Discussione generale
Data: 
Lunedì, 6 Luglio, 2020
Nome: 
Claudio Mancini

A.C. 2500-A

Presidente, colleghe e colleghi, esponenti del Governo, nel prepararmi per questo intervento mi sono convinto che nella nostra discussione sia bene una riflessione più generale sul lavoro intenso di questi mesi. Sono mesi che ci hanno visto, in Parlamento, impegnati da marzo ad oggi nella conversione di importanti decreti economici emanati dal Governo e che hanno visto un grande lavoro di maggioranza e opposizioni nelle Commissioni parlamentari, principalmente la Bilancio in questo caso, la Finanze in quello precedente, ma, insomma, un lavoro che ha coinvolto tutto il Parlamento, con un gran numero di emendamenti esaminati e molte norme approvate. Mi si consentirà, quindi, in questo dibattito parlamentare, di fare riferimento anche all'insieme dei provvedimenti che abbiamo già discusso - il “Cura Italia” e il “Liquidità” - e anche guardare a quello che avverrà dopo - al “decreto Semplificazione”, al piano nazionale di riforma, il piano previsto dal Recovery Fund - fino all'esame, nel prossimo autunno, del “decreto Fiscale” e della legge di bilancio.

Ricordo a tutti noi che questa discussione non è nata casualmente. Questi provvedimenti sono nati e sono andati in parallelo con l'epidemia, e noi dobbiamo sempre tener presente che tutte le discussioni che facciamo sull'andamento della nostra economia devono aver chiaro che solo con la sicurezza degli italiani, con la sicurezza in ambito sanitario, con il superamento dell'emergenza sanitaria noi potremmo avere una vera e propria uscita dall'emergenza economica. Penso che noi abbiamo fatto bene fin dall'inizio a privilegiare l'intervento sulla sanità rispetto agli interessi, pur legittimi, dell'economia nazionale. Lo abbiamo fatto fin dall'inizio. Con il “Cura Italia” abbiamo detto: tutti a casa, nessuno perderà il lavoro; con il “Liquidità” abbiamo detto che l'epidemia non sarà breve ma che nessuna impresa sarebbe dovuta fallire per colpa del virus; con il “decreto Rilancio”, invece, abbiamo deciso di accompagnare le “Fasi 2 e 3” verso il ritorno alla normalità mettendo importanti risorse per la ripartenza del Paese.

Abbiamo fatto questa discussione su provvedimenti molto impegnativi che spesso sono stati paragonati alle leggi di bilancio, ma senza la stessa preparazione che le leggi di bilancio avevano. Gli articoli di cui abbiamo discusso non erano scritti nella pietra; non si trattava di norme a lungo meditate ma di provvedimenti fatti sull'onda dell'emergenza, quindi il lavoro parlamentare è stato ancora più significativo perché, ascoltando il Paese, interloquendo con quello che veniva dalle forze sociali, economiche e dalle categorie, molti emendamenti hanno riscritto intere parti dei decreti e molto anche di questo “decreto Rilancio”. Quindi, è stata una discussione vera e utile, nella quale, come Partito Democratico, ci siamo impegnati e siamo soddisfatti di come la maggioranza e il Governo hanno affrontato questa discussione. Dico anche che siamo consapevoli che questa maggioranza, che pure era nata in una forma emergenziale, data per noi dall'evitare i pieni poteri al senatore Salvini, e con un programma di governo parziale, che aveva al centro della parte economica la necessità di disinnescare le clausole IVA, la maggioranza si è trovata di fronte a scelte impegnative che erano impensabili al momento della formazione del Governo e che hanno richiesto anche delle decisioni che non erano nel programma di Governo.

Dunque, riteniamo positivo il lavoro che si è fatto e siamo convinti che le scelte che si stanno compiendo avranno un effetto di lungo periodo. Con la conferma del taglio del cuneo fiscale, che è entrato in vigore in questo mese, abbiamo ridotto le tasse sul lavoro e con la cancellazione del saldo e stralcio dell'IRAP abbiamo una forte riduzione delle tasse sulle imprese. Io ritengo che questo sia un processo di riduzione della pressione fiscale che si è avviato nell'emergenza ma che non sarà reversibile. Con le garanzie dello Stato al sistema bancario per l'erogazione dei prestiti alle imprese abbiamo ridotto il gap di costo del denaro tra Nord e Sud, e creato un accesso più facile al mercato dei capitali per le imprese; anche questo è uno strumento, quello delle garanzie dello Stato per l'accesso al credito, su cui non bisognerà tornare indietro. Con i 50 miliardi a Cassa depositi e prestiti, quelli che hanno fatto temere a qualcuno la “sovietizzazione” dell'economia italiana, affrontiamo il tema storico della bassa capitalizzazione della media impresa italiana.

