Discussione sulle linee generali
Data: 
Lunedì, 12 Dicembre, 2016
Nome: 
Irene Manzi

A.C. 4158

Signora Presidente, signora sottosegretario, colleghi, non è una frase di rito dire che il provvedimento che arriva oggi in Aula è molto atteso: lo aspettano le comunità, direttamente i cittadini colpiti dai due sismi, dal sisma del 24 agosto e dalle scosse successive del 26 e del 30 ottobre; ed è un provvedimento importante, che arriva tra l'altro a poco più di 120 giorni dal primo terremoto di agosto, e addirittura a meno di 60 dalle seconde scosse del 26 e del 30 ottobre. E questo è molto importante, l'elemento della rapidità: proprio perché questo provvedimento in tempi certi e rapidi ha provato a delineare un quadro certo di risorse e di interventi per gestire l'emergenza, ma anche per stabilire le procedure di ricostruzione nei territori delle quattro regioni colpite dal sisma. 
Rapidità di risposta e celerità nell'intervento: due parole chiave che sono state determinanti in queste giornate, in queste prime settimane dopo il sisma, e che lo saranno ancor più nei prossimi mesi, quando inizieranno concretamente le operazioni di ricostruzione.
Tre terremoti che ci hanno consegnato in realtà immagini e storie che restano impresse nella nostra nostra memoria. Penso alla devastazione di Amatrice, alla storia di Giulia e di Giorgia, le due sorelline di Pescara del Tronto, separate purtroppo drammaticamente nel loro destino, al crollo della basilica di San Benedetto, a Norcia, alla forza d'animo del rettore dell'università di Camerino, che citava lo stesso relatore Carrescia, e dell'intera comunità camerte., alla devastazione di borghi-simbolo, come Ussita, Visso Castel Sant'Angelo sul Nera, alle ferite prodotte nell'Appennino e nei monti Sibillini, storie ed immagini simbolo che si uniscono in realtà alle tante storie che sentiamo, portate dai sindaci che hanno lavorato in queste settimane senza sosta per dare risposte ai loro cittadini e alle tante storie dei cittadini comuni che in poche ore hanno perso la loro casa, le loro attività economiche, la loro stessa vita quotidiana, in un tempo che sembra essersi quasi sospeso in quei territori. Una quotidianità che si è interrotta perché anche chi è stato toccato in modo meno drammatico dagli effetti del sisma vive il terremoto nella profondità di una quotidianità che si è sospesa, che si è interrotta ed è con quella cesura che oggi noi tutti dobbiamo fare i conti, con quella necessità che quello strappo non produca degli effetti permanenti in quella comunità e che soprattutto risolva quello che è un timore che quelle comunità avvertono costantemente; da un lato, la paura di essere lasciati soli e dall'altro la paura che quei borghi, che quei luoghi si spopolino, che le che si sono dovute momentaneamente allontanare non tornino più. Il tema è importante. Voglio citare proprio alcuni dati per dare anche la complessità del fenomeno che ci troviamo a governare. Faccio riferimento proprio alla mia regione, le Marche: 151 comuni coinvolti, 282 zone rosse, 68 municipi inagibili, 85 scuole inagibili, 953 attività produttive, a loro volta inagibili, 289 beni di culto colpiti, più di 30.000 persone sfollate. In una provincia come Macerata 57 comuni su 57 hanno subìto, ovviamente con intensità differente, i danni e le conseguenze del sisma. Sono elementi che in una regione piccola come sono le Marche sono in grado di produrre delle conseguenze ancor più amplificate sul tessuto economico, sociale e produttivo di quelle comunità. E la sfida quindi che abbiamo davanti è la sfida che coinvolge i rappresentanti istituzionali a tutti i livelli, il Governo, il Parlamento, le regioni, nel costruire un processo che porti con sé la ricostruzione, un processo che va declinato ovviamente partendo dalla ricostruzione fisica di territori colpiti e delle aree distrutte, ma che deve portare con sé anche una riflessione molto seria sullo sviluppo di quelle aree interne colpite dal terremoto, aree interne che sono già state a rischio spopolamento in questi anni e rispetto alle quali ora il sisma e le conseguenze del sisma rischiano di produrre effetti ancor più gravi e permanenti. 
