Discussione sulle linee generali
Data: 
Lunedì, 20 Ottobre, 2014
Nome: 
Ermete Realacci

A.C. 2629-A

Signor Presidente, intervengo dopo l'intervento della relatrice Braga che ha puntualmente indicato i punti che sono toccati nel provvedimento. Il provvedimento è molto complesso, tocca materie molto varie, forse troppo varie, e ha avuto un esame molto approfondito nel passaggio parlamentare. Ho sentito molte polemiche in materia, io non ricordo nessun decreto-legge che in Parlamento sia stato sottoposto a una tale mole di lavoro. Abbiamo ascoltato decine e decine di soggetti istituzionali, sociali, economici; abbiamo avuto tremila emendamenti presentati, ne abbiamo votati oltre mille e ne sono stati approvati oltre 200 che apportano modifiche anche significative al provvedimento stesso.
  Ovviamente, sono legittimi i giudizi e anche l'utilizzo dei Regolamenti parlamentari per contrastare questo provvedimento, ma io vorrei soffermarmi, facendomi forte della descrizione puntuale che ne ha fatto la relatrice Braga, su alcune questioni. È chiaro che questo provvedimento aveva ed ha come finalità quella di rimettere in moto il Paese, di superare alcuni blocchi nel funzionamento della «cosa» pubblica, di avviare alcune iniziative che possano favorire la nostra economia in un momento di grave crisi. È chiaro che una parte di questi blocchi sono legati anche alle regole, agli appesantimenti burocratici, ai meccanismi di funzionamento che si sono, nel corso degli anni, sempre più incrociati, al punto da rendere quasi impossibile realizzare non solo le cose che uno non condivide, ma anche le cose che uno condivide. Qualche settimana fa abbiamo celebrato il cinquantenario dell'autostrada del Sole. L'autostrada del Sole, che, per la generazione di mio padre, fu un segno di rinascita nel dopoguerra, un segno di speranza, fu realizzata – chiusa con due anni di anticipo – in otto anni; è un'autostrada di 700, 800 chilometri, con decine e decine di viadotti e di gallerie e fu realizzata in una condizione in cui le potenzialità tecnologiche erano molto inferiori a quelle attuali. Oggi, facciamo fatica, in un tempo simile, quando va bene, a realizzare il contro argine di un piccolo fiume in Maremma. Quindi, c’è qualcosa che non funziona.
  Ovviamente, ogni volta che si parla di semplificazioni bisogna evitare due rischi: uno è presente in questo provvedimento e noi abbiamo cercato di mitigarlo nei passaggi che ci sono stati e cioè che si vada a provvedimenti ad hoc, che non ci sia un ragionamento generale e, quindi, qui è chiaro che bisogna rimettere mano, in generale, alla partita dei contratti, degli appalti. La Banca d'Italia nella sua audizione ci ha ricordato che, dal 2007, ci sono state oltre 600 modifiche al codice degli appalti. Inoltre, abbiamo inserito nel provvedimento la richiesta che ci sia un regolamento unico comunale che sia anche orientato alla nuova edilizia, legata, quindi, al risparmio energetico, al consolidamento antisismico delle abitazioni, ma, insomma, che impedisca una Babele di regole sulla base delle quali ci troviamo in un Paese in cui, mentre un cittadino o un'impresa passa i suoi guai per uscire da una giungla di norme, magari, da altre parti, ci sono regioni come la regione Campania che chiedono di riaprire i termini della sanatoria dell'abusivismo edilizio. Dobbiamo avere un Paese più semplice in cui le regole siano rispettate da tutti e per far questo ogni volta che si parla di semplificazione bisogna anche parlare di controlli. Da questo punto di vista, io trovo che sia indispensabile che un provvedimento che abbiamo approvato a larga maggioranza alla Camera, che è quello del coordinamento, rafforzamento, ristrutturazione delle agenzie ambientali che adesso è al Senato, vada avanti, perché, se si procede a semplificazioni, senza certezza dei controlli, si apre un problema e un rischio.
