Discussione sulle linee generali
Data: 
Venerdì, 3 Agosto, 2018
Nome: 
Lisa Noja

Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni dei Ministeri dei beni e delle attività culturali e del turismo, delle politiche agricole alimentari e forestali e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nonché in materia di famiglia e disabilità.

A.C. 1041

Presidente, onorevoli colleghe, onorevoli colleghi, membri del Governo, il mio intervento si concentrerà sull'articolo 3, comma 1, del decreto in conversione, che riguarda l'accorpamento delle funzioni relative alle politiche inerenti le persone con disabilità. Si tratta di funzioni che al momento afferiscono alla Presidenza del Consiglio, al Ministero della salute, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al MIUR, che sono anche i dicasteri che gestiscono i fondi e le risorse necessari per promuovere le politiche inerente le persone con disabilità. Il tutto sulla base di un intento che è quello di avere un approccio integrato alle politiche relative alle persone con disabilità. La scelta di superare questo approccio, istituendo un dicastero ad hoc, suscita per noi preoccupazioni di ordine tecnico e di ordine culturale, ancorché riconosciamo che è una scelta suggestiva, da certi punti di vista.

Prima di tutto, le preoccupazioni di ordine tecnico: il Ministero che viene costituito ad hoc è un Ministero privo di portafogli; quindi, questo significa che le risorse rimarranno in gestione ai dicasteri che ho nominato prima. La preoccupazione è, quindi, quella che vi sia, da un lato, un caos normativo, ma, soprattutto, il rischio di un rallentamento nella gestione ed erogazione delle risorse necessarie per la prosecuzione dei servizi di supporto alle persone con disabilità. Ci è stato detto che il Ministero costituirà una voce che parlerà a tutti gli altri dicasteri per conto delle persone con disabilità. Ecco, devo dire che l'avvio dei lavori del Governo ha visto questa voce essere flebile, se non muta, se pensiamo che nel decreto dignità è contenuta una norma che rischia, anzi, sicuramente porterà al licenziamento di alcuni insegnanti con disabilità e che, sia in sede di predisposizione del decreto sia nella discussione in Aula, in cui le opposizioni hanno proposto degli emendamenti per cercare di ovviare a questo rischio e di garantire delle tutele alle persone con disabilità che verranno licenziate, ecco, la voce di quel Ministero evidentemente è stata muta, perché non si è preso alcuna provvedimento per evitare questo danno gravissimo per alcuni lavoratori disabili.

Ma ci sono delle ragioni culturali che ci spingono ad essere preoccupati per la costituzione di questo Dicastero, che forse sono più gravi di quelle tecniche. Vedete, colleghi, lo scoglio più grande che deve superare una persona con disabilità nella propria vita è anzitutto quella di non essere identificata dal mondo che lo circonda con la propria disabilità. Non è infatti un vezzo linguistico che non si debba parlare di disabili, ma di persone con disabilità. Non è un caso che la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità parta da un principio cardine, cioè che le persone con disabilità non hanno diritti nuovi, diritti diversi, ma hanno gli stessi diritti di tutti gli esseri umani, e quei diritti devono essere loro riconosciuti, non diritti aggiuntivi o diversi. E non è una circostanza irrilevante il fatto che la Convenzione ONU sia passata da una concezione della persona con disabilità come oggetto di cura, a quella di una persona con disabilità come protagonista attivo del proprio destino e della propria vita. Questo è stato un passaggio culturale fondamentale e straordinario per le persone con disabilità e per le loro famiglie.

Devo dire che l'Italia negli anni è un Paese che in questo passaggio culturale è stato in prima linea: perché guardate, al di là di quello che viene raccontato, il nostro Paese ha una storia di inclusione importantissima nel mondo. Noi siamo stati il primo Paese ad avere una legge sull'inclusione scolastica che è stata riconosciuta dalle Nazioni Unite come un modello mondiale. Abbiamo leggi importanti, come la legge n. 104 del 1992, la legge n. 328 del 2000, che hanno appunto sancito e aiutato anche il nostro Paese a proseguire in questo passaggio culturale, che va preservato a tutti i costi. E la nostra preoccupazione è che la costituzione di un Ministero ad hoc possa in qualche modo portare ad una regressione rispetto a questo messaggio di inclusione, questo messaggio progressista. Perché? Perché la costituzione di un Ministero ad hoc in qualche modo sembra voler ricondurre le persone con disabilità a una categoria a sé, una categoria a parte, che ha un ministro a parte, che ha diritti separati. E su questo, consentitemi di dirlo, le parole del Presidente Conte di qualche settimana fa, che ha parlato di un Bill of rights, ha usato l'espressione “un codice tutto per le persone con disabilità”, non hanno fugato le nostre preoccupazioni. Guardate, io sono sicura della buona fede del Presidente Conte, sono sicura delle buonissime intenzioni; però il linguaggio approssimativo con cui il Presidente Conte ha parlato del codice per le persone con disabilità, fa temere che si sottovaluti il rischio del messaggio culturale che può arrivare appunto da dichiarazioni come quelle del codice per i disabili, piuttosto che dall'istituzione di un Ministero per le disabilità.

