Dichiarazione di voto
Data: 
Martedì, 12 Novembre, 2019
Nome: 
Alessia Rotta

Grazie, Presidente. Colleghe e colleghi, il 25 novembre è per noi l'occasione, purtroppo, di ricordare che la violenza contro le donne è una delle vere emergenze del nostro Paese. Purtroppo, ragazze e donne uccise, non solo numeri che, però, nella loro crudezza e nella loro verità, stanno ad indicare la dimensione drammatica del fenomeno, un fenomeno che le istituzioni sono chiamate ad affrontare con maggiore vigore e maggiore visione.

Nell'ultimo anno, i femminicidi in Italia sono stati novantadue: parliamo di donne assassinate dai propri mariti, ex, compagni, colleghi di lavoro, spesso da uomini che hanno, cioè, le chiavi di casa. Una donna su tre, 7 milioni di donne nel nostro Paese, tra i sedici e i settant'anni, hanno subito nella loro vita, almeno una volta, qualche forma di violenza fisica o sessuale, spesso da parte di ex partner. Le donne che si sono rivolte ai centri antiviolenza nel nostro Paese, nello scorso anno, sono 50 mila, numeri appunto enormi, che ci dicono anche un'altra cosa: che la violenza, queste violenze, queste sofferenze sono una questione di identità. Le donne sono uccise, le donne sono ferite in quanto donne. La causa dunque della sofferenza e della violenza è connaturata alla loro, alla nostra identità di genere. Parliamo di un fenomeno strutturale profondamente radicato e che attiene - è molto importante - all'ordine dei rapporti tra uomo e donna. Non penso e non pensiamo naturalmente, come gruppo, che la violenza sia radicata nella debolezza delle donne, tutt'altro è piuttosto il contrario, ma di questo ci ha sottolineato anche l'importanza la rapporteur dell'Onu Rashida Manjoo e ci ha richiamato al fatto che il nostro Paese deve e può fare di più. Il problema è che molto spesso, nel nostro Paese, la forza crescente che le donne hanno conquistato nella sfera privata ma anche nella sfera pubblica, si scontra contro la pervicace incapacità di alcuni uomini di accettare la portata di questa forza. E allora noi che cosa dobbiamo fare, che cosa siamo chiamati a fare, visto che gli interventi normativi sono solo una parte? Non bastano, ma li dobbiamo fare e quando li abbiamo fatti abbiamo visto anche la loro ostinazione. In questo senso voglio ricordare in particolare quello che è stato fatto nelle scorse legislature, in particolare l'estenuante - voglio definirlo così - l'estenuante cammino della rubricazione del delitto di violenza sessuale da delitto contro la morale a delitto contro la persona: questo è un importante esempio di come il legislatore (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) e le diverse forze politiche assieme possono farsi portatori di questo cambiamento, che non è solo simbolico, ma lo è. Per cambiare le mentalità, infatti, bisogna tenere strettamente connessi la cultura, le leggi, il diritto, perché le norme sono anch'esse cultura e perché gli interventi istituzionali segnalano che la violenza contro le donne è un problema che è di tutti, che è un problema dello Stato e un problema politico generale. E l'Italia allora come sta? l'Italia sta ancora in difetto, ce lo hanno detto gli esperti del Grevio, l'organismo del Consiglio d'Europa che monitora la Convenzione di Istanbul. Per fare qualche esempio, mancano posti letto per chi fugge dalle mura domestiche, teatro dell'80 per cento dei maltrattamenti, i fondi pubblici dovrebbero essere di più, ma soprattutto dovrebbero essere meglio utilizzati: lo scorso anno ne sono stati spesi solo lo 0,02 per cento, immaginate e pensate a questa cifra. Non si investe - lo abbiamo detto, lo hanno detto tutte stamattina - nella preparazione e nella formazione delle Forze dell'ordine, del personale sociosanitario, in quello che lavora nella magistratura, troppo spesso gli interventi di prevenzione e protezione sui territori sono a macchia di leopardo. Nella mozione indichiamo uno per uno i nostri impegni, nel segno degli interventi normativi attuati nel passato, lo scriviamo per migliorare e correggere e fare fronte a sempre nuove emergenze. Penso all'attivazione della legge, a dare attuazione effettiva alla legge per gli orfani dei femminicidi fatta nelle scorse legislature, quanto detto poc'anzi sul codice rosso, quanto sulla tratta e tutti gli altri impegni che sono in mozione. Sarebbe tuttavia ingeneroso sostenere che non è stato fatto nulla nel passato, un grande lavoro che deve continuamente essere oggetto della nostra manutenzione, della nostra attenzione e soprattutto non deve fare calare il nostro impegno. Ma qui voglio dirlo chiaramente: la prima forma di prevenzione, oltre alle norme, è quella generale della parità; la prima forma di prevenzione riguarda la capacità di un Paese di mettere in campo iniziative che valorizzino le capacità delle donne, che le liberano dagli ostacoli. Senza uguaglianza, c'è spazio solo per la violenza. La violenza contro le donne infatti non riguarda solo la sfera privata, ma soprattutto la sfera pubblica ed è questo di cui deve farsi carico la nostra istituzione, il nostro Parlamento e il nostro Governo, se è vero come è vero che un milione e 400.000 sono le donne che hanno subito le molestie fisiche o ricatti sessuali sul posto di lavoro da parte di un collega o del datore del lavoro, senza calcolare appunto i numerosi episodi di sessismo che permeano la vita delle donne, la scelta delle aziende di assumere più uomini che donne, il divario salariale tra uomo e donna, l'incessante prova delle donne per dimostrare la propria competenza, il carico di lavoro della cura, sempre e solo quasi esclusivamente a carico delle donne, le immagini pubblicitarie che ormai ci siamo abituati ad accettare, cose inaccettabili che schiacciano le donne sugli stereotipi. Il gender gap equivale a dire violenze, ce lo dice la World Health Organization, che dice che laddove il gender gap è maggiore, maggiore è la violenza sulle donne.

