Discussione generale
Data: 
Lunedì, 6 Novembre, 2017
Nome: 
Simonetta Rubinato

A.C. 4653

 

Grazie, Presidente. Diceva nel 1958 Eleanor Roosevelt: dove iniziano i diritti umani universali? In piccoli posti, vicino casa…. Facevo una citazione, per cominciare il mio intervento, che mi ha sempre molto colpito e sulla quale ho giurato come sindaco nel periodo in cui ho fatto l'amministratore locale. Nel 1958, si chiedeva Eleanor Roosevelt, dove iniziano i diritti umani universali? In piccoli posti vicino casa, così vicini e così piccoli che essi non possono essere visti su nessuna mappa del mondo, ma essi sono il mondo di ogni singola persona, il quartiere dove si vive, la scuola frequentata, la fabbrica, fattoria o ufficio dove si lavora. Questi sono i posti in cui ogni uomo, donna o bambino cercano uguale giustizia, uguali opportunità, uguale dignità senza discriminazioni. Se questi diritti non hanno significato lì, hanno poco significato da altre parti.In assenza di interventi organizzati di cittadini e istituzioni per sostenere chi è vicino alla loro casa, guarderemmo invano al progresso nel mondo più vasto. Quindi, noi crediamo che il destino dei diritti umani è nelle mani di tutti i cittadini in tutte le nostre comunità.

Ecco, i principi e i diritti delle persone vivono nei territori, nelle comunità: se lì i cittadini, le famiglie, chi fa impresa trova la risposta ai suoi bisogni, alle sue istanze e alla sua vocazione di fare e di crescere, ecco che lì si creano le vere occasioni di crescita e di progresso. Se non si trova invece lì la risposta, allora la si cerca altrove: è per questo che le persone migrano, si spostano in territori che sono più competitivi, cioè che offrono loro maggiori opportunità. Ma in Veneto - in particolare in Veneto - non c'è solo la migrazione delle persone e delle imprese, pure in una regione ricca, un motore economico del Paese. Negli ultimi tredici anni in Veneto, lungo i confini con le autonomie speciali, si è sviluppata anche un'altra dinamica di desiderio di migrazione che ha visto lo svolgersi, come è già stato ricordato, di referendum in ben trentatré comuni veneti di confine per chiedere di emigrare come comunità dalla regione Veneto nel territorio delle vicine autonomie speciali che godono di vantaggi competitivi sul piano istituzionale, finanziario e fiscale di gran lunga superiori. Per questo motivo, in tale contesto - non faccio l'elenco di queste comunità che hanno chiesto di migrare perché è già stato fatto - la discussione in sede parlamentare, nella quale dobbiamo portare alla nostra attenzione l'interesse nazionale, non può limitarsi al singolo caso di Sappada, per quanto esso vada indubbiamente rispettato e valutato anche per il voto espresso da quella comunità.

Un'analisi però non superficiale del contesto territoriale impone al Parlamento, ai sensi dell'articolo 132 della Costituzione, di valutare tutti gli interessi in gioco ed è quanto ci ha chiesto con una lettera-appello del 6 ottobre scorso, dopo il voto al Senato, il presidente della provincia di Belluno - lettera indirizzata anche a lei, Presidente - in cui Roberto Padrin si è fatto portavoce dell'interesse della comunità bellunese fortemente allarmata dal rischio di un effetto domino che potenzialmente può portare alla scomparsa della provincia stessa. Egli scrive: “Sappada è solo la punta di un iceberg ma il calendario dei lavori parlamentari sembra orientato a privilegiare solo Sappada quando anche altri numerosi comuni sono parimenti interessati ad aggregarsi al Friuli Venezia Giulia o alle province autonome di Trento e Bolzano, territori tutti a statuto speciale con maggiori capacità di spesa di qualsiasi regione a statuto ordinario. Se questo processo di separazione dal Veneto iniziasse è facile prevedere - conclude il presidente Padrin - che una palla di neve diventerà ben presto una valanga” e quindi per questo il presidente della provincia di Belluno ha chiesto una pausa di riflessione da parte della Camera dei deputati tanto più opportuna, io credo e lo dico umilmente, dopo che in Veneto, domenica 22 ottobre scorso, si sono svolti i due referendum il cui risultato più che positivo conferma l'esistenza, da un lato, di una questione veneta e bellunese ma impone ora alle classi di governo nazionale e regionale di dare finalmente un'adeguata risposta in spirito di leale collaborazione alla domanda di autogoverno di un territorio rimasta per colpa della politica irrisolta da decenni, andando oltre gli strumenti sin qui sperimentati, cioè i fondi per la valorizzazione e la promozione delle aree territoriali svantaggiate confinanti con le regioni a Statuto speciale che, tuttavia, non hanno risolto il problema in via strutturale e hanno anzi creato nuove disparità, a seconda che il confine fosse quello del Trentino-Alto Adige oppure quello del Friuli-Venezia Giulia, a seconda che il comune fosse direttamente confinante oppure non direttamente confinante.

