Discussione generale
Data: 
Lunedì, 6 Luglio, 2020
Nome: 
Pietro Navarra

A.C. 2500-A

 

Grazie Presidente, signor Vice Ministro, illustri colleghi il cosiddetto Great Lockdown, termine suggerito dal Fondo monetario internazionale per qualificare la crisi economica in corso, costituisce la peggiore recessione dai tempi della Grande Depressione, è molto peggiore della crisi finanziaria globale del 2008. La crisi in atto ha un carattere veramente globale, nessun Paese è stato risparmiato e il reddito pro capite dovrebbe ridursi per oltre 170 diversi sistemi economici nel mondo. Il Fondo monetario internazionale ha predisposto il consueto aggiustamento estivo delle sue stime sull'andamento dell'economia mondiale per gli anni 2020 e 2021. I dati ci dicono che il volume del prodotto interno lordo si contrarrebbe quasi del 5 per cento nel 2020, per poi rimbalzare del 5,4 per cento nel 2021. Il dato peggiora per circa 2 punti percentuali le previsioni rispetto a quanto contenuto nello stesso report del mese di aprile, quando il calo del PIL era previsto essere solo del 3 per cento per l'anno in corso. Il rimbalzo per il 2021 invece è sostanzialmente confermato, simile a quello previsto in precedenza: più 5,4 anziché più 5,8 per cento. Al netto delle oscillazioni, negli anni 2020 e 2021, se le previsioni saranno verificate, vorrà dire che il PIL mondiale nel 2021 sarà ritornato al suo livello del 2019. Quindi, il COVID-19 avrà fatto perdere all'economia mondiale due anni di crescita. Mancherà all'appello un totale di sette punti percentuali di PIL mondiale, pari a 6.000 miliardi di dollari, come se tra il 2019 e il 2021 si risolvessero Germania e Italia, i cui PIL, nel 2019, assommavano appunto rispettivamente a 4 e 2.000 miliardi di dollari. Nell'area euro, nel complesso, la riduzione del prodotto interno lordo stimato dal Fondo monetario internazionale è meno 10 per cento. Spagna e Francia. così come l'Italia. registrano un calo del PIL significativo. Per quanto riguarda il nostro Paese, è stimato essere del 12 per cento circa nel 2020, per poi recuperare un più ,3 per cento nel 2021. Il peggioramento delle stime del Fondo monetario internazionale rende ancora più urgente la necessità che Governi e banche centrali utilizzino tutti gli strumenti a loro disposizione per contrastare la crisi. Le banche centrali lo stanno già facendo, come anche diversi Governi hanno messo in campo piani di stimolo dell'economia senza precedenti. Un report pubblicato di recente da Oxford Economics ha passato in rassegna le politiche di bilancio dei principali Paesi dell'Eurozona (Germania, Francia, Italia e Spagna) per contrastare la grave recessione legata all'emergenza epidemiologica. La di analisi della think tank inglese si sono focalizzati essenzialmente su tre aree: potenziamento della spesa sanitaria, aumento di risorse per i vari schemi di disoccupazione e sostegno dei redditi, mitigazione dei problemi di liquidità tramite il posticipo o la cancellazione di alcune imposte e l'introduzione di garanzie statali sui prestiti. Per quanto riguarda l'ammontare delle risorse stanziate, lo stimolo addizionale attuato dal Governo italiano tramite i diversi decreti degli ultimi mesi risulta comparabile a quello della Germania - circa il 4 per cento del PIL - e maggiore rispetto ai piani annunciati finora da Spagna e Francia.

