Grazie, Presidente. Il Partito Democratico ha affrontato il percorso di questa legge con spirito aperto e costruttivo; lo abbiamo fatto, lo voglio dire con chiarezza, perché noi siamo ben consapevoli che la lotta alla corruzione e all'illegalità che si annida nella pubblica amministrazione costituisce una necessità, deve essere un obiettivo inesausto della politica, in un Paese, come il nostro, nel quale il fenomeno è endemico e diffuso. E noi, quando siamo stati al Governo, a questo obiettivo abbiamo dedicato energie, risorse e provvedimenti concreti. Penso alla legge anticorruzione del 2015, che ha inasprito le pene per i reati contro la pubblica amministrazione, che ha reintrodotto il falso in bilancio, che ha subordinato la concessione della sospensione condizionale della pena alla restituzione del maltolto.
Ma penso anche all'introduzione nell'ordinamento del reato di autoriciclaggio, all'istituzione dell'Autorità nazionale anticorruzione, dotata di personale e risorse per operare, al reato di scambio politico-mafioso e, perché no, anche all'introduzione del whistleblowing, iniziativa dell'opposizione di allora che noi condividemmo e passò con i nostri voti, perché noi, a differenza di questa maggioranza, non avevamo difficoltà a condividere percorsi legislativi con l'opposizione nell'interesse del Paese. Insomma, nessuno può permettersi di mettere in discussione la nostra attenzione e il nostro impegno sul tema, su questo non accettiamo lezioni da nessuno. Non certamente da chi, come il MoVimento 5 Stelle, nella scorsa legislatura votò con Forza Italia contro la legge anticorruzione e, dopo essersi fatto paladino della legalità, oggi vota con Forza Italia l'ennesimo condono edilizio. Non accettiamo lezioni di moralità pubblica da nessuno!
Eravamo, dunque, disponibili a confrontarci con la maggioranza per capire come e dove intervenire per migliorare l'impianto normativo di contrasto alla corruzione, perché sappiamo che ciò che abbiamo fatto non è esaustivo e che tutto è perfettibile. Speravamo in una disponibilità al dialogo, ma ci sbagliavamo; ci sbagliavamo perché, alla fine, come sempre in questa legislatura, le esigenze di propaganda politica, le esigenze di comunicazione sono prevalse sull'interesse del Paese e sugli interessi della giustizia. Lo abbiamo capito anzitutto da quell'accostamento suggestivo contenuto nel titolo iniziale della legge, che mette insieme i reati contro la pubblica amministrazione con le norme sulla trasparenza dei partiti, con un accostamento suggestivo che sembra indicare che la corruzione si annida principalmente nei partiti.
Un'idea francamente inaccettabile, direi mortificante per la nostra democrazia e per la nostra Costituzione; un larvato attacco alla democrazia dei partiti in nome di una concezione pericolosa, quella delle democrazia diretta, dove “diretta” non è un aggettivo, ma un participio passato. Il vero aggettivo dovrebbe essere “eterodiretta”, una democrazia eterodiretta da piattaforme web, da associazioni private più o meno occulte. È una concezione che mortifica e snatura la democrazia, e contro la quale, sia chiaro, noi ci batteremo sempre con forza e determinazione, in nome dei principi sanciti dalla nostra Costituzione, che nei partiti partecipati e aperti riconosce il fondamento della politica nazionale.
Ma che il fine fosse la comunicazione e la propaganda lo abbiamo capito anche dal contenuto della legge, che, accanto ad alcune norme certamente utili, perché completano il quadro normativo impostato nella scorsa legislatura, contiene norme che certamente aiutano a coniare slogan, ma al prezzo di mortificare il quadro giuridico, di introdurre sgrammaticature, nel migliore dei casi inefficaci, nel peggiore pericolose. Mi riferisco all'aumento smisurato delle pene accessorie per i reati contro la pubblica amministrazione, che contraddice, guardate, quanto asserito nella relazione introduttiva al disegno di legge, secondo cui la misura delle pene attuali è già adeguata e il suo aumento non potrà avere alcuna efficacia dissuasiva dei comportamenti illeciti. Mi riferisco all'introduzione della causa di non punibilità, una norma che, come ci ha detto il presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione Cantone e come abbiamo dimostrato durante la discussione in Aula, rischia di scatenare la diffusione di tanti agenti provocatori privati, liberi di denunciare avversari, nemici, amministratori pubblici, forti della garantita impunità.
