Discussione sulle linee generali
Data: 
Lunedì, 1 Ottobre, 2018
Nome: 
Emanuele Fiano

Presidente, c'è qualcosa che unisce la discussione che abbiamo appena sostenuto sulla vicenda del centenario della prima guerra mondiale e gli argomenti dei quali vorrei parlare, a contributo del dibattito che stiamo svolgendo sulle tre mozioni che vertono sullo stesso argomento, cioè l'antisemitismo. Entrambi i miei nonni, ebrei italiani, Giuseppe Lattes e Olderigo Fiano, parteciparono alle vicende della prima guerra mondiale. Giuseppe Lattes, il padre di mia madre, fu tenente, partecipò alla ritirata di Caporetto, fu premiato per quella partecipazione. Nel 1938, con le leggi razziali, fu cancellata quella onorificenza che il Regno d'Italia gli aveva conferito per quel suo contributo alla Grande Guerra.

Il nonno Olderigo è stato più sfortunato. Il nonno Olderigo fu fatto prigioniero dagli austriaci, nel corso della prima guerra mondiale fu recluso in un campo di concentramento austriaco, ma gli andò bene: ne uscì vivo. Non altrettanto nella seconda guerra mondiale, dopo le leggi razziali, dopo che aveva addirittura creduto nel regime mussoliniano, perché fu arrestato dai fascisti italiani, consegnato agli assassini nazisti, deportato ad Auschwitz; e lì insieme al resto della mia famiglia del ramo paterno, prima gasato e poi bruciato.

Uso questi due episodi personali per descrivere la frattura nella storia di questo Paese e dell'Europa, come ha così ben descritto il collega Battilocchio: la vicenda dell'antisemitismo europeo, ed in particolare quella italiana, che ha una matrice ed una radice nell'ideologia del fascismo italiano, come annunciò con singolare capacità di descrizione nel discorso di Trieste Benito Mussolini; quella radice dell'antisemitismo spezzò un legame profondo tra l'ebraismo italiano e la nazione italiana, l'ebraismo italiano che aveva partecipato al Risorgimento, alla Grande Guerra e che aveva partecipato alla costruzione di una nazione.

Prima il collega Andrea Romano, molto meglio di me, ha descritto, con parole molto profonde che suggerisco, a chi non le ha potute ascoltare, di leggere con attenzione, come l'enfasi patologica dei nazionalismi nella prima parte del secolo scorso sfociò poi nelle dittature totalitaristiche, non solo quelle di destra ma anche quella comunista. E, dunque, noi abbiamo coscienza che lo spezzare il legame tra esseri umani che appartengono ad un'unica comunità in ragione di ideologie discriminatorie porta, può portare e ha portato - diceva giustamente il collega prima: non sempre l'antisemitismo ha portato allo sterminio - alla recisione della relazione umana comunitaria. Così è stato in questo Paese negli anni delle leggi razziali e poi della deportazione.

Quello che purtroppo è drammaticamente da prendere come coscienza dell'attualità sono i numeri di alcune ricerche che sono state qui riportate, numeri molto costanti nel tempo e in alcuni casi addirittura in crescita di presenza del sentimento discriminazionista - nel caso specifico antisemita, ma non solo - nella popolazione italiana. Sono numeri che il collega Battilocchio ha appena riferito, a me molto noti, e sono percentuali più alte rispetto alla gran parte dei Paesi europei. Tendenzialmente girano intorno al 20 per cento di espressione di sentimenti antisemiti in questo Paese da diversi decenni, percentuali molto più basse di altri Paesi del nord Europa ma non più basse di alcuni Paesi dell'est Europa, perché nella Polonia contemporanea e anche nell'Ungheria contemporanea il sentimento antisemita è purtroppo radicato e dà forma a volte ad episodi drammatici, perché la Francia contemporanea è teatro continuo di episodi di antisemitismo violento e di aggressioni spesso concentrate in luoghi dove esiste la presenza di comunità straniere molto radicate o di origine straniera e, purtuttavia, tutti questi segnali ci dicono che la contemporaneità di questo sentimento rende necessario, per chi oggi è classe dirigente, per chi guida il Paese, per chi partecipa alla vita istituzionale, pensare anche a forme di innovazione nella lotta contro l'antisemitismo.

