevolezza come elaborato dalla giurisprudenza costituzionale, prevedendosi procedimenti e standard diversi per conseguire il medesimo obiettivo: ovvero, condurre in modo rigoroso l'accertamento dell'età.

Peraltro, va osservato che l'Italia ha già subito una condanna dalla Corte di Strasburgo. Si tratta della sentenza Darboe contro Italia del 21 luglio 2022, nel caso di un minore che era stato tenuto per alcuni mesi in promiscuità con gli adulti nel centro di Cona, in provincia di Venezia, dopo che era stato sottoposto all'esame radiografico del polso e della mano e ritenuto quindi maggiorenne. In quella sentenza la Corte ha, peraltro, affermato che determinare se un individuo sia minore è quindi il primo passo per riconoscere i suoi diritti e mettere in atto tutte le misure assistenziali necessarie. Infatti, se un minore viene erroneamente identificato come un maggiorenne, possono essere adottate gravi misure in violazione dei suoi diritti, censurando il comportamento dell'Italia. Altre disposizioni si pongano in palese contrasto con il diritto dell'Unione e quindi presentano profili di incostituzionalità ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione, in quanto introducono una nuova ipotesi di decadenza o implicita rinuncia all'azione in materia di diritti fondamentali della persona. La distinzione tra manifestazione della volontà di richiedere la protezione e presentazione della domanda non è una distinzione riconosciuta dal diritto dell'Unione ed è solo il risultato di una prassi amministrativa diffusa. Potrei continuare parlando dell'articolo 7, quello che deroga alle norme abitative, prevedendo di raddoppiare la capienza dei posti, ma voglio concludere, signor Presidente con un pensiero più largo. Vorrei sottolineare un aspetto: tutti i provvedimenti adottati in materia di immigrazione dall'attuale Governo, dal decreto Cutro, che cinicamente prende il nome del luogo di una strage per peggiorare le condizioni di persone nella stessa condizione di quelle morte nel naufragio, a quello che ostacola e punisce chi vuole soccorrere vite in mare, fino a quello di cui parliamo oggi, ecco, dietro tutti questi provvedimenti è sotteso un pensiero: che i migranti siano cittadini di serie B o, peggio, sub persone. E se questo è permesso - ahimè - nella propaganda politica (e lo abbiamo visto con decenni di predicazione di odio contro i migranti), è vietato nel legiferare di uno Stato che ha sottoscritto accordi internazionali e che ha alla base del proprio ordinamento la Costituzione come l'Italia. E il paradosso è che oggi si dice che in tre anni dovranno arrivare 450 persone. Ecco ricordatevi l'ammonimento di Max Frisch e parlava di migranti italiani: cercavamo braccia; sono arrivate persone. Quando capirete che i migranti sono innanzitutto persone e come tali vanno trattate sarà sempre troppo tardi.