Discussione sulle linee generali
Data: 
Martedì, 5 Febbraio, 2019
Nome: 
Enza Bruno Bossio

AC 1550

Grazie, signora Presidente. Ieri in Commissione, oggi in Aula, ci troviamo a discutere di un decreto che si può definire, ma ne abbiamo visti anche altri, un vero e proprio mostro giuridico, con forti caratteri probabilmente di incostituzionalità, ma altri lo spiegheranno meglio di me.

In origine erano 10 articoli, a cui se ne sono aggiunti quasi 100, ma probabilmente la preoccupazione di una bocciatura da parte del Colle di questo obbrobrio ha costretto la maggioranza, già al Senato, a snellire il provvedimento, lasciando però presenti articoli dove rimangono in piedi profili di incostituzionalità, poiché più di una norma non corrisponde alla finalità del testo rispetto ai criteri d'urgenza.

Io citerò alcune di queste norme e, come hanno già fatto i colleghi al Senato e altri prima di me, vorrei affrontare questo tema generale del costante dispregio delle più elementari regole parlamentari da parte di questa maggioranza, affinché resti agli atti.

Partiamo, ad esempio, da quello che viene affrontato nell'articolo 8: piattaforme digitali, ovvero, tradotto, la questione strategica dello sviluppo digitale in Italia, che, come diciamo, scriviamo, sappiamo, coincide, nell'era della quarta rivoluzione industriale, con lo sviluppo tout-court del Paese. Le misure introdotte da quest'articolo prevedono una nuova governance particolarmente generica, confusa, dilatoria, che praticamente ha sollevato già una discussione non solo in Aula, ma anche sulla stampa. Questa governance così confusa rischia di incidere molto negativamente sul processo di modernizzazione del Paese.

Io vorrei raccontare brevemente lo stile con cui, invece, i Governi PD hanno affrontato la questione del digitale: abbiamo trovato allora una situazione tragica, drammatica, sia sul piano delle infrastrutture, che su quello dello sviluppo digitale della pubblica amministrazione. Per affrontare questa situazione drammatica, sono stati predisposti, nel marzo 2015, ma dopo aver fatto confronti per mesi con stakeholder, operatori, regioni, istituzioni e soprattutto anche attraverso una consultazione pubblica online, due Piani strategici dal Presidente del Consiglio Renzi: il Piano della banda ultra larga e quello della crescita digitale; e, nel 2017, il Presidente Gentiloni ha firmato il Piano triennale per l'informatica.

Abbiamo, dunque, indicato e avviato un percorso, che ha fatto conquistare all'Italia delle posizioni: se è vero, come è vero, che nell'indice digitale del 2018 ci confermiamo alla venticinquesima posizione, il segnale positivo - afferma la stessa Commissione europea - è che, rispetto alla copertura della fibra ottica, passiamo dal ventitreesimo posto del 2016 al tredicesimo del 2017. Questo stesso risultato viene sottolineato nella relazione annuale dell'Agcom del 2018, che conferma la valutazione sui segnali positivi generati dall'azione dei Governi in questi cinque anni.

Quindi, sulla questione della crescita digitale abbiamo provato a dare impulso e una nuova mission all'Agid, ma soprattutto c'è stato il lavoro del commissario straordinario, che ha affrontato temi finora non affrontati, come l'anagrafe unica dei comuni, la nuova riforma del codice dell'amministrazione digitale, il rafforzamento del ruolo del responsabile della transizione digitale. Ma la cosa importante è che queste iniziative governative hanno trovato confronto, riscontro, sviluppo, delle volte anche critiche, nella Commissione d'inchiesta sul digitale della PA, che oggi abbiamo ripresentato ma non se ne vede traccia, oltre che dall'ottimo lavoro svolto dall'intergruppo sul digitale, che ha visto un lavoro comune di tutti i parlamentari, di tutte le forze politiche.

D'altra parte, lo sappiamo che la piena attuazione dell'Agenda digitale aumenterebbe il PIL del 5 per cento e questa, sì, creerebbe nuovi posti di lavoro; lo sappiamo che la rivoluzione digitale rappresenta la strada maestra per lo sviluppo del Paese e, di fronte a questa sfida così ambiziosa, cosa fa questo Governo? Invece di implementare quello che abbiamo portato avanti in questi anni, non c'è traccia della Commissione d'inchiesta, non c'è una Commissione permanente sul digitale come aveva promesso il nostro collega Questore, onorevole D'Incà, però il Governo oggi decide di fare una Spa! La soluzione alla sfida sulla rivoluzione digitale è una Spa, di cui non si capiscono i contorni e di cui non si capisce nemmeno la trasparenza, visto che ci saranno assunzioni, come dice lo stesso articolo, non normate da selezioni concorsuali e su cui sicuramente si accentua il rischio di profili clientelari o, probabilmente, anche di conflitto di interessi.

