Dichiarazione di voto
Data: 
Giovedì, 4 Giugno, 2015
Nome: 
Romina Mura

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Signora Presidente, Governo, colleghe e colleghi. Con la discussione generale di alcuni giorni fa abbiamo avuto modo di approfondire e condividere i tratti salienti della questione Sardegna, rispetto a cui Francesco Pigliaru, presidente della nostra Regione, e Matteo Renzi, il nostro Presidente del Consiglio, hanno convenuto di avviare a partire dal prossimo settembre un tavolo, un percorso di lavoro che conduca alla soluzione strutturale e definitiva delle vertenze storiche che determina lo storico e insieme l'attuale stato di difficoltà della Sardegna, in modo che la Sardegna possa rappresentare, non diversamente dal Mezzogiorno, uno dei laboratori dell'Italia che cambia e dell'Italia che rialza la testa. Si tratta di un tassello fondamentale rispetto alla grande operazione portata avanti dal Governo e dal Partito Democratico per far mutare pelle al paese, dopo decenni di assoluto immobilismo. La Sardegna e il Mezzogiorno possono rappresentare lo spazio territoriale e istituzionale intorno ai quali costruire l'altro paese che abbiamo in mente, quello in cui siano ridotte le distanze, anche fisiche, come ci chiede l'Europa, e moltiplicate le opportunità. Un altro paese che tragga nuova forza e competitività dalle peculiarità territoriali e identitarie. Un altro paese che investa convintamente su quelle regioni che per condizioni geografiche e storiche, ma anche per errori di visione delle classi dirigenti che si sono avvicendate, sono rimaste ferme, spesso retrocesse, rispetto alle potenzialità che avrebbero potuto esprimere. Penalizzate e retrocesse quanto a sviluppo e qualità della vita, non certo quanto a prove di solidarietà e disponibilità in nome dell'interesse nazionale. Mi sovviene al riguardo il ruolo differente e qualificante per un grande paese civile quale è il nostro, che le nostre regioni meridionali, Sardegna compresa, stanno avendo rispetto alle politiche di accoglienza, di donne e uomini provenienti da zone di guerra o di profonda povertà che arrivano nei nostri paesi e nelle nostre città, attraverso il Mediterraneo. 
Care colleghe e cari colleghi, come sottolineato bene nel corso della discussione generale, la Sardegna oggi non pretende, tantomeno chiede sommessamente di essere ascoltata, di essere promossa a priorità dell'agenda politica di questo Paese, piuttosto si propone come potenzialità da non disperdere e da valorizzare, come insieme di fattori produttivi da mettere in rete, come valore aggiunto per la crescita dell'intero Paese, come elemento di coesione nazionale, come contesto territoriale di sperimentazione di un nuovo concetto di politiche pubbliche, quelle per le quali nessun territorio, a maggior ragione se periferico e debole, può essere mortificato o marginalizzato. Con queste valenze positive la Sardegna si candida a essere una leva della ripresa italiana con l'ambizione di contribuire a riscrivere e diffondere un rinnovato paradigma della crescita e della competitività. Accetta con coraggio e determinazione la sfida del cambiamento puntando su due fra le peculiarità che la contraddistinguono maggiormente: la specialità della sua autonomia, specialità riconosciuta quasi settant'anni fa che oggi più che mai ha senso di esistere e resistere, specialità che non è privilegio, ricordo a proposito che la mia regione già da anni sostiene totalmente i costi relativi alla sanità, quelli relativi al trasporto pubblico locale e quelli relativi alla continuità territoriale e aerea. Ricordo ancora che fra le regioni italiane la Sardegna è stata la prima fra quelle ad autonomia differenziata ad adottare, sulla base di un accordo con il Governo, la regola del pareggio di bilancio, in luogo dei vincoli del Patto di stabilità, a dimostrazione della piena consapevolezza circa la maggiore responsabilità che deriva dall'essere una regione ad autonomia speciale. 
L'insularità, l'insularità è un'altra peculiarità con cui noi vogliamo giocare la partita del cambiamento, un'isola al centro del Mediterraneo che potrebbe rappresentare, se l'Italia e il nostro Governo ci crederanno come stanno dimostrando, una delle maggiori opportunità per un Paese come il nostro che a più riprese ha detto e dimostrato di credere nella prospettiva delle politiche euromediterranee, la forza e l'incidenza delle quali potrà determinare un effettivo e definitivo cambio di rotta delle politiche dell'Europa continentale in un quadro geografico in cui il Mediterraneo rappresenti anche politicamente e da un punto di vista istituzionale un importante e riconosciuto termine di relazione e di scambio, perché quest'isola, in mezzo al Mediterraneo, può consentire all'Italia intera di eccellere e quindi esprimere maggiore competitività nel mercato. 
