Discussione generale
Data: 
Martedì, 20 Febbraio, 2024
Nome: 
Valentina Ghio

A.C. 703-A

Grazie, Presidente. Ho ascoltato il relatore. La legge quadro in materia di interporti che affrontiamo oggi parte da un obiettivo condivisibile: introdurre una nuova disciplina quadro sugli interporti, ma, a nostro avviso, lo fa intervenendo in modo inadeguato, talvolta insufficiente, e su alcuni aspetti dannoso. Gli interporti, è stato detto, assumono, in questa fase economica e geopolitica, un grande rilievo, costituendo, insieme ai porti e ai terminal intermodali, uno dei cosiddetti nodi intermodali, ossia infrastrutture dedicate allo scambio nodale e all'interconnessione fra le reti, e quindi strategiche in questo momento storico. Dunque, l'obiettivo prevalente dovrebbe essere proprio la volontà di sostenere il sistema degli interporti, per accrescerne l'intermodalità e per accrescere l'efficienza dei flussi logistici. Ma alcune novità introdotte, sia rispetto alla legge attuale, sia rispetto anche al confronto sviluppato nella scorsa legislatura su questo tema, generano più di una preoccupazione. Ad oggi, risultano attivi 24 interporti, che evidenziano diverse scoperture sul territorio nazionale. Già dal primo articolo, che individua l'ambito di applicazione, le finalità e gli obiettivi della nuova legge, ci sono alcune novità, a partire dal comma quarto, che tratta la definizione di interporti, e mi riferisco a quando si inserisce per la prima volta la definizione della gestione degli interporti in forma imprenditoriale, che, se associata al regime applicabile ai soggetti gestori individuato nell'articolo 5 - e poi entrerò in questo merito -, stride fortemente proprio con la definizione che è stata data, ossia con il concetto di infrastruttura fondamentale per il sistema nazionale dei trasporti strettamente pertinente al perseguimento di interessi pubblici di rilievo generale. In particolare, mi riferisco all'articolo 5, che rappresenta il cuore del provvedimento e sul quale esprimiamo profonda contrarietà, perché configura una vera e propria privatizzazione, scritta nero su bianco, di infrastrutture strategiche per lo sviluppo del nostro Paese. Del resto, avendo inserito nella legge finanziaria 20 miliardi di introiti da privatizzazioni, da qualche parte questo disegno si deve concretizzare. E quindi, dopo le ferrovie, dopo Poste Italiane, dopo anche il dibattito sull'incertezza sulla natura giuridica nel percorso di riforma dei porti, che, in più di un intervento di questa maggioranza, ha fatto intravedere la volontà di ingresso massiccio dei privati nella gestione dei porti, adesso, con questo provvedimento, vediamo un'altra concreta e plastica realizzazione delle privatizzazioni annunciate. Infatti, in questo articolo, che dà corpo e sostanza all'intero provvedimento, appare chiara una volontà: privatizzare anche gli interporti. E mentre, da una parte, si ribadisce la funzione pubblica dei soggetti gestori, subito dopo si precisa che gli stessi soggetti agiscono in regime di diritto privato, con modalità che non ne garantiscono meccanismi di natura pubblicistica. In queste ore, tra oggi e domani, quando si andranno ad affrontare gli emendamenti, avrete l'occasione di dimostrare che non è così, che non volete compiere un'ulteriore sottrazione di controllo pubblico su un asset fondamentale, se approverete gli emendamenti che, come Partito Democratico, abbiamo presentato e in cui chiediamo espressamente, ad esempio, che, almeno nelle procedure che riguardano l'utilizzo di finanziamenti pubblici, vengano garantiti parametri e meccanismi pubblicistici. La nostra preoccupazione riguarda proprio l'ulteriore perdita di patrimonio strategico pubblico e diventa conclamata quando, nella legge, la costituzione del diritto di superficie per i soggetti gestori privati che fanno investimenti diventa diritto di proprietà, mettendo la bolla finale alla privatizzazione di infrastrutture strategiche di interesse nazionale, che dovrebbero rimanere pubbliche. Peraltro, ci sembrava anche - questa è una considerazione a latere, ma non tanto - che una nuova legge, quale quella oggi in esame, si ponga subito in conflitto con una normativa dell'Unione europea, in particolare con la direttiva Bolkestein, che mi sembra che da questo Governo venga applicata un po' à la carte, a vostra scelta, da subito per le guide turistiche, ad esempio, e non per gli interporti, dove non si prevede la selezione dei gestori sulla base di una procedura di evidenza pubblica che il testo della legge non contempla.

