Intervento del Ministro della Giustizia
Data: 
Giovedì, 16 Aprile, 2015
Nome: 
Andrea Orlando

 Grazie Presidente, onorevoli colleghi, prima di illustrare l'informativa sui fatti delittuosi avvenuti al Palazzo di giustizia di Milano il 9 aprile scorso, mi sia permesso, anche in questa sede, di rivolgere il più sentito cordoglio ai parenti delle vittime Fernando Ciampi, Lorenzo Alberto Claris Appiani e Giorgio Erba, e di esprimere la mia vicinanza alle persone gravemente ferite e a tutti coloro che sono rimasti coinvolti. 
Vorrei premettere che ogni riferimento ad elementi e fonti di prova rilevanti per l'accertamento dei fatti accaduti a Milano viene offerto al Parlamento nel doveroso rispetto delle prerogative processuali riservate all'autorità giudiziaria. Pur nella drammatica evidenza dell'eccezionale gravità di avvenimenti caduti sotto la percezione diretta di numerosi testimoni, infatti, è necessario attenersi a fondamentali criteri di prudenza e rigore delle valutazioni. 
Le prime segnalazioni giunte alle forze d polizia di Milano indicavano la presenza di feriti da colpi di arma da fuoco all'ingresso del Palazzo di giustizia, lato via Manara, ed al terzo piano dell'edificio, presso l'aula di udienza n. 2 della seconda sezione penale del tribunale. Sul luogo intervenivano subito numerose unità operative delle forze di polizia. 
Le informazioni assunte dai militari dell'Arma dei carabinieri nell'immediatezza dei fatti consentivano di accertare che Claudio Giardiello, mentre si trovava in aula in qualità di imputato di bancarotta fraudolenta, estraeva una pistola, esplodendo diversi colpi all'indirizzo dell'avvocato Lorenzo Alberto Claris Appiani e dei coimputati Giorgio Erba e Davide Limongelli. Sulla medesima linea di tiro si trovava il pubblico ministero designato per l'udienza, il quale, al pari di altre persone presenti nell'aula, non pativa offesa. 
Immediatamente dopo, appena uscito dall'aula, il Giardiello esplodeva almeno altri due colpi all'indirizzo di Stefano Verna, dottore commercialista in attesa di testimoniare nel medesimo processo penale, ferendolo alle gambe. Dopo l'azione di fuoco, il Giardiello raggiungeva, al secondo piano dell'edificio, l'ufficio del giudice Fernando Ciampi, al cui indirizzo esplodeva due colpi di pistola, attingendolo al torace e cagionandone il decesso immediato. 
Un'impiegata presente nella stanza rimaneva fortunatamente illesa. Immediatamente soccorsi, Giorgio Erba e Lorenzo Alberto Claris Appiani decedevano durante il trasporto d'urgenza presso il Policlinico e l'ospedale Fatebenefratelli. Davide Limongelli veniva trasportato presso l'ospedale Niguarda, dove si trova ancora adesso ricoverato in prognosi riservata. 
Claudio Giardiello riusciva, invece, a guadagnare l'uscita, ma, a seguito delle ricerche diramate, poco dopo veniva tratto in arresto dai militari dell'Arma dei carabinieri in Vimercate, nei pressi di un centro commerciale. Nella disponibilità del Giardiello veniva rinvenuta una pistola regolarmente detenuta, ma illecitamente portata in luoghi pubblici, ancora con un colpo in canna e quattro proiettili nel caricatore, oltre ad un secondo serbatoio contenente dodici colpi. 
Il Giardiello, secondo quanto riferito dalla procura di Brescia, ammetteva spontaneamente di essere l'autore dei crimini descritti, aggiungendo come fosse suo intendimento uccidere anche un ex socio in affari, residente in Bergamo ed imputato nello stesso processo, ma non presente in udienza, per poi suicidarsi. 
Vorrei qui ringraziare, ancora una volta, tutte le forze dell'ordine, e in particolare l'Arma dei carabinieri, per la prova di efficienza e coraggio che ha consentito di arrestare una probabile progressione criminosa, evitando che la tragedia assumesse proporzioni ancora più drammatiche. 