E anche in quest'Aula oggi lo abbiamo ribadito più volte: la violenza sta dove spesso le donne non hanno strumenti economici e le stesse possibilità degli uomini di costruire un percorso di vita di autodeterminazione, autonomo. Fin quando non ci sarà la piena uguaglianza nella società, nell'economia e nella cultura, non avremo la possibilità di combattere adeguatamente la violenza.

E poi ci sono le parole, le parole di odio, il linguaggio dell'odio, in cui la politica - va detto - non dà buona prova di sé; voglio ricordare quello che accade anche in Inghilterra, un Paese che certo, dal punto di vista della promozione dei diritti delle donne, è stato tra i primi Paesi in Europa ad adottare il voto delle donne: ben 18 parlamentari hanno deciso di non ricandidarsi per le parole d'odio, per un linguaggio e per le minacce ricevute. Vogliamo ricordare l'assassinio di Jo Cox? Vogliamo ricordare quello che è accaduto qui, in Italia, qualche settimana fa e l'indegno primato che ha l'Italia riguardo a quello che è successo alla senatrice Liliana Segre (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)? Siamo il primo Paese che costringe una sopravvissuta ad essere scortata.

L'odio sul web, che rischia di spostarsi sulla vita reale, nella vita reale e non può più essere sottovalutato o giustificato, come qualcuno prova a fare dietro l'insopportabile strumentalizzazione della libertà di opinione: la libertà di opinione non c'entra niente. Quello contro le donne è l'espressione di un pensiero che attribuisce ruoli e capacità diverse a uomini e donne sulla base del genere e noi non possiamo accettarlo.

E, ancora, in termini di parole: parole inappropriate, è stato detto più volte oggi, le parole inappropriate che ancora dobbiamo leggere o ascoltare nelle sentenze, quando si parla di raptus, di tempesta emotiva e le parole che ci fanno i tristi resoconti, le cronache delle morti, rispetto alle tante vittime, ancora troppe, inaccettabili di violenza.

Queste mozioni quindi sono un passo importante, cui dovranno seguirne altri che dovranno vederci tutti assieme, non solo qui in Aula. È una piaga comune: è perciò che tutti e tutte, uomini e donne di questo Parlamento, dobbiamo occuparcene e nessuno si può voltare.

La violenza non è estranea, vive in mezzo a noi, nei vicini di casa, tra gli amici insospettabili, tra i genitori dei compagni di scuola dei nostri figli, è profondamente radicata nella cultura del nostro Paese, nessuno ne è immune, nessuno può voltare le spalle.

E, purtroppo, invece proprio questo fatto dell'essere comune ha portato ad una sorta di assuefazione nei confronti di un'immagine femminile umiliata, brutalizzata e priva di alcuna dignità. Ecco, questa è una parola che ci piace, la dignità, una parola chiave cui siamo chiamati a rispondere in questo tempo, perché le ragioni profonde che hanno portato ad una crisi senza precedenti nelle nostre istituzioni, nella politica risiedono nel costante non riconoscimento di una piena cittadinanza delle donne di questo Paese, non in quanto minoranza o soggetto debole, ma in quanto soggetto costitutivo, almeno al 50 per cento, del genere umano. In nome di questo, insieme, al di là degli schieramenti politici, siamo chiamati oggi non solo ad approvare queste mozioni, ma qualcosa che va ben oltre il rito parlamentare.

Con il voto di oggi vorrei che sancissimo un atto di importante promozione di una nuova cultura del rispetto, coerente con il nostro impianto costituzionale, ma soprattutto noi vorremmo dedicarlo alle bambine, alle donne di domani, a cui qualcuno ancora oggi si permette di dire che la fisica non è un mestiere per donne (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) e che invece hanno il diritto di vivere libere e di decidere il proprio progetto di vita (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Congratulazioni).