Penso ad esempio – solo uno fra i tanti – ai servizi logistici e non a caso parlo di logistica, la logistica che a livello nazionale vale circa 200 miliardi di euro, il 13 per cento del PIL, con 1 milione di addetti coinvolti, la logistica che in un quadro infrastrutturale e di servizi definita e sostenibile potrebbe rappresentare la specializzazione produttiva della Sardegna, la Sardegna che potrebbe in tal modo diventare il nodo strategico dei collegamenti fra il nord-Italia e il nord-Europa con i Paesi della sponda sud del Mediterraneo, per capirci il punto di connessione fra la Lombardia e la Tunisia, o fra la Baviera e il Marocco. Ecco la nostra ambizione euro-mediterranea, stiamo pensando alla Sardegna, sì è vero, ma lo facciamo avendo in testa e a cuore il Paese intero, perché giusto per dare qualche numero rispetto alle attuali difficoltà del comparto della logistica, sappiamo che la logistica costa alle aziende circa 12 milioni all'anno, l'11 per cento in più rispetto alla media europea. Se invece andiamo a vedere quelle che sono le principali potenzialità del Mediterraneo......dimostrando la convenienza di investire sulla costruzione di reti e soggetti territoriali che nel Mediterraneo possano diventare protagonisti. A questo riguardo constatiamo che attualmente nel Mediterraneo transita il 19 per cento dell'intero traffico mondiale e circa l'80 per cento dei porti nello stesso presenti hanno un rilievo internazionale, l'interscambio commerciale dell'Italia con l'area mediterranea nel 2013 ha raggiunto 55 miliardi di euro con un incremento del 64,4 per cento rispetto al 2001, il 70 per cento delle merci scambiate dall'Italia con l'area mediterranea si spostano via mare e si stima che nel 2020 la sponda sud rappresenterà un mercato potenziale di 525 milioni di persone. Queste grandezze numeriche percentuali non necessitano di molti commenti.
È la geografia, il nostro essere isola, rispetto a cui, anche a causa nostra, sono stati rimarcati, troppo spesso ed esclusivamente, gli impatti negativi, che pure esistono e permangono. L'insularità costa ai sardi 1 miliardo e 100 milioni. Il nostro essere isola ci rende, però, naturalmente disponibili e pronti a diventare una grande piattaforma logistica, nodo strategico di connessione fra la sponda sud del Mediterraneo e l'Europa continentale, contesto territoriale cui può prendere forma un progetto di sviluppo territoriale integrato, che coniughi la naturale posizione geografica con alcune vocazioni territoriali a forte valore aggiunto. Penso, tra le altre, al turismo, all'agroalimentare, ma anche all’information technology, alla nautica da diporto e alla presenza di importanti e attrezzate aree industriali. 
Ecco, allora, il senso della nostra mozione, ecco il contributo che come gruppo del Partito Democratico abbiamo provato a dare, rinnovando, con questo dibattito, l'attenzione sulla questione Sardegna, per fare della Sardegna un nodo strategico di connessione fra la sponda sud del Mediterraneo e l'Europa continentale. Ma per fare questo occorre, ovviamente, creare delle condizioni di contesto e, quindi, lavorare affinché siano potenziati e infrastrutturati quelli che sono i naturali e numerosi corridoi fisici ubicati in Sardegna. 
A proposito, non possiamo ritenere soddisfacente l'attuale livello di coinvolgimento della Sardegna nella rete TEN-T, che mette insieme i principali corridoi di scambio europei, considerato che solo la città di Cagliari, come porto core, risulta inserito nella rete. Da ciò discenderebbe che la Sardegna potrebbe essere costretta a rinunciare, se non interverranno significative modifiche, al grosso delle risorse europee, 26 miliardi di euro, destinate, per il periodo di programmazione 2014-2020, alla realizzazione di opere infrastrutturali di trasporto. 
Così come auspichiamo un'evoluzione dell'attuale modello di continuità territoriale e marittima attraverso apposito intervento legislativo. Proponiamo che si acceleri ulteriormente con l'attuazione dell'articolo 8 dello statuto sardo per la restituzione delle risorse finanziarie di cui la Sardegna ancora risulta creditrice. Proponiamo che la Sardegna diventi laboratorio per la sperimentazione di nuove fonti energetiche – fra queste il GNL – anche costose a minor impatto ambientare. Infine, chiediamo, con l'autorevolezza che ci deriva anche dall'essere una regione ad autonomia speciale, la restituzione alle prerogative di governo della Sardegna di parte del territorio oggi soggetto alle servitù militari. Non vogliamo sottrarci ai nostri doveri in materia di difesa, ma vorremmo farlo solo per la parte che ci compete.  Con questo spirito – e mi avvio a concludere – vogliamo partecipare a cambiare il Paese, di cui ci sentiamo parte e a cui mai abbiamo negato la nostra solidarietà e il nostro apporto, con la consapevolezza, come diceva Emilio Lussu, «che il popolo sardo ha da rivelare qualcosa a se stesso e agli altri di profondamente umano e nuovo». 
Per questa e per tutte le altre ragioni sottoposte all'attenzione del Parlamento, preannunzio il voto favorevole del Partito Democratico rispetto al testo di mozione riformulato dal Governo.