Il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Monza, competente in relazione al luogo dell'arresto nella flagranza del delitto, disponeva la convalida dell'arresto e applicava all'indagato la misura cautelare della custodia in carcere. 
I magistrati della procura della Repubblica di Brescia, funzionalmente competenti, hanno quindi assunto la direzione delle indagini, iscrivendo procedimento penale a carico di Claudio Giardiello per i delitti di omicidio plurimo, aggravato dalla premeditazione e dall'uso di arma, per tentato omicidio aggravato da premeditazione ed uso di arma, per lesioni volontarie gravi, nonché per porto abusivo di armi. Un ulteriore procedimento per il delitto di omissione di atti di ufficio a carico di ignoti è stato iscritto in relazione all'ipotesi che l'ingresso di persona illegalmente armata all'interno del Palazzo di giustizia milanese possa essere avvenuto in conseguenza della mancata ovvero inadeguata adozione di condotte doverose. Secondo quanto riferito dalla competente autorità giudiziaria, il Giardiello, nell'immediatezza dell'arresto, ha spontaneamente dichiarato di essere entrato nel Palazzo attraverso il varco di via Manara, riservato all'accesso esclusivo dei magistrati, del personale e degli avvocati, qualificandosi come avvocato ed esibendo un documento non debitamente controllato. 
Tanto premesso con riguardo alla dinamica dei fatti criminosi e alla gravità delle loro conseguenze, è appena il caso di sottolineare che nessuna valutazione può allo stato formularsi con riferimento ad eventuali responsabilità penali, civili ed amministrative, astrattamente configurabili in relazione all'adeguatezza dei dispositivi di sicurezza, di fatto elusi dall'autore di quei gravissimi delitti, ed all'adeguatezza delle relative funzioni di vigilanza. Spetta alle competenti autorità giudiziarie tale accertamento, imponendosi vieppiù nell'attuale riservata fase investigativa un generale dovere di rispetto delle prerogative riservate alla magistratura. 
Quanto alle caratteristiche dell'impianto predisposto per la prevenzione dei rischi per la vita e l'incolumità delle persone che operano all'interno del Palazzo di giustizia di Milano, indico di seguito le informazioni comunicate dalle competenti articolazioni del mio Ministero e di quello dell'interno. Risulta, in particolare, che l'accesso principale del Palazzo di giustizia di Milano di Corso di Porta Vittoria, e di quelli di via Freguglia e di via San Barnaba, sono dotati di sistemi di scanner bagagli e di metal detector, per la decisione assunta dalla competente commissione di manutenzione. L'accesso di via Manara, dal quale avrebbe fatto ingresso il Giardiello, risulta invece, dalla scorsa estate, riservato agli avvocati, ai magistrati e al personale amministrativo ed è privo di metal detector. In generale, tutte le apparecchiature di controllo degli accessi al Palazzo di giustizia di Milano sono sottoposti a regolari verifiche e l'efficienza delle stesse è stata mantenuta con una costante manutenzione ordinaria. Sempre secondo quanto riferito dalle competenti direzioni generali del Ministero e dal Ministero dell'interno, i servizi di vigilanza sono affidati dal comune di Milano a due agenzie private, la All System Spa e la Union Delta srl, sulla base di un contratto di appalto che è stato stipulato il 17 maggio 2013 e che è tuttora in corso di esecuzione. 