In questo decreto ci sono il sostegno all'edilizia senza consumo di suolo, l'investimento della sanità spostando l'attenzione al territorio e all'integrazione sociosanitaria, le assunzioni senza precedenti per università e ricerca e l'attenzione alle reti sociali, il Family Act, i congedi parentali, la NASpI, fino al reddito di emergenza. Tutte scelte che segnano una chiara direzione di marcia, una direzione di marcia che non mi stupisce che l'opposizione antieuropea non abbia mai condiviso e non stupisce neanche che si sia espressa contro ogni tentativo e ogni iniziativa che puntava a unire il Paese, a unire le forze politiche, a creare un clima di concordia e di unità nazionale, perché quella parte di opposizione più antieuropea è consapevole che noi andiamo in una direzione opposta, una direzione europeista che è stata il più grande successo dell'Italia in questo delicato momento storico. Noi abbiamo fatto l'interesse nazionale ottenendo che l'Europa rispondesse unita alla crisi e abbiamo visto anche che nell'opposizione positivamente è emersa anche una posizione diversa, chiaramente europeista, che ha scelto e praticato una linea diversa di opposizione. L'accordo in Europa è un fatto economico e politico che avrà conseguenze di lungo periodo. Per comprendere fino in fondo la portata del Recovery Fund segnalo un dato: l'Italia otterrà circa il 20,4 per cento della parte a fondo perduto dei 750 miliardi disponibili, essendo contribuente netto dell'Unione europea per il 12,5 per cento. Tradotto in soldi, questo vuol dire che per 88 miliardi che l'Italia riceverà a fondo perduto contribuirà per 65 miliardi al bilancio poliennale. Questo, quindi, vuol dire che grazie ai bond europei, che sono un nostro grande successo, che avranno rating tripla A, grazie alla partecipazione di tutti i Paesi europei e, in particolare, di Germania e Francia, si darà di più ai Paesi più colpiti dalla pandemia e, cioè, nasce, quindi, un'Europa solidale, non ragionieristica, capace di fare scelte politiche e che supera finalmente le politiche dell'austerità. Capisco che può non piacere a chi rimpiange quell'Europa dei tecnici e tecnocratica che non ascoltava, ma dovete capire che quell'avversario non c'è più. Oggi c'è una dimensione che io chiamerei di un europeismo popolare che noi cerchiamo di interpretare e che sarà la cifra della nuova dimensione politica dell'Europa. Le misure green e digital, a cui sono vincolate le risorse, potranno accelerare una modernizzazione sostenibile dell'Italia ma, allo stesso tempo, dobbiamo portare avanti un negoziato europeo per avere spazi di utilizzo concreto delle risorse che arriveranno. Le misure green e digital, come vengono definite, sono un fattore di modernizzazione potenziale per l'Italia molto importante, ma noi dobbiamo anche sapere che queste risorse saranno oggetto di un negoziato, che dobbiamo portare avanti anche con una grande concretezza, perché oltre ai 270 miliardi di cui stiamo discutendo, nel quadro finanziario pluriennale 2021-2027, l'Europa mobiliterà anche 1.100 miliardi con cui potremo anche cominciare ad interloquire attraverso gli investimenti da prevedere nella legge di bilancio. Presidente, se posso proseguire, noi abbiamo visto un atteggiamento dell'opposizione in queste settimane che non solo si è divisa su alcuni punti fondamentali, come quello dell'Europa, come quello del MES, nell'atteggiamento e anche nella conduzione dei lavori parlamentari e in Commissione, ma anche lo stesso atteggiamento sulla pandemia lo consideriamo un atteggiamento schizofrenico, perché ci si dice contemporaneamente - in alcuni interventi lo abbiamo sentito in maniera chiara - che bisogna togliere le tasse, ma bisogna contemporaneamente avere più spesa; bisogna fare meno debito, ma anche fare più investimenti; ci vogliono meno restrizioni sulla libertà delle persone, ma ci vuole più sicurezza dalla pandemia sanitaria. A volte, sentendo il dibattito, sembra quasi che alcuni colleghi arrivino a strumentalizzare il virus al punto che il Governo e la maggioranza sarebbero responsabili della stessa epidemia. Noi pensiamo che su questo si debba essere più oggettivi: non è un fatto che ha riguardato solo l'Italia, ma noi siamo convinti che, pur essendo stati chiamati da subito a doverci misurare per primi con risposte sanitarie e risposte economiche che erano assolutamente inedite, l'Italia abbia reagito bene nel suo complesso e che questo fatto ci sia riconosciuto dall'opinione pubblica e sia riconosciuto a livello internazionale, non solo dalle autorità sanitarie, ma anche da tanti Paesi che hanno, poi, interloquito con le scelte fatte dall'Italia. Certo, si poteva fare meglio, sempre, sono stati fatti degli errori, sicuramente, ma l'atteggiamento di fondo che colpisce è quello di non riconoscere il lavoro svolto e di non cercare un terreno di unità, che pure servirebbe in questo momento all'Italia. Questo l'abbiamo visto anche sulle scelte che hanno riguardato le questioni fiscali in questo provvedimento e negli altri che noi avevamo compiuto, perché un conto è sospendere, rinviare, evitare alcune imposte, un altro è teorizzare che noi si debba smantellare una politica di contrasto all'evasione fiscale e, sulla base di questo, tornare o fermare alcuni processi di riforma già avviati. Io ricordo che, con la legge di bilancio del 2020, noi avevamo già fatto scelte importanti per il contrasto all'evasione fiscale, anche con l'ampliamento dei pagamenti elettronici e della capacità di verifica e controllo delle agenzie fiscali. Questo ha portato, nel 2019 al 2020, già una crescita e di entrate per lo Stato italiano. Ora non c'è nessuna ragione perché, dalla pandemia, ci debba essere un tornare indietro su misure che hanno avuto già un effetto di contrasto dell'evasione fiscale. E, comunque, le risorse mobilitate dallo Stato non sono solo in quei 55 miliardi del decreto, ma sono in una capacità più complessiva di interloquire con il sistema economico, anche attraverso forme di garanzia e strumenti differenti. Ricordo che sono già stati erogati le risorse ed i ristori attraverso l'Agenzia delle entrate, i prezzi rigarantiti da Mediocredito Centrale e SACE, l'utilizzo del credito d'imposta, l'erogazione di 600 euro da parte dell'INPS, delle casse previdenziali, del credito sportivo.