Peggio ancora, per sancire l'opinabile e preoccupante trasformazione del diritto di superficie in diritto di proprietà, che di fatto, appunto, privatizza queste infrastrutture, è il fatto di non prevedere almeno una procedura di evidenza pubblica, una gara pubblica, ma di prevedere una perizia giurata di un tecnico per la valutazione degli investimenti. Questo è nero su bianco nella legge. Ci sembra, davvero, l'ennesima svendita del nostro patrimonio, di strutture fondamentali del nostro Paese.

Un altro elemento negativo, a nostro avviso, è la scarsità di risorse a supporto dell'obiettivo, questo, sì, condivisibile, da raggiungere, ossia il supporto al pieno sviluppo dell'intermodalità. Le risorse noi riteniamo che siano del tutto insufficienti per questo obiettivo ambizioso: 6 milioni per il 2024, 5 milioni per il 2025 e 10 milioni per il 2026, peraltro, in assenza di esplicitati criteri di distribuzione, in assenza di una valutazione perequativa, e su questo in perfetta sintonia con l'andazzo introdotto dalla legge sull'autonomia differenziata, valutazione perequativa utile per sostenere i territori con maggiori bisogni e con minore avanzamento dei progetti di integrazione intermodale. Non c'è nessuna assicurazione della priorità dell'impegno di queste risorse agli interventi programmati da tempo, ma c'è un aumento del 25 per cento del numero di interporti che passano da 24 a 30, scelta che potrebbe anche essere condivisibile, ma fatta senza aver avviato una discussione parlamentare su dove collocarli, senza avere esplicitato e condiviso, in un dibattito parlamentare, criteri lungimiranti a tutela dei traffici, delle connessioni con le altre infrastrutture strategiche. Noi crediamo che manchi davvero, anche su questo, una visione di futuro, vediamo contributi a pioggia, mancanza di discussione condivisa, mancanza di un potenziamento strutturato, forse perché è già chiaro dove direzionare le risorse? Nel caso, il Parlamento e le Commissioni competenti dovrebbero almeno conoscerne le ragioni e gli obiettivi.

In definitiva, noi crediamo che ci troviamo di fronte a un altro provvedimento senza lungimiranza, con interventi che hanno un respiro limitato, che non rispondono agli obiettivi esplicitati dal potenziamento dell'intermodalità di tenere insieme sviluppo economico e tutela dell'ambiente. Soprattutto, ci troviamo di fronte a un provvedimento che fa entrare un'altra privatizzazione dalla finestra. L'onorevole Caroppo ha parlato del lungo periodo di tempo in cui abbiamo affrontato la discussione di questo provvedimento in Commissione; è vero, è stato un lungo periodo di tempo, ma è stato un lungo periodo di tempo anche perché è stato interrotto molte volte, addirittura, c'è stato un momento in cui c'è stato il tentativo di inserire la riforma dei porti come un “di cui” della legge sugli interporti, con un emendamento che di fatto, poi, alla fine non è stato mai presentato - io credo -, rendendosi conto che sarebbe stato troppo anche per questo Governo, date le mancate chiarezze sulla natura giuridica dei porti.

Sugli interporti, invece, a noi sembra che abbandoniate questa reticenza e andiate a toccare, con una conclamata privatizzazione, un settore, come quello dei trasporti e della logistica, dove la presenza dello Stato è fondamentale, perché ne va della coesione, ne va della tenuta, ne va del futuro del nostro Paese. Su trasporti, su infrastrutture e su energia state facendo fare un grande passo indietro allo Stato e noi pensiamo che sia un grande errore lasciare alle privatizzazioni i servizi essenziali che costituiscono l'ossatura di questo Paese, che contribuiscono alla coesione sociale dei suoi abitanti. Un gesto come questo, da parte di chi, come voi, si propone come primo difensore della patria, è l'ennesima contraddizione in termini, che andrà in direzione contraria rispetto al rafforzamento dello sviluppo giusto del nostro Paese.