Data: 
Mercoledì, 24 Giugno, 2015
Nome: 
Davide Baruffi

A.C. 3134-A

Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, la sentenza della Consulta che ha dichiarato incostituzionale la norma del decreto-legge n. 201 del 2011, quella che blocca le indicizzazioni delle pensioni per gli anni 2012 e 2013 non è stata un fulmine a ciel sereno. Si fonda su principi che la Corte aveva già fissato e ribadito in più circostanze e sono stati giustamente richiamati anche dai due relatori che mi hanno preceduto, ovvero il corretto bilanciamento dei valori costituzionali, la salvaguardia dell'adeguatezza della prestazione previdenziale, principio irragionevolmente sacrificato alle esigenze della finanza pubblica, scolpisce la Corte, l'eccezionalità e la temporaneità delle misure in quanto tali.
Noi riteniamo che non sia questa l'unica parte del cosiddetto decreto «salva Italia» passibile di incorrere in un giudizio di incostituzionalità, in particolare proprio per la parte relativa alla manovra finanziaria operata sul regime previdenziale. Altrettanta preoccupazione desta per noi il brusco innalzamento operato circa l'età pensionabile senza alcuna gradualità. Un altro principio richiamato spesso dalla Corte, in particolare per le donne. Per questa ragione il Partito Democratico fin dall'avvio di questa legislatura, ma più precisamente fin dal giorno dopo in cui il Governo di allora approvò questo decreto, ha avanzato proposte per ripristinare sia meccanismi di perequazione più progressivi e socialmente sostenibili, sia per reintrodurre elementi di gradualità e flessibilità per l'accesso alla pensione. Nel primo caso, cioè la perequazione, ricordo come su nostra iniziativa con la legge di stabilità per il 2014 si è tornati ad una rivalutazione pressoché piena per tutti i trattamenti pensionistici fino a quattro volte il minino e si è data comunque una prima risposta anche alle pensioni superiori fino a sei volte il minimo. A riprova che non solo questo problema lo avevamo visto e denunciato ma che a noi stanno a cuore, in particolare, i redditi più bassi e, quindi, quando è toccato a noi abbiamo anche provveduto, per quanto nelle nostre possibilità.
Per quanto riguarda, invece, il secondo corno del problema che indicavo, cioè la gradualità e la flessibilità, abbiamo avanzato proposte per correggere strutturalmente la manovra Fornero. Anzitutto, in tre anni e mezzo, ci siamo fatti promotori di sei salvaguardie successive per tutelare le prime vittime, cioè gli esodati, riportando nel sistema previdenziale 11,6 miliardi di euro dai saldi di finanza pubblica. Il nostro lavoro proseguirà sino a quando tutti gli esodati avranno trovato una risposta ragionevole. Poi abbiamo corretto altre storture, penso alle cosiddette penalizzazioni per i lavoratori precoci che maturavano oltre 41 anni senza avere i 62 anni di età anagrafica, o correggendo il concetto di prestazione effettiva di lavoro.
In questa settimana ci stiamo poi confrontando come forze politiche, tra Governo, Parlamento e INPS proprio a partire dalle nostre proposte di legge per trovare soluzioni concrete e sostenibili che introducano flessibilità nel sistema pensionistico anche in vista del lavoro della prossima legge di stabilità. Per noi è una cosa molto importante, è una questione di giustizia sociale, e non vorremmo quindi che fosse la Consulta ma il Parlamento ad intervenire per riparare a problemi che ha creato.
Come evidenziato dalla relatrice, la onorevole Giacobbe, il primo obiettivo di questo decreto è quello di corrispondere alla sentenza n. 70 della Corte costituzionale. Ripariamo oggi ad un problema che si è prodotto nel 2011 e quella manovra «salva Italia», fatta in emergenza, era la risposta per molti aspetti anche disperata, certamente con errori, al disastro prodotto dalla gestione precedente, quella della Destra. Ci si accusa anche oggi, anche in questi giorni e settimane, di voler correggere errori che anche noi abbiamo prodotto.
  È legittimo e questa accusa può starci. Quello che però è inaccettabile è che questa accusa ci venga mossa da chi aveva precipitato il Paese nel baratro, a partire dalla Lega Nord. È il primo caso in cui il piromane contesta l'operato dei vigili del fuoco.
  Il decreto-legge n. 65 risarcisce i pensionati ingiustamente penalizzati, lo fa tempestivamente, ancorché parzialmente, in modo equo e sostenibile. Tempestivamente, perché va dato atto al Governo che non si è attesa la legge di stabilità per intervenire: il 1o di agosto i pensionati avranno i loro rimborsi. Parzialmente, perché non restituisce tutto a tutti, cosa peraltro non richiesta dalla Consulta: il decreto da di più a chi ha e aveva di meno e dà di meno a chi ha e aveva di più. Quindi, è un provvedimento parziale ma equo, cioè c’è gradualità, il principio che ho richiamato già due volte, come richiesto dalla Corte. Si ripristina un po’ di giustizia sociale nei limiti delle condizioni date ed è proprio il rispetto di queste condizioni date a rendere il provvedimento sostenibile. Gli obiettivi di finanza pubblica per il 2015 e per il prossimo triennio sono rispettati. I vincoli fissati dal Parlamento e validati dalla Commissione europea per non riprecipitare il Paese nelle condizioni di cui al 2011. Dovrebbe essere ormai chiaro a tutti che ogni volta che si provoca e si interviene nell'emergenza i primi farne le spese sono propri gli strati sociali meno abbienti e noi questo non lo vogliamo più.
