Dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia
Data: 
Martedì, 17 Giugno, 2014
Nome: 
Edoardo Fanucci

A. C. 2433

Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevoli colleghe, oggi la Camera è chiamata ad esprimersi con il voto sulla questione di fiducia su un provvedimento che segna una svolta epocale per il nostro Paese. Il Governo ha, da non molto, superato i primi cento giorni di vita, un periodo breve ma che ci consente di tracciare già un primo bilancio positivo del lavoro svolto. L'Esecutivo ha mostrato un attivismo e una capacità di incidere a cui non assistevamo da anni, realizzando finalmente in diversi settori dello Stato quella scossa invocata da più parti, ma mai fino in fondo portata a compimento.
  Il Governo Renzi può finalmente approvare quelle riforme, di cui il Paese ha bisogno; gli italiani, con il voto del 25 maggio, hanno spinto con forza in questa direzione; proseguiamo con decisione la strada intrapresa, la strada del cambiamento. Nel solco di questo binario, il decreto-legge n. 66 del 2014, anche detto decreto IRPEF, ha avuto un duplice effetto; da una parte, viene rimessa in moto la macchina dello Stato, resa più semplice ed efficiente, dall'altra, si restituiscono risorse nelle tasche dei dipendenti, ma non di tutti, di quelli a reddito medio basso, e lo si fa dopo anni in cui lo Stato ha chiesto a questa categoria solo lacrime e sangue. Il perché lo ha fatto è tanto tristemente quanto facilmente spiegabile: i lavoratori dipendenti non possono evadere le tasse, non possono scappare in comodi paradisi fiscali e non possono rifiutare una trattenuta che è certa e definitiva, in quanto dispiega i suoi effetti direttamente in busta paga. La rivoluzione parte oggi, dai più deboli. Il credito IRPEF, infatti, scatta anche per i lavoratori che percepiscono somme a sostegno del reddito anche fuori dal mondo del lavoro, cassa integrazione, indennità di mobilità, indennità di disoccupazione. Pensate che beneficio può derivare da questo intervento per questa categoria di ex, purtroppo, lavoratori. A questo provvedimento affidiamo la nostra speranza di rilanciare i consumi, ormai stagnanti da troppo tempo, di rilanciare l'economia reale, quella che parte dal basso, dalle famiglie, dai lavoratori, dai ceti meno abbienti, rilanciare la voglia di tornare a credere e di investire in questo Paese, ricco di opportunità, creatività e voglia di fare.
  All'articolo 1 del decreto-legge è previsto un bonus fiscale di 640 euro per i lavoratori dipendenti, 80 euro in più al mese in busta paga da maggio a dicembre, ma solo per i possessori di un reddito complessivo compreso tra gli 8 mila e i 24 mila euro, una scelta forte a cui non ci vogliamo sottrarre. Il Governo si è preso un impegno solenne nei confronti dei beneficiari del provvedimento: con la prossima legge di stabilità il bonus diventerà permanente, risorse certe e stabili su cui poter costruire piccoli e grandi progetti di vita, in buona sostanza su cui poter contare.
  Con questo provvedimento assistiamo ad una grande opera di ridistribuzione sociale di risorse pubbliche, 80 euro consegnati direttamente in busta paga, senza bisogno di avanzare alcuna richiesta, di compilare moduli o di rivolgersi a professionisti del settore. Questo risultato è indicativo della rivoluzione realizzata dal Governo con questo provvedimento. «Stop» alla burocrazia vuol dire «stop» anche a questo tipo di richieste; per sconfiggere l'evasione il primo passo da compiere è un sistema fiscale più semplice, che rafforzi il rapporto di fiducia tra Stato e cittadini, ma prima del sistema fiscale occorre, anche, un sistema di rapporto tra Stato, imprese e cittadini che va nella direzione giusta e questo provvedimento va nella direzione giusta.
  Il prossimo obiettivo da portare a termine entro pochi mesi dovrà essere quello di destinare risorse agli incapienti totali, a coloro che, purtroppo, ancora molti, non hanno occupazione o non godono di alcun ammortizzatore sociale. Occorre che l'impegno del Governo e del Parlamento sia fortissimo su questo punto; non possiamo permetterci di lasciare ulteriormente indietro chi non ce la fa più, chi è costretto a vivere una situazione di disagio estremo. Allo stesso tempo, è prioritario anche un intervento in favore delle pensioni minime e delle partite IVA; la coperta, in questa fase, era corta, anzi cortissima, e di conseguenza abbiamo fatto delle scelte, ma riteniamo che si debba andare ancora più avanti. Per realizzare queste ulteriori misure il Governo, comunque, dovrà individuare le necessarie coperture. A nostro avviso, dovremo continuare sulla strada del taglio alla spesa pubblica improduttiva e alla lotta, senza se e senza ma, all'evasione e all'elusione fiscale. Soltanto in questo modo sarà possibile cogliere una crescita davvero reale e duratura senza gravare sui conti pubblici, oggi in via di riordino, ma ancora fortemente condizionati dal macigno del nostro assai gravoso debito pubblico.
