A.C. 1309-A
Presidente, colleghi, Governo, oggi l'Aula discute la riforma della legittima difesa, l'ultimo dei provvedimenti manifesto in ordine di tempo di questo Governo e di questa maggioranza. Ancora una volta, nonostante le numerose audizioni in Commissione, in particolare al Senato, sono state disattese le indicazioni pervenute da tutti i soggetti ascoltati: magistrati, avvocati, professori universitari, persino associazioni, i quali tutti, in particolare, hanno ribadito la necessità di mantenere il criterio di proporzionalità tra offesa e difesa, criterio che invece viene meno con la modifica proposta all'articolo 52 del codice penale.
Una prassi ormai consolidata, quella di non tenere in alcun conto il parere espresso dagli esperti, a giudicare dall'iter degli ultimi provvedimenti in materia di giustizia. Avete anche rifiutato qualsiasi tipo di confronto costruttivo intentato dal Partito Democratico, e oggi proponete un provvedimento che introduce principi che non possono essere da noi condivisi. Il vero motivo del vostro atteggiamento di chiusura è ben evidente: di questa legge non c'è alcuna necessità reale se non quella della propaganda; si tratta di un trofeo da agitare alle prossime elezioni, ma è una riforma, questa, che avrà effetti negativi, oltre che sul piano giuridico, anche su quello culturale.
Dal punto di vista giuridico non c'è infatti alcun vuoto normativo da colmare. Oggi la legittima difesa è un istituto già regolato dall'articolo 52 del codice penale, che stabilisce con chiarezza i requisiti in presenza dei quali è esclusa la punibilità per la legittimità della difesa, ossia a dire: l'esistenza di un diritto da tutelare proprio od altrui, la necessità della difesa, l'attualità del pericolo, l'ingiustizia dell'offesa, il rapporto, appunto, di proporzione tra la difesa e l'offesa; tutti i principi, questi, di civiltà giuridica propri di un ordinamento penale liberale e democratico. Ricordo peraltro che le maglie della legge sono già state allargate per volontà della Lega, con l'approvazione della legge n. 59 del 2006, per effetto della quale sono stati aggiunti due nuovi commi destinati ad ampliare i limiti e a regolamentare l'esercizio dell'autotutela nel domicilio privato, in altri luoghi di privata dimora e nei luoghi nei quali viene esercitata un'attività commerciale, professionale imprenditoriale (la cosiddetta legittima difesa domiciliare). Già oggi, quindi, chi è costretto a difendersi in casa propria da un pericolo reale, da una minaccia a sé e ai propri familiari vede giustamente la propria posizione archiviata, o comunque viene assolto nel processo per legittima difesa. Questa riforma quindi non è necessaria, perché la legge regolamenta già in maniera adeguata tutte le ipotesi di legittima difesa.
Ma veniamo al testo. In particolare, l'articolo 1 modifica, come detto, il secondo comma dell'articolo 52 del codice penale, precisando che in caso di violazione di domicilio si considera sempre sussistente il rapporto di proporzionalità tra difesa e offesa. Il nuovo testo aggiunge poi un ulteriore comma all'articolo 52, per il quale è sempre in stato di legittima difesa chi, all'interno del domicilio e nei luoghi ad esso equiparati, respinge l'intrusione posta in essere da parte di una o più persone con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica.
Il provvedimento in esame, in sostanza, eleva la legittima difesa da scriminante a una sorta di pretesa punitiva per chiunque osi violare il domicilio, determinando in maniera automatica effetti rischiosi sulla coerenza del sistema giudiziario, eliminando la discrezionalità del giudice e aprendo la strada a presunzioni assolute e generalizzate, che potrebbero rivelarsi pericolose. Si mina, così, alla base un principio fondamentale di civiltà giuridica e cioè che la necessità di difendersi non si tramuti in offesa, ritorsione, persino vendetta. E come evidenziato dall'Associazione italiana dei professori di diritto penale, si passa dal diritto di legittima difesa al diritto di difesa.
L'obiettivo di questa legge, in sostanza, è quello di impedire che la vittima, che abbia reagito sparando, ferendo o uccidendo, per esempio, un rapinatore che si è introdotto in casa, debba essere indagata per il reato commesso. La nuova legge vuole sottrarre, infatti, del tutto al giudice il compito di valutare la proporzione tra offesa e difesa, stabilendo che, in caso di violazione di domicilio, la reazione è sempre legittima. Ma la verità è che l'intervento del giudice è ineliminabile. In un Paese democratico soltanto un giudice può verificare l'esistenza effettiva di un'intrusione e accertarsi dell'identità e del ruolo della persona uccisa, che può essere certamente un ladro, ma può essere anche, ad esempio, un vicino di casa.
Così come, va detto, l'avverbio “sempre” non cambia nulla sul piano tecnico-giuridico, al contrario, l'aggiunta dell'avverbio “sempre” conferma, una volta in più, che per valutare tutte le ipotesi, cioè tutti i casi concreti che accadono e, quindi, da quello che spara da un metro, che spara di spalle, che spara dal giardino, che spara dal secondo piano, comunque sarà necessario un procedimento penale. L'obiettivo dichiarato e sbandierato di queste riforme è, dunque, un obiettivo irraggiungibile, lo definirei piuttosto un inganno, dal momento che non esiste riforma alcuna che possa assicurare che non verranno svolti accertamenti sulle circostanze in cui è avvenuto un fatto delittuoso, perché non sono possibili automatismi, stante, se non altro, il principio costituzionale della obbligatorietà dell'azione penale.
