Discussione generale
Data: 
Venerdì, 1 Marzo, 2024
Nome: 
Roberto Morassut

A.C. 41​-96​-195​-411​-412​-526​-529​-578​-634​-684​-686​-697​-718​-865​-874​-892​-985​-1030​-1218​-1258​-1265​-1398​-1413​-1483

Grazie, Presidente. Noi abbiamo affrontato questa discussione sul nuovo codice della strada nella speranza e anche con l'obiettivo di arrivare a un risultato che affrontasse il tema del governo della rete stradale e dell'uso delle reti stradali con una filosofia di fondo, cioè che avesse la possibilità di incidere su cambiamenti sostanziali che, ormai, sono necessari per i cambiamenti che si sono prodotti nel modo di utilizzare le reti stradali e dei protagonisti che ormai sono proprietari dello spazio pubblico della strada.

Invece, ci siamo trovati di fronte ad una proposta che posso definire, senza offesa, minimale, per certi aspetti banale, proposta dal Governo, che dà qualche pennellata, qualche modifica normativa, qualche inasprimento, neanche troppo centrato, anche se giusto in alcuni casi, delle norme punitive, amministrative o penali, in particolare quelle che sono state qui ricordate dai relatori sull'uso dell'alcol e della droga, giuste, ma parziali, minimali e non sufficienti per colpire e reprimere anche il distorto uso dei mezzi, in particolare dell'automobile. Abbiamo affrontato quindi questa discussione cercando di introdurre una filosofia, un punto di vista alternativo, che potesse in qualche maniera affrontare il punto di fondo e cioè il fatto che il codice della strada non è il codice delle automobili e che occorre contrastare la dittatura dell'automobile, il suo uso eccessivo, il suo uso distorto, il suo uso arrogante nei confronti di altri utenti della rete stradale, che sono fragili, indifesi e alla mercé di mezzi che sono - se usati male - delle armi. Tanto è vero che le statistiche sono, da questo punto di vista, incontestabili e incontestate. Si muore sulla strada per quello che noi definiamo “omicidio stradale”, non per incidenti, e la diversità verbale è sostanziale perché, quando si sale su una vettura, bisogna sempre sapere che ci si mette dentro un qualcosa che può essere un'arma in ogni momento, se usata male. Le statistiche ci dicono che la gran parte delle morti sulla strada sono per eccesso di velocità: certo c'è l'uso distorto, legato anche all'uso di sostanze stupefacenti; adesso, nel tempo più recente, è cresciuto anche l'uso distorto legato alla tecnologia manuale, cioè ai telefonini, e così via dicendo, anche se con riguardo al codice della strada - lo dirà con più dettagli il collega Casu nel suo intervento - non abbiamo capito perché il Governo ha dato parere contrario su alcuni emendamenti dell'opposizione e del Partito Democratico, che ponevano proprio questa questione. Perché aumentare le sanzioni penali per l'uso di alcol e stupefacenti e non per esempio per chi, mentre guida, fa una diretta social? Perché questa contrarietà? Questo non l'abbiamo capito, è abbastanza incomprensibile, fa trasparire quasi il senso di un uso securitario anche quando si tratta di punire la mala guida, mentre magari, se uno sta al telefonino, perché sta lavorando o sta facendo una diretta social, il trattamento è diverso: questo ce lo dovete spiegare, non ho sentito spiegazioni chiare e attinenti su questo aspetto, che possano in qualche maniera dare delle giustificazioni chiare. Comunque voglio partire da un paragone che può sembrare surreale ma non lo è: qui poco fa, c'erano i ragazzi di Palombara Sabina - non so se fosse un liceo -; i ragazzi presenti ora sono di Avellino, forse sono di una scuola media, ma arriveranno ad imparare quello che sto per dire. Molti ricordano il paradosso di Achille e la tartaruga: era un paradosso che il filosofo Zenone di Elea - spero di non sbagliare perché erano tanti gli Zenone; mi corregga se sbaglio - illustrò nella Grecia antica: Achille e la tartaruga fanno una gara, la tartaruga ha un vantaggio, ma anche se Achille naturalmente è più veloce, non raggiungerà mai la tartaruga perché, nel momento in cui avrà coperto quella distanza, la tartaruga avrà fatto un altro pezzetto di strada e così via all'infinito. Che c'entra questo paragone un po' surreale (non è onirico)? In quell'epoca antica, si voleva sostanzialmente fermare il tempo, dimostrare che c'è una fissità del tempo e che al centro c'è l'eternità dell'uomo e del suo pensiero. Poi l'arrivo di una civiltà dominata dalla merce che cosa ha comportato? Ha comportato un assioma: tempo è uguale ad efficienza, quindi bisogna correre, bisogna cambiare le situazioni, bisogna muoversi e, da allora, il dominio della merce ha prodotto questo e noi siamo ancora dentro questa civiltà. Non dobbiamo tornare ad Achille e la tartaruga, però in qualche maniera, bisogna