Discussione sulle linee generali
Data: 
Lunedì, 12 Novembre, 2018
Nome: 
Maria Elena Boschi

Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, il Partito Democratico ha ritenuto di presentare questa mozione con urgenza - e ringraziamo anche i colleghi degli altri gruppi di opposizione che hanno deciso di sottoscrivere la mozione, che ha come prima firmataria l'onorevole Annibali - nella speranza che questa mozione possa indurre il Governo a rispondere ad alcuni quesiti che in questi mesi abbiamo cercato di porre all'attenzione della maggioranza e del Governo e soprattutto di assumere degli impegni concreti in materia di contrasto alla violenza di genere. Cinque mesi sono passati dall'insediamento di questo Governo e sono stati cinque mesi, purtroppo, di silenzio assordante sui temi legati alle pari opportunità ma, soprattutto, al contrasto della violenza di genere.

Ecco perché, ovviamente, accogliamo positivamente la disponibilità del sottosegretario Spadafora a recarsi in audizione in I Commissione qui alla Camera nei prossimi giorni. È una disponibilità che il sottosegretario ha manifestato dopo la presentazione di questa mozione, nonostante il gruppo del Partito Democratico già da luglio ripetutamente avesse chiesto che il Governo venisse in Parlamento a indicare le linee di indirizzo in materia di pari opportunità e contrasto alla violenza di genere e questo non per una accanimento - diciamo così - delle opposizioni nei confronti del Governo ma per un'esigenza di chiarezza, proprio perché nel contratto di governo nulla si dice su questi temi per noi fondamentali e prioritari per la sensibilità comune dei cittadini - e non soltanto per il Partito Democratico - se non un riferimento alla doverosa battaglia e al doveroso impegno contro la violenza sessuale. Si tratta, però, di un impegno molto vago, che si basa ancora su una visione antica, arcaica e limitata alla violenza sessuale. Infatti, nulla si dice sulla violenza fisica, sulla violenza psicologica e sulla violenza economica e niente si dice rispetto - oltre, giustamente, alla repressione dei reati - alla prevenzione e soprattutto a quella che è la protezione e l'assistenza delle vittime né questo vuoto è stato colmato nei cinque mesi di attività del Governo.

Eppure, noi veniamo da un'eredità importante, quella della scorsa legislatura, una legislatura particolarmente proficua per l'impegno contro la violenza sulle donne, con un Parlamento che è stato capace di approvare provvedimenti importanti, superando spesso anche le divisioni di partito e riuscendo a trovare un terreno comune tra maggioranza e opposizione su alcuni temi fondamentali, a cominciare proprio dal primo atto posto in essere dal Parlamento nella scorsa legislatura, cioè la ratifica della Convenzione di Istanbul fino all'approvazione, al finire della legislatura, di un'importante legge che tutela gli orfani delle vittime del femminicidio. Ma non possiamo trascurare tutti gli interventi per introdurre il reato di femminicidio, per rafforzare gli strumenti di tutela per le vittime di stalking o, ancora, l'aggravante nel caso di violenza perpetrata di fronte a minori.

L'impegno della precedente legislatura ha riguardato, però, non soltanto l'attività legislativa e non soltanto l'attività per così dire penale di repressione, giusta e doverosa, ma anche un insieme di misure volte a farsi carico delle vittime e a farsene carico in modo ampio, a 360 gradi, approvando per la prima volta, con il Governo Renzi nel 2015, il primo Piano nazionale contro la violenza sulle donne e sul finire della scorsa legislatura, alla fine del 2017 con il Governo Gentiloni, il nuovo Piano nazionale contro la violenza sulle donne, che sarà in vigore per i prossimi tre anni. Due piani nazionali molto importanti che oggi sono nelle mani di questo Governo che è chiamato ad attuarli, se riterrà di confermare quel piano e di condividerne, ovviamente, l'impostazione e la strategia.

Un piano però che ha bisogno ovviamente di impulso, e lo dico con grande rispetto per il lavoro del sottosegretario, essendomi trovata ad avere lo stesso tipo di responsabilità per un periodo di tempo, da metà 2016 in poi.

