Data: 
Mercoledì, 8 Aprile, 2015
Nome: 
Susanna Cenni

Grazie, Presidente. Colleghi, Ministro Martina, tutti oggi parlano di Expo, l'evento che dal 1o maggio aprirà i battenti a Milano, accogliendo visitatori da 147 Paesi del mondo. Tutti riconoscono oramai il coloratissimo marchio. Moltissimi hanno acquistato per tempo un biglietto di ingresso. In molti finalmente, ma non tutti, cominciano a parlare del valore più grande dell'esposizione universale che l'Italia accoglierà, il suo tema. «Nutrire il pianeta, energia per la vita» è un argomento straordinariamente rilevante per i Paesi ricchi, per l'occidente, per il nord del mondo, i loro record di abbondanza, di spreco, consumismo, obesità, così come per il sud del mondo, dove l'accesso al cibo, nonostante qualche timido passo avanti, e la sovranità alimentare sono ancora un obiettivo da raggiungere. Si muore ancora per fame. 
  Nutrire il pianeta rappresenta la scommessa per la quale è giunto il tempo di un grande e vero cambio di paradigma: rendere il cibo, la sua produzione e la capacità di attribuirgli valore la chiave di volta per modificare le politiche per lo sviluppo, per intervenire a tutto tondo ed occuparsi di uguaglianza, crescita, ambiente, salute, cultura, futuro, democrazia. 
  Qualcuno, credo il sindaco Pisapia, ha parlato per primo di una Kyoto del cibo. Da mesi la declinazione di questa scommessa ha assunto, grazie all'impegno del Ministro Martina, la denominazione di Carta di Milano. Il senso è il medesimo: fare in modo che da un evento così ambizioso, dal contributo di milioni di persone che visiteranno padiglioni di grande impatto, che si incontreranno, che dibatteranno attorno alle mille declinazioni della questione alimentare, si esca con un grande ed autentico salto di qualità. Una modificazione nelle politiche e, auspicabilmente, nei comportamenti di singoli, di imprese, di pubblico e di privato, di Governi nazionali e consessi internazionali. Ci riusciremo ? Avremo la forza di farlo come Paese ? Avremo la forza di reagire come mondo ? Per nutrire il pianeta servono prima di tutto consapevolezza e cambiamenti profondi. Lo affermo perché spesso ci soffermiamo sui numeri, che sono importanti, come quelli della popolazione mondiale che ha già superato i 7 miliardi e che si prevede superi i 9 miliardi entro il 2050, con conseguente necessario aumento di cibo a disposizione. La FAO stima una crescita del fabbisogno alimentare di circa il 70 per cento. Molto meno si parla dei numeri dello spreco alimentare: circa 1,3 miliardi di tonnellate di cibo commestibile sottratto alla sua funzione vitale, pari a un terzo della produzione globale di alimenti e quattro volte la quantità necessaria a nutrire le 925 milioni di persone al mondo a rischio di nutrizione. Ancora numeri: potremmo parlare di ciò che riguarda le conseguenze dei fenomeni climatici, spesso devastanti, della siccità, degli incendi; potremmo parlare delle loro ricadute sulle vite e sull'ambiente ed ancora delle speculazioni finanziarie esercitate proprio in virtù della scarsità o dell'abbondanza di riso, di grano, di mais. Oppure, ancora, della competizione non sostenibile e non accettabile eticamente fra utilizzo delle produzioni agricole per l'alimentazione e a fini energetici. Anche su tutto questo si stanno costituendo nuovi monopoli nel mondo; ne ha parlato in maniera splendida il presidente Prodi il 28 marzo a Firenze. Potrei continuare facendo cenno al tema delle sementi, dei fertilizzanti, dei pesticidi, il cui mercato è oggi quasi completamente nelle mani di non più di quattro multinazionali. Ancora numeri. O i crescenti fenomeni di moria delle api e i conseguenti problemi legati alla mancata impollinazione. Oppure, ancora, a quella folle corsa, al ritmo di otto metri quadri al secondo, ritmo con il quale cementifichiamo e rendiamo impermeabile e incoltivabile il suolo agricolo del nostro Paese. 