Tanto precisato ai fini della compiutezza del mio intervento, credo necessario procedere ad una ricognizione del più generale delicatissimo tema degli uffici giudiziari e di quanti magistrati, avvocati, personale amministrativo e utenti, quotidianamente vi operano. Giova al riguardo premettere che l'attuale quadro di riferimento normativo si presenta connotato da obiettivi profili di frammentarietà e disorganicità, ciò principalmente in ragione dello stratificarsi nel tempo di una complessa serie di norme di carattere primario e secondario, ma anche per la complessità di articolazione delle plurime competenze che il tema della sicurezza, in realtà necessariamente, coinvolge. In questa materia, gli aspetti prettamente attinenti alla tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza pubblica sono, infatti, inscindibilmente legati agli interventi che riguardano le misure di vigilanza e controllo agli edifici giudiziari, la sicurezza dei magistrati esposti a pericoli, l'incolumità personale di avvocati e cittadini. La sicurezza degli edifici destinati a sedi di uffici giudiziari viene in rilievo sotto vari profili, dalle misure di sicurezza antintrusione, quali gli impianti di videosorveglianza, i criteri di controllo degli accessi, i sistemi di vigilanza delle strutture, alla sicurezza in materia di prevenzione incendi e di prevenzione degli infortuni, fino alla sorveglianza sanitaria. Il Ministero, per la sua generale competenza in materia di organizzazione dei servizi della giustizia, fin qui ha assunto il ruolo di centro di spesa, diretto per gli edifici giudiziari della città di Roma e per quella di Napoli, indiretto per tutti gli altri edifici sul territorio nazionale, alle cui spese di funzionamento provvedono siano ad oggi i comuni, con previsione di successiva erogazione di un contributo finanziario dello Stato. In particolare la direzione generale delle risorse materiali, dei beni e di servizi del Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria del Ministero della giustizia ha competenza per gli aspetti di programmazione degli acquisti e di tutto ciò che inerisce all'adeguamento alle normative di sicurezza e di prevenzione incendi per immobili demaniali. Questa direzione generale si occupa anche del coordinamento e della verifica dell'iter tecnico-amministrativo per l'edilizia giudiziaria comunale e il rilascio del parere favorevole per la concessione del mutuo da parte della Cassa depositi e prestiti; verifica e controlla, altresì, le spese sostenute dai comuni per il funzionamento degli uffici giudiziari ai fini della determinazione ed erogazione del contributo statale. Il Ministero ha poi una competenza specifica in tema di applicazione della normativa anti-infortunistica (legge n. 81 del 2008), perché utilizza ed approva i contratti per l'affidamento a professionista esterno dell'incarico di responsabile della sicurezza e di medico competente. 
Infine, in materia di sicurezza cosiddetta fisica, attinente anche alle misure di tutela dei magistrati esposti al rischio di aggressioni violente, è stato assegnato ai procuratori generali presso le corti di appello, con decreto ministeriale del 28 ottobre 1993, un ruolo essenziale in ambito distrettuale. Su questo fondamentale punto tornerò fra poco. 
Già da questi sintetici riferimenti si ricava che, in generale, il potere di indirizzo del Ministero della giustizia su tutti gli aspetti complessivamente attinenti alla sicurezza degli edifici giudiziari è articolato attraverso competenze che fonti secondarie, decreti e circolari che si sono succeduti nel tempo hanno poi ripartito in ambito locale. 
Naturalmente la ricognizione delle fonti normative non può non tenere conto della fonte normativa generale in tema di sicurezza pubblica, costituita dalla legge 1o aprile 1981, n. 121. Tale legge, come noto, attribuisce al Ministero dell'interno la generale responsabilità della tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, nonché l'alta direzione dei servizi di ordine e di sicurezza pubblica ed il loro relativo coordinamento, competenze queste che contribuiscono in modo decisivo a delineare il modello di sicurezza risultante dalla lettura coordinata dalle disposizioni vigenti. 
Del resto la stessa prima ricordata distinzione tra sicurezza interna e sicurezza esterna delle strutture giudiziarie deve inquadrarsi nell'ambito di una visione necessariamente unitaria delle istanze complessivamente coinvolte dal rischio all'incolumità delle persone, richiedendo un armonico raccordo delle diverse e specifiche competenze ed un'intensa azione di promozione a garanzia della necessaria cooperazione tra le varie istituzioni interessate (amministrazioni centrali e periferiche dello Stato, forze di polizia, comuni e autorità giudiziaria). 