tornare a rimettere al centro l'uomo, la persona, anche perché oggi le nuove tecnologie contengono la possibilità di spostarci e di spostarci velocemente. Questo assioma che correre è uguale ad efficienza va un po' rimesso in discussione. Per questo, noi nella discussione abbiamo cercato di portare dentro - devo dire senza grandi risultati, ma il tema lo lasceremo vivere e tenteremo di portarlo al centro della discussione del Parlamento - la questione delle città a 30 chilometri orari, che non vuol dire andare dappertutto in città e nei centri urbani a 30 chilometri orari, ma vuol dire rispettare, con quel limite di velocità, la vita che si svolge nei centri urbani, nelle zone residenziali, dove la gente va anche a piedi e dove una persona fragile o un anziano non debba essere costretto a rimanere dentro casa, ma possa essere indotto ed incoraggiato, magari con un accompagnamento, ad uscire di casa, a fare una vita sociale, a mantenere un rapporto civile con il mondo, a uscire dal portone di casa e a camminare, ed essere anche lui proprietario della strada e dello spazio pubblico, senza avere il timore, o addirittura l'incubo, di essere travolto da un automezzo. Questo è un fatto di grande civiltà e noi abbiamo cercato di introdurre questa filosofia nelle zone residenziali, nelle zone scolastiche, addirittura cercando di introdurre delle categorie nuove nel codice della strada, come quella di strada residenziale o di zona residenziale, o di strada scolastica o di zona scolastica che oggi non esistono nel codice della strada, proprio per individuare delle realtà, delle situazioni e dei momenti della vita urbana che non sono travolti dall'incubo e dall'ideologia della velocità. Questo è molto importante perché cambia completamente la visione e l'idea dello spazio pubblico che in Italia è sempre stato umiliato. Diciamoci la verità: lo spazio pubblico comunitario, le piazze e le strade dove le persone si incontrano sono dei luoghi costretti, sono dei luoghi umiliati, perché le nostre città sono cresciute purtroppo, in particolare nel dopoguerra, con un grande dominio della rendita edilizia, che ha naturalmente consumato suolo, che ha impegnato tanto territorio. Anche le strade, che sono i nervi e le vene di un organismo urbano, sono piccole, spesse volte sono strette e sono dominate dall'automobile; noi invece dobbiamo farle diventare sempre più delle realtà dove queste tracce - le chiamo così - possano essere plurali, dove si possa andare in bicicletta, dove si possa andare a piedi senza pericoli, dove i mezzi pubblici possano transitare - loro sì - aumentando la velocità commerciale. Qui c'è anche il grande tema del trasporto pubblico locale e anche su questo interverrà il collega Casu. Apro questa parentesi: il trasporto pubblico locale, non quello del mezzo privato che è stato un grande motore dello sviluppo economico italiano - così come lo è stato nell'edilizia quindi poi alla fine tutto si spiega -, sta crollando dopo il COVID, ne abbiamo discusso in Commissione, si sta sgretolando la rete delle imprese pubbliche - quasi non se ne parla in Italia ma questo è un gravissimo dramma -, mentre noi abbiamo bisogno di rimetterlo al centro della vita urbana, di farlo camminare più velocemente, di renderlo più appetibile, ovviamente più velocemente, nei limiti dell'uso che si fa del trasporto pubblico locale, e consentire a questa dimensione della vita urbana di esistere, se non meglio, al pari dell'uso del mezzo privato. Per questo, il tema che poniamo è trovare un corpo di norme che cominci a mettere in discussione questa dittatura dell'automobile.

In questa direzione noi ci siamo mossi e non abbiamo capito tante cose all'interno della proposta che il Governo ha avanzato. Non abbiamo capito tante cose, per esempio perché attraverso l'uso della tecnologia, che oggi consente di risolvere tanti problemi attraverso le magie che ci offre e che sempre corre e che già si incammina verso spazi incredibili, non è stato risolto un problema semplicissimo che è quello degli angoli ciechi. Che cosa sono gli angoli ciechi? Sono quei punti di visuale che non possono essere intercettati dalla vista di chi guida un'automobile - banalizzo il tema per essere comprensivo verso chi leggerà forse questi verbali - e non possono essere colti dall'occhio umano, attraverso la vista dello specchietto retrovisore, perché c'è sempre un punto dietro che non può essere guardato e dove magari ci può essere un pedone, un ciclista o uno su una motocicletta che viene travolto, perché può essere colto da un cambio di direzione o può essere investito da un cambio di direzione. Era molto semplice risolvere questo problema attraverso la tecnologia. Non sto a dirlo e non entro nel merito, ma si può capire benissimo.