È un lavoro faticoso perché richiede la necessità di coordinare amministrazioni diverse dello Stato ed è ancora più difficile ma ancora più importante perché deve tenere insieme i diversi livelli di governo del territorio, fare un lavoro di squadra insieme a regioni, comuni, cercare di trarre il meglio dalle esperienze, anche locali, per poi avere delle strategie di carattere nazionale. Proprio perché è un lavoro faticoso e che richiede tempo, siamo molto preoccupati dal ritardo con cui sono state convocate e hanno iniziato a lavorare sia la cabina di regia che il comitato tecnico - che dal 1° giugno ad oggi sono stati riuniti una sola volta dal Governo - perché abbiamo bisogno di continuità in questo lavoro. E siamo ancora più preoccupati perché non vediamo atti di impulso nell'attuazione di questo piano nazionale. Un piano nazionale in continuità con quello precedente, con il lavoro già svolto negli anni precedenti prevede un impegno forte di collaborazione con le forze dell'ordine, di preparazione e formazione del personale delle forze dell'ordine, attraverso protocolli già siglati con l'Arma dei carabinieri e con la Polizia di Stato, e che nel nuovo piano prevedono l'estensione alla polizia penitenziaria e alla polizia municipale, perché è fondamentale anche la raccolta dei dati, delle denunce, la possibilità che questo avvenga in un luogo che metta al riparo la vittima anche da un punto di vista di riservatezza, ma soprattutto che ci sia una consapevolezza nella gestione di questi dati, nonché la necessità di portare avanti il lavoro con il Consiglio superiore della magistratura, proprio perché i ruoli siano stabiliti nel rispetto dell'autonomia dei magistrati e tenendo conto della priorità della persecuzione di questo tipo di reati.

Abbiamo bisogno di portare avanti il lavoro fatto in materia di linee guida nazionali, per la prima volta adottate nel 2017, che consentono in tutti i pronto soccorso, in tutte le aziende ospedaliere italiane di avere lo stesso tipo di trattamento per le vittime di violenza, fisica o sessuale, non soltanto per quanto riguarda la raccolta dei reperti, che poi sono fondamentali ovviamente per i processi che si devono svolgere per quanto riguarda il tipo di denunce, per evitare fenomeni di vittimizzazione secondaria di persone che già hanno delle ferite profonde, esperienze drammatiche sulla loro pelle, ma anche la possibilità per quelle vittime di iniziare su base volontaria un percorso anche di assistenza al di fuori dell'ospedale.

Abbiamo bisogno quindi che questo lavoro venga portato avanti, così come l'impegno assunto per cercare di assistere le vittime nell'immediato attraverso l'accoglienza in case-rifugio e centri antiviolenza, grazie ai fondi stanziati dal 2014 all'inizio del 2017 - questo è il dato più aggiornato che abbiamo, almeno a quanto ci risulta: sono aumentati di quasi due terzi sia le case-rifugio che i centri antiviolenza su base nazionale -, con un'operazione di pulizia, di attenzione e di trasparenza anche sulla rendicontazione delle risorse pubbliche che sono gestite dallo Stato attraverso le regioni, e attraverso dei modelli uniformi su tutte le regioni italiane perché queste risorse siano spese fino all'ultimo centesimo in modo trasparente ed efficace con criteri qualitativi elevati.

Abbiamo bisogno che prosegua il lavoro iniziato per il reinserimento lavorativo delle vittime. Col JobsAct, tante volte attaccato, noi abbiamo approvato una norma di grande civiltà, che consente alle vittime di violenza di avere tre mesi di congedo retribuito, di poter accedere al part-time, con l'ultima legge di bilancio l'abbiamo esteso anche alle collaboratrici domestiche. Ebbene, dobbiamo proseguire su quel lavoro, se possibile ampliarlo, e soprattutto continuare a lavorare, come abbiamo fatto negli ultimi anni, con la parte datoriale e con i sindacati, per strategie vere di autonomia economica, di reinserimento nel mondo lavorativo per tante donne che purtroppo sono costrette a cambiare città e quindi lavoro, o che in alcuni casi sono state costrette dai propri ex compagni ad abbandonare anche il lavoro per renderle non autonome, non libere da un punto di vista economico e che spesso hanno bisogno di mantenere i propri figli. Abbiamo bisogno che il Piano nazionale antiviolenza che abbiamo previsto abbia continuità, perché con i comuni, così come previsto nelle linee guida, si possa lavorare per dei criteri di priorità nell'assegnazione degli alloggi per le vittime di violenza. Tutto questo chiediamo che venga portato avanti e che non si perda un minuto di tempo in più, ma soprattutto che non si taglino le risorse stanziate per il Piano nazionale antiviolenza e per le pari opportunità. Dal 2013 ad oggi, ogni anno, con i Governi del Partito Democratico che si sono susseguiti, abbiamo aumentato le risorse stanziate contro la violenza sulle donne: dai primi 10 milioni sino ad arrivare, lo scorso anno, per il 2017, a raddoppiare - perché erano quasi 22 milioni - le risorse solo per il Piano nazionale antiviolenza. Nel 2018 sono previsti 32 milioni, grazie alla legge di bilancio approvata nella scorsa legislatura, e altrettanti per il 2019 e per il 2020.