Invece, a fronte di tutto ciò e di tutto quanto è accaduto anche dopo il voto al Senato, mentre la discussione del provvedimento al Senato ha avuto spazi e tempi assai ampi di discussione, gli stessi sono stati invece oltremodo limitati qui, alla Camera, con la calendarizzazione in Aula dopo soli dodici giorni dall'avvio dell'esame in discussione senza neppure svolgere le pur richieste audizioni dei presidenti di giunta e consiglio regionale del Veneto e della provincia di Belluno, pur non considerando in alcun modo che un tema così delicato e dirompente, che causa pure divergenze di interessi territoriali anche all'interno degli stessi gruppi politici richiede, invece, un ulteriore approfondimento e una riflessione per evitare anche uno sviamento della funzione parlamentare perché, nel caso di specie, non si è seguito alcun criterio oggettivo di priorità nell'esame delle richieste come, ad esempio, quello dell'ordine cronologico di svolgimento dei referendum, tenuto conto che due anni prima di Sappada, oltre a Lamon nel 2005, Cinto Caomaggiore si era espresso per il passaggio a favore del Friuli-Venezia Giulia ma di esso però non stiamo assolutamente parlando.

Inoltre si sta procedendo in questo caso con uno strumento di legge ordinaria mentre in precedenza lo stesso Governo e il legislatore - è il caso di Lamon trattato in precedenti legislature - hanno considerato imprescindibile procedere con lo strumento di legge costituzionale. Ancora, la sussistenza dei pareri favorevoli di entrambe le regioni interessate non è vincolante per il Parlamento tanto più che significherebbe nel caso del Veneto, che ha sempre dato pareri favorevoli al distacco dei comuni per il passaggio alle regioni speciali anche per motivi politici strumentali, cioè per denunciare un disagio e la forte pressione dei territori interni penalizzati dal divario socio-economico con le aree confinanti autonome, quindi, ripeto, proprio per tutti i pareri positivi del Veneto in questi anni, significherebbe che le autonomie speciali confinanti sarebbero messe in condizione di scegliere con ampia discrezionalità quali sono i comuni più attrattivi da aggregare per il loro interesse socio-economico.

Dunque a mio parere ci sono tutti gli elementi per raccogliere la richiesta di una pausa di riflessione avanzata anche alla Camera dei deputati dal presidente della provincia di Belluno. Certo, c'è un tema molto delicato che è stato ricordato anche da chi mi ha preceduto: c'è stata una manifestazione di volontà popolare da parte dei cittadini di Sappada nel 2008, i quali in grande maggioranza hanno dichiarato la volontà di andare in Friuli-Venezia Giulia. Io ho grande rispetto per questo ma, nello stesso tempo, essendo stata sia interpellata da ex amministratori locali di quel comune sia da cittadini che sono preoccupati perché quello che per loro era uno strumento di denuncia di un disagio sta diventando ora concretamente la possibilità di cambiare regione con tutto quello che comporta, vorrei ricordare che Sappada fa parte della provincia di Belluno dal 1852 quindi c'è un'unità nella comunità bellunese da questo punto di vista e, dovendo io qui rappresentare l'interesse più ampio regionale e nazionale, non posso non assumermi la responsabilità di prendere una decisione rispetto al voto….E la domanda - concludo, Presidente - che mi faccio e mi fa veramente dubitare della possibilità di aderire alla manifestazione di volontà dei sappadini che pure rispetto - è una località meravigliosa che merita di essere visitata - è la seguente. Mi chiedo: se il Veneto avesse gli stessi strumenti, se il territorio bellunese avesse gli stessi strumenti di governo di sviluppo del territorio che ci sono in Friuli-Venezia Giulia, nel 2008 ci sarebbe stato un referendum? E se ci fosse stato, i sappadini avrebbero votato come hanno votato? Questa è la domanda che mi fa sperare che ci possa essere la possibilità di una verifica della volontà proprio adesso che comincia un percorso di autonomia rafforzata anche per il Veneto e, come diceva l'onorevole Savino in precedenza, partendo dal basso, dai territori, dai bisogni delle comunità, dai bisogni concreti delle persone, è ora di mettere mano a un riassetto istituzionale adeguato alle sfide che il nostro Paese deve affrontare. Questa è la domanda che da quindici anni viene in particolare dai territori di Belluno e che colpevolmente la politica regionale…e quella nazionale hanno disatteso. Non ci si può lavare le mani semplicemente con un voto favorevole per una sola di queste comunità.