L'intimo collegamento tra attività di sicurezza e competenze in materia di gestione degli uffici destinati a finalità di giustizia ha trovato coerente riaffermazione ed articolazione pratica nel decreto ministeriale del 28 ottobre 1993. In tale decreto si tiene conto della peculiarità degli uffici giudiziari, in particolare dell'alta esposizione a pericoli delle funzioni che in essi quotidianamente si svolgono ed è stato adottato proprio al fine di provvedere con criteri omogenei e uniformi alla sicurezza esterna e interna delle strutture in cui si svolge l'attività giudiziaria. Il decreto, anche a seguito dell'interpretazione offerta dalla circolare ministeriale n. 4 del 1994, definisce in via generale i campi di intervento delle autorità istituzionali coinvolte, attribuendo al prefetto la competenza di assumere provvedimenti in ordine all'incolumità e alla sicurezza dei magistrati, oltre che in ordine alla sicurezza esterna delle strutture in cui si svolge l'attività giudiziaria. 
Il decreto conferisce, invece, al procuratore generale presso la corte di appello la competenza ad adottare i provvedimenti necessari ad assicurare la sicurezza interna delle strutture in cui si svolge attività giudiziaria, sentiti il prefetto ed i capi degli uffici interessati. È fatta eccezione per i casi di assoluta urgenza, per i quali invece il procuratore generale è legittimato a provvedere senza predetta consultazione. 
Preme evidenziare che, secondo la citata circolare, al procuratore generale sono assegnati compiti che devono essere svolti con unità di programma ed integrazione reciproca delle menzionate competenze, sicché, esprimendo il preventivo parere sui provvedimenti del prefetto e adottando provvedimenti interni di natura tecnico-organizzativa, sia in definitiva perseguito l'obiettivo di rendere effettiva la sicurezza dei magistrati, fuori e dentro le strutture nelle quali essi operano, oltre che sicure in sé le strutture giudiziarie. 
Al procuratore generale presso la corte di appello è, quindi, assegnata una delicata quanto essenziale funzione di impulso e coordinamento fra le esigenze di tutela della struttura e quelle che riguardano la persona dei magistrati, esposti a pericolo di ritorsione ed azioni violente. Appare, altresì, evidente la nevralgica posizione funzionale del procuratore generale, significativamente individuata dalla disciplina esaminata, da un lato, come collettore di informazioni e proposte rilevanti per le funzioni di autorità di pubblica sicurezza e, dall'altro lato, quale centro di decisione nei casi in cui si verifichino situazioni di pericolo caratterizzate da urgenza. 
Un ruolo, questo, che, peraltro, viene ad intercettare le ulteriori competenze delle commissioni di manutenzione istituite presso tutte le corti di appello. Tali commissioni, le cui competenze sono specificate con decreto del Presidente della Repubblica 4 maggio 1998, n. 187, finiscono anch'esse, inevitabilmente, con le loro scelte, per incidere sulla sicurezza delle strutture giudiziarie e delle persone che vi operano, in quanto investite dei più vari problemi logistici connessi all'uso e alla distribuzione dei locali tra i vari uffici. 
Nella ricordata circolare ministeriale del 1994 opportunamente si individua anche una linea di discrimine tra le competenze anzidette delle commissioni e quelle dei procuratori generali, indicando come la gestione ordinaria della sicurezza nel lungo periodo rientra naturaliter nelle attribuzioni delle commissioni di manutenzione, la cui natura collegiale e partecipata dalle istituzioni locali consente una corretta programmazione delle concrete necessità e dei relativi interventi. 
In relazione, invece, alla custodia degli edifici e alle spese che possono derivare dall'adozione di misure per la sicurezza adottate nelle strutture giudiziarie e dalle correlate necessità organizzative, va ribadito che l'obbligo di manutenere e di procedere alla custodia degli uffici giudiziari incombe, ai sensi degli articoli 1, 2 e 3 della legge n. 392 del 1941, sul comune nel quale hanno sede gli uffici giudiziari – naturalmente i comuni diversi da quelli della capitale e di Napoli – e senza alcun concorso nelle stesse spese da parte degli altri comuni componenti la circoscrizione giudiziaria. In ogni caso, come già ricordato, il Ministero della giustizia ha una specifica competenza, oggi esercitata tramite il Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, ad autorizzare gli interventi richiesti in materia di acquisizione di beni e di servizi, ivi inclusi quelli inerenti la sicurezza, su specifica richiesta dell'ufficio interessato. Ciò premesso, per quanto riguarda la vicenda milanese, come riferito dalla competente direzione generale di quel Dipartimento, ogni richiesta di autorizzazione in relazione alle esigenze di sicurezza del palazzo di giustizia di Milano è stata puntualmente evasa e non risultano alla data dell'evento delittuoso richieste pendenti né risultano rappresentati dagli uffici milanesi ulteriori temi di rilievo ai fini della sicurezza. 
