Grazie, Presidente. Registro, anzitutto, un'anomalia in questo dibattito; sembra che la maggioranza parlamentare, in termini di interventi, sia evaporata. Nessun esponente della maggioranza sembra interessato a intervenire; non so, io non ho mai visto un dibatto parlamentare di questo tipo. Inviterei gli esponenti della maggioranza a riflettere e a dirci qualcosa, quando credono, perché risultano, appunto, non pervenuti.
Faccio una breve premessa e articolo quattro punti. La breve premessa è questa: le mozioni che sono state presentate oggi, anche quelle degli altri gruppi, ci fanno riflettere su un problema molto serio e alcuni dati, anche della realtà, possono essere gli stessi presentati in tutte le mozioni.
Però, il problema è in quale attitudine noi ci poniamo. Questi problemi li segnaliamo per radicalizzare le ferite, per spargere sale sulle ferite o per cercare un modo condiviso per uscirne? Io penso che la nostra mozione, purtroppo, sia l'unica che si muove in questa seconda chiave. Si possono sottolineare le cose anche con toni persino più gravi di quelli delle altre mozioni, ma il problema è sempre se lo si fa per aumentare le distanze o per superarle. Se noi usiamo una retorica, dei linguaggi che sembrano riportarci quasi a cent'anni fa, ai momenti della guerra, noi non facciamo un lavoro positivo di chiarificazione della questione. Questa è la premessa e, quindi, io penso che la nostra mozione, a cui rinvio, poi, nel dettaglio, sia, purtroppo, l'unica che si muove su questo aspetto.
Ora, il primo punto che vorrei sottolineare è questo: è piuttosto paradossale che il tema della doppia cittadinanza sia tirato fuori per dividere, com'è con la improvvida iniziativa originata dal governo austriaco. Infatti, noi siamo abituati in Europa all'idea che la doppia cittadinanza è quella dei singoli Stati dell'Unione europea e che è fatta per unire, per avvicinare, senza omogeneizzare rigidamente. Qui, invece, purtroppo, il tema è posto per dividere.
Il secondo punto è che questa costruzione, la costruzione dell'Unione europea, ma anche dei sistemi autonomistici nazionali, è un sistema di cui dobbiamo avere la capacità di capire la grandezza. De Gasperi, Adenauer e Schuman erano tutti uomini di frontiera e hanno pensato a costruire sia una sovranità europea, sia un sistema di autonomie nei loro Stati - soprattutto l'Italia e la Germania - perché volevano uscire da una logica delle sovranità escludenti che aveva portato alla guerra. È in questa chiave che, appunto, l'apertura all'Unione europea e la costruzione di Stati autonomistici sono due elementi che sono assolutamente complementari tra di loro e in cui stanno le soluzioni dei nostri problemi; le soluzioni dei problemi delle cittadinanze stanno nel ridurre l'importanza dei confini, nel relativizzarli, non nell'aumentarne il rilievo.
Terzo punto: a cosa serve, allora, l'iniziativa annunciata? Perché è sbagliata questa iniziativa annunciata, anche se è giuridicamente un po' improbabile e difficile a realizzarsi? Il costituzionalista Francesco Palermo che è stato nostro collega, senatore, nella scorsa legislatura, ha scritto un bell'articolo sulla rivista il Mulino, nella versione telematica, dove spiega perché è molto difficile anche nell'ordinamento austriaco riuscire, poi, effettivamente, a condurre in porto questa innovazione che, però, è negativa per il solo fatto di essere stata sollevata. Questa iniziativa del governo austriaco mira a rafforzare i diritti della minoranza tedesca in Italia? Non direi, perché questi diritti sono già ampiamente tutelati. Da quel banco, dal banco del Governo, quando l'Assemblea costituente approvò il disegno di legge sullo Statuto di autonomia, il Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi, il 29 gennaio del 1948, a tre giorni dalla fine dell'Assemblea costituente, sedendo in quel caso ai banchi del Governo, perché era un disegno di legge d'iniziativa governativa, ebbe a dire che il popolo austriaco doveva riconoscere che l'abitante, il cittadino italiano di lingua tedesca o, in generale, il tedesco non c'è nessun posto dove abbiano maggiori diritti e più garanzie di quelli che offriamo noi. E questo era già vero nel 1948 ed è stato ancora più vero nello sviluppo del disegno autonomistico.
Vuole forse, allora, il disegno del Governo austriaco rafforzare i rapporti con l'intera regione Trentino-Alto Adige o con la provincia di Bolzano? No, perché creerebbe un discrimine tra coloro ammessi alla doppia cittadinanza e coloro che non lo sono. Per di più, c'è una tradizione in Austria di largheggiamenti sulla doppia cittadinanza? No, perché non risulta che ci sia questa logica ampia della doppia cittadinanza, come c'è, invece, anche nel caso italiano, per cui sarebbe veramente un'eccezione rispetto alle linee di fondo che quell'ordinamento ha perseguito sino ad oggi.
Ora, però, e questo è il quarto e ultimo punto, che cosa ci dimostra questo caso particolare? Il Governo austriaco è un Governo a base sovranista che, peraltro, avrebbe vicinanze ideali con parte di coloro che oggi in quest'Aula con le mozioni attaccano quel Governo; questo ci rivela che il sovranismo colpisce non solo l'idea dell'Unione europea, ma anche la configurazione delle Autonomie e che è un gioco a somma zero. Non ci può essere una internazionale e un europeismo sovranazionale, un europeismo basato sul sovranismo, perché ogni sovranismo punta a dividere e a separarsi dai suoi vicini, anche se sovranisti sono i vicini immediati.
E quindi vorrei richiamare, alla fine, un ulteriore passaggio, sempre di Alcide De Gasperi, del 29 gennaio 1948: questo accordo è prezioso perché prova anche dinanzi all'opinione internazionale che l'Italia democratica è ben diversa dall'Italia fascista ed è una prova che diamo che il metodo di governo nostro, anche di fronte ai diritti delle minoranze delle altre nazionalità, è quello di fare appello alla fiducia dei popoli e alla libera cooperazione. Il disegno autonomistico con la minoranza tedesca e anche col Governo austriaco è sempre stato un disegno pattizio. L'errore di fondo dell'iniziativa del Governo austriaco è che è un'iniziativa unilaterale. L'unilateralità porta ad ampliare i conflitti, la logica pattizia di dialogo porta a relativizzare le frontiere, a relativizzare i confini ed è l'unico che sia di futuro. Questo vuol dire la nostra mozione e su questo chiediamo il voto di questa Camera