Discussione sulle linee generali
Data: 
Martedì, 21 Giugno, 2016
Nome: 
Maino Marchi

A.C. 3828-A

Grazie, Presidente. Con questa legge e con quella ora all'esame del Senato sul pareggio di bilancio di regione e comuni, con la conseguente modifica della legge n. 243, completiamo un percorso avviato con le modifiche dell'articolo 81 della Costituzione, poi con la legge n. 243 rinforzata, di attuazione dell'articolo 81 e lo completiamo con le modifiche conseguenti alla legge di contabilità. 
Vorrei preliminarmente sottolineare due aspetti. Innanzitutto, sottolineo l'importanza di un'ampia condivisione dei gruppi parlamentari, trattandosi di una questione relativa alle regole. In questo caso si è registrata e lo si nota dalle firme dei presentatori, dal dibattito in Commissione, dal voto sul mandato al relatore, dal dibattito in quest'Aula. È la dimostrazione che sulle regole questa maggioranza è disponibile al più ampio confronto e a convergenze significative. Quando non si ha questo esito spesso non dipende da noi. Il MoVimento 5 Stelle non si può prendere il merito del buono senza votarlo. Il buono, a mio avviso, c'era già e insieme abbiamo prodotto dei miglioramenti.
Il secondo aspetto riguarda l'articolo 81 della Costituzione riformato, il cosiddetto pareggio di bilancio. C’è chi dà una connotazione negativa: imbrigliatura della politica, che non ha più spazio per fare scelte per lo sviluppo, la crescita, il lavoro e l'equità. Noi non abbiamo previsto un pareggio in senso stretto, ma l'equilibrio tra entrate e spese, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico.  Svolgo tre valutazioni. Per un Paese con un alto rapporto debito/PIL, come il nostro, è d'obbligo, di fatto, avere serietà dei conti con un'azione per l'equilibrio di bilancio, altrimenti si rischia il default, al di là delle regole europee, delle norme costituzionali. In secondo luogo, quella norma costituzionale non impedisce né la flessibilità né l'azione politica. Con il Governo Renzi, abbiamo spostato, con tre provvedimenti distinti, il pareggio strutturale di bilancio di tre anni, dal 2016 al 2019, seguendo le norme dell'articolo 81 e senza che l'Unione europea ce l'abbia impedito. In terzo luogo, il problema vero è cambiare le politiche europee: meno autorità, più sviluppo, più occupazione, più integrazione europea. E chi oggi in Europa più del Governo italiano, parlando di Governi, sta ponendo con forza questi temi ? 
Torno al merito più stretto della proposta di legge al nostro esame. Anche in questo caso, vi sono tre questioni politiche. Innanzitutto, il passaggio da due leggi (la legge di stabilità e la legge di bilancio) a una sola (la legge di bilancio, che nella prima sezione ha sostanzialmente i contenuti della precedente legge di stabilità e nella seconda incorpora, già nel disegno di legge del Governo, gli effetti sul bilancio della prima sezione) non è solo un fatto nominale o formale. 
Ha conseguenze sui documenti da presentare ed esaminare, sulla tempistica, ma soprattutto sull'obiettivo di fondo: fare esaminare e intervenire il Parlamento sul complesso delle entrate e delle spese, mentre finora è avvenuto solo sui contenuti della legge di stabilità, quindi, comunque, su aspetti marginali, almeno quantitativamente. Questa è la vera revisione della spesa: non solo un intervento tecnico, ma quel piano industriale della pubblica amministrazione a base zero di cui da tempo parliamo. Si tratta, quindi, di interventi per spendere meglio, non tanto per tagliare e basta. Ciò vale anche per l'entrata. È una riforma che, ritengo, ha bisogno di un'altra riforma, però, per funzionare: il superamento del bicameralismo paritario, come prevede la riforma costituzionale. Solo così ci sarà il tempo per coinvolgere davvero tutte le Commissioni e cambiare il modo di lavorare del Parlamento. 
Sottolineo altre conseguenze: più severità nell'impedire norme microsettoriali e localistiche; il superamento del Patto di stabilità interno (lo prevede la legge n. 243, lo si riprende qui). C’è il pareggio di bilancio, il come lo stabiliamo con le modifiche alla legge n. 243, in discussione al Senato. Poi, va sottolineata l'impossibilità dell'utilizzo dell'8 per mille e del 5 per mille per altri fini. È evidente, in tutto l'impianto, il collegamento e la coerenza con le regole e le procedure europee. Questa non può essere la sede né per cambiare le regole né per cambiare le politiche, ma in altre sedi lo stiamo facendo. 
La prima delle altre due questioni politiche è, brevemente, il superamento delle clausole di salvaguardia, obiettivo condivisibile per non avere coperture finanziarie parallele, per evitare meccanismi automatici di aumento della pressione fiscale, per intervenire in caso di sforamenti sul complesso delle spese o di un Ministero o dello Stato. Le modifiche introdotte in Commissione, con l'emendamento del relatore, del presidente della Commissione, rispetto al testo iniziale permettono, inoltre – questo credo che sia fondamentale –, di evitare qualsivoglia rischio di sospensione di diritti soggettivi con atti amministrativi. 
L'altro aspetto è la novità degli indicatori di benessere equo e sostenibile, che c’è attraverso il DEF, con la relazione del Ministro dell'economia e delle finanze, coinvolgendo l'ISTAT con un apposito comitato. Quindi, più informazioni, ma soprattutto non solo il PIL – come diceva anche l'onorevole Melilla – come indicatore misuratore di tutte le cose. Riprendiamo qui un lavoro importante, fatto nella precedente legislatura, richiesto, sollecitato continuamente – lo voglio ricordare – dall'onorevole Massimo Vannucci e a lui mi sento di dedicare l'approdo di oggi, frutto di significative convergenze politiche. Il ruolo di questa novità potrà aumentare dopo la prima fase e soprattutto se, a livello mondiale ed europeo, saranno assunti come indicatori determinanti per le politiche. È difficile, altrimenti, che lo si possa fare in un solo Paese. 
Quindi, concludo: è un buon provvedimento, anche se non c’è la programmazione a cinque o vent'anni, come chiesto dal MoVimento 5 Stelle. Ma anche l'URSS non c’è più e non possiamo rifarla con la legge di contabilità.