  Rispetto a questo provvedimento, i fronti polemici che ci sono stati, anche legittimi, hanno riguardato temi che hanno messo poi in ombra, a mio avviso, alcuni dei cuori di questo provvedimento, perlomeno dal mio punto di vista. Si è parlato di un provvedimento che favorisce colate di cemento, ebbene, in questo provvedimento non c’è una sola misura che permetta di costruire un metro quadro in più, con regole diverse dal passato; le uniche che c'erano le abbiamo eliminate nel passaggio parlamentare ed erano legate ad alcune agevolazioni sul fronte delle abitazioni da dare in locazione. Si è parlato di un provvedimento che favorisce la privatizzazione dell'acqua; ora, è legittimo dire che, in questo provvedimento, come in altri, non ci siano fondi che permettano una ripubblicizzazione dell'acqua, ma è del tutto destituito da fondamento sostenere che in questo provvedimento ci siano norme che favoriscano la privatizzazione dell'acqua.Anzi, sono stati approvati emendamenti che non solo legano la concentrazione delle aziende alla loro proprietà pubblica ma anche che, per esempio, eliminano una norma precedente al referendum, e chiaramente in contrasto con il referendum, che obbligava a privatizzare l'Acquedotto pugliese. Questa norma è stata eliminata. Poi, si è parlato molto dei provvedimenti che riguardano sia la questione dei rigassificatori sia la questione delle perforazioni. Sui rigassificatori devo dire con franchezza che trovo legittimo, nel rispetto ovviamente delle popolazione, dell'ambiente e delle procedure, che quando ci sono infrastrutture che effettivamente interessano il futuro strategico del Paese – noi sappiamo che il nostro Paese è molto esposto sul fronte dell'approvvigionamento energetico del gas e che il mondo in cui viviamo è purtroppo un mondo complicato, con tante tensioni, con tanti conflitti – sia ragionevole che, alla fine, la decisione finale su queste infrastrutture sia una decisione presa a livello nazionale. Abbiamo, invece, mitigato fortemente la partita che riguardava la questione delle perforazioni petrolifere, perché lì c’è stata, onestamente, un'enfatizzazione sul ruolo dell'Italia come Paese petrolifero che è destituita di fondamento: noi non abbiamo in Italia tanto petrolio. Si potrebbe persino discutere del fatto che non ci convenga tenercelo per periodi in cui magari l'uso indispensabile del petrolio potrebbe essere non facilmente accessibile. In questo momento, non è così; in questo momento, nel mondo, c’è tanto di petrolio. È calato anche il prezzo: nell'ultimo anno, è calato di 30 dollari al barile il prezzo del petrolio. È giusto estrarre in sicurezza, laddove possibile, queste riserve, ma non è giusto ritenere che questa sia una priorità assoluta. Chi mi dicesse che fare dei pozzi petroliferi nel Chianti o nelle Langhe è un buon investimento per il Paese, a mio avviso, andrebbe riconsiderato ai fini di trattamenti sanitari obbligatori, perché non è questo chiaramente quello che serve al Paese. E alcune delle cifre che sono circolate, in merito alla vocazione petrolifera estrattiva dell'Italia, sono francamente destituite di fondamento. Ho sentito gli operatori del settore parlare di 100 mila posti di lavoro all'anno: vorrei sommessamente ricordare che la società che gestisce tutte le riserve petrolifere e di gas dell'Arabia Saudita e che occupa anche un certo numero di persone per quelli che chiameremmo lavori socialmente utili in Arabia Saudita ha 50 mila dipendenti. Ecco, che l'Italia possa occupare il doppio dei dipendenti dell'Arabia Saudita nell'estrazione credo che sia una leggenda metropolitana, per usare un eufemismo. Devo però, al tempo stesso dire, che, mentre abbiamo introdotto nel provvedimento delle norme che tornano indietro rispetto alla riapertura delle perforazioni, per esempio, nel Golfo di Venezia, di Napoli e di Salerno e che introducono nuove normative per quanto riguarda la VIA, che, come ricordava la relatrice, prevedono dei filtri abbastanza forti per le società che vogliono operare in materia, con delle fideiussioni, con delle garanzie rispetto al massimo incidente possibile, è anche necessario da parte di tutti sapere che delle scelte vanno fatte. Non ci si può opporre ad Ombrina – io penso che Ombrina deve tornare ad essere un pesce e non un progetto di perforazione al largo delle coste abruzzesi – e allo stesso tempo usare toni analoghi per opporsi ad un parco eolico, come è accaduto al largo del Molise, e a impianti solari o alla chimica verde in Sardegna. Insomma, il Paese si deve rimettere in movimento, deve capire qual è la strada. Questa strada passa per vie nuove in maniera molto più rapida di quanto non pensassimo in passato. Faccio un esempio. Vedo qui il Viceministro Nencini, non parlo di cose che stanno a cuore anche a lui ma, per esempio, si è parlato molto della Orte-Mestre: la Orte-Mestre è stata definita, non dalle associazioni ambientaliste ma dal presidente dei costruttori italiani, in audizione, una boutade, perché è chiaro che di nuove autostrade l'Italia ha poco bisogno, viste anche le condizioni economiche per le nuove autostrade. La vicenda Brebemi – ho trovato geniale il video che circola nella rete dei ragazzi che giocano a pallone sulla Brebemi – dimostra che quella non è la strada del futuro. Non è lì che passa il futuro dell'Italia: passa per la banda larga, passa per altre infrastrutture. Non abbiamo bisogno di nuove autostrade. E anche nell'energia le cose stanno cambiando con una rapidità molto più forte di quanto si riteneva.