  Le proposte avanzate dalle minoranze, ho ascoltato anche il relatore Cominardi e ho letto la relazione di minoranza della Lega, propongono invece proprio questo: 17,6 miliardi da contabilizzare sul 2015, facendo saltare il banco dei conti pubblici; viceversa, dovremmo già ora tagliare ulteriori servizi e introdurre nuove tasse per ripristinare quei saldi di finanza pubblica. Ce lo ha spiegato bene il Ministro Padoan in audizione, lo ha richiamato qualche giorno fa proprio in quest'Aula il nostro capogruppo in Commissione bilancio, Maino Marchi, anche l'idea di spalmare la restituzione su 5 anni, mentre può funzionare in punto di saldi contabili e, quindi, per quanto riguarda l'indebitamento netto, non funziona ai fini del rapporto tra il deficit e il PIL, che viene contabilizzato in termini di competenza. Quindi, la proposta che è stata avanzata non è una proposta compatibile: ci riprecipiterebbe nella situazione che prima richiamavo.
  Noi nel lavoro di Commissione abbiamo fatto cose importanti, credo, ne va dato atto a tutta la Commissione e al lavoro che ha svolto la relatrice. Abbiamo anche chiarito, precisato e corretto alcuni aspetti del testo che sono stati richiamati: il fatto che questi aumenti – intendo dire delle pensioni in termini di restituzione –, pur una tantum, non vadano dispersi dalla futura base di calcolo per i successivi interventi di indicizzazione. È un elemento che dà strutturalità alla manovra. La correzione del coefficiente di rivalutazione del montante contributivo: non potrà più scendere sotto l'1 per cento. Credo che anche questo ci mette al riparo, non solo per l'oggi, certamente per l'oggi, ma anche per il futuro e rappresenta un'altra correzione possibile della manovra Fornero. Sono correzioni e correttivi strutturali alla manovra Fornero per renderla un po’ meno manovra finanziaria e un po’ più riforma previdenziale: assicurano più equilibrio, più equità, più sostenibilità nel tempo.
  Questo decreto contiene, infine, altre misure improntati, meno dibattute sulla stampa e quindi meno note probabilmente, all'opinione pubblica, ma non per questo di minore impatto sociale. Mi riferisco, in particolare, al rifinanziamento degli ammortizzatori sociali, un miliardo e 20 milioni di euro in più per la cassa integrazione in deroga, la dotazione iniziale, come ricordato, era di 700 milioni: passiamo a un miliardo e 720 milioni; 70 milioni di euro per i contratti di solidarietà a cui nel lavoro della Commissione, in accordo con il Governo, ne abbiamo aggiunti complessivamente altri 220. Quindi, 290 milioni in più sia per i contratti di solidarietà di tipo B (lo stanziamento iniziale era di 70 milioni), sia per quelli di tipo A, inizialmente, non previsti dal decreto che ora hanno una nuova dotazione di 150 milioni. Infine, 5 milioni aggiuntivi per la cassa in deroga per il settore della pesca, per una manovra complessiva, come ricordava Anna Giacobbe, di un miliardo e 315 milioni aggiuntivi per gli ammortizzatori sociali.
  Sono misure importanti, quanto mai necessarie e urgenti per fare fronte ai bisogni delle aziende in crisi e dei lavoratori che rischiano di perdere il proprio posto di lavoro, misure per salvaguardare la produzione, l'occupazione e i redditi. Il Jobs Act si è dato l'obiettivo di spostare le tutele dal posto di lavoro al mercato del lavoro. Bene ! È una sfida che abbiamo accettato, non senza dibattito, e che stiamo affrontando, per parte del Governo, con l'emanazione dei decreti e per parte nostra, cioè della Commissione lavoro, esaminando ed entrando nel merito di questi decreti. Proprio oggi abbiamo incardinato in XI Commissione lo schema di decreto che riforma gli ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro.
  Ora, è del tutto evidente che fino a quando questi nuovi strumenti non saranno a regime – ripeto: questo decreto l'abbiamo incardinato oggi – ma, soprattutto, non sarà a regime e funzionante il sistema delle politiche attive – incardineremo il decreto domani – occorre avere risposte certe per bisogni urgenti. Risposte in questo decreto ci sono e dal lavoro della Commissione io credo che queste risposte escano rafforzate, sia per portata sia per quantità di risorse destinate. Possiamo mandare un messaggio positivo a tanti lavoratori e a tante imprese, come anche le forze di opposizione hanno riconosciuto nel corso del dibattito della Commissione (e io gliene do atto).
  Ci sono, poi, altre misure su cui non voglio soffermarmi, dato che lo hanno fatto i relatori, come, ad esempio, l'avere reso più agevole per le imprese l'anticipazione del TFR in busta paga per i lavoratori.
  Invece, voglio concludere con un ultimo – un altro – provvedimento, apparentemente minore, contenuto in questo decreto, cioè il pagamento di tutte le pensioni e degli assegni, anche INAIL, al primo di ogni mese. Oltre ad essere una misura razionale, di semplificazione e di pulizia organizzativa, questa misura rappresenta per noi, anche sul piano simbolico, una sfida che abbiamo lanciato al Governo e anche all'INPS. Una vera riforma previdenziale potrà dirsi tale quando al primo del mese ciascuno avrà la propria – una sola – pensione, che raccoglie tutti i contributi versati nel corso di una vita lavorativa, a prescindere anche dalla cassa di riferimento, maturata con analoghi criteri di calcolo e di coefficienti di trasformazione e su un'aspettativa di vita reale, commisurata al percorso di lavoro effettivamente svolto. Da oggi, risolta questa emergenza, io credo che dovremo lavorare per questo