  La Carta di Milano, la preparazione dei tavoli di lavoro e dei percorsi di studio, dei momenti pubblici di consultazione, quello del 7 febbraio a Milano e del 28 marzo a Firenze, dovranno condurre al varo di questa sfida: un patto sul cibo, un patto che produca davvero un cambiamento necessario per generare l'accesso al cibo per tutto il pianeta. Per nutrire il pianeta servono prima di tutto agricoltori che presidiano il territorio e che da questa attività ricavano un reddito dignitoso. È il primo ingrediente vero per un ritorno stabile delle nuove generazioni alla terra. Servono regole semplici, chiare, meno burocrazia. Per nutrire il pianeta serve un'alleanza forte, un'alleanza fra agricoltori e una ricerca sempre più capace di sostenerli in azione e individuare nuove pratiche finalizzate ad una maggiore resilienza ai mutamenti climatici. Servono strategie di contrasto, adeguate selezioni delle sementi, un uso adeguato dell'acqua, che non può più essere sprecata, e un uso oculato dei fertilizzanti privilegiando in assoluto pratiche biologiche. Un'alleanza forte che serva anche ad attrezzarci in maniera efficace per combattere nemici come quello che stiamo combattendo in questi giorni e in queste settimane in Puglia. So che il Ministro si recherà prossimamente proprio in Puglia dove si sta vivendo questo dramma della Xylella. 
  Per nutrire il pianeta occorre investire sulle donne perché le donne sono meno del 5 per cento dei proprietari della terra nel nord Africa e ricevono appena il 5 per cento delle risorse rispetto agli uomini in quella parte del mondo, ma sono il 50 per cento della forza lavoro agricola nell'Africa subsahariana. Si stima che se avessero il medesimo accesso alle risorse agricole degli uomini, la produzione agricola aumenterebbe del 20-30 per cento e diminuirebbe di 100-150 milioni di unità la cifra di coloro che soffrono la fame. Ce lo ha ricordato molto bene, ancora sabato 28 marzo, Aung San Suu Kyi: non c’è parità di genere nelle case, nemmeno nella distribuzione di cibo, fra bambini e bambine in buona parte del mondo. E non sarà un caso se la sessione del WE-Women for Expo sarà chiusa da «Pechino +20», che farà il punto sulle battaglie per l'emancipazione e sulle nuove politiche per l'eguaglianza. L'istruzione, l'emancipazione, l'accesso al lavoro e al credito delle donne è fondamentale per l'evoluzione del mondo e anche per la battaglia sul cibo. Non basteranno, quindi, piccoli aggiustamenti, serviranno strategie condivise. 
  Ovviamente, il Parlamento non inizia oggi il suo impegno sul tema: la Commissione agricoltura ha svolto un'accurata indagine conoscitiva, ha ascoltato le istituzioni, i molti soggetti della filiera agroalimentare, il Ministro stesso, le stesse rappresentanze FAO. In Commissione affari esteri è stata approvata, mesi fa, una risoluzione che impegna alla costruzione di un protocollo internazionale; un'ulteriore risoluzione impostata attraverso la chiave della sostenibilità che guarda alla Carta di Milano e ai possibili protocolli internazionali è adesso in discussione alla Commissione agricoltura e in prossima approvazione. 
  Si tratta di approfondimenti, contributi di cui auspichiamo il Governo intenda avvalersi, arricchendo il testo nel perfezionamento del percorso che condurrà, il 28 aprile, al varo della Carta e, poi, ancora, negli incontri fra i Ministri dell'agricoltura degli Stati presenti all'Esposizione ed ancora per giungere alla sede dell'ONU e riempire di impegni concreti l'ottica dei nuovi Obiettivi del millennio. 
  Certo, forse, il Parlamento ha perso un passaggio importante: quello delle riforme costituzionali. Sarebbe stato molto oculato aprire una discussione in quella fase – come il Ministro Martina ha più volte sollecitato – sull'inserimento del diritto al cibo in Costituzione. Io credo che sia stato un passaggio che ci siamo persi tutti quanti, di cui dobbiamo riconoscere aver vissuto una sconfitta, ma per il quale obiettivo credo possiamo ancora lavorare. 
  Il gruppo del Partito Democratico ha, comunque, ritenuto che il rilievo della Carta di Milano, fortemente voluto dal Governo e dal Ministro Martina, meritasse anche un dibattito nel massimo consesso parlamentare, cioè nell'Aula, così come è già avvenuto con alcuni dei punti che, anche oggi, toccheremo e che riguardano il futuro dell'alimentazione, gli sprechi alimentari, gli OGM: mozioni su entrambi gli argomenti approvate con una larghissima condivisione. E lo abbiamo fatto presentando, oggi, una nostra mozione, utile a dare maggiore dignità al percorso intrapreso, ad avere un dibattito e a chiedere al Governo alcuni primi impegni, che ci auguriamo possano essere accolti. 
