Relatore
Data: 
Martedì, 23 Luglio, 2019
Nome: 
Stefano Ceccanti

A.C. 1511-A ed abbinate

Grazie, Presidente. Io faccio prima qualche osservazione di metodo. Per quanto sia difficile, in questo periodo e in questi giorni, separare l'attività legislativa ordinaria, che divide nettamente la maggioranza dall'opposizione, da un'attività costituzionale, dove invece questa frattura dovrebbe avere meno rilievo possibile, noi abbiamo il dovere politico e istituzionale di distinguere nettamente, così come all'Assemblea costituente erano nettamente distinte le sessioni in cui si dibatteva secondo l'asse maggioranza-opposizione il rapporto fiduciario rispetto al Governo, dai momenti in cui la stessa Assemblea votava sulla Costituzione. Non è facile perché l'Aula è la stessa, noi siamo le stesse persone e, quindi, sdoppiarsi è obiettivamente un esercizio quasi ascetico, direi, che ciascuno di noi è chiamato a fare, però questo è nostro dovere e noi intendiamo farlo con rigore.

Questo - lo dico per coloro che ci seguono anche ai fini del dibattito di questi giorni - non significa affatto che, quando si cercano accordi sulla materia costituzionale, si facciano prove di intese per possibili diverse maggioranze di Governo. I terreni restano rigorosamente distinti e separati. Si possono benissimo trovare isolati accordi sulle questioni costituzionali, senza che questo tocchi minimamente gli aspetti della collocazione presente o futura rispetto agli equilibri di Governo. Questo è quanto penso dovesse essere affermato in partenza per evitare possibili equivoci.

Ora, per quanto concerne il criterio che ci ha guidato in questo “mini accordo” che è stato fatto in Commissione - “mini” perché si tratta di un'intesa puntuale e chirurgica, al momento, sull'allineamento dell'elettorato attivo a 18 anni al Senato rispetto alla Camera, ma noi vorremmo anche che questo accordo fosse esteso all'elettorato passivo e ci ritornerò a breve - questo tipo di accordo da che cosa nasce? Nasce da una lettura delle differenze Camera-Senato, che ci sono e che possono anche essere ampliate, ma devono giustificarsi sul fatto che la differenziazione aiuta la rappresentanza, cioè la differenziazione consente una rappresentanza più articolata. Quindi, se la differenziazione aiuta a differenziare e a rendere più ricca la rappresentanza, la differenziazione è giusta e ne va inserita ulteriore. Se, invece, la differenziazione comprime la rappresentanza e riduce i margini dei cittadini, questa differenziazione va eliminata. In questo senso si muove l'allineamento dell'elettorato attivo, che corrisponde a due esigenze: la prima esigenza è l'esigenza per la quale, in un Paese a democrazia avanzata, sette classi di età, 18-25 anni, di cittadini adulti maggiorenni non possono votare a tutt'oggi per una Camera che dà la fiducia al Governo, e quindi i diciotto-venticinquenni vedono il loro diritto politico fondamentale all'elettorato ristretto in maniera palesemente irragionevole, perché non ci sono motivazioni di alcun tipo che possano giustificare una restrizione della rappresentanza, in quanto questa è solo una differenziazione che va nel senso della restrizione della rappresentanza.

La seconda motivazione per la quale la riforma è utile è un ragionamento di razionalità di sistema: finché le due Camere danno tutte e due la fiducia al Governo, se le classi di età votano solo da una parte e non dall'altra aumenta in maniera sproporzionata le possibilità di maggioranze incoerenti tra una Camera e l'altra e, quindi, aumenta le difficoltà di formazione e di tenuta dei Governi, che sono comunque irragionevoli chiunque si trovi momentaneamente a beneficiare del voto dei diciotto-venticinquenni o chiunque si trovi al Governo. Queste sono le ragioni di fondo. Tali ragioni dovrebbero portare - invito gli altri gruppi a farlo - anche a fare un passo avanti sul tema dell'elettorato passivo, perché anche la differenziazione dell'elettorato passivo è una differenziazione che va nel senso della restrizione della rappresentanza: perché privarci al Senato della Repubblica della possibilità di eleggere persone di fasce di età analoghe a quelle che possono invece essere presenti alla Camera dei deputati? Un correttivo per così dire “aristocratico” è già dato dalla possibilità di nominare i senatori a vita e dai senatori di diritto; non c'è bisogno di comprimere ulteriormente dal punto di vista dell'elettorato passivo. Su questo invitiamo tutti a riflettere perché siamo convinti che, se riflettiamo insieme, forse potremmo trovare una soluzione più avanzata. In fondo a tutto e atto a spiegare tale ragionamento sta uno dei testi più importanti sul nostro bicameralismo che fu scritto nella Rivista trimestrale di diritto pubblico dall'attuale Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il quale spiega benissimo, ripercorrendo i lavori dell'Assemblea costituente in questo suo saggio, che le differenze tra Camera e Senato in buona parte furono dovute non a un disegno positivo ma alla bocciatura di disegni positivi, quali l'idea del monocameralismo, l'idea di un bicameralismo più nettamente differenziato. Per cui per così dire il bicameralismo che ne risultò con i suoi elementi differenziali fu più un disegno in negativo per la bocciatura di altri disegni che non per una costruzione in positivo. Dunque, ogni volta che ci avviciniamo al tema del bicameralismo, dobbiamo vedere se le differenze che ci sono e che vogliamo inserire aprono o chiudono: se aprono, le confermiamo e le aumentiamo; se chiudono, le riduciamo o le eliminiamo. Questa dovrebbe essere la traccia anche del dibattito sul punto che è rimasto aperto sull'elettorato passivo che affido a tutti i nostri colleghi.