Anche il fatto di accorpare il Ministero per le disabilità con il Ministero per la famiglia è ugualmente una fonte di preoccupazione da questo punto di vista: non perché noi non abbiamo la consapevolezza piena di come l'alleanza tra le istituzioni e la famiglia sia un elemento fondamentale per aiutare la persona con disabilità a sviluppare un proprio progetto di vita, ma perché non vorremmo che questo accorpamento portasse a ricondurre le politiche per le disabilità a politiche di assistenza della persona con disabilità nel suo nucleo familiare e basta. Non è questo il compito che noi abbiamo: noi abbiamo il compito di far sì che le persone con disabilità possano, nei limiti del possibile, avere una vita autonoma, emanciparsi anche, in tutti i casi in cui ciò è possibile, dalle loro famiglie.

Le persone con disabilità non hanno bisogno di bandierine, non hanno bisogno di testimonial nelle istituzioni; hanno bisogno di una visione, che parta da tre concetti importanti. Il primo è che le disabilità sono diverse tra loro: ciascuna persona con disabilità ha una condizione diversa e ha bisogni completamenti diversi, che vanno capiti e soddisfatti. Il secondo punto è che le persone con disabilità non hanno bisogno di testimonial, ma hanno bisogno di progetti di vita: hanno bisogno di politiche che si pongano il tema di come consentire a ciascun individuo, anche nonostante la condizione di disabilità in cui si trova, di sviluppare il proprio potenziale, per quello che è, diverso per ciascuno di noi, e di progettare una vita, come dicevo, autonoma e per quanto possibile emancipata dalla propria famiglia.

È un diritto che spetta ad ogni ragazza e ad ogni ragazzo, e deve spettare anche ai ragazzi e alle ragazze con disabilità.

Noi appunto temiamo che rispetto a questa visione, che è una visione progressista, che è la visione che ispira tutta la Convenzione ONU relativa ai diritti delle persone con disabilità, possa esserci un arretramento. Guardate, io non penso certamente qui di farvi cambiare idea, e voglio partire dal presupposto che in questa scelta ci sia stata un'intenzione in buona fede; però con queste mie parole vorrei mettervi in guardia sull'avere molta attenzione a questo tema culturale, perché una regressione culturale porta automaticamente ad una regressione dei diritti e poi anche delle tutele che la nostra società offre alle persone con disabilità. E lo dico perché alcune dichiarazioni rilasciate dal Ministro Fontana, come quella sulla possibilità di rivedere una legge di civiltà come quella sul “dopo di noi”, altrettanto ci preoccupano, cioè ci preoccupa appunto che in qualche modo si intenda rivedere o ripensare questa visione.

Noi abbiamo delle proposte molto importanti su questo tema: abbiamo l'idea di un innalzamento dell'assegno di accompagnamento come strumento di promozione dell'autonomia dei progetti di vita delle persone con disabilità; abbiamo già depositato una proposta di legge delega sull'accessibilità universale; vogliamo lavorare sul turismo accessibile, sulla cultura accessibile, sull'università accessibile, che è un punto fondamentale per noi, proprio nell'ambito della costruzione del progetto di vita. E credo che dall'opposizione vi sfideremo e misureremo in qualche modo se i rischi e le preoccupazioni che oggi esprimiamo rispetto a questa scelta, che reputiamo sbagliata ma su cui vogliamo comunque misurarvi nei fatti; dicevo, noi misureremo quanto quei rischi siano fondati, anche soprattutto dalla disponibilità che voi dimostrerete in queste Aule a prendere in considerazione le nostre proposte e a portarle avanti insieme a noi, perché questa io spero sia una battaglia su cui non c'è colore politico e su cui sarà possibile nonostante tutto lavorare insieme.