La situazione ed il quadro giuridico di riferimento appena delineati sono, tuttavia, destinati a mutare a breve e in modo radicale. Come è noto, infatti, la legge di stabilità per il 2015, all'articolo 1, ha previsto che, a decorrere dal prossimo 1o settembre, le spese necessarie per il funzionamento degli uffici giudiziari, che attualmente sono a carico dei comuni in base alla legge n. 392 del 1941, saranno trasferite al Ministero della giustizia. Il superamento del modello di gestione del 1941, ancora oggi prescelto per la generalità degli uffici giudiziari italiani, comporterà rilevantissime modificazioni delle competenze concernenti la sicurezza dei palazzi di giustizia italiani. 
Le nuove disposizioni prevedono, peraltro, l'adozione di un decreto interministeriale per l'individuazione dei costi standard, delle spese di funzionamento degli edifici ed un regolamento che delinei il sistema di organizzazione cui attribuire i compiti di gestione degli edifici in uso agli uffici giudiziari. Il Ministero della giustizia si è immediatamente attivato per dare completa attuazione a tale importante innovazione sulle spese di funzionamento degli uffici giudiziari. Il 26 febbraio è stato trasmesso al Ministero dell'economia e delle finanze, per il necessario concerto, lo schema di decreto interministeriale concernente la definizione della metodologia di quantificazione dei costi standard, a norma appunto dell'articolo 1, comma 529, della legge n. 190 del 2014. 
Al fine di assicurare il necessario coordinamento delle competenze complessive coinvolte dal passaggio al nuovo modello di gestione, ho provveduto, in data 18 febbraio 2015, a promuovere l'istituzione di un tavolo permanente sull'attuazione del modello di gestione degli uffici giudiziari con la partecipazione del CSM, della Presidenza del Consiglio dei ministri, dei Ministeri dell'interno, dell'economia, delle infrastrutture e della pubblica amministrazione, dell'Agenzia del demanio e dell'Associazione nazionale dei comuni italiani. 
Al fine dell'adozione del fondamentale regolamento che delinei il modello organizzativo per la gestione delle spese, è stato istituito uno specifico gruppo di lavoro per l'analisi delle questioni organizzative, giuridiche e tecniche rilevanti, con la partecipazione di tutte le articolazioni amministrative interessate e di qualificate professionalità selezionate tra magistrati e dirigenti amministrativi operanti negli uffici giudiziari. I lavori di tale ultimo organismo hanno già condotto alla redazione di una prima bozza di schema di regolamento, concentrandosi la riflessione soprattutto sulla necessità di individuare, presso ogni tribunale, una struttura competente, in grado di definire i fabbisogni e i criteri di intervento destinati a trovare espressione poi nel nuovo sistema. Non sarebbe responsabile, però, omettere di sottolineare l'eccezionale complessità e l'estrema difficoltà degli scenari organizzativi ed istituzionali che abbiamo davanti, cui non potrebbero non corrispondere strumenti e risorse adeguati sul piano tecnico e finanziario. In tali scenari, appare irrinunciabile una rinnovata e rafforzata cornice di virtuosa cooperazione interistituzionale. Tanto a livello centrale, che periferico, dovranno essere sottoposti a verifica ed aggiornamento i meccanismi valutativi e decisionali del tradizionale, ancora oggi vigente, sistema di gestione del funzionamento degli uffici giudiziari e della loro sicurezza, a partire da una necessaria rivisitazione della composizione e dei compiti delle commissioni di manutenzione, da individuarsi quale fondamentale sede di valutazione tecnica dei provvedimenti occorrenti per la tutela dei palazzi di giustizia. Analogamente, dovrà essere rinnovato e potenziato il ruolo di impulso, coordinamento e raccordo proprio dei procuratori generali, rafforzandone le potestà di intervento in ambito distrettuale, al fine di garantire metodologie e livelli di sicurezza tendenzialmente omogenei. Soprattutto la costruzione di un diverso modello di sicurezza esige che il quadro normativo essenziale per la razionalizzazione ed il potenziamento dell'efficacia delle funzioni di polizia, anche in funzione di una migliore cooperazione sul territorio, si orienti verso la promozione di modelli organizzativi in grado di interagire positivamente, sul presupposto dell'irrinunciabile valore generale della sicurezza dei luoghi nei quali si esercita la giurisdizione dello Stato. 