In queste settimane il processo di conversione del decreto ha portato con sé un fervore partecipativo molto significativo e di cui dovremo fare grande tesoro nelle prossime settimane. Professionisti, associazioni di categoria, forze sindacali, istituzioni e associazioni hanno voluto dare suggerimenti o contributi per perfezionare il contenuto del provvedimento ed è una volontà partecipativa, questa, che non si è limitata alla costruzione del provvedimento, ma che sta portando con sé anche una riflessione molto più ampia sul futuro di quelle terre, sulle proposte legate alla ricostruzione, sul cuore che dobbiamo dare alla cornice giuridica che approveremo nelle prossime ore, un cuore che deve portare in sé un equilibrio necessario e importante tra la centralizzazione e la valorizzazione delle esperienze locali. Una decisione e una partecipazione, un'elasticità del sistema, una capacità di ascolto costante dei problemi: di questo dovremo fare tesoro anche dopo la conversione del decreto e in questo c’è una norma, nel decreto stesso, che secondo me rappresenta molto bene questo spirito. Penso all'articolo 11, dedicato proprio ai centri storici. Chi conosce le comunità colpite dal sisma sa quanto i centri storici facciano parte dell'identità stessa di quei territori; oggi gran parte di quei centri storici sono inagibili, una zona rossa inaccessibile per le stesse comunità che li hanno abitati; è spettrale il silenzio che si respira in quei luoghi, spesso centri pulsanti di quelle comunità perché i centri storici sono sì popolati di persone, ma hanno al loro interno attività economiche, beni museali e culturali, uffici pubblici e privati. Oggi quei centri storici, quell'economia complessiva della comunità, sono come fermi, sono come sospesi e proprio quelli dovranno essere ricostruiti di pari passo con la ricostruzione degli edifici, perché senza opportunità economiche gli abitanti di quei centri non potranno tornare e senza abitanti le stesse attività economiche non potranno riaprire. 
È nostro dovere quindi rimettere in moto le lancette degli orologi di quei centri, facendo tesoro però di quanto è accaduto. I territori dell'Appennino hanno una memoria secolare dei tanti terremoti che hanno subito ed ogni volta in quelle zone si è ricostruito, ma si è ricostruito meglio, facendo tesoro delle esperienze subite, facendo tesoro di quanto è avvenuto. E proprio questo dovremmo fare, anche ricostruendo quei centri storici e i beni culturali che li animano, portando con sé un equilibrio tra il tema della sicurezza e il tema della conservazione dei beni culturali, una problematicità necessaria che dovranno essere le stesse comunità a far proprie nell'assumere decisioni rilevanti per la ricostruzione. È quello stesso coinvolgimento delle comunità che l'articolo 11, nel delineare la zonizzazione dei centri storici e nel delineare soprattutto l'adozione degli strumenti urbanistici che porteranno alla ricostruzione, contiene in sé e penso che sarà un elemento importante, un ascolto soprattutto costante che dovrà essere messo in atto. E sarà fondamentale che i cittadini utilizzino al meglio quelle possibilità di partecipazione, che sono del resto proprie degli stessi strumenti urbanistici, prendendo atto soprattutto di una cosa, che quanto è avvenuto tra l'agosto e l'ottobre di quest'anno ha cambiato i paradigmi abituali e ci costringe inevitabilmente a prendere atto dei cambiamenti, della necessità di tornare a una normalità, sì, ma a una normalità diversa, di ricostruire con la consapevolezza di quanto è avvenuto e dei cambiamenti che questo impone. Cambiamenti che hanno riguardato, come ricordavo poco fa, gli stessi beni culturali che sono una delle voci più drammatiche nei danni che si sono prodotti dopo il sisma: chiese, edifici storici, pievi, musei, monumenti danneggiati, con il loro patrimonio di beni mobili che devono essere messi in sicurezza, prima ancora di poter intervenire per ricostruirli. In queste settimane, in questi mesi è stato fondamentale il contributo dei tecnici delle Soprintendenze, dei professionisti, dei volontari, delle stesse forze dell'ordine; non possiamo però nasconderci che in questi mesi non sempre è stato agevole impostare le operazioni di messa in sicurezza e non sono mancate anche alcune criticità e lentezze nel rapporto tra centro e periferia. Bene ha fatto il Governo nel provvedimento che è stato convertito al Senato a inserire anche delle previsioni che hanno permesso alle stesse Comunità di porre in essere interventi immediati sul patrimonio culturale, per evitare conseguenze ancor più danni più gravi e dannose su quei beni culturali. In questo momento però da quelle