Signor Presidente, signora Ministra, colleghe e colleghi, non è solo per l'avvicinarsi dell'8 marzo, che pure è una data simbolica, e anche i simboli hanno la loro importanza, ma perché con questa mozione semplicemente proseguiamo un cammino, un impegno iniziato molti anni fa in quest'Aula grazie al lavoro di tante donne, di tante parlamentari; e anche perché, come ricordavano molte colleghe, anche passi avanti sono stati fatti in termini di avvicinamento alla parità di genere, sulla questione dei generi, sul divario tra uomini e donne, con diversi provvedimenti, lo avete già ricordato, sia a livello europeo che all'interno di questo stesso Parlamento in termini di parità di genere, sulla violenza di genere, non li ripeterò, sul tema delle norme di rappresentanza, in tema di maternità e di conciliazione.
Questo, lo voglio sottolineare, grazie al lavoro corale delle donne, all'opera collettiva che sanno mettere in campo quando è tempo, alla capacità di superare anche divergenze di opinione per poter rappresentare al meglio le donne che stanno fuori e che vivono la vita quotidiana, la capacità di connettersi anche con loro. E tuttavia - lo avete ricordato tutte - ci sono molti passi ancora da fare, molti nodi da sciogliere.
Non voglio citare molti dati, li avete ricordati, sono molto preziosi, sono nella stessa mozione. Uno è che certamente noi siamo un Paese che in tema di gap gender si trova in una posizione piuttosto scomoda, siamo settantaseiesimi su 153 Paesi, forse basta questo, e le ragioni per cui siamo qui (lo avete ricordato): la scarsa rappresentanza femminile nei ruoli emergenti, soprattutto la disparità lavorativa, e dunque retributiva. Lo cito perché, al di là dei dati che avete ricordato in termini di occupazione femminile, del fatto che sono soprattutto le giovani a subire la disoccupazione, del fatto che la situazione peggiora quando si fanno i figli, e quindi si devono conciliare i tempi, di come quanto questo sia difficile, avete ricordato che una donna su tre è impiegata nel part time sicuramente perché non ha altre alternative.
Ma questa mozione è anche un'occasione per soffermarsi su alcune questioni e ragionare per costruire una proposta anche complessiva. Il tema della questione della parità salariale, del divario, dei livelli di occupazione e di attuazione di questo divario, che diventa, lo voglio anche ricordare, un divario pensionistico e che deriva dal fatto che è frutto della disparità che le donne accumulano sul lavoro durante la loro carriera. Lo sappiamo perché: hanno lunghi periodi lontano dal mercato del lavoro. E forse val la pena anche ripensare quando si parla di differenziali retributivi, perché, è vero, rimane fortissimo il divario, ma spesso questo divario sta nel sistema di classificazione e di inquadramento del personale, e quindi occorrerebbero delle strategie mirate a superare quella che potremmo definire una segregazione orizzontale e verticale delle mansioni e nei settori tipicamente femminili, così come nella progressione di carriera.
Quindi bisogna forse lavorare su una definizione più innovativa di differenziale retributivo, così come una valutazione professionale non discriminatoria deve basarsi su nuovi sistemi di classificazione e di inquadramento del personale, di organizzazione diversa del lavoro, di diversa idea di produttività, intesa piuttosto come qualità, che quindi determina la retribuzione.
Per questo è importante e sarebbe importante - ma questa è una questione che abbiamo anche affrontato - sostenere in modo più importante e incisivo gli organismi di parità che dovrebbero essere proprio i formatori di quelle parti sociali che poi vanno alla contrattazione nel caso della retribuzione, ma degli avvocati, dei difensori civici, perché ci sono delle condizioni di lavoro che non sono primarie, ma sono secondarie. Penso al regime dei congedi in caso di maternità, ma non solo, anche pensionistici; al tema della maternità, di nuovo, e della conciliazione. E qui ritorno a questa questione della conciliazione, perché è difficile separare per le donne il tempo del lavoro dal tempo del non lavoro, perché per le donne il tempo del non lavoro in realtà è dedicato al lavoro di cura e al lavoro domestico, per cui la stessa nozione di lavoro di cura è quasi sconosciuta nel nostro Paese, non è riconosciuta, perché da noi conta moltissimo il lavoro non pagato e non retribuito.
Se dovessimo considerarlo, forse dovremmo cambiare molte pratiche e molte politiche. E quindi direi che, più che di conciliazione, forse dovremmo cominciare a parlare di condivisione e di redistribuzione dei ruoli tra i generi; e quindi, per ottenere dei veri cambiamenti, è necessario riequilibrare la presenza nei luoghi decisionali, per far questo o una parte solo di quello che ho ricordato, nelle amministrazioni locali, nei consigli di amministrazione o nel Parlamento. Insomma, si tratta di pensare ad una rappresentanza davvero paritaria. Vengo velocemente - sto concludendo - all'ultimo punto. In realtà avrei molte cose da dire sul tema della violenza di genere. Voglio ricordare che soprattutto nella scorsa legislatura il lavoro delle donne ha portato a dei passaggi fondamentali. Ne cito uno, la Convenzione di Istanbul, da cui ne sono discesi molti altri - il nostro è stato uno dei primi Paesi a ratificarla -, o successivi provvedimenti, che non cito tutti. Ricordo l'ultimo con cui abbiamo chiuso la XVII legislatura, cioè la legge n. 4 del 2018 a favore degli orfani dei femminicidi. Quindi le norme ci sono. Si tratta di fare un'operazione che è culturale, perché le norme ci sono e, tuttavia, continuano le vittime di femminicidio. Allora si tratta di cambiare una cultura che si alimenta e vive in una cultura discriminante nei confronti delle donne, fondata su stereotipi, ruoli di genere, valori, credenze che sostengono le gerarchie di potere tra uomini e donne e mettono le donne in posizione subordinata. È un lungo lavoro da fare e questa mozione è anche un'occasione per ritornarci.