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Signor Presidente, i minorenni stranieri non accompagnati rappresentano la componente più vulnerabile del fenomeno migratorio nella sua complessità. Ci sono storie di infanzie e adolescenze invisibili, negate, che restano per sempre sconosciute nei transiti migranti. Sono le storie dei percorsi umani che scivolano via, attraverso lunghi itinerari di fuga, da guerre e miserie, tra territori spesso ostili.
Arrivano nei centri di prima accoglienza ragazzi con il viso da adulti, il corpo provato dalle sofferenze, lo sguardo di paura e diffidenza. Come Amin, che è venuto dall'Afghanistan e per giorni è rimasto aggrappato a due tavole di legno tra le ruote di un TIR, o Tarik, che dalla Tunisia è approdato a Lampedusa dopo la traversata su un barcone, sempre sveglio, per paura di essere gettato in mare se si fosse addormentato.
Sono narrazioni pubblicate nel recente libro «Cercare un futuro lontano da casa», ma sono storie simili a quelle che ho conosciuto io stessa nella pronta accoglienza di un'ASP per minori a Reggio Emilia. Sono racconti di ragazzi stranieri che giungono da soli nel nostro Paese, con i loro vissuti di paura e disperazione che si ripresentano negli incubi di chi ha attraversato confini geografici, ma anche esistenziali, da solo, nelle sfide quotidiane che la migrazione comporta.
Sono storie che non fanno nemmeno notizia, perché si perdono nei numeri e i numeri sono sempre più elevati. Non si sa neppure con certezza quanti. I minori stranieri non accompagnati censiti dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, al 30 maggio 2014, quindi in assoluto i più aggiornati, ci dicono che sono oltre 9 mila, raddoppiati in 2 anni. In larga maggioranza sono adolescenti prossimi alla maggiore età, provenienti dall'Africa, dal Bangladesh, dall'Afghanistan, dall'Albania. Anche i dati diffusi da Save the children ci dicono che, dall'inizio dell'anno ad oggi, sono sbarcati sulle sole coste siciliane oltre 1.300 minorenni, di cui circa 700 non accompagnati e questi sono prevalentemente eritrei, siriani e subsahariani.
I dati dunque mostrano un fenomeno non più emergenziale, ma divenuto ormai strutturale, come del resto è stato sottolineato da tutti gli interventi che mi hanno preceduto. E dentro questi numeri ci sono le incognite e i timori, ma anche i desideri e le attese elaborati durante il tempo della distanza.
Ma che cosa succede quando arrivano in Italia ? Molti di loro diventano invisibili, uno su quattro per l'esattezza, spariti per sempre. Della loro sorte non si sa più nulla: si rendono irreperibili cercando di fuggire subito, appena arrivati, dai centri di prima accoglienza, quando non sono ancora stati identificati o si sono registrati con false generalità. Questa fuga senza ritorno è dettata generalmente da un progetto di raggiungere parenti o genitori in altri Paesi europei, ma sfocia quasi sempre nel reclutamento della criminalità, dove subiscono sfruttamenti e violenze fisiche e psicologiche. Alcuni li ritroviamo nelle carceri minorili, perché la necessità di procurarsi denaro immediato e in qualunque modo li porta a finire in mano a bande delinquenziali, alla mafia, li porta nel lavoro nero in condizioni di schiavitù nei campi agricoli. Non di rado sono costretti a subire abusi sessuali. Sono costretti all'accattonaggio per strada, allo spaccio di droga, alla prostituzione femminile e maschile. Alcuni sono anche destinati al commercio di organi.
Ebbene, questo segmento di popolazione straniera in cui gli aspetti migratori e quelli anagrafici si intersecano, mette in evidenza che siamo di fronte ad una doppia fragilità. Mi sembra questo un aspetto di grande rilevanza, una duplice fragilità dovuta ad una doppia erranza: quella nello spazio, quindi degli itinerari che attraversano territori, e quella nel tempo che attraversa le trasformazioni fisiche e psicologiche dell'età della vita, dell'età di passaggio che è appunto la preadolescenza, l'adolescenza.
