Discussione sulle linee generali
Data: 
Martedì, 3 Marzo, 2020
Nome: 
Rosa Maria Di Giorgi

Grazie, Presidente. Ringrazio anch'io la collega Boldrini e tutte le colleghe che hanno voluto ricordare in questa occasione, ancora una volta, l'8 marzo.

La nostra mozione si inquadra in un contesto abbastanza consolidato, tragicamente: quello di una situazione di sofferenza delle donne italiane, ma non solo; una situazione di sofferenza e di ineguaglianza che interessa le donne in ogni parte del mondo, con picchi di violenze e di oscurantismo culturale ancora assolutamente intollerabili.

La celebrazione di questa giornata dell'8 marzo, naturalmente, continua ad avere senso, molto senso, in questi anni in cui si possono individuare, senza poter essere smentiti, elementi di un certo regresso nella cultura e nella modalità di affrontare la questione femminile. Parlo di questione femminile perché proprio di una questione ancora si tratta, una questione spinosa, perché è drammatica, grave, ancora e ancora, anche nel nostro Paese.

Parlerò di quote rosa, senza temere il giudizio di coloro che non le vogliono e che parlano ancora di movimento dei panda, che noia, soprattutto quando lo sentiamo dalle stesse donne che si sentono emancipate. Anche per loro, che non si rendono conto, continueremo la nostra battaglia sulle quote rosa: sì, le quote rosa, necessarie, sempre più necessarie via via che cresce la competenza delle donne.

In questo senso, apprezzo il Presidente del Consiglio Conte, che si è impegnato con noi donne dell'intergruppo della Camera a tenere in considerazione le candidature femminili per le prossime importanti nomine. La stessa cosa dovremo fare all'interno dei nostri partiti e gruppi parlamentari, perché finalmente ci sia equità e cambi il trend consolidato di eleggere o nominare sempre e quasi sempre soltanto uomini.

Si alza ancora forte, in Italia e nel mondo, il grido delle donne, che, a tutt'oggi, nel 2020, sono violentate in senso fisico e in senso culturale.

Signor Presidente, da oltre trent'anni, purtroppo, per certi versi, ma comunque da oltre trent'anni intervengo su queste questioni nei vari ambiti di riferimento - mi è capitato di fare l'amministratore nel movimento delle donne, eccetera - perché ho sempre seguito fin dalla mia giovane età la condizione della donna nel nostro Paese e non solo. Sono tra coloro che hanno combattuto tutte le battaglie delle donne - ne hanno parlato le colleghe in questo pomeriggio - dell'ultimo trentennio. Io l'ho fatto con convinzione e l'ho fatto perché era giusto farlo, certe volte con rabbia, l'ho fatto con la voglia di lasciare un mondo diverso a mia figlia, l'ho fatto con l'idea che fosse necessario che tutti si impegnassero contro la cultura dominante, una cultura che ci voleva ancora relegare in ruoli che non sono più sopportabili, soprattutto per una donna moderna e per tutte le ragazze che siedono qui in questo Parlamento.

Le donne, più sono consapevoli, più si attrezzano per opporsi alle palesi diseguaglianze di cui sono vittima, nonostante un apparato normativo ormai abbastanza evoluto nel nostro Paese, perché questo, signor Ministro, insomma, lo dobbiamo ammettere: abbiamo delle leggi, sono state tutte citate e non sto a ripercorrerle. E, quindi, noi abbiamo un compito forte, che è quello un po' di leader, sediamo in questo Parlamento anche per questo; quindi, leader che devono essere le donne che hanno avuto opportunità, anche perché in un contesto sociale e familiare favorevole; quindi, persone che non esito a definire fortunate per certi versi rispetto a tante altre, persone che hanno potuto studiare, lavorare, e che hanno l'opportunità di essere considerate ed ascoltate.

Quindi, per questo abbiamo un compito forte, noi, ed è per questo che è giustissimo parlare di queste cose oggi, in occasione dell'8 marzo, ma non solo, perché tutte le leggi che facciamo dobbiamo pensarle e impostarle in una logica che dia spazio e che sia pensata a misura di donna. È un po' questa la sfida che ci viene posta oggi.