Ebbene, questa nostra questione, che noi abbiamo posto e proposto, non è stata accolta nell'insieme degli emendamenti dalla maggioranza. Perché? Perché costa troppo. Costa troppo: ma, allora, le innovazioni come le facciamo? Come inseriamo degli elementi effettivi di modifica dell'uso delle strade e di sicurezza? Io pongo questa domanda: è sufficiente rendere più sicure le strade soltanto - e noi siamo d'accordo, premesso questo - colpendo chi fa eccessivo uso di alcol o addirittura fa uso di stupefacenti? Non basta, non è sufficiente, perché le statistiche ci dicono che è molto più grande il problema e che l'eccesso di velocità è forse il principale responsabile delle morti su strada ma anche i limiti che la tecnologia oggi mette a disposizione con gli attuali sistemi di guida e di controllo dei mezzi per evitare che vi siano collisioni, che vi siano investimenti, che vi siano situazioni che possono portare a gravi ferimenti o alla morte delle persone. Questo è stato il nostro punto di dissenso fortissimo rispetto a questo provvedimento.

Poi, ce n'è un altro che ci ha sorpreso, cioè la limitazione dell'autonomia dei comuni. Di fronte a un Ministro, il Ministro Salvini, che è al tempo stesso il capo di un partito come la Lega, che sempre si è spesa, che sempre si è caratterizzata - devo dire ideologicamente, così esternamente, ma alla fine mai nella sostanza - per essere portatrice di una visione autonomistica dei comuni, dei territori e di protesta contro il centralismo dello Stato, addirittura arrivando a proporre - ma qui non allargo il tema - un provvedimento come quello dell'autonomia differenziata, che è un provvedimento evidente di disgregazione del Paese, che premia le zone più forti contro quelle più deboli, si propone nel codice della strada una linea centralistica, di controllo totale del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti su che cosa? Intanto sulla gestione delle zone a traffico limitato, sulla gestione della limitazione del traffico, sulle zone di sosta riservata e anche sui meccanismi di tecnologia che possono essere installati per controllare l'accesso alle zone di limitazione del traffico. Farà tutto il Ministero: farà i regolamenti, farà le norme, deciderà pure quali sono le tecnologie che si debbono installare, quindi anche, da questo punto di vista, i rapporti con le imprese che dovranno fare questo e i comuni vengono spogliati di questa precipua funzione che spetta loro, perché sono loro, i comuni, che debbono gestire, nei territori, la varietà delle situazioni anche rispetto a come cambia il clima, ai mutamenti meteorologici, a come cambiano i sistemi di circolazione e i flussi del traffico.

Ma che gli vogliamo far fare allora ai comuni? Qual è l'autonomia che dobbiamo lasciare ai comuni? È stato veramente incredibile assistere a questa capriola che la Lega e la maggioranza hanno fatto in questo provvedimento, nella discussione di questo provvedimento. È veramente sorprendente e credo che questo elemento avrà delle conseguenze e sta già avendo delle conseguenze nelle proteste dei comuni. Ieri c'è stata un'iniziativa che ha coinvolto tantissimi comuni proprio sul tema delle Città 30 e anche su questo punto. Si tratta di comuni che non sono solo di centrosinistra; sono comuni anche di centrodestra, perché quando si governa un territorio, si governa un comune, si governa un'amministrazione locale i problemi non è che cambiano per certi aspetti. Non c'è l'ideologia che li differenzia. Nei comuni gli amministratori affrontano gli stessi problemi e ciò, da questo punto di vista, non ha confini politici. Questa cosa ci ha abbastanza sorpreso e credo che la nostra insistenza sulla battaglia in ordine a Città 30 sarà un'insistenza non di partito e non di parte, ma sarà un'insistenza proprio legata alla necessità di imporre - imporre si fa per dire, ovviamente; si fa sul piano politico - un punto di vista diverso, un'idea diversa di città. Questa è la questione fondamentale: un'idea diversa di città, che sia più comunitaria, più libera e se posso dire, usando un termine che non ha parti politiche, più democratica, più aperta, perché si possano usare le piazze, le strade, gli spazi pubblici in maniera più sicura, perché si possa uscire da casa, perché si possa vincere l'isolamento a cui certe tendenze della civiltà contemporanea ci vuole costringere.

