Ringrazio, signora Presidente. Colleghe e colleghi deputati, rappresentanti del Governo, aveva soltanto 35 anni, Hevrin Khalaf, leader politica e attivista a difesa dei diritti del suo popolo, violentata e poi uccisa barbaramente in un agguato da miliziani filoturchi nel Kurdistan siriano. Lo ha ricordato anche lei, signor Ministro, una donna coraggiosa, di grande spessore a cui di nuovo sollecito la riconoscenza di tutta quest'Aula per quanto fatto nella sua purtroppo breve vita.
L'immagine di Hevrin campeggiava ieri nelle tante manifestazioni che si sono tenute in tutto il mondo per condannare l'aggressione militare voluta da Erdogan e per esprimere solidarietà al popolo curdo, ancora una volta vittima di un disegno di annientamento e di pulizia etnica. Lo abbiamo visto nelle piazze di Roma, nelle piazze di Milano e nelle piazze di tante altre città. Il popolo curdo in Siria ha dato un contributo decisivo alla sconfitta dell'Isis, nella difesa di Kobane e nella riconquista di Raqqa strappata al cosiddetto sedicente Stato islamico con un costo di vite altissimo. La sconfitta sul campo dell'Isis è qualcosa che ci riguarda da vicino, signora Presidente; ci riguarda come europei, perché si tratta dell'organizzazione terroristica che ha seminato paura e morte anche nelle nostre città e ha ucciso anche i nostri giovani connazionali come Valeria Solesin, Fabrizia Di Lorenzo e Antonio Megalizzi . Ma oggi i protagonisti della sconfitta militare dell'Isis vengono aggrediti dalla Turchia, un Paese membro della NATO e ancora formalmente candidato all'ingresso nell'Unione europea e di questa aggressione, signora Presidente, i primi a gioire sono proprio i militanti dell'Isis che con le loro famiglie erano tenuti prigionieri sotto la sorveglianza dei militari curdi e della coalizione anti-Daesh. L'Unione europea e la comunità internazionale non possono e non debbono tollerare che uno Stato invada il territorio di un altro Paese con lo scopo di espellere le persone che vi risiedono e sostituirle, perché questo afferma Erdogan, con i profughi siriani attualmente presenti in Turchia. Non bisogna cedere assolutamente, non bisogna cedere al ricatto di Erdogan che minaccia di riversare nei Paesi europei un'ondata di rifugiati siriani. E il modo migliore per far capire a Erdogan che i suoi ricatti non ci condizionano è sospendere i trasferimenti economici alla Turchia dei fondi relativi proprio all'accordo sui migranti.
Vede, signor Ministro, se l'azione di Ankara rimarrà impunita, l'autorevolezza e l'efficacia del diritto internazionale subiranno un pesante danno. Va denunciato con forza da questo punto di vista il cinismo con il quale Donald Trump nei fatti ha lasciato campo libero alla sciagurata operazione militare della Turchia e va registrato con preoccupazione il fatto che il dissenso degli Stati Uniti e della Russia ha finora impedito - loro hanno impedito - al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, che esistono, onorevole Giorgetti - ripeto: esistono - di assumere una netta posizione di condanna. Ora Trump, pressato dall'opinione pubblica statunitense e anche dai membri del suo stesso partito, annuncia ora sanzioni contro Ankara. L'Unione europea, con la riunione dei Ministri degli Esteri, ha dato quello che consideriamo un primo segnale, signor Ministro, un primo segnale di reazione comune al quale ci auguriamo seguano altri ancora più decisi, a partire dalla riunione del Consiglio europeo del 17 e 18 ottobre. Parliamo di misure economiche; parliamo di sanzione del blocco delle forniture militari alla Turchia da parte dei Paesi europei. Il gruppo del Partito Democratico sostiene, signor Ministro, e apprezza l'azione del nostro Governo tesa innanzitutto ad evitare una divisione in seno all'Unione e a ottenere nelle condizioni date una posizione unanime. Tale ruolo di stimolo, questa azione incalzante non deve cessare e dobbiamo tendere a risultati ancora più avanzati. Penso in particolare al fatto che il nostro Paese ha una legge sul commercio delle armi, la legge n. 185 del 1990, che impedisce tassativamente la fornitura di armi a Paesi che compiono azioni come quelle che stiamo denunciando. Il Ministro Di Maio ha già annunciato un decreto ministeriale in tal senso che vale per il futuro e mi fa piacere che oggi abbia voluto qui annunciare di aprire un'istruttoria anche per i contratti che sono in essere. Questa è la strada. Lo abbiamo già fatto, Ministro, con lo Yemen - lo ricorderà - con tutti i Paesi coinvolti in quel conflitto.
Non si può sopportare che armi prodotte nel nostro Paese contribuiscano a massacrare persone che ci hanno liberato dai terroristi islamici, persone che vogliono vivere in pace nella loro terra, che stanno costruendo un esperimento raro in quell'area, quasi unico di vita democratica, di pluralismo politico, etnico, religioso, di rispetto, anzi di protagonismo delle donne, che sono state in prima linea anche nei combattimenti più aspri contro i miliziani dell'Isis e alle quali va tutta la nostra ammirazione e il nostro profondo grazie.
Signora Presidente, bisogna fermare questa guerra, bisogna fermare questa guerra, dobbiamo ottenere una condanna senza appello da parte di tutti gli organismi internazionali, le Nazioni Unite, la NATO, l'Unione europea. Purtroppo sono gli Stati membri, collega Giorgetti, a impedire questo, spesso gli Stati membri sovranisti.
La NATO deve sospendere l'operazione Acting Fence e noi dobbiamo anticipare, signor Ministro, il ritiro del nostro contingente, dobbiamo contribuire a mettere in campo iniziative immediate di aiuto umanitario alla popolazione civile. La bussola della nostra azione deve essere, anche in questo caso e ancora una volt, la Costituzione. E la Costituzione ci dice che l'Italia ripudia la guerra, non solo la rifiuta, ma la ripudia! E questo non dobbiamo dimenticarlo mai. Grazie, signora Presidente.