Chi mi conosce sa che io sono stato il primo firmatario, nella scorsa legislatura, di una legge per il contrasto all'apologia dell'ideologia fascista e nazifascista, la quale legge, approvata in questo ramo del Parlamento, è stata in parte ridicolizzata come fosse una legge che si interessava dei cimeli o delle vestigia architettoniche di un'epoca storica. Non era questo, non voleva essere questo; era la percezione che, al di là della professione di fede antidiscriminatoria che tutti noi facciamo, è necessaria una riforma del nostro atteggiamento verso questi sentimenti. Oggi trattiamo dell'antisemitismo e, più in generale, potremmo parlare di sentimenti discriminatori di razzismo, di odio o di intolleranza, anche solo nella forma dell'antisemitismo, ma ciò che noi abbiamo ereditato dal fondamentale testo costituzionale e dalla legge attuativa della XII disposizione finale e transitoria, secondo la mia modestissima opinione e quella del Partito Democratico, mal si veste sui comportamenti attuali. Non va dimenticato - e ne facciamo menzione noi nella nostra mozione - che oggi il mondo della comunicazione digitale e del web ha cambiato molte delle configurazioni e delle modalità di espressione, di diffusione e di propaganda delle idee discriminatorie e anche di quelle specificatamente antisemite. Non è un caso che molta della disciplina giuridica europea oggi verta su questo specifico aspetto; non è un caso, come noi ricordiamo nella nostra mozione, che l'Europa si sia pronunciata sui discorsi d'odio specificatamente e sull'individuazione dei reati che contrastano l'hate speech, il discorso d'odio, a cui si è molto dedicata la Presidenza della Camera nella scorsa legislatura.

Non è un caso - e mi onoro di aver partecipato, inviato da questa Camera nella scorsa legislatura, ad un simposio europeo sotto la presidenza e sotto il semestre a guida lituana - che tutti i Paesi europei, nel senso di tutti i Paesi partecipanti all'Unione europea, abbiano nel proprio ordinamento - forse uno o due Paesi non li hanno - reati legati all'idea di negazionismo, che non sono sempre legati alla vicenda della Shoah o dell'antisemitismo. Anzi, nei Paesi dell'est europeo questa fattispecie si configura, si è configurata ed è stata voluta soprattutto in realtà legate ai reati compiuti sotto i regimi comunisti nell'ambito dei Paesi satelliti dell'Unione Sovietica.

Nella scorsa legislatura il Parlamento e il Governo si sono molto dedicati allo specifico dell'antisemitismo. Abbiamo dedicato finanziamenti per il Museo nazionale dell'ebraismo italiano e della Shoah, abbiamo dedicato finanziamenti alla Fondazione Ascoli per la formazione e la trasmissione della cultura ebraica, abbiamo dedicato un importante finanziamento di 3 milioni di euro per la conclusione dei lavori del Memoriale della Shoah a Milano, unico luogo in Europa dove nel punto della partenza dei vagoni ferrati, dei carri bestiame che deportarono gli ebrei dalla città di Milano - quindi, da tutto il centro-nord dell'Italia e non solo ebrei ma anche gli operai e gli scioperanti del nord di Milano - viene ricostruito il punto della partenza e si è realizzato un centro di grandissimo interesse per la formazione delle nuove generazioni alla conoscenza di ciò che fu la deportazione. Nella scorsa legislatura abbiamo approvato anche la legge che ha conferito la medaglia d'oro al valor militare per la Resistenza alla Brigata ebraica, formazione militare costituita nel 1944, inquadrata nell'esercito britannico e attiva nei combattimenti che portarono alla liberazione del nostro Paese. Altro impegno importante è stato quello a livello internazionale per l'Italia di presiedere nel 2018 l'International Holocaust members Alliance, l'Alleanza per il ricordo internazionale dell'Olocausto, che è un'organizzazione intergovernativa fondata nel 1998. Dunque, noi pensiamo che si sia compiuto un cammino nel corso della scorsa legislatura.

