Discussione sulle linee generali
Data: 
Lunedì, 18 Febbraio, 2019
Nome: 
Cosimo Maria Ferri

A.C. 1160

Grazie, Presidente. Devo dire che con convinzione voteremo questa proposta di istituire una Commissione di inchiesta parlamentare sui fatti accaduti presso la comunità “Il Forteto”. Si tratta di una Commissione e di una proposta che ritengo utili e importanti perché, proprio come prevedono anche i nostri Regolamenti, consentirà alla Commissione di continuare quel percorso che è stato già iniziato e, cioè, di fare chiarezza su questi fatti.

Infatti, non dimentichiamoci il lavoro che è stato fatto dalle commissioni presso il consiglio regionale della Toscana, una presieduta dall'allora consigliere regionale e oggi parlamentare Mugnai e l'altra da Paolo Bambagioni. Quindi, due commissioni di inchiesta a livello regionale che hanno comunque fatto un lavoro importante e che, secondo noi, deve essere certamente valutato, che però ha dei limiti. Ha dei limiti perché chiaramente le commissioni di inchiesta a livello regionale non hanno i poteri che ha la Commissione di inchiesta parlamentare.

Del resto, nella proposta l'articolo 9, tra le cose e tra i poteri attribuiti alla Commissione individua anche la possibilità di avvalersi della collaborazione di agenti ufficiali di PG, prevede il rifiuto ingiustificato di ottemperare agli ordini di esibizione di documento o di consegna di atti di cui al presente articolo come un'ipotesi di reato perché chi si rifiuta viene contestato e gli verrà contestato l'articolo 650 del codice penale e quindi è chiaro che la Commissione d'inchiesta che stiamo votando ha poteri ben precisi. Quanto accaduto nella struttura per i minori Il Forteto ha profondamente scosso le nostre coscienze. Non c'è bisogno che ce lo dica l'onorevole Ascari: tutti noi abbiamo letto le sentenze, c'è una responsabilità penale, sentenze passate in giudicato, pene che devono essere eseguite e quindi tutti noi siamo per la verità sia processuale sia per la certezza della pena e, nello stesso tempo, vogliamo che si faccia chiarezza ancora di più su quello che è stato e anche sul modello perché questa occasione deve essere non solo fare chiarezza a trecentosessanta gradi su quanto avveniva in quegli anni presso la comunità Il Forteto ma ci deve indurre anche ad essere propositivi per evitare che fatti di questo genere possano riaccadere e quindi ci chiarisca cosa possiamo fare come legislatore per colmare i vuoti normativi che esistono. Occorre fare chiarezza su una materia che, anche dal punto di vista legislativo, presenta delle lacune. Ho ascoltato e, se andiamo a vedere, ricordo il passaggio del giudice istruttore laddove richiamava e sottolineava anche la decisione dei colleghi magistrati del tribunale presso i minori nel continuare a dare in affidamento minori alla comunità. Dobbiamo andare però a vedere a trecentosessanta gradi i poteri che il legislatore dava e cosa non ha funzionato. Quindi è emerso dagli atti giudiziari e anche dalle relazioni che ho citato prima delle due Commissioni presso il consiglio regionale, un contesto certamente di estremo degrado e di abuso in cui persone altamente vulnerabili venivano vessate e sottoposte a violenza. È un fatto gravissimo perché si parla di minori, di soggetti vulnerabili sui quali davvero dobbiamo prestare la massima attenzione. C'è tutto il tema dell'affidamento alle comunità familiari, dell'importanza delle comunità familiari ma anche della necessità di rafforzare i controlli e di sottolineare quali comunità familiari funzionano e a cui dare fiducia continuando su quel modello ma, nello stesso tempo, di essere severi nei controlli rigidi e nell'andare avanti nel verificare che tutto avvenga regolarmente. Nel caso de Il Forteto si trattava di minori già profondamente segnati da esperienze negative pregresse, spesso proprio soggetti a violenze e abusi sessuali che ne avevano portato un allontanamento dalla famiglia di origine e hanno dovuto subire una serie di intollerabili sofferenze in quella comunità in cui si aspettavano di trovare supporto, educazione e assistenza. Le istituzioni nel corso degli anni si sono ampiamente impegnate nel far luce su quanto accaduto, sulla responsabilità penale dei singoli e anche dello Stato che sulle comunità familiari è tenuto per legge