Signor Presidente, sottosegretari, signori colleghe e colleghi, intanto da parte del gruppo del Partito Democratico un plauso al lavoro che il sottosegretario Delrio sta compiendo in un'azione di grande... in un'azione di grande comprensione e di grande lavoro nel contesto dei gruppi parlamentari.
Vorrei, con pacatezza e serenità, però dire anche ai colleghi della Lega che non è opportuno e non è neanche utile per l'Italia continuare a cercare di creare delle lacerazioni tra Nord e Sud, perché io penso che invece il Sud, per come la pensano anche tanti nostri colleghi, di tutti i gruppi parlamentari, che sono appunto del Nord, pensano che il Mezzogiorno possa essere un'opportunità.
Detto questo, sottosegretario Delrio, era il 1992 quando il professor Beniamino Andreatta, con un atto politico dirompente, direi, e anche coraggioso, pose fine all'esperienza della Cassa del Mezzogiorno. Lo fece perché, come era solito ripetere ai suoi colleghi soprattutto meridionali, la Cassa era diventato l'alibi perfetto per la deresponsabilizzazione degli amministratori locali. Fu una scelta coraggiosa, presa da un uomo che amava il suo Paese e che credeva, da fondatore dell'università di Cosenza, che il Sud doveva farcela da solo, perché sarebbe stato il solo modo attraverso il quale l'Italia sarebbe uscita dalla crisi, la crisi degli inizi degli anni Novanta.
Ed effettivamente la fine dell'attività della Cassa del Mezzogiorno ha consentito di far luce sull'alibi che riguardava il Mezzogiorno e come quell'intervento, che veniva chiamato straordinario, in realtà serviva a coprire l'indiscutibile dato di fatto che, in termini di trasferimenti, il Sud era ben al di sotto dell'ordinario.
Non assolviamo, non condanniamo ma prendiamo atto di quello che i numeri ci hanno detto. Oggi, ad oltre vent'anni di distanza, ci troviamo di fronte ad una questione molto simile. La similitudine nasce dal fatto che oggi stiamo per votare un atto di indirizzo molto importate che riguarda l'impiego dei fondi strutturali, che nel corso di questi anni, soprattutto di questi ultimi anni di crisi, hanno coperto solo parzialmente il drastico decremento di investimenti pubblici. I fondi strutturali rappresentano infatti quasi il 20 per cento di tutti gli investimenti pubblici, considerato il ridimensionamento della quota degli investimenti che le politiche di contenimento della spesa pubblica hanno determinato nel corso di questi anni.
Non mi metterò qui ad elencare tutti i numeri e le cifre di una malattia che conosciamo. Dico però soltanto che dal 2008 il PIL del Sud è calato di quasi 14 punti percentuali, ricordando anche, sottosegretario Delrio, che l'allora Governo Berlusconi e il Ministro Tremonti nulla hanno fatto verso il Sud che è stato martoriato e lacerato dalla politica economica del Governo Berlusconi, contro un 5 per cento del resto del Paese.
E mi fermo rispetto ai Governi e ai numeri del Mezzogiorno citando solo due dati: la disoccupazione nell'area nella quale risiede il 30 per cento della popolazione del Paese e si censisce il 50 per cento dei disoccupati italiani e oltre un terzo di quel 30 per cento vive in condizioni di povertà, le famose nuove povertà di cui si parla.
Sono numeri da far tremare i polsi. Sono numeri che pur nella loro drammaticità non riescono a rendere pienamente quale è la condizione di questa parte del Paese. Per questo vogliamo assolvere un ruolo di stimolo e di pungolo anche come partito più grande del Paese per incalzare l'Esecutivo che non ha bisogno di essere incalzato perché bene sta facendo e sta lavorando fortemente. Però è necessario fare sempre di più per quella che può essere per davvero l'opportunità di uscita dalla crisi perché come più volte hanno ribadito il Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, e il sottosegretario Delrio, l'Italia sarà quello che sarà il Sud. Nell'atto di indirizzo che ci apprestiamo a votare chiediamo anzitutto certezze. La prima certezza che chiediamo è quella che riguarda la questione delicatissima del cofinanziamento.
Lo dicevano anche tanti altri colleghi perché di sicuro non siamo tra coloro che si fasciano la testa perché la testa del Sud è già abbondantemente ammaccata, però è anche una testa dura che vuole vincere queste grandi sfide e lo è perché, se abbiamo perso dei soldi, lo abbiamo fatto perché non abbiamo saputo spenderli e, se ci accorgiamo delle diminuzioni quando le leggiamo per iscritto e poi scopriamo però che per otto anni quei soldi sono stati lì senza essere spesi, allora dobbiamo fare autocritica come classe dirigente meridionale.
Non vogliamo più mille rivoli in cui disperdere una mole di danaro impressionante. Se in maniera molto superficiale e per difetto andassimo a sommare le risorse che il Mezzogiorno avrà nei prossimi sette anni a partire da oggi, come dice lei sottosegretario, ci accorgeremo che queste toccheranno quota 200 miliardi di euro, cioè pari a due terzi di quelle che il Presidente della Commissione Juncker ha annunciato per tutta Europa per sostenere il rilancio dell'economia. E purtuttavia questi numeri non sono percepiti soprattutto dalla pubblica opinione meridionale per la loro straordinaria ed impressionante dimensione perché sembrano lontani, distanti, smaterializzati ma se usati bene, come dice lei, noi potremo normalizzare il Mezzogiorno.