Peraltro, dai dati trasmessi al Ministero della giustizia si evince che i procedimenti definiti in dibattimento nei tribunali italiani dal 2013 al 2016 sono stati dieci per la legittima difesa e cinque per eccesso colposo di legittima difesa. I casi, dunque, di cittadini finiti sotto processo per accertamento di legittima difesa sono stati e sono pochissimi e nella maggior parte dei casi i giudici hanno stabilito l'archiviazione. Per loro il processo, quindi, non è mai neppure iniziato.
Quello che cambia davvero, invece, è l'atteggiamento psicologico del cittadino a cui si dice: armati e difenditi come vuoi, perché per noi è sempre legittimo, senza dire però a quello stesso cittadino che poi verrà inevitabilmente iscritto nel registro degli indagati.
La strumentalità di questa riforma, allora, è del tutto evidente, perché, come dimostrato, non appare giustificata né dall'urgenza, né dai numeri, né dall'esito dei processi. Sul piano ideale e comunicativo, la riforma viene giustificata ricorrendo ad argomentazioni certamente suggestive, ma che si pongono in pieno contrasto con il dettato costituzionale e con i principi sovranazionali. A rilevare i profili di legittimità costituzionale - lo ha ricordato anche prima il collega Verini - è stato, tra gli altri, il presidente dell'Associazione nazionale magistrati, Francesco Minisci, durante la propria audizione alla Camera. Per Minisci, la riforma della legittima difesa contiene gravi criticità. Non può - dice Minisci - essere abbandonato il principio di proporzionalità, altrimenti non ci saranno più regole né confini, si rischia di legittimare anche i reati più gravi, perfino l'omicidio.
Inoltre, una simile impostazione delegittima il ruolo delle forze di polizia. L'attuale proposta, una volta approvata, rischia infatti di incentivare la difesa privata, l'uso delle armi, il mancato ricorso alla polizia e, quindi, alla giustizia. Voi rispondete a tutti coloro che hanno subito o rischiano di subire furti o rapine o che si sentono impotenti di fronte alla criminalità con un messaggio pericoloso: lo Stato tira i remi in barca e sulla sicurezza lascia fare a voi, ai cittadini; una scelta, questa, senz'altro irresponsabile.
Ma arriviamo agli altri aspetti preoccupanti legati a questa legge, in primis una corsa alla detenzione di armi. Le armi in circolazione renderanno la società più insicura, con il rischio che persone non esperte e non dedite ad attività criminali possano usare impropriamente un'arma. Il maggiore ricorso alle armi riguarderà anche chi commette attività delittuose, è infatti ragionevole pensare che di fronte ad un più alto rischio di dover affrontare persone armate, anche i ladri, a loro volta, si armeranno con maggiore facilità. È altresì chiaro, infine, come la percezione di un più facile ricorso alle armi ne determinerà, in generale, un uso improprio, pericoloso, inutile, perfino mortale. Su questo punto voi continuate a ribadire che la difesa sempre legittima non porterà ad una corsa alle armi, ma è davvero difficile credervi. La foto del Ministro dell'interno con un fucile in mano per far felici i lobbisti delle armi, mentre promette loro ancora una volta la riforma della legittima difesa, appare senza ombra di dubbio smentirvi.
L'assunzione delle misure da voi proposte non trova giustificazione nemmeno in termini di sicurezza. I dati Istat ci mostrano che le rapine in esercizi commerciali sono in costante calo nell'ultimo decennio e che nelle abitazioni sono tornate al livello di dieci anni fa. Sono più che dimezzati gli omicidi per furti o rapine. I dati sulla sicurezza reali, quindi, sono molto più rassicuranti rispetto alla percezione dei singoli cittadini. La paura, spesso, non risponde a motivazioni reali, ma è legata all'incertezza della propria condizione sociale, civile o familiare, ad una vulnerabilità che si vive. Proprio perché si tratta di una condizione che semina infelicità e insoddisfazione, essa richiederebbe, da parte di chi ha la responsabilità politica e di Governo, di utilizzare un atteggiamento di prudenza, che punti a far prevalere la razionalità dei dati sulle percezioni personali. Purtroppo, basta leggere le dichiarazioni di molti esponenti di Governo e maggioranza per constatare come, invece, si punti scientemente a sfruttare la paura per i propri scopi, innescando così quella spirale perversa che non fa più distinguere tra sicurezza reale e sicurezza percepita.
In controtendenza rispetto ai dati appena citati, sono, invece, gli omicidi familiari e passionali, e questo è un altro degli aspetti preoccupanti legati a questa riforma. Dei 92 per omicidi e femminicidi commessi nel 2018, ben 28, cioè quasi uno su tre, sono stati compiuti da persone con regolare licenza per armi. Ribadisco allora che modificare la legge sulla legittima difesa, senza restringere le regole e i controlli sulla detenzione delle armi, potrebbe comportare un pericolo maggiore di omicidi e di vittime nei settori più indifesi, in particolare le donne, e non mi stancherò mai di ripeterlo, quelle stesse donne che volete proteggere dalla violenza con il codice rosso e che poi rischiate di mettere in pericolo con ogni evidenza con la riforma della legittima difesa.
Concludendo, colleghi, il Partito Democratico resta fedele all'idea che la difesa dei cittadini e la loro sicurezza spettino solo e unicamente allo Stato. Questo significa che il problema della sicurezza - lo ha ricordato lo stesso collega Verini - si affronta con più investimenti, più risorse per le forze dell'ordine, con misure volte a combattere il degrado, la marginalità e l'abbandono in particolare delle periferie. Per noi, la richiesta di maggiore protezione si affronta così e solo così, e non con il populismo legislativo che ormai sembra essere la cifra di questo Governo e che rischia di creare problemi di sicurezza ben più gravi di quelli che intenderebbe risolvere.