a vigilare. Andiamo a vedere gli atti processuali e dagli atti processuali vedremo chi ha testimoniato, chi ha consentito anche di arrivare ad affermare la responsabilità penale. Quindi le sentenze sono chiaramente il punto di partenza seppur specifiche e riguardanti la responsabilità penale, che non è compito della Commissione. Ci sono sentenze di autorità giurisdizionali non solo nazionali ma anche sovranazionali. Riguardo al commissariamento della cooperativa: è stato opportuno commissariare la cooperativa. Io riconosco quando una cosa è giusta: quindi è giusto che si sia arrivati al commissariamento della cooperativa anche perché quando, si parla del modello Il Forteto, occorre capirne la complessità. Infatti, da una parte, Il Forteto nasce come un'associazione che aveva in comune determinati beni; poi c'era il ramo della cooperativa; il ramo della Fondazione e anche il ramo della promozione di un modello che certamente per questi fatti ha fallito - dobbiamo sottolinearlo – e che tuttavia per altri aveva portato avanti tutta una serie di attività sulle quali occorre fare chiarezza, evidenziando dove ha operato bene. E quindi da sempre abbiamo sostenuto la necessità di andare a fondo in questa triste vicenda e quindi accogliamo di buon grado la proposta di nominare una Commissione d'inchiesta. Riteniamo infatti che l'utilizzo di tale strumento rappresenti la strada giusta per accertare eventuali profili di responsabilità in seno anche alle istituzioni. Dobbiamo essere trasparenti il più possibile; vogliamo capire il passato perché ciò non si ripeta più; deve essere questo l'obiettivo e la possibilità di esercitare tali poteri rende chiaramente l'inchiesta parlamentare lo strumento più incisivo del quale le Camere possono avvalersi. È dovere del Parlamento verificare se la violenza e le sofferenze inflitte all'interno della comunità siano state nel tempo ignorate da chi per l'ufficio ricoperto, sia amministrativo sia giudiziario, aveva il dovere di vigilare o accertare l'evidenza dei fatti emersi dai diversi processi e di adottare le misure risolutive necessarie. Dalle relazioni conclusive delle Commissioni regionali è infatti emerso come, anche a seguito della pronuncia di condanna all'esito del primo processo penale e della sentenza della Corte dei diritti dell'uomo, gli affidamenti siano continuati. Ciò deve essere oggetto certamente di riflessione e se dunque, da una parte, occorre fornire una risposta sanzionatoria adeguata alla gravità dei fatti commessi ed un ristoro effettivo alle vittime, dall'altra si pone l'esigenza di riflettere e vedere la normativa vigente concernente gli strumenti di vigilanza sulle strutture comunitarie. Si deve in altre parole trarre spunto dalla triste vicenda per potenziare i controlli, rafforzare la sinergia tra le diverse istituzioni coinvolte per garantire una tutela massima nei confronti dei soggetti più deboli che sono affidati alle comunità familiari proprio per finalità di cura e assistenza. La magistratura in tale contesto deve svolgere e svolge un ruolo fondamentale. L'articolo 9 della legge n. 184 del 1983 consente al procuratore presso il tribunale dei minorenni di effettuare o disporre ispezioni, anche a sorpresa, negli istituti di assistenza pubblici o privati con cadenza semestrale e, laddove nell'ambito di tali ispezioni, il procuratore riscontri delle gravi irregolarità non suscettibili di rilievo penale, delle disattenzioni o delle carenze organizzative e, quindi, la non conformità ai requisiti richiesti dalla legge ai fini del rilascio dell'autorizzazione il giudice, pur potendo effettuare una segnalazione all'autorità competente, non dispone di ulteriori poteri né le autorità a cui si è riferito hanno alcun obbligo di agire. Si tratta di un vuoto normativo intollerabile che rende privo di effettività il compito di vigilanza periodicamente svolto dal procuratore in tutti i casi in cui non si riscontri una condotta penalmente sanzionabile. Questo è il vuoto a cui facevo riferimento e mi auguro che la Commissione possa far luce su tutta una serie di proposte anche normative che all'epoca non c'erano e che oggi devono essere necessariamente approvate. Oltre a tale criticità, si può riflettere circa la possibilità di rafforzare ulteriormente le sinergie tra le istituzioni.