Noi vogliamo che il Governo si impegni ancora di più davvero affinché tutte le risorse del cofinanziamento, sottratte al 50 per cento, possano rimanere comunque a disposizione di quelle regioni che ne hanno in questo momento più bisogno e a cui erano originariamente destinate, così come poniamo con forza la questione della sua esclusione dal calcolo del Patto di stabilità e so che il sottosegretario Delrio si sta fortemente impegnando perché ciò avvenga. Non è una questione da poco. Noi prendiamo atto delle dichiarazioni rese dal sottosegretario nel corso dell'informativa del 7 ottobre svolta in quest'aula e chiediamo che si arrivi in tempi rapidissimi al CIPE per l'approvazione di una delibera che vincoli appunto queste risorse della rifasatura del cofinanziamento ai territori. È una questione di lealtà istituzionale, ma è una questione profondamente politica, perché sappiamo che, se riusciamo in questa operazione, aiuteremo il sud del Paese, non con quella forma di assistenzialismo: noi sentiamo tutto quello che viene detto in relazione a ciò.
Vogliamo che avvenga in tempi rapidi un monitoraggio di tutte le risorse giacenti nei vari Ministeri, sottosegretario, in progetti che riguardano le aree industriali del Mezzogiorno, perché abbiamo, cari colleghi della Lega, grandi poli di eccellenza veramente da dimostrare a tutto il mondo, compresi i nostri giovani universitari, che invitano i colleghi della Lega a partecipare e a confrontarsi in dibattiti culturali, oltre che di politica economica.
Il rilancio del sud è strettamente collegato ad una nuova piattaforma di politica industriale, che faccia tesoro degli errori pregressi però, e che rivitalizzi aree ed infrastrutture, con spazi e capannoni a disposizione; in questo dobbiamo rivitalizzare con un cronoprogramma certo, anche con gli strumenti della programmazione negoziata. Abbiamo, ad esempio, tutte le aree dell'ex legge n. 219/81 in Campania e in Basilicata che possono tornare ad essere attrattive di nuovi investimenti. Penso all'impegno che il Governo sta mettendo per Taranto, al sottosegretario che va fisicamente a controllare come procedono le cose; per Gela, per coniugare in maniera positiva industria con ambiente e salvaguardia della salute.
Chiediamo che si possa intervenire in sede comunitaria, al fine di introdurre in favore delle regioni del Mezzogiorno una serie di misure, anche in via temporanea, sia di carattere eccezionale, sia di alleggerimento fiscale e contributivo, che finanziario, in grado di rilanciare l'economia reale del Meridione, in considerazione della fase socio-economica di estrema emergenza che investe le macroaree delle regioni interessate con l'individuazione sperimentale di aree ZES, a partire proprio dal porto di Gioia Tauro.
Prevediamo la creazione di un apposito osservatorio sulle infrastrutture del Mezzogiorno, con l'obiettivo di velocizzare gli investimenti in atto ed individuare le priorità per la connessione del Sud ai principali corridoi di comunicazione europei. Ci sono servizi che rendono la cifra della cittadinanza: il diritto alla mobilità è uno di quelli e noi lo rivendichiamo con grande forza. Se in due ore mezza, dall'anno prossimo, si arriverà da Roma a Milano, non può essere che ci voglia, se va bene, lo stesso tempo per raggiungere Catania da Palermo e viceversa. Collegarsi ai corridoi europei è prioritario e portualità e intermodalità, come diceva bene l'onorevole Buttiglione, sono le chiavi di volta, come diceva anche l'onorevole Rampelli. Poi vengo a due questioni molto importanti – e mi avvio alla conclusione – che sono all'interno del nostro atto di indirizzo: la prima riguarda le politiche a tutela del patrimonio ambientale. La messa in sicurezza: abbiamo avuto troppi esempi negativi che non sto qui a citare. Il Sud non deve essere più quello «sfasciume pendulo», come lo definiva Giustino Fortunato. Investire nella cura del territorio è una priorità.
La seconda, è il contrasto ai fenomeni di marginalità e povertà: una vera emergenza. Scontiamo l'assenza di una rete di protezione sociale adeguata. Siamo davvero ad un passo dallo tsunami demografico: l'emigrazione nel Sud, 100 mila persone l'anno lasciano il Sud. Si rischia di rendere irreversibile questo declino demografico e, quindi, economico, di quella che era la culla d'Italia. L'obiettivo tematico n. 9 – è questo il numero – sarà davvero la prova del nove su una nuova sfida di impiego dei fondi comunitari. C’è un problema, spesso, sottovalutato: la questione della spesa storica. Questa non può diventare la scusa, ho concluso, Presidente. Le criticità, gli asili: Napoli non può per asili nido, in presenza di un numero superiore di bambini, essere meno rispetto a Torino e Milano.
Il turismo e i beni culturali: accettiamo, come PD – io devo tagliare, purtroppo –, con il Governo di Matteo Renzi, tutte queste sfide, affinché il Mezzogiorno, dopo vent'anni, torni ad essere presente veramente tra i soggetti attuatori dell'agenda politica ed istituzionale nel nostro Paese. Siamo anche pronti a correre dei rischi, come quello sul cofinanziamento, nei termini e nelle misure che abbiamo detto, ma vogliamo che si passi alla piena operatività di questi impegni. Su questo, in Aula, vigileremo. L'accordo di partenariato siglato la scorsa settimana è davvero l'ultima occasione che possiamo darci. Il tempo della lagnazione è finito: è tempo di responsabilità, non ci sono prove d'appello. Tutti i gruppi parlamentari hanno lavorato insieme, perché io penso che non c’è una barriera ideologica: tutti insieme, noi dobbiamo graniticamente approvare un atto parlamentare dal quale si possa partire perché il Mezzogiorno non diventi una questione... ...ma possa rappresentare lo sviluppo economico per l'Italia e per l'Europa (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).