Grazie, signora Presidente. Colleghe, colleghi, signor Ministro, innanzitutto voglio ringraziarla per la sua presenza, per la puntuale informativa e per le sue parole misurate, ma soprattutto per la fermezza e la determinazione del Governo italiano, che lei ha qui interpretato. L'indignazione, la sofferenza, la vicinanza grandissima alla famiglia di Giulio, ai suoi genitori, Paola e Claudio, sono enormi e io sono certa di interpretare il sentimento del popolo italiano nel rivolgere a loro, non solo le nostre più grandi, sentite e profonde condoglianze, ma nel dire loro: «siamo con voi, siamo con voi, non siete soli e non sarete soli nella vostra battaglia». Sappiamo però che non abbiamo bisogno e non possiamo abbandonarci a reazioni emotive.
Riflettendo da giorni su questa vicenda dolorosa e grave, viene alla memoria la suggestione di un grande politico italiano, un grande conoscitore e amico dei Paesi arabi. Di fronte a vicende come questa – ci avrebbe invitato a fare Aldo Moro – occorre esercitare l'intelligenza degli avvenimenti.
E allora una prima conclusione che vogliamo trarre da questo esercizio, è che il rapimento e l'assassinio di Giulio sono un fatto politico, un omicidio politico; e bene ha fatto e fa il Governo, che noi invitiamo a proseguire su questa strada, a respingere le versioni diverse e contraddittorie che giungono dall'Egitto, e a pretendere verità, a pretendere quei dati, quei riscontri, quegli elementi probatori senza i quali è impossibile avviare una credibile indagine. Di fronte all'omertà, a qualcosa di peggio, noi chiediamo la verità. Avremmo preferito avviare, come lei ha ricordato, questa discussione in concomitanza di un altro evento, l'incontro a Roma previsto; e sappiamo che questo appuntamento, l'incontro tra i magistrati e gli investigatori egiziani ed italiani, è stato rimandato al 7-8 aprile. Confidiamo nella determinazione del Governo, e ci limitiamo a registrare che non è stato neanche questo un bel segno.
Una seconda considerazione che dobbiamo fare riguarda la situazione interna dell'Egitto, un Paese storicamente amico e alleato dell'Italia, ma che si trova ora in una difficilissima e dolorosa fase di stabilizzazione. Apprendiamo con estrema preoccupazione dei conflitti presenti all'interno degli apparati statali egiziani: quello più evidente in questi giorni, tra la polizia e la magistratura, che anche lei, signor Ministro, ha richiamato. È proprio in questi contesti opachi e confusi che avvengono i rapimenti, le sparizioni, i depistaggi, di cui il caso di Giulio Regeni è per noi quello più prossimo, quello conosciuto e doloroso, ma non certo l'unico o isolato. Se quindi noi oggi poniamo il tema dei diritti umani in Egitto, non è per minacciare la stabilità di quel Paese, ma proprio per il contrario: perché senza il rispetto delle libertà fondamentali, la stabilizzazione raggiunta sarà sempre precaria e sarà sempre minacciata e minacciabile, sia dall'interno che dall'esterno. È il caso a tale proposito di ricordare qui l'autobomba che l'11 luglio dello scorso anno esplose davanti al consolato italiano al Cairo, determinando la morte di una persona e il ferimento di altre dieci.
Una terza considerazione riguarda il profilo internazionale di questa vicenda: Giulio era un cittadino e un ricercatore italiano, ma anche un dottorando di una università inglese; era un giovane europeo, lei lo ha detto: uno dei migliori. Ferme restando le nostre responsabilità come nazione, come Stato, non dovrebbe essere del tutto fuor di luogo eventualmente il coinvolgimento di partner, e soprattutto delle istituzioni europee.
Un ultimo invito vorrei rivolgere al Ministro, ed è quello a sostenere con tutti i mezzi a disposizione della nostra cooperazione, con le organizzazioni non governative, quei mondi vitali della società civile egiziana che operano ogni giorno a difesa e tutela dei diritti civili e politici, della libertà di informazione. Facciamo nostre le parole della madre di Giulio, che con un atto di estremo coraggio e generosità denuncia gli altri casi simili a quelli di Giulio. Sono certa che il Parlamento sosterrebbe unanimemente iniziative in tal senso, ed è anche questo un modo per esercitare quella risposta forte che la famiglia di Giulio ha chiesto alle nostre istituzioni. «Un viso diventato piccolo piccolo», ha detto la madre, ricordandoci di averlo riconosciuto solo dalla punta del naso. Questa frase ci mette di fronte al limite della politica: «ho visto tutto il male del mondo», questo ci mette di fronte il limite assoluto della politica, che non può sradicare tutto il male del mondo. La politica però può, anzi, deve venire incontro a tutti coloro che hanno fame e sete di giustizia; e non c’è dubbio che Giulio Regeni, e ora la sua famiglia siano di questo testimoni esemplari (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Scelta Civica per L'Italia).
Data:
Martedì, 5 Aprile, 2016
Nome:
Sandra Zampa