Se poi paragoniamo anche le risorse mobilitate per garantire liquidità alle imprese, tramite garanzie pubbliche sui prestiti, il piano italiano è di gran lunga più espansivo di quello degli altri Paesi: l'ammontare della liquidità messa in movimento dalle garanzie pubbliche, se sommiamo i 400 miliardi del decreto cosiddetto “Liquidità” ai 350 del decreto cosiddetto “Cura Italia”, è pari al 42 per cento del PIL in Italia, mentre è del 31 per cento in Germania, del 13,1 per cento in Francia e dell'8 per cento in Spagna. Questo confronto elaborato da Oxford Economics, quindi, indica che il governo ha mobilitato e continuerà a mobilitare risorse ingenti per fronteggiare le conseguenze economiche e sociali senza precedenti dell'emergenza sanitaria da COVID-19. Prima, tra le nazioni europee, ad essere stata investita dalla crisi, l'Italia ha aperto la strada sia alla definizione di politiche di contrasto e di distanziamento sociale, sia alla messa in campo di misure economiche di sostegno alle famiglie, ai lavoratori e alle imprese. Ma facciamo un breve excursus di ciò che è stato fatto negli ultimi quattro mesi, anche perché le decisioni che discutiamo oggi e quelle che saranno prese nel prossimo futuro fanno parte di un programma di interventi legati gli uni agli altri, in un disegno coerente e strutturato per evitare una grave depressione e favorire un percorso che possa portare il Paese verso una pronta ripresa. Il 17 marzo, dopo avere ottenuto dal Parlamento l'autorizzazione a una deviazione temporanea dal percorso della finanza pubblica programmato dalla NADEF 2019, è stato messo in campo il primo importante intervento, con il decreto cosiddetto “Cura Italia”, del valore di 25 miliardi di euro. Nel decreto, sono stati varati interventi di rafforzamento dei servizi sanitari e di sostegno ai redditi dei lavoratori dipendenti e autonomi, sono state approvate moratorie rispetto agli impegni finanziari delle imprese e delle famiglie nei confronti della pubblica amministrazione e sono stati attivati tutti aiuti settoriali per i comparti più danneggiati dall'epidemia. Il provvedimento del Governo, varato ancora in assenza della sospensione del Patto di stabilità, si è rivelato tuttavia insufficiente, per almeno due ragioni: non ha affrontato il problema delle nuove povertà innescate dal tracollo delle cosiddette attività grigia e dal connesso venir meno di redditi familiari precari e non ha fornito sufficienti aiuti finanziari ai settori del comparto produttivo italiano strutturalmente colpiti dalla pandemia. Per dare risposta alle esigenze sopra esposte, in attesa di un successivo provvedimento più strutturato, è stata varata un'ordinanza della Protezione civile, con la quale sono stati stanziati 400 milioni di euro, da trasferire ai comuni per aiutare le persone in difficoltà a reperire prodotti di prima necessità e generi alimentari. In un secondo decreto, varato l'8 aprile scorso, il Governo ha avvertito l'esigenza di rafforzare ulteriormente l'erogazione di credito alle famiglie e alle imprese; il nuovo decreto, denominato decreto cosiddetto “Liquidità”, ha offerto garanzie pubbliche sui prestiti bancari potenzialmente pari a 400 miliardi di euro, ha previsto un ulteriore rinvio degli adempimenti fiscali da parte di lavoratori e imprese, misure per accelerare i pagamenti della pubblica amministrazione verso i propri fornitori e l'estensione della golden power, a garanzia delle imprese italiane operanti nei settori strategici. Unitamente al Documento di economia e finanza per il 2020, tra aprile e maggio il Governo ha trasmesso al Parlamento, che poi l'ha approvata, la relazione che illustra l'aggiornamento del piano di rientro verso l'obiettivo di medio termine per la finanza pubblica, ai fini dell'autorizzazione allo scostamento di bilancio di ulteriori 55 miliardi in termini di maggior indebitamento netto sul 2020 e 5 miliardi a valere sul 2021, necessario al finanziamento degli ultimi interventi urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19. L'intervento sul 2020 equivalente al 3,3 per cento del PIL, che, sommato al decreto cosiddetto “Cura Italia”, porta al 4,5 per cento del PIL il pacchetto complessivo di sostegno all'economia, a cui si aggiungono garanzie per circa il 40 per cento del PIL. Sul saldo netto da finanziaria del bilancio dello Stato, in termini di competenza e in termini di cassa, gli effetti del decreto ammontano a 155 miliardi di euro nel 2020, 25 miliardi nel 2021, a cui si sommano, per il 2020, 25 miliardi del decreto cosiddetto “Cura Italia”. Riprendendo gli interventi del decreto cosiddetto “Cura Italia”, rafforzandoli e prolungandoli nel tempo e introducendo altre misure, con il decreto cosiddetto “Rilancio” si mette quindi il più consistente intervento economico della storia italiana, che servirà a sostenere le famiglie, le imprese, il sistema sanitario e proteggere il tessuto produttivo del Paese, garantendo liquidità e favorendone la capitalizzazione. Un intervento imponente, per far sentire a tutti gli italiani che lo Stato è al loro fianco. Con questo provvedimento si pongono le basi per la ripresa del Paese, si cancellano le clausole di salvaguardia e quindi si eliminano gli aumenti di IVA e accise previsti a partire dal 2021 e si interviene per rafforzare i settori della salute, della sicurezza sociale e per sostenere le imprese, i redditi da lavoro, il turismo, l'istruzione, la cultura e gli enti locali. L'ampiezza del decreto e la molteplicità delle materie affrontate in esso e anche il tempo a mia disposizione non mi permettono di esporre una descrizione dettagliata dei contenuti del decreto stesso.