E ancora, la previsione dell'agente sotto copertura: una norma - lo voglio dire con chiarezza - che andava meglio calibrata per renderla davvero efficace e priva di rischi. I rischi, anche qui, di trasformare l'agente sotto copertura in agente provocatore, cioè nell'agente di uno Stato che provoca i reati al fine di reprimerli, una deriva pericolosa ed inaccettabile.
Ma la prova definitiva che al Governo, al Ministro e mi dispiace dirlo, interessa mettere solo una bandierina, segnare il territorio, a prescindere dal merito e dagli effetti delle norme proposte, l'abbiamo avuta con la scelta di introdurre in modo surrettizio nel provvedimento il tema della prescrizione: un tema che nulla c'entra col provvedimento, inserito con un atto di imperio in un emendamento di poche righe a fine istruttoria in Commissione, al prezzo di una forzatura inaccettabile delle regole di funzionamento di questa Camera; ed è la creazione di un precedente pericoloso, perché lesivo delle prerogative e dei diritti dell'opposizione.
Un emendamento che in poche righe ha gettato una bomba - uso le parole pronunciate da un Ministro di questo Governo - nel sistema delle garanzie del nostro Paese: perché come ci hanno detto tutti, ma proprio tutti gli auditi ascoltati nell'unico giorno concesso per discutere del tema, interrompere la prescrizione dopo il primo grado di giudizio senza mettere mano al processo significa allungare in maniera smisurata la durata dei procedimenti, con l'evidente lesione di un principio costituzionale che è quello della ragionevole durata del processo. E non lo diciamo noi: l'hanno detto tra gli altri il professor Manes, il Primo Presidente della Cassazione Mammone, il Procuratore generale della Cassazione Fuzio, il Presidente emerito della Cassazione Canzio! Un intervento a piedi uniti nel delicato equilibrio tra pretesa punitiva dello Stato e diritti di libertà dei cittadini, che rivela la concezione giustizialista della maggioranza, disposta a sacrificare le garanzie di tutti, colpevoli e innocenti, sull'altare di una giustizia dal sapore vagamente totalitario, perché all'insegna di una premessa implicita, e cioè che qualunque cittadino sottoposto a giudizio è un presunto colpevole e non un presunto innocente, come sancito dall'articolo 24 della Costituzione.
Sia chiaro, il problema della prescrizione nei processi esiste; ma non si risolve con un tratto di penna, con due righe di un emendamento, scaricando sui cittadini le inefficienze della giustizia, ma si fa all'interno di una riforma complessiva del processo come abbiamo fatto noi nella scorsa legislatura, con una modifica equilibrata, entrata in vigore l'anno scorso, cioè un tempo troppo breve per misurarne l'impatto, come del resto ha ammesso il Governo in Commissione. E allora perché riformare con un blitz che ha sacrificato le regole di questa Camera, le garanzie dell'opposizione, con questo atto di imperio intervenire su un istituto appena modificato e senza neanche sapere se la bonifica ha già risolto il problema? È una domanda retorica, la mia, perché ovviamente le esigenze di comunicazione sono sopra tutto.
E da ultimo, se non bastasse e mi avvio a concludere, Presidente, la vergogna di quanto accaduto in Aula: quell'emendamento approvato dalla maggioranza nascosta dietro il voto segreto per salvare dai processi per peculato qualche esponente di maggioranza! Il prezzo pagato dal Movimento 5 Stelle alla Lega per ottenere il via libera al provvedimento. No colleghi, mi dispiace: noi voteremo contro questo provvedimento perché nonostante i suoi sbandierati obiettivi, i modi con i quali è stato discusso e i suoi contenuti rappresentano la somma di tutta la peggiore politica di cui questa maggioranza è portatrice, arrogante forzatura delle regole, sacrificio del merito delle scelte sull'altare della propaganda, o peggio ancora, dei ricatti di una maggioranza sfibrata.
In tutto ciò, la vera lotta alla corruzione rimane altrove, la buona politica rimane altrove: prima o poi dovrete tornarci, noi vi aspetteremo lì.