Data: 
Martedì, 6 Giugno, 2017
Nome: 
Barbara Pollastrini

C. 2352 e abb
 

Signor Presidente, altri miei colleghi sono intervenuti motivando il sostegno al testo che approda oggi in Aula, ma sono grata al mio gruppo per questi minuti nei quali forse introdurrò un punto di vista più personale. Anch'io prima però voglio ringraziare il relatore Fiano e il presidente Mazziotti Di Celso per un lavoro che in Commissione ha consentito un ascolto più maturo. La proposta iniziale, infatti, ha conosciuto alcuni miglioramenti: mi riferisco alla priorità di elezione per i più votati nei collegi uninominali, alla limitazione delle pluricandidature e alle norme sull'equilibrio della rappresentanza di genere. Tengo a dirlo perché sono emendamenti che anch'io, con altri colleghi, avevo depositato. E ora sento, però, il compito che questa Camera provi a correggere e a migliorare ancora l'impianto attualmente in discussione. Penso, in particolare, a come rafforzare il potere di scelta dei cittadini sui candidati, al rafforzamento delle norme sull'equilibrio di genere e ad altri punti discussi anche negli interventi precedenti.

Detto ciò, riconosco che l'impianto di questa proposta di legge è sostenuto da una larga intesa parlamentare. Ugualmente, so che quando si scrivono le regole questo dovrebbe essere sempre il metodo scelto. Forse posso dirlo con qualche coerenza, dal momento che al tempo dell'Italicum - non parlo della preistoria ma solo di alcuni anni fa - sono stata tra quanti vennero sostituiti in Commissione affari costituzionali e di lì a poco negarono su quel testo la fiducia al Governo e lo fecero per ragioni di metodo e per prevedibili difetti di costituzionalità, come poi avrebbe stabilito la Consulta.

Colleghe, colleghi, con la stessa onestà voglio dire qui della mia sofferenza e preoccupazione per l'epilogo della legislatura. Non mi riferisco alla data delle elezioni che verrà decisa dal Presidente della Repubblica spero dopo aver licenziato alcune leggi attese da anni.

Per la mia sensibilità voglio citare il fine vita, il reato di tortura e le nuove norme sulla cittadinanza. Ma ho parlato di preoccupazione e sofferenza perché sento la promessa mancata, forse non è un'esagerazione dire tradita, attorno al dovere costituzionale di questa legislatura. Ho rivisto immagini che abbiamo condiviso all'interno di quest'Aula: il mio gruppo segnato dalla ferita dei 101 voti mancati a Romano Prodi, il ritorno del Presidente Napolitano, l'affidamento al suo discorso e l'applauso che ha accompagnato l'ambizione del Parlamento più giovane e femminile della storia a completare finalmente riforme inseguite e mancate nell'arco di trent'anni. Ma ho rivisto anche questo emiciclo svuotato per metà dalle opposizioni, e, in particolare, da una destra imprigionata in toni irricevibili nel confronto decisivo sulla riforma costituzionale. Di lì la rincorsa al referendum di dicembre, che ha sancito la sconfitta non soltanto di una parte, ma di un intero ciclo politico.

Di fronte a un esito di questa natura, è evidente che ciascuno, sia egli espressione della maggioranza o delle opposizioni, sia come collettivo o come singolo, porta su di sé una quota di responsabilità, e, in primo luogo, la porta chi ha spinto il Paese su questa china. La legislatura nata per condurre l'Italia fuori dalla sua infinita transizione ha fallito il traguardo. Credo che sia anche la fotografia, questa, delle classi dirigenti, nella politica, ma, lo voglio dire, come in altri ambiti, in un Paese che non per caso stenta a riprendersi, anche perché troppo indifferente verso diseguaglianze immorali, povertà e mancanza di lavoro. Ecco, colleghe e colleghi, il punto nel quale ci troviamo oggi.

E forse ha ragione il professor Onida, quando scrive che la legge elettorale, questa legge elettorale, altro non fa che rispecchiare l'esistente. Tuttavia, proprio la scelta di un sistema proporzionale senza correttivi impone - questo è il punto - semmai ancora di più di dichiarare dove, con chi e con quali obiettivi si intende guidare il Paese. Resta, infatti, l'enorme nodo politico di fondo che in tanti segnalano come il vero problema del futuro: questo testo non risolve i rischi di ingovernabilità, non risolve i rischi di intese anomale, anzi li aggrava; intese anomale realizzate dopo la chiusura delle urne. Anche per ciò avrei voluto una legge che non chiudesse ogni spiraglio al formarsi di coalizioni da dichiarare prima del voto e alla luce del sole. Non vedo un assetto dinamico e più solidale in un'Italia guidata da un rassemblement di cosiddetti responsabili da contrapporre all'offensiva populista.

Resto convinta che solo una democrazia dell'alternanza, con soluzioni limpide e, per quanto mi riguarda, nel segno di un nuovo centrosinistra largo, civico, inclusivo, rappresenti ancora adesso il vero bene per la comunità e l'ancoraggio migliore a istituzioni solide e condivise. Anche per questo mi rivolgo certo al PD e alla sinistra fuori e dentro da qui, al campo progressista di Giuliano Pisapia, e non solo, perché si ricerchi il filo del dialogo e il filo dell'unità. Se poi alziamo lo sguardo all'Europa e al mondo, la cosa forse più importante per la politica, tutto ciò diventa semplicemente, semplicemente, davvero indispensabile.