Abbiamo creato da sempre movimenti, abbiamo riempito le piazze, abbiamo fatto le battaglie epocali, però io mi chiedo: a questo punto della mia vita, della vita di tante come me, quanto tutto questo è servito? Noi abbiamo fatto di tutto e abbiamo portato ad avere queste leggi, che esistono e sono delle realtà nel nostro Paese, ma, se questo è ciò che è successo - abbiamo leggi che proteggono le donne, leggi che riconoscono i loro diritti su tutti i fronti, abbiamo fatto passi da gigante sulle questioni relative ai diritti civili, e a livello nazionale e a livello locale (regioni, comuni), abbiamo sviluppato, ancora con troppe differenze a livello territoriale, purtroppo, ma comunque servizi necessari che possono essere di supporto alla famiglia e che possono garantire alle donne la libertà -, ma questa libertà è davvero garantita? Non direi, non direi proprio.

La libertà è la libertà di poter lavorare: una condizione essenziale e non negoziabile mai. Ce l'hanno le donne? Non credo. Libertà nella relazione matura con il compagno, libertà che vuole essere, comunque, qualcosa che non trasformi queste donne in altro, questo è un altro punto importante, secondo me. La libertà significa anche mantenersi donne, come vogliamo. Dobbiamo essere donne fino in fondo, donne con le proprie caratteristiche, donne in carriera -certamente, sì, la vogliamo la carriera - che hanno diritto di avere un mondo del lavoro più a loro misura, proprio perché le loro carriere siano possibili. Quanto abbiamo combattuto, tante di noi, per questo? Non vogliamo essere fotocopie sbiadite e infelici di maschi in carriera, loro sì, perché se lo possono consentire.

Allora, è proprio questo che, secondo me, ancora manca, ma manca nella nostra testa, nella cultura diffusa nel nostro Paese, nella cultura diffusa dell'Italia, un approccio culturale: è mancata la convinzione in molti e forse anche in tante donne, nelle nostre donne, che la società debba essere costruita a misura di uomini e donne diversi, ambedue davvero con funzioni simili, fuori e dentro casa. Così non sarà più la donna a doversi adattare a meccanismi costruiti per uomini disinteressati a famiglia e figli. Si può avere un'organizzazione diversa, basta esserne convinti e, quindi, costruirla e costruirla sempre in tutti i nostri provvedimenti.

Quindi, è necessario promuovere la conciliazione dei tempi di lavoro e dei tempi di cura non solo per le donne e allora avere pari opportunità significa essere messi nella condizione di poter avere ed esercitare tutti i diritti, anche quello di essere madre o padre e di stare ambedue vicino ai propri figli quando ce n'è bisogno. Basta con il senso di colpa vissuto solo dalle madri perché lo stereotipo a noi consegna questo ruolo; costruire un mondo diverso significa costruire un mondo in cui ci sia spazio - concludo, Presidente - per il sentimento materno e paterno per i figli che non deve essere qualcosa da nascondere ma un valore forte, un elemento fondante per l'equilibrio della società ma mai posto in alternativa all'affermazione della donna nel mondo del lavoro. Se però esaminiamo mestieri e professioni - le chiedo un attimo di pazienza - ecco che vediamo quanti insormontabili ostacoli soffocano le donne e quali e quanti siano i problemi che dovranno ancora essere superati. Certo io posso fare qualsiasi lavoro se sono una donna, non c'è dubbio……ma solo sulla carta. Se si pone il caso di dover andare all'estero naturalmente non siamo disponibili; se c'è bisogno di scegliere un direttore generale, si sceglierà un uomo probabilmente perché è molto più libero nel senso di libertà che dicevo prima. Allora questa trasformazione del mondo intorno alla donna, del mondo che noi vogliamo è una trasformazione che dobbiamo creare noi, che dobbiamo sicuramente portare avanti. Concludo, rispetto a questo credo che tutte le nostre battaglie siano assolutamente da portare avanti e da sostenere: anche l'impegno che il Governo attraverso la Ministra sta portando avanti con il nostro sostegno proprio perché è necessario che ci sia un cambio di cultura che poi non può che partire e avviarsi dalle scuole. I nostri ragazzi devono crescere in altro modo; i giovani di domani, i padri di domani, gli uomini, i mariti di domani dovranno essere persone diverse perché la libertà è la libertà di tutti e, se questo non succede, è evidente che non potremmo pensare ad un mondo come lo immaginiamo, come tanti di noi l'hanno immaginato negli anni e come voi più giovani meritate di avere, grazie.