Dichiarazione di voto
Data: 
Martedì, 16 Maggio, 2017
Nome: 
Gianluca Benamati

 

Grazie, Presidente. Intervengo sulla nostra mozione, ma colgo l'occasione anche per una riflessione un po' più ampia perché da quest'Aula, in tutta le discussione che ho seguito con attenzione, ho sentito a volte una lieve brezza protezionistica, che si rischia di trasformare anche in un vento autarchico, ho sentito molte questioni sulla rilevanza o meno degli investimenti stranieri nella nostra economia. Allora, prima di entrare nel merito, vorrei dire che noi considerassimo gli investimenti stranieri nel nostro Paese motore e forza dello sviluppo della nostra economia. Sono realtà che - come ha avuto modo di dire il Ministro dello sviluppo economico, rispondendo a un nostro question time su queste tematiche - hanno dato risultati anche significativi: ha citato il caso di alcuni grandi gruppi nel settore della moda acquistati da gruppi esteri, che sono stati rivitalizzati e oggi costituiscono punti importanti del made in Italy; ha citato la realtà di molte multinazionali che investono in settori avanzati - la farmaceutica, ad esempio - che costituiscono una parte importante della ricerca e sviluppo privata in questo Paese.

Allora, noi partiamo dal presupposto che c'è una parte importante in questo processo, ma tutto ciò ci porta a dire che tutto è positivo? No! No, ovviamente, perché, come sempre accade, vi sono anche comportamenti impropri, comportamenti sbagliati, se ne è già parlato, ci sono acquisizioni il cui andamento, anche supportato dalla crisi che ha attraversato il nostro Paese, ha avuto un carattere predatorio sul nostro sistema manifatturiero, ha avuto dal punto di vista finanziario, a volte, l'immagine di scorrerie. Richiamo, in questo caso, in questi comportamenti impropri, interventi nei settori strategici o critici della nostra nazione, interventi che hanno potuto o possono condurre a un impoverimento del patrimonio tecnologico, acquisizioni di aziende magari anche da Paesi extra UE, a cui tolgono brevetti e know how e a cui, magari, poi, fanno seguire anche una delocalizzazione delle attività; ma anche - e questo viene poco detto - interventi che possono distorcere la libera concorrenza e le regole del mercato, perché magari aziende che operano in Italia, aziende italiane che sono proprietà di gruppi esteri, si trovano a confrontarsi avendo una proprietà che, magari, è completamente pubblica.

Queste sono condizioni nelle quali è necessario porre un'attenzione maggiore, porre alcuni paletti, imporre alcuni rimedi. Allora qualche riflessione. Un primo punto, che per noi e significativo: l'esercizio dei poteri speciali, il cosiddetto golden power, quelli esercitabili dallo Stato, dal Governo, per mettere in salvaguardia gli assetti proprietari di aziende che operano in settori strategici di interesse nazionale, si è già citato il tema della difesa e della sicurezza, ma anche in ambiti rilevanti, quelli dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni. Ecco, questo complesso di norme, introdotte dalla legge n. 56 del 2012, sono una pietra di riferimento su cui costruire lo sviluppo del nostro sistema, assieme ai decreti che sono succeduti a questi e che hanno dato, naturalmente, definizione degli ambiti soggettivi e oggettivi e delle tipologie di intervento e delle procedure per l'esecuzione di questi poteri speciali, al di là della discussione numerica dei casi.

Io credo, noi crediamo che, a questo punto sia il caso di un aggiornamento - e la nostra mozione indica questo - e anche di un rafforzamento di questo strumento, da condividere però, e qui vogliamo essere chiari, in un percorso europeo, che è il naturale alveo di questa situazione. Una perimetrazione di questi settori e di questi ambiti rilevanti: si è parlato di finanza, si è parlato di banca, si è parlato di risparmio; sicuramente, in un momento come questo, di difficoltà, anche per i recenti accadimenti, questi appaiono essere settori che meritano una particolare attenzione, settori su cui l'economia nazionale ha un particolare interesse e fonda la sua solidità.