Voglio esprimere dei sentimenti personali. Bisognerebbe avere - e ho appunto apprezzato le parole del collega - la forza in quest'Aula di slegare la battaglia contro l'antisemitismo e il razzismo a qualsiasi forma di discriminazione etnica, razziale o religiosa dalle parti politiche che noi rappresentiamo o dall'idea che vi sia una possibilità di sinistra contro destra o viceversa nell'ambito di questa battaglia. Personalmente penso - e magari io non sarò il soggetto più oggettivo per parlare delle questioni dell'antisemitismo, vista la vicenda familiare che sicuramente mi ha segnato - che la recrudescenza degli episodi di antisemitismo sia un misuratore della situazione della società. Penso che la recrudescenza o l'innalzamento dei livelli di antisemitismo - certamente anche di quelli del razzismo e discriminazione - debbano cogliere l'attenzione di tutti, non solo di quelli appartenenti ad una o ad un'altra parte, non solo di quelli che più si rifanno alla Resistenza partigiana o di quelli che pensano che debba esistere una memoria condivisa e basta o di quelli che giustamente citano altri episodi drammatici e orribili che hanno segnato la Seconda guerra mondiale. Lo voglio dire perché sia chiaro che cosa intendo, come, per esempio, la vicenda terribile delle foibe che questo Paese ricorda giustamente, ovvero i crimini avvenuti e perpetrati sotto il regime comunista dell'Unione Sovietica o dei Paesi ad esso legati. Noi non abbiamo il diritto di dividerci su questa questione dell'antisemitismo perché io la ritengo un misuratore della qualità delle relazioni umane e della qualità della profondità della cultura del rispetto e del dialogo.

Dunque, forti di questa convinzione, noi pensiamo che vada contrastata ogni forma di violenza e di intolleranza rivolta nei confronti di cittadini ebrei o di altre minoranze etniche e religiose riconducibili anche, ma non solo, alla ricostituzione di organismi politico-ideologici aventi come comune patrimonio ideale queste idee di discriminazione e di razzismo, oppure idee legate a partiti del passato. Personalmente, e anche a nome del Partito Democratico, non penso che l'attuale sistema legislativo che contrasta la propaganda ideologica di matrice fascista o nazifascista, e dunque riconducibile nello specifico italiano, per esempio la vicenda delle leggi razziali, sia sufficiente. Lo dico senza astio, senza contrasto, lo dico per una misurazione di ciò che è successo nel nostro Paese. E altresì non penso che la legislazione legata all'uso della rete digitale sia sufficiente. Basterebbe fare un esempio molto semplice: quando nel 1952 Scelba, Ministro dell'interno, usa la parola propaganda, egli si riferisce all'uso della carta stampata o all'uso della organizzazione di manifestazioni di piazza o forse ancora - la televisione italiana muove i primi passi nel 1950 - all'uso iniziale della televisione o della radio.

Ma oggi la diffusione di idee di qualsiasi tipo, ma hanno più successo quelle molto negative, comunque di qualsiasi tipo, attraverso la rete, raggiunge con uno sforzo minimo e con il lavoro di una sola persona o poco di più, milioni, miliardi di persone. Dunque a quel messaggio, a quel mezzo della comunicazione contemporanea, noi dobbiamo guardare con grande attenzione, non ovviamente limitandone la libertà in alcun modo, fedeli all'articolo 21 della nostra Costituzione, ma ragionando sul fatto che in merito a quel mezzo, dove le false idee e le false notizie possono avere lo stesso spazio di quelle vere, o dove la falsa cultura può avere lo stesso spazio della cultura vera, o dove la falsa storia può avere lo stesso spazio della storia vera, o dove, addirittura, è più facile rinviare o tramandare o diffondere false condizioni della storia, perché più accattivanti, più facili da trasmettere, noi dobbiamo avere attenzione per le generazioni che a noi seguiranno sulla forza dirompente di questo mezzo.

La nostra legislazione su questo mezzo non è sufficiente. La capacità e la velocità di diffusione di discorsi d'odio su questo mezzo è contrastata e monitorata in tutto il mondo, e noi non abbiamo ancora, secondo me, riflettuto abbastanza insieme su questa questione. Ovviamente, la questione dell'antisemitismo travalica i nostri confini, travalica le possibilità di questo Parlamento, travalica anche gli stessi confini dell'Europa, ed entra a tutto titolo in un conflitto generale che interessa i grandi scenari del mondo, il rapporto con il mondo islamico, le guerre che attraversano i quadranti dei Paesi arabi e islamici e anche le aggressioni ideologiche e l'odio che si manifesta spesso contro lo Stato di Israele, ma penso che questa sia una discussione da fare separatamente. Sarebbe certamente cosa importante che da questo Parlamento, nei confronti di coloro i quali ancora oggi professano idee di odio verso gli ebrei, venisse una risposta unitaria e corale