Chi mi succederà, lo farà in alcuni punti del decreto che io non prendo in considerazione, e poi nella dichiarazione di voto il collega del Partito Democratico entrerà più nel dettaglio delle misure previste dal “decreto Rilancio”. In questa sede io mi limiterò a trattare alcuni degli aspetti che riguardano il lavoro svolto in Commissione: un lavoro intenso, un lavoro che ha coinvolto tutti i gruppi parlamentari, con un coordinamento importante svolto dai relatori, a cui va il mio ringraziamento personale.

Grazie al lavoro svolto in Commissione e anche per merito dello spirito collaborativo con il quale si è svolto il confronto con le forze di opposizione, il testo del decreto ha subito alcune modifiche, che certamente ne hanno migliorato i contenuti: sono state introdotte importanti misure che interessano diverse categorie, dagli studenti universitari agli invalidi, dai genitori che lavorano ai cassa integrati. Dato il tempo a disposizione, anche in questo caso desidero dedicare qualche minuto ad alcuni dei più significativi contributi che i parlamentari della Camera dei deputati hanno approvato in Commissione bilancio e che hanno arricchito il provvedimento, permettendo di indirizzare meglio le risorse disponibili per una risposta più efficace ai bisogni dei cittadini: è stato potenziato e migliorato il Superbonus al 110 per cento; l'approvazione delle misure per l'efficienza energetica, il Sismabonus, il fotovoltaico, le colonnine per la ricarica dei veicoli elettrici, sono per noi motivo di grande soddisfazione, rappresentano lo sbocco positivo di un lavoro impegnativo e corale di tutti i gruppi di maggioranza. L'allargamento di questi incentivi al terzo settore e allo sport, l'introduzione di semplificazioni di carattere amministrativo per applicare la norma agli edifici storici sottoposti a vincoli urbanistici, sono tutti elementi che indicano con chiarezza la direzione di marcia che si vuole imprimere al Paese: una svolta che mette l'ambiente al centro di un nuovo modello di sviluppo economico, in grado di offrire nuove opportunità di occupazione e di innovazione tecnologica. Inoltre, l'estensione del bonus agli edifici residenziali gestiti dai comuni fino al mese di giugno del 2022 permetterà alle amministrazioni pubbliche di avere maggior tempo per poter programmare con efficacia e capillarità la riqualificazione edilizia e l'ammodernamento di molte case popolari e, quindi, di quartieri spesso periferici e marginali. Con questa norma potrà essere rivalutato il patrimonio immobiliare pubblico e potrà essere garantita ai cittadini una qualità migliore di vita.

Altro importante passo in avanti e nella giusta direzione per la ripresa è costituito dalle misure approvate nell'automotive e dagli incentivi al rinnovo del parco auto. L'emendamento sulla rottamazione delle autovetture e sull'incentivazione per i nuovi acquisti vuole fronteggiare un'emergenza che ha numeri drammatici in un settore, quello dell'auto e della sua componentistica, che è portante per il nostro sistema industriale. Sono stati raddoppiati i fondi a sostegno di asili e scuole paritarie: complessivamente saranno stanziati 180 milioni alle scuole per l'infanzia da 0 a 6 anni e 120 milioni alle scuole paritarie. Si tratta di un chiaro segnale sostenuto da tutti i partiti a favore della libertà di scelta educativa e un forte sostegno a una realtà che consta di 12 mila strutture, 900 mila famiglie e 180 mila dipendenti.

Salutiamo con favore la norma sulle zone rosse, che ha rivolto la giusta attenzione a tutte quelle realtà territoriali nella penisola che hanno subito una diffusione importante del contagio e che sono state costrette a chiudersi e a subire un lockdown totale per un periodo superiore a quindici giorni.

Infine, l'incremento del fondo per il sostegno alle popolazioni e alle imprese residenti nei comuni svantaggiati delle aree interne è un altro importante risultato sul quale vorrei soffermarmi: si aggiungono 30 milioni, portando la dotazione complessiva del fondo a 90 milioni, per iniziative di enti pubblici e imprese finalizzate a contrastare lo spopolamento, la deprivazione sociale, l'invecchiamento dei comuni più marginali d'Italia; gli interventi che potranno godere del sostegno finanziario saranno: l'adeguamento di immobili da concedere in comodato d'uso gratuito per l'apertura di attività commerciali, artigianali e professionali; l'avvio di attività commerciali, artigianali ed agricole; la concessione di contributi per il trasferimento della residenza e dimora abituale nei comuni e nelle aree interne.

Il decreto oggi in discussione, come è stato detto, pone le basi per la ripresa del Paese. Dopo essere intervenuti per sostenere i redditi dei lavoratori e la capacità produttiva delle imprese gravemente colpite durante la fase del lockdown, è arrivato il momento di avviare una nuova fase incentrata sulla crescita spinta dall'aumento degli investimenti pubblici e privati e dall'occupazione. Siamo in un momento molto delicato nel quale abbiamo bisogno di mettere in movimento i motori della ripresa, usando risorse non soltanto per difendere, ma anche per ripartire.