  Sappiamo anche che alcune di queste richieste sono nelle nostre mani – quelle dei parlamentari –, come il tema del consumo del suolo agricolo all'esame delle Commissioni competenti da molto tempo o come la proposta di legge sull'agricoltura biologica. Così come si attende l'esame del Senato per le norme sull'agricoltura sociale e le norme a tutela della biodiversità agricola e alimentare, già approvate entrambe da questa Camera. Così come, ancora, sappiamo essere stati depositati testi in materia di sostegno all'agricoltura familiare e contadina da vari gruppi parlamentari, in sintonia con quanto sollecitato dal Parlamento europeo nel 2014, anno dedicato alla piccola agricoltura e all'agricoltura familiare: quella che nutre circa il 70 per cento del pianeta e che non sempre ha agevolmente accesso alle misure della PAC o dello sviluppo rurale, ma quella stessa agricoltura che consente di manutenere zone montane svantaggiate, dove, spesso, costituiscono l'unica attività economica. 
  Sì, per nutrire il pianeta servono consapevolezza e cambiamenti profondi. La produzione di cibo, un'agricoltura praticata con tecniche e modalità sostenibili e durevoli, un minor utilizzo di acqua, la riduzione di sprechi lungo tutta la filiera, la protezione del suolo agricolo, la riduzione di CO2 in atmosfera, la protezione della biodiversità, gli interrogativi sugli standard occidentali del consumo di carne, sono i temi con i quali chi si occupa di agricoltura alzando lo sguardo più in alto e provando ad avere una visione del futuro si misura da anni, spesso anche un po’ in solitudine. 
  Expo può essere l'occasione per andare oltre e per accrescere una consapevolezza diffusa di popoli e decisori politici, ma anche per investire di più in istruzione ed educazione alimentare in modo permanente. Anche così si lavora per dare giusto valore al cibo: imparando riconoscere il sapore, certo, ma anche origine, cultura, fatica che stanno dietro agli alimenti. Expo può essere il passaggio utile a farci compiere passi più decisi, che tengano assieme coraggio e governance sul tema della sostenibilità del contrasto ai mutamenti climatici, perché i cambiamenti veri divengono reali solo quando si producono in tutta la filiera dei decisori, in tutta la filiera agricola, compresi i cittadini consumatori. 
  Nessun ritardo sarebbe oggi più comprensibile, soprattutto nel momento in cui una nuova visione del cibo, una diversa disponibilità del consumatore, una maggiore consapevolezza del valore che sta dietro a produzioni che non inquinano, che contribuiscono alla salvaguardia del territorio, alla nostra salute e che sono anche fattori di maggiore competitività sono riconosciuti dal consumatore. È una sensibilità che fa porre molte domande sul modello di sviluppo che ci ha condotto dentro ad una lunga crisi, molto pesante. 
  Se, come Wendell Berry, contadino e intellettuale del Kentucky, ci ha insegnato a dire, mangiare è un atto agricolo, dobbiamo sapere tutti quanti che i comportamenti quotidiani, anche alimentari, dell'umanità intera svolgeranno sempre di più una funzione fondamentale e avranno sempre delle conseguenze. 
  E allora, anche con la mozione di oggi, con gli altri atti produrremo ancora nelle Commissioni, nel nostro lavoro di parlamentari, con il contributo che a vario titolo porteremo nei dibattiti, negli incontri, anche dentro il contenitore Expo, siamo a chiedere al nostro Governo un impegno, un impegno vero a lavorare per cambiarlo sul serio, questo paradigma dello sviluppo, esercitando un ruolo nei confronti del resto del mondo, visto che lì saranno tutti i riflettori e anche perché attraverso un nuovo modo di mettere al centro l'alimentazione del mondo si possano davvero definire nuovi orizzonti di crescita, nuove relazioni fra città e campagna, nuove relazioni fra gli individui e l'ambiente e nuove prospettive di pace, a partire dal Mediterraneo e, francamente, ci sembra un'assoluta priorità (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).