Il tempo dell'adolescente migrante è fatto di viaggi che talvolta hanno una durata di anni, gli anni della crescita appunto e si intreccia con lo spazio di un cammino anch'esso incerto, tra la partenza dalla propria terra, il distacco dagli affetti originali e familiari, la nostalgia di un mondo che non tornerà più e che è un mondo geografico ma anche un mondo emotivo e affettivo.
E gli approdi fortunosi nei Paesi stranieri, come sappiamo non sempre accoglienti, dove il futuro non si mostra certo lineare o ben definito. Il timore di non trovare il proprio posto e di non essere accettati che accompagna tutte le adolescenze si amplifica in questo doppio attraversamento tra i mondi e tra le età.
Dunque, per un reale, sociale e civile inserimento si devono mettere in campo strategie condivise sia a livello locale che globale, coinvolgendo i Governi e le realtà del terzo settore e la società su interventi e linee programmatiche cross e multisettoriali, superando la frammentarietà e la separatezza delle competenze.
Noi vogliamo sottolineare la gratitudine per l'impegno e la professionalità delle forze dell'ordine, dei comuni, delle associazioni di volontariato e anche la grande umanità e solidarietà della popolazione soprattutto in Sicilia, in aiuto ai minori non accompagnati che sbarcano sulle coste ma dobbiamo anche ribadire che solo progetti integrati ed interistituzionali possono sviluppare, nel rispetto delle singole competenze, interventi diversificati ma coordinati e complementari, coinvolgendo tutti i soggetti pubblici e privati entro reti polifunzionali nel sistema dei servizi. Infatti ci sono obiettivi prioritari e urgenti che aspettano risposte e che già sono stati indicati negli interventi precedenti. Innanzitutto ridurre i tempi di permanenza nei centri di prima accoglienza che sono i più rischiosi per il pericolo di fuga e scomparsa dei minori e poi evitare condizioni di promiscuità con gli adulti, inserire mediatori linguistici e culturali fin dal primo momento anche per conoscere se i minori siano in cerca di raggiungere genitori o parenti in altri Paesi europei e metterli nelle condizioni di ricongiungersi ad essi, come del resto oggi è consentito anche attraverso le norme del cosiddetto Dublino III.
Inoltre se la Convenzione di New York più volte richiamata e ratificata dall'Italia nel 1991 garantisce ai minorenni, privati temporaneamente o definitivamente del loro ambiente familiare, protezione e aiuti da parte dello Stato, allora dobbiamo diffondere e promuovere su tutto il territorio strutture di accoglienza, affido familiare, tutori volontari, servizi di aggregazione diurna con finalità educative, supporti per l'integrazione scolastica, percorsi di italiano come lingua seconda, orientamento lavorativo. A tal fine e per dare piena realizzazione alle norme vigenti dell'ordinamento italiano è poi indispensabile sbloccare le risorse che sono state già impegnate e sono circa 40 milioni di euro per il 2014 nel Fondo nazionale per l'accoglienza dei minori perché i costi non gravino sui comuni che da soli non possono più farvi fronte.
Infine, per il semestre di presidenza italiana dell'Unione europea, tra le priorità indicate questa mattina dal Presidente del Consiglio figura l'immigrazione; ora, per un'Europa che civilizzi la globalizzazione, sarà necessario riconfigurare il sistema dell'accoglienza e coinvolgere l'Europa a non voltarsi dall'altra parte, ma a farsi carico, in modo concreto ed efficace, di questi migranti minorenni soli, come è contenuto nel percorso del provvedimento a cui sta lavorando attualmente la I Commissione.In conclusione, Presidente, la capacità e la volontà di consentire un inserimento dignitoso di questi bambini e ragazzi richiede tempo, richiede tutela, richiede risorse. Tuttavia, lavorare per l'integrazione non è solo un costo, questo è il principio fondamentale, è un investimento; un investimento che previene ed evita costi umani ed economici molto maggiori, diffondendo modelli di interculturalità come valore politico, umano e civile. Per questo, annuncio il voto favorevole del gruppo del Partito Democratico.