  Due anni fa l'ENEL chiedeva contributi per tenere aperte le centrali, adesso annuncia un piano di dismissione di 20 centrali; e mi dispiace che i sindacati abbiano protestato per questo piano di dismissioni, anche a fronte della garanzia occupazionale offerta: non abbiamo bisogno di nuove centrali, soprattutto non abbiamo bisogno di nuove centrali più inquinanti, meno efficienti, come sono quelle a carbone o ad olio combustibile. Lo stesso vale per il trasporto: si riduce la necessità di trasporto non solo per la crisi, ma perché cambiano i comportamenti. Quando a Milano 100 mila persone che usano il car sharing, è chiaro che la strada da seguire è un'altra.
  Ma oltre a questi elementi che sono stati discussi, nel provvedimento ci sono tantissime misure che parlano veramente di futuro. Parlo non solo delle cose che ricordava la relatrice: parlo delle misure previste per la banda larga, parlo per le misure previste per le imprese, parlo per le misure a sostegno del made in Italy, tema importantissimo; peraltro vedo che in settimana discuteremo le mozioni per quanto riguarda il Trattato transatlantico. Difendere il made in Italy, per esempio nell'agroalimentare, significa anche fare dei trattati che difendano la specificità e la forza dell'Italia. Parlo di misure che riguardano l'utilizzo efficace – come diceva la collega Braga – dei fondi europei, che prevedono che una parte rilevante di questi fondi siano destinati alla mitigazione e all'adattamento: io ricordo che in questi giorni di alluvioni, che drammaticamente hanno colpito l'Italia, ci ricordano anche che gli eventi meteorologiche estremi sono aumentati del 900 per cento negli ultimi vent'anni; e questo, aggiunto alla fragilità e alla cattiva gestione del territorio aumenta i nostri pericoli.
  Il complesso di risorse che sono destinate nel provvedimento alle grandi opere pubbliche, peraltro fortunatamente spostate più verso le ferrovie e le metropolitane che non verso le autostrade, come ci ha ricordato Bankitalia è di 500 milioni di euro in tre anni: questa è la cifra vera. Le risorse che possono essere riattivate, se funzioneranno queste misure (io mi auguro che funzionino), sul fronte del dissesto idrogeologico e della depurazione delle acque sono oltre 4 miliardi di euro. Questo è il rapporto: 4 miliardi contro 500 milioni, in questo provvedimento. Ed a questo vanno aggiunti una serie di altri articoli che danno dei segnali molto importanti, alcuni sul piano anche culturale: piccoli emendamenti approvati, ma insomma il fatto che le cooperative che gestiscono i beni confiscati alla mafia possano usufruire ugualmente di agevolazioni, il fatto che i cittadini che si autoorganizzano le città possano gestire in proprio alcuni servizi, dalla spazzatura alla raccolta differenziata alla gestione di aree verdi, chiedendo ai comuni delle defiscalizzazioni; il fatto che si rimettano in gioco finanziamenti che erano bloccati per perversioni burocratiche kafkiane, come sono quelle per una mobilità a basso impatto ambientale... Oppure, molto più rilevante, i finanziamenti: 900 milioni di euro all'anno per il conto termico, 700 per i privati e 200 per il pubblico, che sono rimasti inutilizzati perché il regolamento proposto dal MISE era impossibile da gestire. È stato chiesto un milione di euro: anche quella è sburocratizzazione !
  L'insieme di queste misure indicano un'altra strada per l'Italia: è una strada in cui le idee del passato non devono più essere così forti nella politica, ma non devono neanche ipnotizzare chi si oppone alle politiche del passato, che finisce per concentrarsi su queste cose... Vi faccio l'esempio dell'Orte-Mestre. L'Orte-Mestre è stata agitata in positivo e in negativo sia da coloro che pensano che il futuro è quella roba lì (ma non è così: il futuro non è più quella cosa lì), sia da chi pensa che bisogna contrastare quella strada: l'Orte-Mestre è un bluff, è una bufala, non si farà mai. Lo stesso vale per tante altre questioni.
  Allora – e termino, Presidente – è molto importante che questo tracciato, il tracciato di un'Italia che sfida il futuro, sia prevalente. Ovviamente non dipende solo dallo «sblocca-Italia», in cui molte cose ci sono: dipende dalla legge di stabilità; penso all’ecobonus e alla sua estensione. Dipende dall'insieme dei provvedimenti e delle misure: ho citato già le agenzie ambientali, potrei parlare del collegato ambientale, che la nostra Commissione ha finito di esaminare e che mi auguro possa essere presto messo nell'agenda dell'Aula. Io del Presidente del Consiglio Renzi una cosa condivido in maniera particolare; è una questione se volete prepolitica, o più forte della politica: è la spinta a dare speranza, a prendersi le proprie responsabilità, ad avere un'idea ambiziosa dell'Italia e del futuro. Quest'idea ambiziosa deve incrociare l'innovazione, la qualità, la conoscenza, l'ambiente, la green economy: altrimenti non è un'idea ambiziosa, è un'idea vecchia. In questo provvedimento ci sono molte misure che vanno in questa direzione: questa è la direzione che anche per il futuro dobbiamo praticare.