Dichiarazione di voto
Data: 
Martedì, 9 Aprile, 2024
Nome: 
Stefania Maria Marino

A.C. 851-A

Grazie, Presidente. Vorrei iniziare il mio intervento, dando la piena solidarietà rispetto alla tragedia che è successa agli operai dell'ENEL a Suviana. E a tutti coloro che, al momento, stanno intervenendo vorrei dare il nostro sostegno. Grazie, Presidente, oggi siamo chiamati a discutere e a valutare la proposta di legge n. 851-A, di cui sono relatrice, che riguarda le modifiche al decreto legislativo n. 198 del 2021, concernente la considerazione dei costi di produzione per la fissazione dei prezzi nei contratti di cessione dei prodotti agroalimentari e che contiene un'importantissima delega al Governo per la disciplina delle filiere di qualità nel sistema di produzione, importazione e distribuzione dei prodotti agroalimentari.

Questa proposta di legge riveste un'importanza cruciale per il settore agricolo e agroalimentare del nostro Paese. Essa mira a tutelare la redditività delle imprese agricole, stabilendo criteri chiari per la determinazione dei prezzi nei contratti di gestione e promuovendo la creazione di filiere di qualità rispettose di parametri specifici di qualità, sostenibilità ambientale, sociale ed economica, tutte questioni di dirimente importanza per il contesto storico, politico ed economico in cui ci troviamo ad operare e, peraltro, tutte misure fortemente richieste dal settore di riferimento, considerata anche la crisi che il comparto sta vivendo.

L'introduzione della definizione di costi di produzione rappresenta un passo significativo verso una maggiore trasparenza ed equità nei rapporti contrattuali tra fornitori e acquirenti nel settore agroalimentare. Questi costi, che comprendono una vasta gamma di fattori, come materie prime, energia, manodopera e fattori climatici, devono essere tenuti in considerazione nella determinazione dei prezzi dei prodotti agricoli e alimentari, sia nei contratti di cessione, sia negli accordi quadro stipulati dalle organizzazioni professionali.

Inoltre, la delega al Governo per disciplinare le filiere di qualità rappresenta un'opportunità per promuovere pratiche sostenibili e garantire standard elevati di produzione, importazione e distribuzione dei prodotti agroalimentari.

È essenziale che questo decreto, una volta adottato, si basi su principi solidi, che considerino l'interconnessione tra sostenibilità ambientale, sociale ed economica, nonché il rispetto dei diritti dei lavoratori e il benessere degli animali. Spetterà al Governo non deludere le attese e dare riscontro a quanto previsto dalla norma. C'è da augurarsi che il Governo utilizzi la delega per rispondere agli interessi generali. Vigileremo perché ciò avvenga, anche perché abbiamo potuto registrare, in questi primi 18 mesi di legislatura, le scorciatoie e le allegre interpretazioni del Governo, che mal si conciliavano con le leggi approvate.

Un altro aspetto cruciale in questa proposta di legge è il suo impatto sulla tutela della concorrenza nel settore agroalimentare. L'Unione europea ha riconosciuto la necessità di contrastare le pratiche commerciali sleali all'interno della filiera agricola e alimentare. Questa proposta di legge s'inserisce in questo contesto, recependo la direttiva dell'Unione europea (UE) 2019/633 e integrandola di ulteriori previsioni favorevoli ai nostri agricoltori contro ogni tipo di pratica sleale tra fornitori e acquirenti e, segnatamente, tra gli acquirenti della grande distribuzione e i fornitori, i quali spesso sono piccoli agricoltori di nicchia delle aree interne, che garantiscono la tenuta dei territori, dove l'unico settore economico è rappresentato dall'agricoltura e dalla zootecnia, con poco o assente potere negoziale, tendenzialmente obbligati a sottostare alle assurde condizioni dei venditori.

È un primo passo, questo, verso il cambiamento di voler affrontare i problemi del comparto, che, ripeto, sono sempre più pesanti.

Sono state anche introdotte una serie di modifiche che chiariscono il concetto di costi di produzione, prevedendo che questi comprendano: le spese sostenute dal fornitore per le materie prime, servizi legati alla produzione e alla commercializzazione, mezzi tecnici, energia, variazione dei costi della manodopera e diverse aree produttive, cicli di coltivazione, ubicazione geografica, tecniche di produzione, periodi di commercializzazione, vulnerabilità dei prodotti e volumi di produzione rispetto alle condizioni climatiche e agli eventi atmosferici eccezionali.

La necessità di chiarire così puntualmente il concetto di costi di produzione si spiega, poi, alla luce della lettera b) del primo articolo, nel quale si stabilisce che i prezzi definiti dai contratti di cessione debbano necessariamente tenere conto dei costi di produzione.

L'obiettivo è chiaro ed è quello di impedire alla grande produzione di imporre agli agricoltori le cosiddette vendite sottocosto, consentendo quindi agli stessi di imporre prezzi che tengano in considerazione anche eventuali aumenti di prezzi nei fattori produttivi, senza obbligarli a rispettare contratti che, a lungo andare, diventano obsoleti e minacciano fortemente la tenuta delle imprese agroalimentari, e che ha dimostrato di essere capace di mettere a repentaglio intere filiere come quella delle arance siciliane.

