C. 2352 e abb
Grazie, Presidente. Vorrei partire anch'io dalla considerazione con cui ha aperto il suo intervento il collega del Partito Democratico, Matteo Richetti: io penso che abbia un grande valore il fatto che questa legge elettorale arrivi in quest'Aula, dopo molte ore di lavoro in Commissione, con un ampio consenso da parte dei quattro partiti più grandi, più rappresentati in questo Parlamento, Partito Democratico, Forza Italia, Cinque Stelle e Lega, e da parte di una comunità politica molto ampia, quella che avremmo voluto vedere unita fino alla fine a cercare il miglior compromesso possibile, la sintesi più alta anche in altre occasioni.
Devo dire, se la posso dire con una battuta, che l'unica vera disfida è stata nell'interlocuzione con il collega D'Attorre, di MDP, il quale cercava di sostenere che questo non è un sistema tedesco. Noi del Partito Democratico non abbiamo mai ritenuto che questo fosse un sistema tedesco. Questo è un sistema elettorale che si ispira al modello tedesco, che ha alcune similitudini con il sistema tedesco e che, in ragione di questo, ci è sembrato il punto di sintesi più alto, quello condiviso con tante forze politiche. Ma al di là di questa battuta, io penso che sia davvero seria la questione di un ampio consenso parlamentare su una delle questioni più delicate del nostro funzionamento democratico: la legge elettorale.
Ora qualche considerazione su da dove arriviamo. È già stato ricordato: arriviamo qui, arriviamo a questa legge, dai diversi appelli, prima, di Napolitano all'inizio di questa legislatura e, poi, del Presidente Mattarella, quando, dopo le varie correzioni della Consulta, ha chiesto a questo Parlamento, nell'ultima fase di legislatura, di rendere omogenee le due leggi corrette per Camera e Senato.
Arriviamo qui dopo il risultato negativo del referendum sulla riforma costituzionale, che ha segnato un punto significativo per i prossimi anni, ha segnato un destino che non sarà facile ribaltare in breve tempo, che è il destino di un assetto istituzionale che rimane tale dopo che tutti gli italiani, tutte le forze politiche si erano impegnati nelle varie campagne elettorali a mettere in evidenza quanto fosse urgente cambiarlo.
Ma arriviamo qui, se andiamo oltre a questi elementi più di carattere istituzionale, arriviamo qui con due domande implicite che ci vengono dai cittadini italiani e sono quelle attraverso le quali io guarderei questa legge elettorale che è all'esame della Camera; la prima: c'è una maggiore stabilità?
Dicevo: le due domande implicite che ci hanno rivolto i cittadini e ci stanno rivolgendo i cittadini da diverso tempo – e non è un caso che il Partito Democratico, da solo, si sia trovato a spingere fino in fondo per fare la riforma costituzionale – è: riusciamo, da questa legislatura, a far venir fuori e a costruire un assetto istituzionale più stabile per questo Paese oppure no?
La seconda domanda: riusciamo, da questa legislatura, dopo anni di Porcellum - e non solo di Porcellum, ma anche di Governi che hanno fatto delle scelte che noi abbiamo ritenuto fortemente sbagliate - ad avvicinare il rapporto tra cittadini ed eletti?
Penso che queste siano le domande che dobbiamo porci guardando questa legge, al di là dei dettagli, ma anche nei dettagli.
Allora sulla prima, dove con qualche approssimazione possiamo confondere il tema di maggior stabilità con una legge di impianto maggioritario, questa legge come risponde?
Io penso che risponda bene, perché questa legge comprende lo sbarramento al 5 per cento, che quindi è un tendere al maggioritario, a un sistema maggioritario, cioè a un sistema dove è più facile che nascano dei Governi dopo le elezioni, è un sistema che comprende i collegi uninominali, ovvero chiunque sarà candidato a Pavia, nel mio collegio, avrà il proprio nome stampato e tutti gli elettori di quel collegio, che con questi collegi sono dell'ordine di 2-300.000, potranno scegliere tra il nome stampato a fianco del Partito Democratico e il nome di un'altra persona, la storia di un'altra persona, a fianco del simbolo di un altro partito.