Questo è parte di una politica anche di compliance, come dicono quelli bravi, cioè di capacità dello Stato di avere buoni rapporti con il cittadino contribuente nella materia fiscale, e questa capacità bisogna mantenerla anche nell'emergenza, anche facendo lavorare le strutture pubbliche in condizioni oggettivamente difficili, perché è facile dare addosso all'INPS per la difficoltà ad erogare i soldi per la cassa integrazione e i 600 euro, ma sappiamo tutti, se facciamo un dibattito di verità, che uno strumento come la cassa integrazione non è uno strumento che è stato pensato e organizzato per essere una misura di emergenza. Ci si è fatto ricorso in condizioni eccezionali, sapendo che veniva esteso a tutti i lavoratori, anche nelle aziende sotto i quindici dipendenti, a tutti i settori, come forma che garantiva della necessità di stare a casa. È chiaro che non fosse lo strumento più agile per erogare quelle risorse, viste le procedure dell'INPS e le difficoltà operative a far fronte a un numero così alto di domande, ma questo non può essere contestato all'INPS in quanto tale o, peggio ancora, ai lavoratori e ai dipendenti pubblici che lavorano in queste strutture.

Insomma, Presidente, noi riteniamo nell'insieme, con questo provvedimento, di aver fatto un pezzo importante della politica economica del Paese di fronte all'emergenza del COVID-19. Era il secondo scostamento, è stato annunciato un terzo, probabilmente, alla fine di quest'anno, saremmo arrivati a 100 miliardi di risorse di bilancio stanziate a deficit, a cui si affiancano tutti gli altri strumenti che ho provato a richiamare. Le decisioni sulle risorse europee dovranno dire quanto riusciremo a coprire di queste risorse già spese con i fondi europei, quante ne rimarranno a disposizione per la prossima legge di bilancio. La cosa certa è che noi abbiamo due compiti che vanno tenuti assieme: da una parte, quello di rilanciare l'economia italiana facendo tornare a crescere il PIL e l'occupazione nei tempi più rapidi, dall'altra, quella di stare sempre con i conti in ordine, perché siamo un Paese che ha bisogno di finanziare sul mercato il proprio debito. Dentro questi due obiettivi, questo decreto, a nostro avviso, come Partito Democratico, raggiunge il suo obiettivo.