Dunque, se in generale la riforma appare destinata ad avere uno straordinario impatto sul tradizionale assetto di gestione degli uffici giudiziari, e come tale immediatamente e profondamente incisivo sulle condizioni di esercizio della giurisdizione ordinaria, l'attuazione della scelta del legislatore del 2014 potrà costituire un'utile occasione per accelerare la costruzione di un nuovo modello di gestione degli interventi in tema di sicurezza degli edifici giudiziari. In tale prospettiva, appare necessario poter disporre dell'opportunità di razionalizzare e semplificare l'organizzazione ministeriale in modo correlato allo schema di riordino del Ministero della giustizia da me predisposto sin dal 15 ottobre 2014 ed attualmente all'esame del Consiglio di Stato in vista della definitiva approvazione del Consiglio dei ministri. 
Nell'attesa che si definisca il nuovo generale quadro organizzativo delle spese di funzionamento, non si è comunque mancato di intervenire su specifiche situazioni quando esse sono state segnalate, soprattutto sulla base di esigenze di sicurezza. Mi riferisco agli interventi per la sicurezza degli uffici giudiziari di Palermo, previsti nella legge di stabilità del 2015. Inoltre, sono state promosse alcune misure di ricognizione e innalzamento della sicurezza delle sedi giudiziarie. Come già pubblicamente annunciato, oggi, al termine di questa seduta, incontrerò i procuratori generali di ventisei distretti di corte di appello, riunione alla quale ho ritenuto fondamentale richiedere anche la partecipazione del presidente del Consiglio nazionale forense. L'occasione è assolutamente preziosa nella prospettiva, tanto di un'aggiornata e rigorosa ricognizione delle attuali condizioni di esercizio delle funzioni di prevenzione del rischio, quanto della ricerca di assetti organizzativi idonei a reggere il peso delle sfide che si profilano dinanzi a noi. All'esito di tale urgente ricognizione, si potrà definire un quadro degli interventi prioritari cui destinare tutte le risorse disponibili, nella consapevolezza che lo stato delle cose è in molte aree lontano dal potersi definire soddisfacente, poiché pesantemente condizionato da gravi deficienze delle strutture edilizie, da annosi contenziosi giudiziari paralizzanti l'esecuzione di molte opere essenziali e, più in generale, da una lunga stagione di riduzione della spesa pubblica destinata alla giustizia, che è ormai necessario superare e che le importanti novità contenute nell'ultima legge di stabilità consentono di sperare sia ormai conclusa. Soprattutto sarà possibile, acquisendo il contributo di esperienze e proposte dei procuratori generali e dell'Avvocatura, definire le linee direttive unitarie per affrontare l'attuale delicata fase di transizione ed assicurare un'indispensabile unitarietà dei modelli di gestione e dei problemi della sicurezza delle sedi giudiziarie. 
Intanto, immediate disposizioni sono state date per gli uffici giudiziari di Roma e di Napoli, unici uffici per i quali ad oggi la competenza diretta sulla gestione e sulle relative spese è attribuita al Ministero della giustizia, per giungere rapidamente ad un rapido innalzamento in quelle sedi delle condizioni di sicurezza, consapevoli che ogni progresso effettivo in questo campo è possibile soltanto attraverso il coinvolgimento informativo e la condivisione dei metodi di lavoro di tutte le componenti del sistema. 
Anche in questa prospettiva, nei giorni scorsi, è stata data al competente Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria la direttiva di considerare la materia della sicurezza come un'assoluta priorità. Analoghi interventi sono in corso per innalzare i livelli di sicurezza della sede ministeriale principale e di tutti gli altri edifici del Ministero della giustizia. 