stesse comunità viene forte un richiamo a una partecipazione al processo, non solo di recupero, ma al processo di collocazione di quei beni mobili che sono ospitati all'interno delle chiese e dei musei danneggiati. E proprio in questo è importante che il Ministero presti ascolto anche tramite le Soprintendenze ai richiami che provengono dal territorio a mettere ovviamente in sicurezza celermente i beni culturali – perché l'inverno purtroppo in quelle zone è rigido ed è ormai prossimo – ma soprattutto a far sì che quei beni non perdano il loro contatto con le comunità e con i luoghi da cui sono stati spostati. Ci sono opere da restaurare, ma opere che possono essere in luoghi sicuri esposte, e ci sono idee e forze, ideali che possono essere messi in campo. Penso ai sindaci, penso alle università, penso alle accademie delle belle arti che ci sono in quei luoghi. È importante che quelle stesse opere non siano allontanate e che le decisioni relative ad esse non siano assunte dall'alto, non tenendo conto dei richiami delle comunità stesse, perché in quei territori – non possiamo negarlo – il sisma c’è stato, quei territori sono stati colpiti, ma molto è rimasto e proprio da quel molto che è rimasto, da quella sicurezza che è presente in tanti edifici, noi dobbiamo ripartire, dai teatri ancora funzionanti, dagli edifici pubblici ancora agibili, dal campus dell'università di Camerino, con i suoi studenti, dove le lezioni sono riprese, e che sta diventando in questo momento il vero fulcro e il vero cuore pulsante di quella comunità. Quello che è toccato dal sisma è un territorio sicuramente ferito, ma non è piegato, è un territorio che può diventare, nei luoghi soprattutto ancora aperti e ancora agibili, concretamente un luogo che si può mettere al servizio di quanto non è più visitabile, di quei musei, di quei luoghi e di quelle opere che non sono più visibili.
Nei tanti comuni, nei musei e nei centri che si stanno rendendo disponibili sarà possibile ospitare opere, raccontare il legame e la storia di quei territori, non interrompendo tra l'altro quell'importante processo di crescita turistica che le aree colpite dal sisma avevano conosciuto in questi ultimi anni, con la valorizzazione della storia e del paesaggio di quelle comunità. Ben fa in questo caso il decreto a stanziare risorse pari a circa 2 milioni di euro per la predisposizione di un programma per la promozione e il rilancio del turismo nei territori colpiti dal sisma. Anche questo potrà essere un tassello fondamentale per la ricostruzione di un tessuto produttivo ed economico all'interno dei territori. 
Tutto questo insieme ad un altro tema, che lo stesso relatore ha richiamato, che è il tema della sicurezza degli edifici scolastici. Il Governo dimissionario ha investito in maniera significativa – ben prima del sisma e non legato soltanto all'emergenza sismica – risorse certe, pari a quasi 4 miliardi di euro, sul tema della sicurezza scolastica. Oggi il progetto che si è messo in campo, il «Progetto Casa Italia», può offrire in realtà una cornice più ampia di messa in sicurezza anche delle istituzioni scolastiche, andando a mettere in sinergia interventi, risorse e programmi, proprio perché se siamo molto bravi ed efficaci nel gestire l'emergenza dobbiamo imparare ad esserlo e abbiamo le qualità per farlo anche nella programmazione di lungo periodo. 
Nei prossimi giorni questo decreto diventerà legge, dando risorse e strumenti per la ricostruzione delle comunità colpite dal sisma. È un punto di partenza fondamentale ed è importante anche per rassicurare quelle comunità, un punto di partenza che però non dovrà e non potrà ovviamente esaurire l'impegno di ogni forza politica e del Governo stesso nel lungo processo di ricostruzione che ci attende. Si tratta di un impegno a cui lo stesso Presidente Mattarella e il Presidente incaricato Gentiloni poche ore fa ci hanno richiamati, facendo esplicito riferimento, nei loro discorsi, alle scadenze e agli adempimenti inderogabili che sono legati all'avvio della ricostruzione e all'assistenza dei cittadini nelle aree colpite dal sisma. È un monito molto importante per tutte le forze politiche, proprio per tutte le forze politiche.
L'Appennino costituisce una parte importante nella storia e nell'ossatura di questo Paese e ricostruirlo nella sua interezza deve far parte di un bagaglio di priorità presenti e future che deve toccare le classi dirigenti, tanto di maggioranza quanto di opposizione che siedono in questo Parlamento, perché, come ci ricorda il bello slogan, coniato dall'Università di Camerino e già citato, «possono crollare gli edifici, ma è importante che sia il futuro a non crollare».