Grazie, Presidente. L'istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta sul tema in discussione, se ben utilizzata, può segnare il ritorno ad una tradizione di lavoro parlamentare antica e anche di valore. Va ricordata, per esempio, l'importanza che ebbe alla fine dell'Ottocento la Commissione d'inchiesta sullo stato delle campagne italiane e sulle condizioni dell'agricoltura, presieduta allora da un grande statista come Stefano Jacini, i cui risultati costituiscono oggi ancora una fonte importante per ricostruire la genesi della questione meridionale e delle stesse forme dell'inurbamento dei flussi di immigrazione che tanto hanno contribuito, proprio, a definire il volto delle periferie urbane. Negli anni immediatamente successivi al secondo dopoguerra, poi, furono costituite due Commissioni parlamentari d'inchiesta, una sulla disoccupazione e una sulla miseria, e anche questo secondo lavoro fu prezioso per raccontare aspetti delle città di allora sconosciuti ai più, ignorati dai giornali e dai mezzi di comunicazione, ma ben noti a larghe fasce di popolo che contribuirono, peraltro, ad alimentare anche una stagione culturale, tant’è vero che il neorealismo cinematografico italiano trasse da quei lavori molti spunti. Quelle indagini nascevano da fatti reali, le condizioni di vita del Mezzogiorno, in un caso, o, addirittura, casi di cronaca violenti, nell'altro, e squarciavano il velo di condizioni di vita distanti, però, dalle priorità della politica e delle istituzioni.
In qualche modo la costituzione, oggi, di una Commissione d'inchiesta sulle condizioni di vita e di sicurezza delle periferie, attraverso questa legge che ci apprestiamo a votare, può contribuire a recuperare un gap di conoscenza degli universi urbani italiani e a venire incontro ad un'urgenza dettata dalla vita reale e dagli eventi che, giorno dopo giorno, ci consegnano la prova di cambiamenti rapidi, contraddittori e, soprattutto, di una domanda crescente di governo, di sussidiarietà nei confronti delle varie mescolanze che abitano le nostre città, mescolanze tra povertà e ricchezza, tra cultura e involgarimento delle forme relazionali, tra etnie e culti religiosi, tra solitudine e aggregazione sociale, tra formazione scolastica e abbandono, e che corrono sempre più veloci, sfuggono alla lentezza dell'indagine dell'azione pubblica e si aggravano anche a causa della crescita delle diseguaglianze sociali in atto in tutto l'Occidente e della crisi dei ceti di mezzo.
Ancora ieri, sulle pagine di un grande quotidiano italiano, Zygmunt Bauman, forse il più grande studioso vivente dei fenomeni della globalizzazione che così profondamente segnano le città, ci ha richiamato a scandagliare le radici del senso di paura, di insicurezza che percorre le nostre società, che crea continuamente demoni demagogici nello sciovinismo, nell'integralismo religioso, nel sessismo, nel razzismo, nel populismo antidemocratico e antiliberale, che possono mutare forma, figura, ma che non mutano la sostanza e che si riproducono continuamente, perché abitano nella profondità di una condizione contemporanea che proprio nelle città e nelle periferie si alimenta continuamente. Queste radici di insicurezza e di paura stanno nell'eclisse di un senso di comunità e nella crescente e dannosa convinzione di un'illusoria salvezza individuale, magari attraverso l'innalzamento di barriere concentriche, fino quasi a coincidere con la singola persona e nella distanza apparentemente oggi incolmabile tra la dimensione globale che viviamo tutti i giorni e l'adeguatezza dei nostri strumenti mentali, formativi, educativi per percepire e stare dentro questa dimensione
Comunità e formazione sono, insomma, se volessimo ridurre a due parole, le direttrici per una politica di sicurezza che non può significare solo più polizia, più controllo, più contrasto armato, mura fisiche e normative, restrizione delle libertà; questa proposta di legge era partita con un certo approccio, non condivisibile che, infatti, in parte, è stato modificato. Faceva quasi coincidere il tema delle periferie urbane e delle condizioni di disagio sociale che vi si riscontrano con un tema di ordine pubblico, in particolare verso i migranti, a loro volta individuati come causa unica del terrorismo, dei problemi di integrazione e di convivenza fra genti di lontana origine e cittadini italiani residenti; questa dimensione è un aspetto della complessità dei problemi che riguardano il grande caleidoscopio delle periferie e dei loro problemi, ma non è quello dal quale tutto inizia e tutto termina. Per questo il campo di indagine della Commissione è stato, giustamente, ampliato a largo raggio, ad aspetti che toccano il punto di fondo dello stato delle città italiane: le trasformazioni urbane, i servizi collettivi, i servizi alla persona, le infrastrutture culturali, la mobilità urbana, il lavoro e gli attori sociali che operano nelle città con l'associazionismo, il volontariato laico e religioso, il radicamento dei diversi culti religiosi e delle loro diverse caratteristiche in rapporto all'integrazione con il resto delle comunità. Si tratta, quindi, di un'inchiesta sulle città, ancor prima che sulle periferie, e non potrebbe essere altrimenti, visto che il confine tra ciò che è città e ciò che è campagna è, ormai, da molto tempo, mobile ed incerto, così come quello tra ciò che, davvero, è centro e ciò che, davvero, è periferia, visto che le periferie urbane, occidentali e italiane, pur così differenti – e per questo serve indagare meglio – sono i veri centri di nuova vita.
