Discussione generale
Data: 
Lunedì, 20 Novembre, 2017
Nome: 
Marco Miccoli

A.C. 4388-A

Grazie Presidente. Nell'apertura del suo intervento la collega Titti Di Salvo ha tenuto a sottolineare su che cosa verte la discussione di oggi, quindi illustrando anche un po' la proposta dei colleghi Laforgia e Airaudo. In effetti, il dibattito su questa proposta è stato un po' erroneamente presentato soprattutto dai media come un dibattito sulla riforma del Jobs Act o sulla sua cancellazione. In realtà, io però credo proprio che su questa nostra discussione invece servirebbe una verifica, un'analisi molto puntuale, sull'intero Jobs Act. L'estrapolazione, quindi la decontestualizzazione solo dell'articolo 18, delle vicende che riguardano i licenziamenti, non rende giustizia a questa discussione, agli effetti complessivi del Jobs Act che è stato messo in campo; insomma bisognerebbe innanzitutto comprendere e spiegare bene che Jobs Act non è solo la vicenda che riguarda l'articolo 18, ma è molto altro. Penso soprattutto a quanto sia sottovalutata una parte importante della riforma e quindi del Jobs Act, quella che riguarda la riforma sulle politiche attive del lavoro, la nascita e il funzionamento dell'Agenzia nazionale, il ruolo dell'INAPP, dei centri per l'impiego, della formazione, dell'apprendistato e, collegata a questo, l'uso degli ammortizzatori sociali. Tutta questa parte di riforma andrebbe certamente rivista, perché la bocciatura del referendum costituzionale ha provocato sostanzialmente una discrasia tra quello che abbiamo messo in campo e quello che oggi noi ci troviamo a gestire. Insomma, il ruolo che la riforma del lavoro che abbiamo messo in campo ha avuto rispetto ai dati che ci consegna l'Istat è una questione da analizzare profondamente.

Il ruolo che qui che ha avuto, per esempio, la riforma del tempo determinato, del lavoro a tempo determinato che in questa legislatura è stata fatta è certamente determinante in questa discussione. E poi, certo, c'è l'articolo 18, i licenziamenti. Tre giorni fa c'è stata la sentenza di reintegro dei 153 il lavoratori licenziati da Almaviva Contact, poi ci tornerò, anche perché poco fa, insieme ai colleghi Stefano Fassina e Alfredo D'Attorre abbiamo incontrato proprio i lavoratori di Almaviva. Quindi l'interrogarsi sulla regola, sulle legislazione, sui licenziamenti, è cosa doverosa a questo punto della legislatura. Servirebbe quindi un'analisi puntuale dei dati, non solo quelli su occupazione e disoccupazione; certo, ci sono le dinamiche che riguardano gli attivi e i lavoratori inattivi che sono dentro una logica di dati abbastanza altalenanti. Oppure servirebbe comprendere bene lo scorporo di alcuni di quei dati, penso ai dati sulla disoccupazione, sull'occupazione che riguarda le fasce di età, i giovani e gli over 50, oppure quello che riguarda gli uomini e le donne.

Per esempio, sugli ultimissimi dati, appunto quelli relativi presente al terzo trimestre del 2017, gli ultimi, dove è vero che c'è una variazione che conferma il trend degli ultimi tre anni, quello che ha portato ad oltre 900 mila posti di lavoro. È una variazione significativa: tra settembre 2016 e settembre 2017 c'è un più 1,4 per cento, cioè 326 mila posti in più, con una quota di ultracinquantenni notevole di oltre 415 mila. Ma c'è un dato costante negli ultimi anni, che è l'aumento dei contratti a tempo determinato. Nell'ultimo anno questo aumento è stato del 14,8 per cento: 361 mila posti a tempo determinato in più rispetto allo scorso anno, mentre i lavori stabili nuovi, i nuovi posti di lavoro stabili sono solo lo 0,2 per cento in più, soltanto 26 mila posti in più. Quindi, c'è un rallentamento del tempo indeterminato, del lavoro stabile, e quindi ci troviamo di fronte a una prima nostra considerazione, che è quella che riguarda una parte del Jobs Act, che è quella degli incentivi.

Quindi, accogliamo con favore il fatto che nella legge di bilancio venga accolta una di quelle che erano le nostre richieste, sostanzialmente, che era quella di rendere stabili gli incentivi, a fronte proprio dei dati che venivano analizzati con quanto ho detto prima. Quindi, c'è già una prima valutazione, quindi una sorta di ritocco alla logica del Jobs Act da questo punto di vista. Si cambia, quindi, un aspetto, che è quello di rendere stabile quelle incentivazioni. Quindi, sul dato, per esempio, che riguarda il tempo determinato, c'è un permanere di incertezza, nonostante anche i dati che indicano che c'è un superamento della crisi, ma quel dato è dovuto, probabilmente, non solo alla riforma del tempo determinato, ma anche a un elemento di incertezza che rende l'esigenza di leggere bene quei dati. Ho ritenuto di sottolineare queste cose, questi pochi dati, perché questo nostro dibattito di merito in queste ore viene offuscato, ovviamente, da un confronto esclusivamente politico, figlio, ovviamente, dell'imminente campagna elettorale ormai alle porte, e credo che questo non sia buona cosa, quando si tratta di lavoro e dei suoi diritti.

E poi c'è il tema della tempistica. La tempistica, purtroppo, ci dice che questo provvedimento - difficilmente è stato ricordato - approderà e sarà poi votato al Senato, al di là di come verrà approvato qui alla Camera. Ormai siamo in quella logica, in quel magone di una prossima campagna elettorale, e questo prevarica la possibilità di ragionare serenamente nel merito, purtroppo. Io e molti miei colleghi pensiamo che sulle norme relative ai licenziamenti almeno vada fatto un tagliando, vadano riviste, possano essere riviste in alcune delle loro parti importanti. Quindi, non un'abiura del Jobs Act complessivamente, ma un tagliando. Peraltro, su alcuni punti avevamo già proposto dei cambiamenti, proprio sulla vicenda dei licenziamenti.