Per non parlare, poi, della decorrenza dal 2020, che quindi blocca in questo 2019 tutte le iniziative che si dovrebbero fare e che dovrebbero proseguire rispetto al lavoro di questi anni.

Per questo presenteremo un ordine del giorno, proprio per impegnare il Governo ad attivare un Osservatorio sul processo di transizione per l'approdo al gennaio 2020. Ripresenteremo ovviamente anche questi emendamenti in Aula, quelli che modificano, ma siamo convinti che, come al solito, questo maggioranza ci impedirà di discuterli e, quindi, in questo ordine del giorno chiederemo soprattutto che l'ANAC possa emanare linee guida per scongiurare questi possibili conflitti di interessi.

Il secondo punto di cui voglio parlare è la questione della riforma del trasporto pubblico di persone non in linea. Guardate, questo è veramente un paradosso, questa questione, che riguarda una riforma di una legge del 1992, è comparsa in un emendamento alla legge di bilancio, che poi è stato stralciato nella notte di Natale per ricomparire sotto forma di decreto alla vigilia di Capodanno. Ma, non contenti, questo decreto n. 143, arrivato alla Camera, viene inopinatamente trasformato in un emendamento a questo DL semplificazioni, annullando nei fatti e per legge il decreto n. 143.

Abbiamo aspettato tanti anni per modificare la legge del 1992, una legge che si era provato già a modificare con un colpo di mano di quelli che allora provavano a fare le cose come sta facendo il Governo, ma evidentemente allora c'era ancora un po' più di rispetto dell'istituzione, perché c'è stata la segnalazione della Commissione europea e il Governo, lo stesso giorno di conversione in legge del decreto-legge n. 207 del 2008, provvedeva a sospenderne l'efficacia.

Il decreto-legge di oggi va oltre quello del 2008 ma in senso peggiorativo sia dal punto di vista costituzionale sia dal punto di vista comunitario. L'Agcom era già intervenuta per chiedere ai Governi, alla maggioranza e al Parlamento di introdurre interventi correttivi volti a limitare anche la portata incostituzionale del decreto ma non si è fatto niente: solo proroghe, tranne nel 2017 e, ancora una volta, i Governi PD e il Ministro Delrio sono riusciti a mettere allo stesso tavolo i diversi soggetti e, in particolare, anche le istituzioni.

Si poteva partire da quel protocollo di intesa ma invece no: si è deciso di scegliere una sola parte, magari la più numerosa ma sempre una sola parte perché il Governo si muove solo in una logica meramente elettorale che non tiene conto di tutte le problematiche.

Gli NCC esistono, sono delle imprese: che vogliamo fare? Li vogliamo chiudere? Vogliamo impedire ad essi di lavorare? Il decreto-legge fissa tale realtà. Prendiamo, ad esempio, il tema del rientro in rimessa, sul quale si deroga rispetto all'ambito provinciale, solo per le regioni Sicilia e Sardegna. Ieri è stato proposto un emendamento perché tale deroga possa invece essere estesa anche alle altre regioni. Ma, d'altra parte, ancora una volta sia l'Agcom sia l'Autorità per i trasporti ha definito tali elementi in contrasto con la nostra Costituzione e, in particolare, l'Autorità di regolazione dei trasporti ha detto che è preferibile sopprimere del tutto l'obbligo del rientro in rimessa. Quindi, chiediamo che anche in questo caso sia riattivato il tavolo e che si possa lavorare cercando di affrontare i problemi delle diverse imprese.

Infine, vorrei parlare pochi minuti di un articolo aggiuntivo presentato dall'onorevole Sensi, un articolo che è volto all'abrogazione del comma 810 dell'articolo 1 della legge di bilancio che effettua i tagli mirati all'editoria colpendo alcune testate soltanto per un mero spirito ideologico perché il Governo e la maggioranza hanno insofferenza verso il pluralismo delle voci, la libertà di stampa e verso chiunque e qualunque informazione che critica il Governo di qualunque segno esso sia. Questi tagli, però, colpiscono anche le testate locali e, soprattutto, colpiscono uno strumento fondamentale di informazione che è Radio Radicale rispetto alla quale non può essere da guida l'antipatia del sottosegretario Crimi ma le regole dello Stato e del pluralismo democratico. Abbiamo chiesto e continueremo a farlo di riconsiderare il taglio che rappresenta un vulnus per i principi fondamentali della nostra democrazia.

Concludendo, non fate contare il Parlamento; oltraggiate le divise delle forze dell'ordine ma non impedirete la nostra resistenza e quella dei cittadini. Vorrei chiudere questo intervento con una frase di Hannah Arendt che ho pubblicato sul mio profilo social nel Giorno della memoria: “Le azioni erano mostruose ma chi le fece era pressoché normale né demoniaco né mostruoso”. Noi ci batteremo perché quest'azione normalmente mostruosa non passi.