Penso anche al ruolo del Garante nazionale dell'infanzia il quale, come da legge istitutiva, tra gli altri ha il compito di segnalare in casi di emergenza alle autorità giudiziarie e agli organi competenti la presenza di persone di minore età in stato di abbandono al fine della loro presa in carico da parte delle autorità competenti, nonché di formulare osservazioni e proposte sull'individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali relative alle persone minori di età, di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione e vigilare in merito al rispetto dei livelli medesimi. Mi auguro che la Toscana nomini al più presto anche il Garante per l'infanzia, che deve essere nominato anche quello a livello regionale, per rafforzare questo ruolo di sinergia, per sottolineare l'importanza anche del ruolo del Garante, sia regionale che nazionale, come elemento di raccordo tra le istituzioni e di impulso, di motivazione e di verifica anche dal punto di vista dei controlli.

Si auspica, quindi, un intervento legislativo per migliorare sempre di più la disciplina normativa in questa materia. In questi anni, dobbiamo però tenere conto di come il legislatore nazionale si sia impegnato per rafforzare la tutela dei soggetti particolarmente vulnerabili, tra cui i minori. Si pensi alle novità introdotte nel codice di procedura penale dal decreto legislativo del 15 dicembre 2015, n. 212, approvato con la Presidenza del Consiglio Renzi, in attuazione della direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato. In questo periodo, il Governo aveva recepito tutta la serie di direttive, non solo quella che ho appena citato, in materia di tutela delle vittime per rafforzare e per ampliare il concetto di vulnerabilità. Lo dico anche in risposta all'intervento dell'onorevole Ascari, che ha sottolineato alcuni punti, anche condivisibili, però poi bisogna tradurli in interventi normativi e non abbiamo mai trovato nella scorsa legislatura tutta questa collaborazione di fronte a questi temi.

In particolare, attraverso tale decreto è stato introdotto all'articolo 90-quater del codice di procedura penale un criterio generale per stabilire la sussistenza in capo all'offeso della condizione di particolare vulnerabilità. Ciò al fine di attribuire a taluni soggetti specifici diritti e poteri nell'ambito del processo penale, così ottemperando a quanto l'Unione europea, ormai da tempo, chiede a gran voce. Perché non bastano ispezioni e controlli: per affermare la penale responsabilità e per fare chiarezza occorrono anche le norme, occorrono delle norme tecniche, delle maggiori tutele. Anche su questo bisogna lavorare e dei primi passi sono stati fatti.

Il Parlamento ha il dovere, quindi, di occuparsi di questi casi non per sostituirsi all'autorità giudiziaria, ma per svolgere quell'attività conoscitiva fondamentale per adempiere correttamente al proprio dovere di legislatore che vada a colmare quei vuoti normativi o dell'attuazione delle norme già in essere. In questo caso specifico il compito è ancora più delicato, in quanto si parla di soggetti particolarmente vulnerabili, di minori e, quindi, il nostro sforzo deve essere massimo per accertare i fatti e sviluppare tutti gli accorgimenti normativi, regolamentari, di prassi e di sinergie tra pubblico e volontariato per la tutela dei soggetti deboli.

Concludo, quindi, ricordando intanto che il comune di Firenze era costituito parte civile nei processi penali nella necessità di continuare nella ricerca della verità, di non arretrare, di farlo con determinazione, con efficacia, nello stesso tempo, con equilibrio per cercare di ottenere quei risultati che guardino alla tutela effettiva dei minori e non solo a fare chiarezza. Noi dobbiamo fare chiarezza per i fatti passati e anche costruire un modello che sia sempre più incisivo, perché togliere dei figli a una coppia, a una famiglia e affidarli è un momento sempre delicato e particolare, anche nell'ottica del magistrato. Quindi il magistrato, nel momento in cui affida un figlio, che toglie a una coppia, a un'altra coppia, a una comunità familiare ha certamente la necessità di verificare, deve essere aiutato dai servizi sociali, molte volte viene aiutato dal mondo del volontariato, a cui noi dobbiamo dire “grazie”, perché è essenziale ed è importante. Quante associazioni impegnate nel volontariato hanno sempre portato il loro contributo con grande entusiasmo, con grande correttezza e con grande onestà. Quindi, noi dobbiamo fare tesoro di tutto un mondo certamente positivo che esiste e dobbiamo emarginare, dobbiamo intervenire con severità con tutti coloro che cercano, invece, di inserirsi in modo non corretto quando si tratta di soggetti vulnerabili e del destino e del futuro di ragazzi, di bambini che dovranno costruire un futuro e potranno essere i pilastri della società del domani. Quindi, ben venga questa Commissione, con convinzione la voteremo e porteremo il nostro contributo con questa determinazione