Purtroppo la legge di bilancio presentata da questo Governo, dal Governo Lega e MoVimento 5 Stelle, non soltanto non ha incrementato queste risorse ma ha tagliato le risorse del Piano nazionale antiviolenza, del fondo pari opportunità e anche le risorse del Piano nazionale antitratta, per i quali il Governo Gentiloni aveva previsto stanziamenti non solo per il 2017 ma anche per il 2018, il 2019 e il 2020. Ci chiediamo come si possano tagliare risorse per voci così importanti del capitolo del bilancio dello Stato. Mi si dirà che sono tagli modesti, di entità ridotta, certo, ma si tratta pur sempre di tagli. Mi aspettavo da questo Governo, lo dico sinceramente, risorse aggiuntive rispetto a quelle che già avevamo lasciato noi a bilancio, proseguendo in un trend che era stato quello degli ultimi cinque anni, cioè ogni anno qualcosa in più. Trovare addirittura dei tagli è inaccettabile. Lo capirei se fosse venuta meno una sensibilità diffusa, un senso di urgenza e di emergenza nel nostro Paese rispetto alla violenza sulle donne, purtroppo non è così, purtroppo è ancora al centro dell'agenda del nostro Paese, e ce lo ricordano i fatti di cronaca che costantemente sono all'attenzione di tutti noi. Deve essere anche al centro dell'agenda di Governo, non può diventare una delle tante voci da tagliare. Abbiamo bisogno quindi che il Governo e la maggioranza diano un segnale immediato in questa legge di bilancio: durante l'esame in Parlamento si corregga quest'errore, si mettano risorse in più. Il Partito Democratico sicuramente presenterà emendamenti per ripristinare il fondo antiviolenza e aumentare le risorse, ma anche per il piano contro la tratta di esseri umani, che è un altro crimine contro l'umanità agghiacciante. Chiederemo però anche risorse perché non venga meno quell'impegno sulla prevenzione che passa necessariamente dall'istruzione e dalla formazione fin dai bambini più piccoli, attraverso progetti nelle scuole. La ministra Fedeli per la prima volta ha tracciato delle linee guida contro gli stereotipi, la disparità di genere, l'educazione ad ogni forma di rifiuto della violenza basata sul genere nelle scuole; ha stanziato risorse per la formazione degli insegnanti, il Dipartimento pari opportunità ha stanziato 5 milioni di euro per progetti nelle scuole, ma di tutto questo nella legge di bilancio non c'è più traccia. Partire dalla formazione è l'unico modo per creare delle generazioni più consapevoli in grado di superare gli stereotipi e in grado di vivere diversamente il rapporto di parità tra generi diversi. Mi rendo conto che non sia facile farlo in un Governo in cui abbiamo un Ministro dell'Interno che tutte le volte pone il tema esclusivamente quando l'autore del reato di violenza sulle donne, di violenza sessuale, è un extracomunitario. Purtroppo in questo tipo di reati non c'è differenza tra carta d'identità, denuncia dei redditi o passaporto, sappiamo che le vittime sono di ogni età, di ogni città, di ogni razza, colore, ceto sociale, allora non possiamo ricordarci delle vittime solo quando l'autore ha la pelle di un colore diverso dal nostro (Applausi del deputato Fatuzzo). Giusto farlo in quei momenti, giusto farlo, però, anche quando gli autori dei reati sono italiani, perché purtroppo non c'è la stessa indignazione quando gli autori dei reati sono magari l'autista di un autobus a Milano o un commerciante a Parma con amici famosi. E non c'è stato lo stesso tipo di indicazioni nemmeno quando, qualche giorno fa, l'autore del reato, italiano, ha ucciso la propria consorte di origine rumena, arsa viva nella proprietà abitazione con i figli che giocavano in cortile. Questo lo dico semplicemente perché i dati statistici, l'Istat, nell'ultima relazione del 2018, resa possibile proprio dalle risorse che noi abbiamo stanziato per una banca dati nazionale per un aggiornamento continuo dei dati, ci dice che le donne vittime di violenza sessuale nell'81,6 per cento dei casi subiscono violenza da partner o parenti, quindi in ambito domestico, e solo nel 15 per cento dei casi da soggetti esterni che non conosco. Nel caso di femminicidio, purtroppo, il 52 per cento delle donne sono uccise dall'ex partner o compagno, il 22 per cento dei casi questo avviene per mano di un parente o di un conoscente. Nonostante sappiamo benissimo che nel caso di violenza sia molto più diffusa la denuncia di una persona che è estranea al nucleo familiare rispetto a un parente o a un conoscente, i dati dell'Istat ci danno questo spaccato. Dire parole di verità serve anche a dare risposte più efficaci alle vittime ed evitare che ce ne siamo ancora. Noi abbiamo un Governo in cui si trova l'accordo su tante questioni, perché si trova l'accordo sui condoni edilizi, sul condono fiscale, sulla divisione dei ruoli, giusto, anche se non lo condivido, ma è un problema di questa maggioranza, possibile che non si trovi l'accordo dentro la maggioranza per far ritirare il disegno di legge Pillon al Senato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)?