Questi sono due elementi di questa legge chiari, che fanno tendere il sistema verso quella stabilità evocata e richiesta ai cittadini.
La seconda domanda è quella del rapporto più stretto o meno tra cittadini ed eletti: penso che lo stesso collegio uninominale vada in questa direzione, di rispondere ad accorciare questa distanza. Penso che aver tolto la precedenza ai capilista dei listini e darla ai vincitori di collegio vada in questa direzione, penso che aver tolto le pluricandidature vada in questa direzione, penso che l'equilibrio di genere 60 e 40, ripartito tra le varie parti di questa legge, vada nella direzione di avvicinare il popolo italiano, nei due generi che lo rappresentano e che lo vivono quotidianamente, uomini e donne, e vada nella direzione di rappresentarlo al meglio.
Infine, io penso che sia un modo di avvicinare i cittadini agli eletti, i cittadini alle istituzioni e alla politica, quando esiste una legge elettorale che mette nelle condizioni tutte le parti politiche, quelle che ci sono e quelle che ci saranno, di competere, di correre.
Lo sbarramento del 5 per cento è superabile da tutte le forze politiche e la vittoria nei singoli collegi uninominali è ottenibile da tutte le forze politiche, che possono aggregarsi e vincere in ogni singolo collegio.
Questa è una legge che consente a tutte le forze politiche di arrivare al risultato di essere maggiormente rappresentate di altre in questo Parlamento.
Vorrei fare una precisazione poi sulla questione dei collegi, che è stata molto discussa in Commissione ed è stata anche oggetto di un'ampia riflessione, giustamente, perché è ovvio che nel momento in cui si fa una legge elettorale e contestualmente si predefiniscono i collegi o si usano delle basi già note per definire i collegi, si va a toccare nel vivo il funzionamento democratico di un Paese; allora, è giusto ribadire che esiste una delega al Governo, che di norma si occupa di questo aspetto, che questo Governo - questo o un altro - la delega la può esercitare fino all'ultimo giorno di vita di questa legislatura, che potenzialmente può essere ancora quasi dodici mesi e, infatti, la delega è di dodici mesi.
Esiste una delega in cui noi abbiamo scritto che in quindici giorni le Commissioni parlamentari rapidamente, quindi il più rapidamente possibile, daranno un proprio consenso a questa delega, quindi la delega c'è.
Certo è che abbiamo anche inserito una dicitura che dice che, qualora il Presidente della Repubblica ritenesse che le Camere debbano essere sciolte prima, per le ragioni che tutti sappiamo ovvero che abbiamo omogeneizzato la legge elettorale con questa operazione condivisa da tutti o da tanti, dalla maggior parte, era importante che ci fosse una base condivisa di collegi e abbiamo usato il Mattarellum, la base del Mattarellum per i collegi del Senato, proprio per questa ragione.
L'abbiamo usato in quella forma, usando i collegi del Senato, proprio per ridurre anche il problema dei collegi soprannumerari e, cioè, fare in modo che chi vince nel collegio ha quasi la certezza di essere eletto.
Finisco Presidente: io non so se questo atto sia realmente da considerare l'epilogo di questa legislatura, so che è un atto eccezionale per le ragioni che stiamo dicendo, cioè fuori dall'usuale proprio per l'ampio consenso parlamentare che sta acquisendo.
Ho finito davvero: so che, se la stessa responsabilità collettiva fosse stata garantita in altri passaggi, secondo me, questa legislatura avrebbe avuto risvolti molto più positivi per gli italiani e, invece, è finito tutto in capo al Partito Democratico.
Non so francamente quantificare quanto ci abbiamo perso, anche perché questo non è avvenuto; so che, se ripeteremo questo errore dopo delle elezioni con un sistema che comunque è per una parte certamente proporzionale, e forti e mossi dal principio che ogni partito è solo in funzione di un avversario, per la distinzione dall'avversario, io penso che sarà il mondo globale a dare una pagella all'Italia.