  Il Parlamento dovrà sostenere e non ostacolare questo processo. Chi si opporrà dovrà assumersene la responsabilità, sopratutto di fronte all'elettorato, che si è dimostrato essere, all'ultima tornata elettorale, il più forte e convinto sostenitore di questo Governo.
  A parole pare semplice, ma nella realtà sarà più difficile di quanto non si voglia credere, basti pensare alla spesa pubblica, su cui si adoperano e vivono gran parte delle nostre corporazioni: 800 miliardi di euro di spesa pubblica. Quando andremo a toccare queste risorse, quando andremo a toccare piccoli e grandi privilegi, il Parlamento si troverà lobby forti che chiederanno di invertire questa richiesta e di stoppare questa richiesta, e noi dovremo avere la forza e il coraggio di andare avanti.
  Sul fronte delle imprese, da cui dipende la crescita e lo sviluppo del nostro Paese, il decreto «Irpef», con un taglio complessivo del 10 per cento, riduce le aliquote della tanto avversata IRAP, una tassa odiosa perché più si creano posti di lavoro più aumenta la tassazione; ma, cosa ancor più grave, questo avviene a dispetto della produzione o meno di utili, quindi un'azienda che perde ma assume è ancora più tassata.
  In coerenza con quanto previsto dal provvedimento in esame, i decreti-legge approvati lo scorso venerdì vanno nella giusta direzione. Vale ricordare la detassazione degli investimenti, il taglio del 10 per cento alla bolletta elettrica, il rafforzamento dell'ACE, ovvero dell'aiuto alla crescita economica, con sgravi sulla patrimonializzazione.
  Parliamo di risparmi e parliamo di coperture. Da un lato, occorreva spostare il carico fiscale dal lavoro alle imprese, dal lavoro al capitale, dal lavoro ma anche dalle imprese al capitale. Lo abbiamo fatto, con le rendite finanziarie, aumentando la tassazione dal 20 al 26 per cento; con le banche, in particolare con le banche detentrici delle quote di Bankitalia, chiedendo il giusto prezzo per questo intervento. Dall'altro lato, si continua ad incidere sulla spesa dello Stato rafforzando la spending review e rendendola sempre più incisiva e mirata.
  Sul taglio della spesa improduttiva dello Stato il Governo si gioca una partita fondamentale da cui dipende il successo della nostra politica economica e, da un certo punto di vista, anche la nostra resistenza in questo Parlamento.
  Risparmi apprezzabili sono attesi dalla riforma della pubblica amministrazione, in particolare dalla riorganizzazione dello Stato sul territorio. Ma dobbiamo considerare anche il taglio netto alle auto blu, un forte ma importante simbolo della lotta alla casta, a tutte le caste. Inoltre, il taglio agli stipendi della pubblica amministrazione, il prossimo superamento del Senato, i corposi tagli alla difesa, con tagli per 400 milioni di euro, di cui 150 milioni – e qui mi rivolgo agli amici del MoVimento 5 Stelle e di SEL – per la revisione del programma degli F-35; l'adozione di costi standard per la sanità. In particolare, il tetto agli stipendi dei dirigenti della pubblica è fissato a 240 mila euro, una parte dei quali legati ai risultati raggiunti e all'andamento dell'economia, una misura di buonsenso che va nella direzione giusta. Qui mi rivolgo a tutti i deputati e penso anche ai senatori, perché la Camera e il Senato, nella loro piena autonomia costituzionale, dovranno adeguarsi e in fretta a tale indicazione. Volontariamente, certo, ma con senso della realtà, dell'equità e della giustizia. Per ritrovare la fiducia e la credibilità delle istituzioni abbiamo bisogno di misure improntate al senso di sobrietà e di responsabilità.
  Quando si parla di pubblica amministrazione non si può non parlare di RAI. Allora, anche qui, è stato chiesto un contributo pari a 150 milioni di euro alla RAI, salvando le sedi regionali, salvando il servizio pubblico, ma un contributo doveva essere chiesto ed è stato chiesto.
  Lotta all'evasione: due miliardi di euro a partire dal 2015, avanti su questa strada; edilizia scolastica e pagamento dei debiti della pubblica amministrazione: siamo sulla strada giusta. E qui chiudo, Presidente.
  Oggi è finito il tempo di piangersi addosso. Oggi è il tempo di guardare al futuro con rinnovato entusiasmo; oggi è il nostro tempo, oggi tocca a noi sfidare il futuro cambiando il nostro presente.