Possibile - faccio un appello al sottosegretario Spadafora - che ci avviciniamo al 25 novembre, alla giornata internazionale contro la violenza sulle donne, con in campo una proposta che vìola apertamente la Convenzione di Istanbul, ponendo l'obbligo della mediazione per le donne anche se hanno subito violenza, che prevede l'alienazione parentale, quindi l'obbligo che il proprio figlio, anche se magari rifiuta di vedere il padre perché ha visto il padre picchiare la madre o perpetrare atti di violenza sulla madre per tanto tempo e si rifiuta di vederlo, addirittura è obbligato per legge ad andare a vivere con il padre.

Allora, se vogliamo dare risposta alle tante donne che oggi vivono situazioni di difficoltà, ma magari hanno paura di denunciare perché pensano di essere sole e di non poter trovare una risposta nelle istituzioni, dobbiamo cominciare a dire che quel disegno di legge si ritira, che non può andare avanti, che non è condiviso dalla maggioranza. Noi lo stiamo chiedendo nelle piazze, lo chiediamo in Parlamento e continueremo a fare il nostro lavoro di opposizione, ma abbiamo bisogno che su alcune battaglie si faccia sentire anche la maggioranza.

Noi siamo disponibili a dare una mano, sottosegretario, siamo disponibili a dare una mano e a lavorare anche insieme alla maggioranza su questi temi, oltre alle altre opposizioni, perché sono temi che vanno oltre davvero le distinzioni di partito, ma occorrono delle parole di chiarezza, degli impegni concreti subito sul ritiro del disegno di legge Pillon, sull'attuazione della legge per gli orfani delle donne vittime di femminicidio, che non è stata ancora attuata da questo Governo e quindi è rimasta lettera morta, sul finanziamento serio del fondo che abbiamo istituito per le vittime di reati violenti, comprese quindi le donne vittime di femminicidio.

Abbiamo bisogno di risorse concrete in legge di bilancio, sia sul piano nazionale antiviolenza, che sul piano nazionale antitratta; abbiamo bisogno che l'Italia continui il proprio impegno in ambito internazionale, contro le mutilazioni genitali, contro i matrimoni forzati, come ha sempre fatto anche con Governi di colore diverso, insistendo magari sull'impegno - che abbiamo chiesto a tutti i Paesi G7 nella prima ministeriale sulle pari opportunità che si è tenuta a Taormina nel 2017 - di adottare tutti un piano nazionale antiviolenza, perché sembra paradossale ma alcuni paesi del G7 non ce l'hanno, a differenza dell'Italia.

Allora, su questo noi chiediamo che il Governo dia dei segnali concreti, che investa risorse per le scuole, per l'istruzione, per la formazione e che, magari, in occasione del 25 novembre, riesca anche a riattivare delle campagne di comunicazione e di sensibilizzazione, perché quando abbiamo provato a rendere più sconosciuto il 1522, che svolge un ruolo molto importante ovviamente per la raccolta di denuncia o anche semplicemente per poter dare informazioni a donne in difficoltà, quelle campagne hanno funzionato, perché in un solo anno sono aumentate del 108 per cento le chiamate di emergenza, del quasi 48 per cento le denunce attraverso il 1522, gli atti di molestie, di persecuzione, gli atti di violenza.

Allora, abbiamo bisogno davvero che si possa riprendere in mano questo tema come centrale e che si possa dare attenzione anche ad un tema spesso trascurato, ma di grande attualità e di grande importanza per tante nostre concittadine, che sono le molestie sui luoghi di lavoro, perché purtroppo ci sono donne costrette a subire molestie di vario tipo nei luoghi di lavoro perché non hanno la possibilità di dire “no” a quel lavoro, di licenziarsi, perché non hanno una alternativa, perché quelle risorse servono al sostentamento della propria famiglia, ma non hanno nessuno che possa tutelarle rispetto a delle molestie, che, ovviamente, le privano della loro dignità.

E allora noi chiediamo con grande pacatezza ma con grande fermezza e decisione, e continueremo a farlo con tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione dai banchi dell'opposizione, a cominciare dalle proposte in legge di bilancio, oltre a questa mozione, e continueremo a farlo anche fuori, chiedendo alle tante donne e ai tanti uomini investiti di questa battaglia di portare avanti questi temi. Sono temi, problematiche centrali per il Partito Democratico, come lo sono sempre stati, e che per fortuna vedono coinvolti dalla stessa parte non soltanto le donne del Partito Democratico e gli uomini del Partito Democratico, ma davvero una sensibilità diffusa tra i nostri concittadini, a prescindere dall'appartenenza politica.