Per fare questo è chiaro che bisogna un po' limitare la dittatura di una forma di vita esterna alla nostra casa che si è imposta nel corso degli anni e, quindi, la limitazione della velocità non può essere relegata a una buona intenzione ma deve cominciare a operare. Del resto, si potrebbe dire: vuoi far camminare le macchine a 30 all'ora, vuoi limitare, vuoi rallentare tutto e vuoi incasinare la città. No! Intanto, già nelle città negli ultimi 20 anni - adesso avevo una statistica con me; eccola qui - la proprietà individuale delle automobili, perché noi continuiamo a camminare su quel modello di sviluppo e a lavorare su quell'idea di crescita, la proprietà individuale delle automobili, dicevo, tra il 2000 e il 2020 - e dopo il COVID le cose adesso stanno molto cambiando e c'è, comunque, una grande confusione - è cresciuta dal 56 per cento al 67 per cento. Cioè, si continua a comprare la macchina. Se hai un nucleo familiare di 4 persone hai almeno 3 macchine dentro casa e poi non sai dove parcheggiare. Comunque, almeno 3 persone circolano con la propria autovettura. Questa intossicazione è cominciata a diventare un problema e non si può affrontarla, facendo un codice della strada, senza cambiare la filosofia delle cose.

Comunque, a parte questa questione della crescita della quantità delle vetture, oggi - e non da oggi, in realtà - la velocità media dentro una città, per arrivare da A a B, andare al lavoro e tornare da B ad A la sera con questo pendolarismo urbano, è già largamente sotto i 30 chilometri orari. Si viaggia mediamente a 15, 16 o 20 chilometri orari. Certo, ci sono le zone dove si scorre di più, ma noi non vogliamo imporre 30 chilometri anche sulle strade di scorrimento. Diciamo una velocità fra i 50 e i 70 chilometri orari, che è abbastanza ragionevole come limite di velocità. Si viaggia già largamente sotto i 30 chilometri orari e nelle città italiane Bologna è stata la città che ha lanciato questa proposta, insieme, poi, a una rete associativa di realtà ambientaliste, ciclopedonali, di amatori, di volontariato e di associazioni, che noi abbiamo raccolto in una proposta di legge. Bologna in Italia ha aperto un po' il varco, ma il varco è già aperto in Europa da anni. Si viaggia a 30 chilometri a Barcellona e con limiti di 30 chilometri così come li ho descritti, cioè non totalitari ma differenziati nelle città. Si viaggia a 30 chilometri a Barcellona, a Parigi, a Londra, a Bruxelles. È una tendenza - ed è un fatto europeo - che non ha determinato sconvolgimenti. Sono città moderne queste, sono città che producono, sono città efficienti, sono le piazze più avanzate dello sviluppo mondiale. Allora, noi vogliamo agganciarci all'Europa anche in questo o dobbiamo rimanere a essere un Paese che ancora resiste a essere un Paese arretrato anche su questo? Per questo motivo la nostra impostazione, in questa discussione, è stata un'impostazione alternativa, di filosofia, di punto di vista, e non soltanto una contrapposizione politica, perché poi la discussione in Commissione è stata una discussione tutto sommato abbastanza contenuta nell'ambito di un confronto politico, a volte aspro, però un confronto politico. Non abbiamo fatto opposizioni pregiudiziali e abbiamo cercato di andare al merito delle questioni, ma abbiamo constatato la impermeabilità della maggioranza a raccogliere dei punti di vista che sono punti di vista non di partito, non di parte, ma sono punti di vista generali, validi per tutti.

Ci auguriamo che questa discussione non si chiuda, perché per noi non è chiusa, e vogliamo fare in modo che la nostra proposta di legge per le Città 30 vada avanti, insisteremo in Commissione perché venga messa in discussione, e attraverso la discussione di Città 30 possa essere riaperta gran parte dell'insieme di questioni che sono rientrate impropriamente e in maniera, secondo noi, sbagliata e largamente insufficiente in questo codice della strada, che, ripeto, è un'operazione di pennellata.

È una pennellata alle norme, qualche inasprimento amministrativo o penale o poco più, poco più di questo, non resta molto. E comunque, magari, se bevi un bicchiere di vino in più, verrai punito, come è giusto che sia, ma, se ti metti sulla strada e ti metti a fare una videocall, ti metti a fare una riunione con il telefonino, non ci sarà punizione e potrai continuare a farlo, e questo sarà gravissimo e pericolosissimo per le persone.