Discussione sulle linee generali
Data: 
Lunedì, 20 Marzo, 2017
Nome: 
Ernesto Carbone

Signor Presidente, onorevoli colleghi, al fine di salvaguardare gli assetti proprietari della società operanti in settori ritenuti strategici e di interesse nazionale, con il decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 maggio 2012, n. 56, è stata disciplinata la materia concernente i poteri speciali esercitabili dal Governo nei settori della difesa e della sicurezza nazionale nonché in alcuni ambiti, definiti di rilevanza strategica, nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni.
  L'obiettivo del citato provvedimento era di rendere compatibile con il diritto europeo la disciplina nazionale dei poteri speciali del Governo collegata agli istituti della golden share o dell’action spécifique, previsti nell'ordinamento inglese e francese, e già queste oggetto di censura sollevata dalla Commissione europea e di una pronuncia di condanna da parte della Corte di giustizia dell'Unione europea, in quanto la logica sottesa all'esercizio di quei poteri era di tipo autorizzatorio e discrezionale e con un ambito di tipo soggettivo circoscritto alle imprese ex pubbliche.
  Per definire criteri di compatibilità comunitaria della disciplina dei poteri speciali la Commissione europea ha affermato, infatti, che i provvedimenti discriminatori, cioè quelli che si applicano esclusivamente agli investitori cittadini di un altro Stato membro dell'UE, sono incompatibili con gli articoli del Trattato relativi alla libera circolazione dei capitali e al diritto di stabilimento, a meno che non rientrino nel quadro di una delle deroghe previste dallo stesso, mentre i provvedimenti non discriminatori, cioè quelli che si applicano ai cittadini nazionali e ai cittadini di un altro Stato membro dell'UE, sono ammessi se si fondano su una serie di criteri e di obiettivi stabili e resi pubblici e possono essere giustificati da motivi imperiosi di interesse generale, fermo restando il principio di proporzionalità.
 La principale differenza della nuova disciplina rispetto alla normativa precedente si rinviene nell'ambito operativo, che consente l'esercizio dei poteri speciali rispetto a tutte le società, pubbliche o private, che svolgono attività considerate di rilevanza strategica e non più soltanto rispetto alle società privatizzate o in mano pubblica.
  In attuazione del citato decreto, con il decreto del Presidente da Repubblica 19 febbraio 2014 n 35, in materia di poteri speciali nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, e con il decreto del Presidente a Repubblica 25 marzo 2014, n. 86, con riguardo ai poteri speciali nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni, sono stati definiti gli ambiti soggettivi ed oggettivi, la tipologia, le condizioni e le procedure per l'esercizio dei poteri speciali nei due diversi settori.
  La specifica individuazione degli attivi di rilevanza strategica, avvenuta con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 giugno 2014, n. 108, per il settore della difesa e sicurezza nazionale, e con il decreto del Presidente Repubblica 25 marzo 2014, n. 85, per i settori energetici, dei trasporti e delle comunicazioni, ha consentito di completare il quadro organizzativo regolamentare del settore.
  I regolamenti hanno altresì previsto il coordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri per lo svolgimento dell'attività propedeutica all'esercizio di poteri speciali, la costituzione di un comitato di coordinamento interministeriale e definito l'architettura funzionale e organizzativa del procedimento.
  Il decreto n. 21 del 2012 prevede l'aggiornamento, almeno triennale, sia dei decreti di individuazione delle attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale (articolo 1, comma 7) sia dei regolamenti di individuazione delle reti e degli impianti, dei beni e dei rapporti di rilevanza strategica per l'interesse nazionale nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni, nonché della tipologia di atti o operazioni all'interno di un medesimo gruppo, ai quali non si applica la disciplina ivi prevista (articolo 2, comma 1).
 Dalla relazione in Parlamento, in materia di esercizio dei poteri speciali del dicembre 2016, si evince che l'attività posta in essere dal Governo ha dato attuazione alla nuova disciplina in tutti i settori di intervento e con riguardo a tutte le società, pubbliche o private, che svolgono attività ritenute di rilevanza strategica.
  Dall'avvio formale della procedura (3 ottobre 2014) è stata definita la totalità dei procedimenti relativi alle notifiche effettuate da imprese nazionali ed estere, per le quali in via generale non sono emersi elementi tali da imporre veti specifici mediante l'esercizio proprio dei poteri speciali: al 30 giugno 2016, sulle trenta notifiche pervenute, in diciassette casi non sono stati esercitati i poteri speciali; per dieci di essi è stata attivata la procedura semplificata, di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 agosto 2014; in due occasioni è stato espresso il consenso all'operazione con l'imposizione di specifiche prescrizioni, mentre un'operazione è stata esclusa.
  La medesima relazione segnala, tuttavia, che il meccanismo stabilito dal citato decreto n. 21 del 2012 spesso entra in gioco in materia tardiva e cioè solo a seguito di decisioni già programmate e/o assunte dalle aziende, decisioni fortemente sensibili e di importanza strategica.
  Negli ultimi anni si è assistito, dunque, a un'allarmante tendenza, che vede l'aumento dell'acquisizione di imprese italiane dall'estero e il forte calo delle acquisizioni di imprese straniere da parte di azionisti italiani.
  Addirittura, secondo il rapporto 2016 KPMG Mergers & Acquisitions, nel 2015 l'attività M&A cross border conferma ancora una volta la supremazia delle transazioni estero su Italia (201) a fronte di 97 acquisizioni realizzate da aziende italiane all'estero (201 e 89 nel 2014 e 106 e 70 nel 2013), raggiungendo la cifra record di 32,1 miliardi di dollari (più 21 per cento rispetto al 2014), contro acquisizione di imprese estere da parte di soggetti italiani per appena 10 miliardi di euro (meno 22 per cento rispetto all'anno precedente). Inoltre, nel 2015, gli Stati Uniti con 46 operazioni completate hanno più che triplicato i controvalori, passando da 2,9 miliardi di euro del 2014 a poco meno di 10 miliardi di euro; sono stati affiancati dalla Cina, i cui investimenti in Italia sono cresciuti del 53 per cento, attestandosi a circa 9,1 miliardi di euro; dalla Francia, i cui controvalori sono triplicati rispetto all'anno precedente, raggiungendo 4,2 miliardi di euro, e dalla Svizzera, che ha raddoppiato il valore delle acquisizioni nel nostro Paese (2,6 miliardi di euro). Nel periodo 2005-2009, secondo i dati KPMG, invece, vi era un sostanziale equilibrio tra acquisti di soggetti esteri in Italia e di soggetti italiani all'estero.
  Sempre secondo i dati KBMG Corporate Finance, nel 2016 il saldo ha continuato a essere negativo, pur registrando un netto miglioramento, sia del dato relativo alle operazioni Italia su estero (142 acquisizioni oltre confine, per un controvalore di 13,5 miliardi di euro, il più elevato degli ultimi anni) sia degli investimenti esteri verso gli asset italiani (240 operazioni realizzate, per un controvalore complessivo di 18,9 miliardi di euro).
  La capacità di attrarre investimenti esteri rappresenta un importante fattore di sviluppo della competitività delle imprese nei mercati internazionali, soprattutto per l'Italia, che presenta ampie opportunità di investimento, ma deve necessariamente conciliarsi con la salvaguardia delle dinamiche di mercato e con la protezione degli assetti strategici nazionali, nei confronti di operazione di acquisizione, finalizzate a sottrarre tecnologie e conoscenze essenziali per la competitività dell'Italia.