È chiaro che, in questo contesto, si fanno salve le condizioni contrattuali definite negli accordi quadro stipulati dalle organizzazioni professionali maggiormente rappresentative, ma è altresì essenziale ricordare che, anche in questo caso, si deve tener conto dei costi di produzione.

Mi preme, peraltro, ricordare che l'Italia è stata, negli ultimi tempi, soggetta a non pochi svantaggi dal punto di vista della competitività dei propri prodotti.

Un'ulteriore attestazione di questo, oltre a quelle già citate, è rappresentata da quanto accade giornalmente alla filiera non solo delle arance, ma anche a quella del grano e, più in generale, di tutti i prodotti che provengono non dagli Stati europei, rispetto a quelli, invece, degli Stati europei che rispettano pedissequamente il Green Deal e gli standard qualitativi imposti dall'Unione europea.

Le nostre filiere, quindi, sono sottoposte a controlli qualitativi molto stringenti e, al contempo, devono rispettare una serie di normative in ambito energetico e green, una fra tutte il Green Deal, che onerano moltissimo i nostri produttori; oneri che poi si riverberano necessariamente sui prezzi produttivi e, a cascata, sui prezzi finali a cui i produttori sono in grado di vendere.

Ora, nonostante la necessità di rispettare questa normativa e i controlli qualitativi, che peraltro dovrebbero andare a favore della filiera dal punto di vista della resa qualitativa e della sostenibilità ambientale dei prodotti, il paradosso è che i prodotti extra Unione europea importati in Unione europea non vengono sottoposti agli stessi controlli e agli stessi obblighi, con la conseguenza che entrano nel nostro mercato a prezzi largamente inferiori rispetto ai nostri, ponendosi in una competizione estremamente sleale con essi e lasciando alle nostre attività produttive essenzialmente due scelte.

Sono entrambe molto sfavorevoli per le nostre imprese: vendere a prezzi svantaggiosi per gli stessi produttori, pur di vendere, e vendere al prezzo giusto ma in quantità infinitamente inferiore rispetto a quella dei prodotti importati dai Paesi extraeuropei. Anziché procedere per spot inservibili ed affrontare queste criticità, ma utili nella sola logica della propaganda, il Governo avvii in Europa le procedure antidumping, sensibilizzando al contempo i consumatori verso acquisti consapevoli. Occorre creare una terza strada che vada a favore dei nostri produttori e che rispetti il principio della reciprocità, spesse volte leso. Dobbiamo consentirgli di vendere a prezzi corretti e in quantità maggiori, chiaramente non impedendo all'impresa extra UE di importare, ma quantomeno pretendere che i prodotti importati siano sottoposti agli stessi standard di qualità rispetto ai nostri.

Colleghi, c'è un motivo per il quale sin da subito il Partito Democratico ha voluto esprimere un voto favorevole a questa proposta di legge. Si tratta di un intervento semplice ma concreto, che non può che mettere d'accordo tutti. Maggiore conferma si ha dai dati che ci sono in riferimento alla qualità dei prodotti alimentari che dipendono dalla forza negoziale dei fornitori dei prodotti. Se quest'ultimi non dovranno sottostare ai prezzi al ribasso imposti dalla grande distribuzione, non dovranno compromettere la qualità dei prodotti per salvare le proprie imprese. A giovare di questo saremmo tutti noi, perché dalla qualità alimentare di un Paese dipende la sua qualità di vita e, in larga parte, anche la sua salute generale, oltre che, nel caso di Paesi come l'Italia, in cui la qualità alimentare è storicamente tra le più apprezzate al mondo e tra le produzioni agricole tra le più prolifiche, anche la tenuta economica. Dobbiamo registrare, però, che da parte del Governo non c'è la volontà di alzare l'asticella sui provvedimenti che rispondono agli interessi della nostra comunità, indipendentemente dalle collocazioni politiche. Come gruppo Partito Democratico abbiamo visto bocciare immotivatamente moltissimi emendamenti in favore di norme che hanno dell'assurdo, come l'abolizione della norma sull'esenzione contributiva di 2 anni per gli imprenditori agricoli under 40 in favore dell'introduzione di una legge che rende obbligatoria l'assicurazione sugli eventi catastrofici, la cui naturale conseguenza è quella di far schizzare i prezzi delle polizze, e la norma sull'esclusione del credito d'imposta per i carburanti. Infine, vorrei sottolineare l'importanza della collaborazione tra Stato e regioni in quest'ambito. La materia agricola è di competenza residuale delle regioni, ma è necessaria una collaborazione leale e costruttiva per garantire un quadro normativo efficace e armonizzato su tutto il territorio nazionale.

Concludo, Presidente. La proposta di legge su cui oggi andiamo ad esprimerci rappresenta un importante passo avanti per il settore agricolo e agroalimentare italiano. È fondamentale assicurare che questa legge sia approvata e attuata nel rispetto dei principi di equità, trasparenza e sostenibilità, garantendo così un futuro prospero per le nostre imprese agricole e una migliore qualità dei prodotti alimentari per i consumatori italiani ed europei. Però, perché questo sia possibile, è necessario che il Governo, differentemente dalle altre occasioni, utilizzi bene la delega che questa legge gli conferisce. Nell'esprimere il voto favorevole del gruppo del Partito Democratico ci auguriamo che le norme introdotte trovino concreta attuazione.