Il dibattito, quindi, nei prossimi mesi sarà su come utilizzare le risorse promesse dal Recovery Fund e dagli altri finanziamenti che verranno dall'Europa e quelle che saranno disponibili da un'eventuale terza manovra in deficit, a cui il Ministro Gualtieri ha fatto cenno nell'ultima audizione tenuta in Commissione bilancio due settimane fa.

L'Italia è uno dei Paesi che presenta un debito pubblico molto elevato, siamo entrati nella crisi con un debito di circa il 135 per cento del PIL, dopo il 2020 sarà superiore al 160 per cento. Qualsiasi scelta di politica economica per rilanciare il Paese verrà fatta, non potrà prescindere da due elementi.

Primo: dovrà essere proiettata nel medio termine per dare prospettiva all'economia del Paese e superare la fase di incertezza che inevitabilmente influenza le scelte di consumo e di investimento degli agenti economici, così come la sensibilità dei mercati. Nella letteratura economica sono chiari gli effetti esercitati dall'incertezza sul prodotto interno lordo: le recessioni peggiorano; se mancano certezze, ad esempio, in tema di tassazione, costi della sanità e quadro complessivo delle regole, famiglie e imprese assumono un atteggiamento prudenziale, che, seppure comprensibile, ritarda la ripresa economica nel breve periodo. Fatto ancora più grave, la paura che frena consumi, specialmente in beni durevoli, investimenti, occupazione e spese in capitale umano, mina le basi della crescita economica di lungo periodo. Fasi di recessione richiedono articolate politiche economiche anticicliche, la cui complessità porta a prolungati dibattiti politici, che inevitabilmente alimentano incertezza nel futuro. Durante le fasi cicliche più sfavorevoli, l'incertezza politica aumenta pericolosamente soprattutto se chi governa non converge in fretta su misure anticicliche di consenso, oppure non comunica azioni i cui effetti vengono percepiti. Su questo terreno il Paese chiede al Governo ancora più decisione e velocità di azione, con una visione di ampio respiro, che sia capace di proiettare l'Italia e la sua economia in avanti nei prossimi anni e dare così fiducia agli individui, alle famiglie, ai lavoratori e alle imprese.

Il secondo importante carattere che dovrà contraddistinguere la politica economica che il Governo dovrà garantire, è la sostenibilità del debito pubblico, evitando al Paese una posizione di fragilità e debolezza in caso di shock esogeni negativi. La crescita è la ricetta per uscire dal debito: se il tasso di crescita nominale di un Paese è maggiore del tasso di interesse che il Paese paga sul suo debito, quest'ultimo sarà allora sostenibile; diversamente, il rischio è quello di entrare in una spirale che condurrà il Paese verso un debito fuori controllo. Sarà decisiva, quindi, una strategia proiettata nei prossimi 3-5 anni, che colleghi saldamente il Piano nazionale delle riforme con l'evoluzione del bilancio, del deficit e del debito. Occorre agire con incisività per programmare attentamente e mettere in campo la sequenza di azioni necessarie per ripensare il sistema economico e ripartire.

La crisi ci offre una duplice opportunità: la possibilità di affrontare i grandi problemi strutturali dell'Italia con un'agenda condivisa e l'opportunità di avere a disposizione risorse europee impensabili prima dell'emergenza COVID-19. Occorre adesso scegliere bene tra i diversi modi di utilizzare le risorse che saranno disponibili e fare ciò che andrebbe fatto comunque e che non è mai stato fatto fino in fondo: riformare la pubblica amministrazione, semplificare la burocrazia, riformare il sistema fiscale in modo organico, riducendone il peso e rendendolo più semplice e più equo, riorganizzare il funzionamento della giustizia, specie quella civile, investire in infrastrutture digitali e dei trasporti per unire tutto il Paese in modo efficiente e moderno, migliorare il sistema dell'istruzione, avvicinando la scuola al mercato del lavoro e l'università e la ricerca alle imprese.

Tuttavia, la sfida principale in un sistema economico sempre più connesso e in sistematica evoluzione è come accelerare la ricollocazione di lavoro e capitale verso gli impieghi che risulteranno più produttivi dopo gli sconvolgimenti causati dalla pandemia. È su questo che si misurerà la capacità dell'economia italiana di riprendere a crescere e di ripagare il debito pubblico che stiamo accumulando. Bisogna alzare lo sguardo e pensare a dove vorremmo arrivare nel prossimo decennio: è questo che chiediamo al Governo, che siamo certi farà di tutto per non deludere noi e il Paese intero, ma soprattutto lo chiediamo alle tante forze in Parlamento; certamente, sarà chiedere troppo a chi si farà guidare nelle proprie scelte solo dai sondaggi settimanali.