Basterebbe leggere il parere della Commissione lavoro sull'atto 134 del Governo, il decreto attuativo che li ha instaurati, proprio su quei tre punti che sono oggi oggetto del dibattito che c'è stato anche in Commissione, tre punti sui quali ci siamo sempre battuti. La forzatura di inserire i licenziamenti collettivi, peraltro fuori delega, e qui voglio sottolineare la vicenda di Almaviva, dei lavoratori che abbiamo incontrato poco tempo fa. Il giudice ha ritenuto quei licenziamenti illegittimi, con elementi di discriminazione e di ritorsione, addirittura. A quei lavoratori, ai 1.066 lavoratori di Roma è stato sostanzialmente riconosciuta l'illegittimità del licenziamento perché la discriminazione sta nel fatto che loro avevano bocciato, con un referendum, un accordo proposto dall'azienda che diminuiva loro il reddito e il TFR.

I loro colleghi di Napoli hanno accettato quell'accordo e non sono stati licenziati. Ecco, credo che questa vicenda debba porre una riflessione sui licenziamenti collettivi. Poi, c'era il tema della sproporzione tra la sanzione del licenziamento e l'addebito disciplinare contestato. Qui, per farla breve e per essere esplicito, voglio citare il presidente Damiano in Commissione: se rubi una mela, non ti do l'ergastolo, ci ha spiegato il presidente Damiano. O meglio, se ritardi cinque minuti, non ti licenzio.

E poi c'era il tema delle indennità minime e massime in caso di licenziamento illegittimo, cioè rendere più costoso e ovviamente meno conveniente un licenziamento illegittimo. Credo che questi siano tre punti ancora giusti da esaminare e sottolineo che sono stati oggetto della nostra discussione anche oggi. Credo siano i punti su cui tutti possiamo ancora provare a modificare qualcosa e vorrei dire che la novità di queste ore è proprio questa, lo ha anche accennato la collega Di Salvo: la disponibilità della maggioranza e del Partito Democratico a valutare possibili interventi, non necessariamente in questo provvedimento, non in questa nostra discussione. Uno di questi, proprio quello sulle indennità di licenziamento, e quindi sull'aumento dei costi in caso di licenziamento illegittimo, è un intervento che sulla legge di bilancio può essere messo in campo.

Vorrei dire al collega Marcon che la tassa sul licenziamento già esiste; la legge di bilancio prevede il raddoppio di quella tassa. Ecco, noi pensiamo che a quel raddoppio della tassa sul licenziamento possa essere aggiunto un aumento delle indennità di licenziamento, aumentare quel costo, dare la possibilità al lavoratore di ricevere un numero maggiore di indennità, sia nella parte minima che nella parte massima. Ecco, e qui c'è il punto politico, perché abbiamo deciso di non votare emendamenti soppressivi e di ritirarli. Non volevamo dare dimostrazione che non siamo interessati a questa discussione; non scappiamo, come qualcuno ha detto poco fa, non intendiamo scappare dalla discussione, non intendiamo non metterci mano.

È in corso una discussione, anche difficile, e quindi abbiamo voluto lasciare una porta aperta al dialogo e alla possibilità di modifica. Quindi, non cedere alle divisioni politiche e perdere di vista, conseguentemente, i possibili passi avanti, continuando così un confronto di merito, fuori, appunto, dal merito che invece serve discutere. Vede, Presidente, e tramite lei mi rivolgo a tutti i colleghi, per molti di noi questa è una discussione complicata, difficile; riguarda anche tante storie personali che si sono intrecciate e che sono dislocate in modo trasversale dentro quest'Aula.

Oggi i protagonisti di questo dibattito - ho ascoltato con molto rispetto il collega Airaudo qui a fianco a me, i colleghi che siedono ed altri che sono in Aula - sono figli di un passato, di una storia. È per questo che nutro molto rispetto. Storie personali che sono trasversali, in modo trasversale dislocate in quest'Aula, anche in un'altra parte dell'emiciclo; penso, per esempio, alla collega Polverini, che su altri versanti ha svolto, comunque, un ruolo di rappresentanza sindacale. E, quindi, nutro molto rispetto verso questo dibattito e i colleghi che partecipano a questo dibattito. Sono storie di chi ha dedicato una vita alla difesa dei diritti dei lavoratori e anche alla difesa dell'articolo 18. Molti di noi si sono accorti che però, mentre difendevano l'articolo 18, da un'altra parte aumentava la precarietà, e che i nuovi contratti di lavoro prevedevano solo una piccola parte di lavoratori a tempo indeterminato, mentre altri venivano assunti con altre tipologie. E, quindi, penso che dobbiamo sapere che, anche se in passato queste battaglie le abbiamo svolte fianco a fianco, prima che la politica ci dividesse, anche in periodi difficili del Paese, c'è bisogno di uno sforzo. C'è bisogno di uno sforzo e penso che gli sforzi fatti da ognuno di noi in queste ore, dentro e fuori il Parlamento, stanno dentro anche il perimetro di questo rispetto, del rispetto che tutti noi nutriamo per questa discussione, che mi auguro possa continuare, che possa essere, questa nostra riflessione di questi giorni, oggetto di un'analisi anche fuori dal Parlamento, e mi auguro che questo possa servire veramente ai lavoratori e ai disoccupati di questo nostro Paese.