Si rappresenta altresì che, il giorno successivo ai tragici fatti in questione, il Ministero dell'interno ha indirizzato, tramite il Dipartimento della pubblica sicurezza, a tutte le questure, una direttiva finalizzata all'immediata sensibilizzazione sulle misure di vigilanza e sicurezza degli obiettivi ritenuti a rischio. 
Il Ministero dell'interno ha altresì comunicato che, a seguito dell'apposita riunione di coordinamento delle forze di Polizia, che si è svolta lo scorso 10 aprile a Milano, è stato deciso per il territorio di tale comune un rafforzamento del dispositivo di sicurezza fino al 31 ottobre 2015, attraverso l'attivazione di un servizio di vigilanza dinamica dedicata a cura di un congruo presidio di personale militare, nell'ambito del piano di coordinamento e di controllo del territorio. Peraltro, sempre con specifico riferimento al territorio di Milano, risulta già posto a disposizione del prefetto un contingente di complessivi 1.238 militari appartenenti alle Forze armate, impiegati nell'operazione «Strade sicure», per l'effettuazione di servizi di vigilanza a siti ed obiettivi sensibili, compresi quelli inerenti ad Expo 2015, in concorso e congiuntamente con le altre forze di Polizia. Concludo con una riflessione di carattere più generale. L'amministrazione della giustizia è una funzione che coinvolge gli aspetti più rilevanti della vita delle persone: la libertà personale, i patrimoni, gli affetti. Negli uffici giudiziari tutti i giorni vengono prese decisioni che possono produrre tensioni ed è indispensabile che, in questi luoghi, venga assicurata e, come tale, percepita una generale condizione di sicurezza per tutte le persone chiamate a frequentare le sedi giudiziarie, nonostante le difficoltà che, dal punto di vista logistico e delle risorse, ne segnano il concreto funzionamento.  È, tuttavia, necessario continuare a mettere in campo sforzi e risorse straordinarie per raggiungere, in tempi ragionevolmente brevi, standard omogenei di sicurezza degli uffici su tutto il territorio nazionale. Come già detto, la prospettiva dell'attribuzione al Ministero della giustizia della competenza diretta sulle spese di funzionamento di tutti gli uffici giudiziari costituisce una sfida di eccezionale difficoltà, ma che può consentire, se verrà vinta, di orientare il modello di sicurezza del futuro secondo canoni di trasparenza, efficienza, partecipazione, condivisione, uniformità e ragionevolezza. Un modello condiviso da omogeneo che delinei i meccanismi di controllo e vigilanza delle aree esterne, degli accessi e di sicurezza delle aule e dei luoghi ove venga conservata la documentazione processuale, anche sfruttando al massimo le potenzialità delle innovazioni di carattere tecnologico. In questa direzione, il Ministero della giustizia eserciterà le prerogative che derivano dalle responsabilità che la Costituzione assegna al Guardasigilli. 
La terribile vicenda di Milano, che ha scosso l'opinione pubblica e noi tutti, impone degli interventi immediati e lungimiranti, investendo tutte le energie e le risorse del sistema. Credo, tuttavia, che le soluzioni da mettere in campo debbano essere ispirate da scelte che tendano verso un equilibrio tra indispensabili misure di salvaguardia dei luoghi e dell'incolumità delle persone che accedono agli uffici giudiziari e la necessità di contenere i disagi per l'utenza, evitando, come è già stato richiamato anche dal presidente Canzio della Corte d'appello di Milano, che si producano gli effetti di tipiche, improprie, sindromi d'assedio. 
Gli eccessi portano inevitabilmente con sé il rischio di acuire le tensioni e determinano effetti controproducenti rispetto all'obiettivo che si vuole raggiungere: la sicurezza e la tranquillità delle comunità locali, che guardano alla giustizia ed ai suoi simboli con fiducia e speranza (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Area Popolare (NCD-UDC) e Scelta Civica per l'Italia e di deputati dei gruppi Sinistra Ecologia Libertà e Misto).