Esame di questioni pregiudiziali
Data: 
Martedì, 27 Giugno, 2017
Nome: 
Sara Moretto

A.C. 4554

 

Presidente, entrerò certamente nel merito delle questioni sollevate nelle questioni pregiudiziali al decreto in esame, ma mi consenta di evidenziare come in tutte si ritrovi di fatto una contestazione dell'intero impianto di intervento per la soluzione delle crisi bancarie venete e, ancor di più, accomunando situazioni diverse, la contestazione va a tutte le misure assunte dal Governo in questi ultimi tre anni.

Nella linea del “contestiamo tutto”, però, sorgono evidenti contraddizioni, politiche prima che tecniche: da un lato, si chiede la giusta tutela dei risparmiatori e delle imprese, dall'altro si rivendica la necessità del non intervento pubblico nel salvare imprese private.

Una diversa e ancor più grande contraddizione sta poi nel fatto che chi oggi contesta e giudica irrispettosi dei principi costituzionali i provvedimenti assunti, in passato, mentre sedeva sui banchi del Governo, nulla ha fatto per consolidare un sistema bancario evidentemente fragile, nulla faceva mentre la vicina Germania investiva l'11 per cento del PIL per le proprie banche. Da quegli stessi banchi, non ha avviato le riforme che da più di trent'anni venivano auspicate ed è proprio nei meandri dei meccanismi di gestione degli istituti popolari che sono maturati comportamenti e clientelismi che hanno contribuito alle crisi.

Basta con l'accusa secondo cui la riforma è la causa delle crisi bancarie, basta nascondersi dietro a un dito. La riforma, semmai, è stata l'occasione per far emergere un sistema deviato, sbagliato, che richiedeva, anche da un punto di vista normativo, una risposta.

Veniamo ora al decreto-legge n. 89 del 2017, nel quale si prevedono due modifiche alla disciplina dell'intervento pubblico nelle procedure di risanamento e ricapitalizzazione degli istituti bancari, prevista dal decreto-legge n. 237 del 2016, procedura che, come è noto, non verrà applicata ai due istituti veneti, Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Mi è di dovere quindi slegare le considerazioni che farò qui di seguito dalle sole vicende delle due banche venete richiamate nelle questioni pregiudiziali, senza certo ignorare il dibattito che in quest'Aula affronteremo nelle prossime settimane proprio sulla strada della liquidazione coatta amministrativa prevista per esse.

Il decreto-legge n. 89 introduce norme di carattere generale che riempiono un vuoto normativo lasciato dalla disciplina della ricapitalizzazione precauzionale, in particolare legato all'indeterminatezza dei tempi delle trattative che sono imposte con le istituzioni dell'Unione europea. La ratio delle modifiche è, al contrario di quanto affermato dai colleghi intervenuti prima di me, la garanzia della parità di trattamento dei creditori, parità di trattamento che non può essere richiamata, come fa il MoVimento 5 Stelle, con i risparmiatori delle quattro banche liquidate nel 2015. Infatti, non possono accedere alla ricapitalizzazione precauzionale le banche in dissesto, ma soltanto quelle che presentino un'esigenza di rafforzamento patrimoniale derivante da uno scenario avverso di prove di stress.

Questa caratteristica distingue nettamente gli interventi che lo Stato può operare in forza del decreto-legge n. 237 dai provvedimenti nei confronti delle quattro banche sottoposte a procedura di risoluzione nel novembre del 2015, che all'epoca già si trovavano in una situazione di dissesto e, anche in quel caso, fu tuttavia possibile evitare il coinvolgimento dei creditori non subordinati, perché la procedura di risoluzione venne attivata immediatamente dopo il recepimento del bail-in, ma prima dell'inizio del 2016, ovvero dell'entrata in vigore.

Tornando alle osservazioni più generali rivolte dai colleghi in merito al rispetto della parità di trattamento, andiamo a vedere cosa si prevede alla lettera b) del comma 1 dell'articolo 1 del decreto-legge: in relazione agli emittenti che abbiano presentato istanza di ricapitalizzazione precauzionale, si dispone la proroga automatica per la durata di sei mesi del termine di scadenza delle passività indicate nell'articolo 22, comma 2, del decreto-legge n. 237, che vengono a scadenza nel medesimo lasso di tempo; la proroga non ha, ovviamente, effetti retroattivi, ma riguarda solo le passività che verranno a scadenza dopo l'entrata in vigore del presente decreto e, durante la proroga, le passività producono interessi secondo le previsioni contrattuali applicabili.

Questa previsione non viola l'articolo 3 della Costituzione, anzi, la sua approvazione risulta necessaria per garantire parità di trattamento ai detentori tutti di obbligazioni subordinate, perché, nell'arco di tempo che intercorre tra la presentazione della citata istanza per la ricapitalizzazione e le decisioni finali, che dipendono dagli esiti delle trattative con le competenti istituzioni europee, risulta necessario cristallizzare la situazione delle passività suscettibili di burden sharing, al fine di tenere conto delle evidenti difficoltà finanziarie che hanno portato a richiedere l'intervento pubblico.

Inoltre, nelle more della procedura di autorizzazione, tale norma di freezing, che, peraltro, è prevista dalle norme europee, consente di preservare la situazione patrimoniale dell'istituto senza che il rimborso delle passività subordinate alteri il quadro finanziario.

Se c'è, quindi, una prospettiva, per i detentori di obbligazioni subordinate, di avere un percorso tutelato è grazie a queste misure; l'alternativa qual era? Lasciare che le difficoltà della banca, comunque, spostassero il pagamento delle subordinate o, addirittura, che non assolvessero a tale pagamento.

In conclusione, Presidente, annunciando il voto contrario del gruppo del Partito Democratico alle pregiudiziali presentate, invito, attraverso di lei, i colleghi delle opposizioni a chiarire una volta per tutte la loro posizione, con chiarezza e senza strumentalizzazioni giocate sulle spalle dei cittadini. Chiariscano se è prioritario intervenire, dopo anni di ingiustificata miopia, per tutelare i risparmiatori danneggiati, le imprese messe in crisi, i lavoratori degli istituti bancari; chiariscano quali sono, a loro parere, le strade alternative.
Concludo, Presidente. Ai tanti cittadini preoccupati e, in molti casi, disperati, dal Governo giunge la sicurezza che agli istituti veneti non sarà applicato il bail-in e serie misure di ristoro che li tutelano davvero, oltre le chiacchiere.