Un secondo punto: basta questo? No, un secondo punto: il tema, più in generale, di come avvengono le acquisizioni nel nostro Paese, acquisizioni che nel passato sono, in alcuni casi, state simili a scorrerie, scorrerie finanziarie, scorrerie societarie, giochi di borsa.

È chiaro che qui c'è un tema più ampio, c'è un aspetto finanziario, quando ci sono acquisizioni rispetto ai soci e alle proprietà, c'è un aspetto aziendale che richiede chiarezza quando si va sul complesso industriale, chiarezza sul futuro delle aziende, sulla gestione, sul loro sviluppo, sulle prospettive, non si tratta solo di un tema di italianità della proprietà, si tratta di un tema di italianità dell'attività nel nostro Paese. E allora qui occorre che ci sia più trasparenza, meno opacità dietro queste operazioni, per questo noi chiediamo, da questo punto di vista, e lo chiediamo con chiarezza, anche un'apposita disciplina che incrementi gli obblighi di trasparenza a carico degli acquirenti esteri nel nostro Paese. Non voglio richiamare casi del passato come Parmalat; al di là di quelli che sono gli strascichi giudiziari di quella vicenda, è chiaro che occorre una cooperazione rafforzata, anche qui, per definire regole europee: è bene che il Governo operi con i Governi francesi e tedeschi per trovare una soluzione condivisa.

Ultimo punto prima delle conclusioni: il tema che è stato chiamato della reciproca o il tema delle asimmetrie, quello che viene definito il tema che richiede un'armonizzazione. È vero, ci sono problemi - mi si consenta di continuare a usare questo termine - di reciprocità, a volte. A volte questo problema nasce soprattutto con i Paesi al di là dell'Unione europea, per conflittualità, per diversità di regole normative, legislative, burocratiche. Alcune acquisizioni sono fatte da aziende, da gruppi, da soggetti che operano in economie non di mercato o, comunque, con normative e regole non completamente libere.

Questo è vero, e qui c'è da impegnarsi, il Governo si deve impegnare, ma è anche vero che, al di là delle norme e delle regole, ci sono, in Europa e da altre parti del mondo, economie che hanno anticorpi naturali, che non sono solo le regole, ma sono un tessuto statuale, un tessuto economico, un insieme di connessioni che interviene nel momento in cui c'è un'acquisizione che si ritiene, a torto o a ragione, non gradita.

Si è citata Fincantieri, si possono citare molte altre situazioni, è vero, in Europa ci sono Paesi che hanno delle strutture più forti rispetto a quelle italiane, un capitalismo forse meno asfittico, un sistema relazionale più forte. Questo va superato, va superato però con la politica, non con le norme, con le regole si superano le altre asimmetrie, questa è una questione diversa su cui il Governo, comunque, pensiamo possa fare molto. In questo e non solo in questo, anche nella crisi, sta quella differenza, che è stata citata più volte da molti colleghi: il nostro Paese, nel 2005-2007, aveva un bilancio, fra acquisizioni e cessioni verso l'estero, sostanzialmente in parità; nel 2013 abbiamo un rapporto di acquisizioni estere contro acquisizioni italiane all'estero di due a uno. E allora questo tipo di interventi non saneranno questa situazione, ma possono mettere rimedio alle storture maggiori, salvaguardare la parte migliore dell'interazione con l'estero, che è il richiamo di capitali produttivi e di sviluppo in un Paese importante e attrattivo, e punire e reprimere i comportamenti scorretti e sleali.

Noi questo chiediamo al Governo: di operare in questa maniera, rafforzando gli strumenti esistenti in questo settore, nelle golden power soprattutto, e immaginando anche nuovi strumenti a livello europeo che tutelino quel grande patrimonio economico e produttivo che ha l'Italia e che si dimostra ogni giorno di più il vero motore che ci sta portando fuori dalla crisi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).