Esame e votazione di questioni pregiudiziali
Data: 
Martedì, 23 Febbraio, 2016
Nome: 
Silvia Fregolent

A.C. 3606

Signor Presidente, signor Viceministro, le pregiudiziali di costituzionalità oggi in discussione sollevano problemi di metodo e di merito in relazione al decreto-legge n. 18 del 2016. 
Per quanto concerne il metodo, le pregiudiziali in discussione criticano il frequente ricorso alla decretazione d'urgenza, che altera il principio della separazione dei poteri – ai sensi del quale il compito di legiferare spetta al Parlamento, non al governo –, e la non omogeneità del provvedimento. Si tratta di un generico e ripetitivo atto di accusa nei confronti del potere Esecutivo. Come è noto, la Costituzione consente al Governo, qualora ricorrano casi straordinari di necessità e urgenza, di adottare atti normativi con forza di legge, che sono immediatamente presentati alle Camere ai fini della conversione in legge (articolo 77). Il decreto-legge è dunque uno strumento normativo che ha un fondamento costituzionale. La Costituzione riserva alle Camere un ruolo specifico, visto che il Parlamento è chiamato a controllare l'operato dell'Esecutivo, decidendo se convertire o meno il decreto-legge e a decidere se mantenere inalterato il testo dell'Esecutivo, ovvero se modificarlo, come spesso avviene. 
Nel caso di specie, i requisiti di straordinaria necessità e di urgenza del decreto-legge in esame sono individuati nelle premesse e coincidono con la straordinaria necessità ed urgenza di avviare il processo di riforma del settore bancario cooperativo, al fine di rafforzare la stabilità del sistema nel suo complesso e consentire il rafforzamento patrimoniale delle banche di credito cooperativo, l'urgenza di concedere a titolo oneroso una garanzia dello Stato sulle passività emesse nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione, la necessità e l'urgenza di definire il regime fiscale della cessione di diritti, attività e passività di un ente sottoposto a risoluzione a un ente ponte. 
Per quanto concerne il carattere eterogeneo del provvedimento, dobbiamo notare che il decreto-legge ha senza dubbio una statura articolata: si compone di diciotto articoli divisi in quattro capi, ma è altrettanto indubbio che le norme racchiuse al suo interno sono riconducibili al titolo: «Misure urgenti concernenti la riforma delle banche di credito cooperativo, la garanzia sulla cartolarizzazione delle sofferenze, il regime fiscale relativo alle procedure di crisi e la gestione collettiva del risparmio». Come è noto, la corrispondenza tra titolo e contenuto, oltre ad essere prescritta all'articolo 15 della legge n. 400 del 1988, che disciplina la potestà normativa del Governo, è uno degli indicatori utilizzati per rilevare la omogeneità dei decreti-legge. Peraltro, la Corte costituzionale ha affermato che il requisito dell'omogeneità dei decreti-legge può essere rinvenuto quando più norme disciplinano la stessa fattispecie, oppure quando sia comune l'obiettivo che le disposizioni contenute nell'atto normativo, pure eterogenee dal punto di vista del contenuto, intendono raggiungere. Quest'ultimo è il caso in cui si colloca il decreto-legge in esame. Siamo di fronte ad un'omogeneità teleologica, poiché le disposizioni del decreto, pure intervenendo in una pluralità di materie e di settori dell'ordinamento ne condividono le finalità. 
Infine, per quel che concerne il merito del provvedimento, tutte le questioni pregiudiziali rilevano un problema di compatibilità tra la nuova disciplina delle banche di credito cooperativo e l'articolo 45 della Costituzione. In termini generali, dobbiamo ricordare che l'articolo 45, nel riconoscere la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità, lascia al legislatore un ampio spazio di discrezionalità nella scelta degli strumenti attraverso i quali promuovere e favorire la cooperazione. Nel caso specifico, il legislatore interviene sulla cooperazione nel sistema bancario, e lo fa con l'intento di rafforzare la solidità finanziaria dei soggetti che operano nel settore. Per tale ragione, individua una soglia decisamente alta di riserve (200 milioni di euro) al di sotto delle quali le banche di credito cooperativo devono aderire ad un gruppo bancario unico. Nondimeno, i soggetti che superino tali soglie possono decidere di non confluire nel gruppo unico e, versando un'imposta straordinaria pari al 20 per cento delle proprie riserve, di costituirsi in Spa per continuare a svolgere l'attività bancaria. La novità rispetto al passato è l'affrancamento delle risorse indivisibili dall'obbligo di essere conferite al Fondo mutualistico. Si tratta senza dubbio di una deroga al regime generale, che, tuttavia, ha una sua ragion d'essere specifica in questa fase di transizione del sistema. In un frangente di elevata instabilità finanziaria, di trasformazione del diritto europeo in materia di cooperazione e di riforma del credito cooperativo nel nostro ordinamento, l'obiettivo del decreto è rafforzare il sistema del credito cooperativo, favorendo e incentivando la creazione di un gruppo unico. 
D'altro canto, non si poteva obbligare ogni soggetto all'adesione a tale gruppo, questo sì sarebbe stato incostituzionale; di qui la creazione di una via d'uscita per i soli soggetti che siano sufficientemente solidi per rimanere autonomamente sul mercato trasformandosi in Spa. Quest'ultimo elemento può essere oggetto di polemica politica, ma fatico a rintracciare ragioni di incostituzionalità. Per questo, a nome del gruppo del PD, respingeremo le pregiudiziali di costituzionalità (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).