In questa ricerca che la Camera avvierà verranno, probabilmente, a sovrapporsi le contraddizioni tra i nuovi conflitti imposti dalla globalizzazione con quelli tradizionali del nostro sviluppo urbano ancora attivi. Tra questi vi è quella dell'anemia congenita delle reti di servizio collettive, delle infrastrutture, che così enormemente pesano sulla piena costruzione di quel senso di comunità di cui parla Bauman. C’è un motivo per il quale la nostra storia è andata così ed è il peso che in una nazione giovane e arretrata ha giocato la rendita fondiaria nello sviluppo delle città e rispetto al quale, ogni volta, la politica e le istituzioni non sono storicamente riuscite a determinare adeguati fattori di riequilibrio pubblico, sicché, oggi, convivono nelle nostre città parti di periferie consolidate, sorte con strumenti di pianificazione urbanistica, che ancora all'inizio degli anni Settanta non prevedevano i servizi adeguati alle densità stabilite, o parti di periferie abusive, sia residenziali che manifatturiere o commerciali – a Roma il 35 per cento della città è di origine abusiva – sorte spontaneamente e fuorilegge, poi, condonate, senza avere i servizi; in mezzo vi è quel poco di parti delle città sorto dentro strumenti di pianificazione che, pur prevedendo servizi adeguati, non davano strumenti finanziari e normativi efficaci per realizzarli nel tempo. Il tema, dunque, sono le città italiane, la loro storia di ieri e la loro realtà di oggi che si legano profondamente e non solo in periferia, ma anche nei centri storici spopolati e ultra terziarizzati dove l'immane patrimonio culturale e monumentale appare sovrastato, schiacciato dall'eccesso di funzioni ed economia, facendo da contraltare alla povertà, invece, di funzioni strutturanti dell'intorno urbano.
In questi mesi il Governo italiano si è posto il problema – anche il Parlamento – e, anche se nella limitatezza delle risorse, si è varato un programma di azione importante; vanno in questa direzione lo stanziamento di oltre 500 milioni di euro per interventi di riqualificazione delle periferie, la legge per il contenimento del consumo di suolo recentemente approvata, la legge sul recupero dei centri storici, in discussione, il nuovo codice degli appalti, finalizzato a velocizzare e a rendere più trasparenti appalti e opere pubbliche. Il tempo di lavoro di questa Commissione non sarà molto, ma a certe condizioni – e mi avvio a concludere – questa Commissione potrà servire a fornire una lettura più ampia e scientificamente documentata sullo stato delle città in questo momento storico, così carico di incertezze, e a rinnovare una tradizione nobile del Parlamento italiano, quella dei grandi studi economico sociali al servizio della democrazia e delle istituzioni. Per questo il gruppo del Partito Democratico darà il suo voto favorevole alla proposta di inchiesta parlamentare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Dichiarazione di voto
Data:
Mercoledì, 27 Luglio, 2016
Nome:
Roberto Morassut