Discussione sulle linee generali
Data: 
Mercoledì, 16 Gennaio, 2019
Nome: 
Stefano Ceccanti

A.C. 1173-A

A.C. 726-727-1447

Relatore di minoranza.

Premesso che quello che ha detto il collega Fornaro è stato sostenuto anche dai colleghi del gruppo PD del Senato, che hanno rimarcato una eccessiva ristrettezza dei criteri di ammissibilità, e quindi, visto che poi dovremo esaminarlo noi, è vero che noi potremo distanziarci da quei criteri, come diceva poco fa informalmente anche il Presidente, però, forse, se lo uniformassimo già a priori, avendo ancora la possibilità, la Presidente Casellati, di correggere l'ammissibilità per l'Aula, forse non sarebbe male.

Chiusa questa parentesi, vengo però alla relazione di minoranza. Io ho presentato un testo scritto integrale, quindi mi limito a focalizzare i problemi. Perché noi abbiamo una posizione di contrarietà molto forte a questo testo, nonostante che uno dei tre macroproblemi, che avevamo sottolineato a dire la verità non solo noi ma l'unanimità degli esperti, quello del quorum, su cui non torno? Perché di questi tre problemi - ne sono rimasti due - ne basta uno solo a configurare un modello che stride con quei principi costituzionali.

Noi abbiamo in Costituzione l'abrogativo. L'abrogativo è un correttivo della democrazia rappresentativa, non si propone di sostituirla. È abbastanza evidente perché: perché toglie solo delle norme, anche se poi, attraverso il taglio delle norme abbiamo tutti imparato anche a costruire, in qualche modo, delle norme. Si può benissimo inserire il propositivo, cioè è pieno di proposte, nelle scorse legislature, di inserire il propositivo: tra l'altro, io ne avevo presentata una, prima di quella della maggioranza, ma tutte le commissioni per le riforme l'hanno proposta; in ultimo, c'è il bel lavoro della commissione di esperti del Governo Letta, che ha un punto specifico sul propositivo.

Però, anche il propositivo va sempre impostato come correttivo della democrazia rappresentativa e non come sostitutivo, questo è il problema. Quali sono i due punti su cui ancora il testo lo configura come alternativo, invece che come correttivo? Il primo è il problema dei limiti: se noi passiamo, per così dire, dalle armi convenzionali - il referendum abrogativo - all'arma nucleare - il referendum propositivo -, perché è un'arma nucleare scrivere direttamente in positivo una legge, è evidente che i limiti devono essere almeno uguali a quello delle armi convenzionali, tendenzialmente di più, perché appunto lo strumento è più potente.

In particolar modo, stridono i limiti sulle leggi di spesa, perché se voi andate a vedere in particolare il rapporto dei saggi del Governo Letta, dice: mi raccomando non vanno inseriti su testi che incidono su entrate o spese, perché il Parlamento che ci sta a fare? Fondamentalmente la legge di bilancio: no taxation without representation, non può diventare no taxation without referendum, altrimenti non si giustifica più neanche l'elezione del Parlamento. Un conto è se io faccio un referendum su una legge che ha conseguenze sulle spese, tendenzialmente un po' tutte le leggi hanno conseguenze sulle spese, ma un conto è se io, surrettiziamente, faccio una legge di bilancio per via referendaria. È vero che la legge di bilancio in quanto tale, essendo una iniziativa riservata del Governo, non è referendabile, ma se io costruisco un grappolo di tre quesiti, per esempio sulla flat tax, sul reddito di cittadinanza e su “quota 100”, io riscrivo, con tre quesiti propositivi, una intera legge di bilancio; dopodiché, appunto, non si capisce che ci sta a fare il Parlamento.

L'altro punto è la materia penale, perché è evidente a tutti che c'è un rischio di demagogia in ambito penale - non vorrei entrare nella polemica spicciola su come si esibiscono i condannati nell'arena pubblica in questi giorni, ci sono oggi, per fortuna, alcuni giornali che insistono sulla differenza tra la certezza della pena e l'esibire in maniera demagogica questo - però, queste cose si possono riprodurre anche su iniziative referendarie su reati, possono accadere dei fatti di cronaca, per cui uno propone pene spropositate che passano magari a furor di popolo. Stiamo bene attenti a quello che facciamo.

E questo è anche l'argomento chiave per un controllo preventivo forte, non solo genericamente di ammissibilità, ma di costituzionalità. È vero che questo non c'è sull'abrogativo, ma con l'abrogativo io tolgo norme e quindi è logico che preventivamente ci sia solo un giudizio di ammissibilità per le materie proibite e che il giudizio di costituzionalità sia successivo, ma si presuppone, fra l'altro, che quelle norme siano già state controllate dalla Corte; per cui, amputando solo norme, non c'è il problema di un controllo di costituzionalità preventivo. Ma se io creo il propositivo, creo delle leggi a forti rischi di incostituzionalità. Queste leggi non le può controllare in maniera efficace il Presidente della Repubblica, perché al Presidente della Repubblica arrivano già votate dal corpo elettorale. Quindi, a differenza del rinvio presidenziale sulle leggi delle Camere, un Presidente dovrebbe rinviare una legge votata o proposta dal corpo elettorale oppure votata dal Parlamento, già sottoposta a referendum, e obiettivamente un rinvio presidenziale è più complicato.

Quindi, proprio su leggi di questo tipo, prima che si arrivi a un voto popolare di massa con milioni di elettori, più di 12 milioni e mezzo, che votino “sì”, si giustifica pienamente un controllo preventivo pieno della Corte costituzionale su questo. Questo è un elemento di garanzia fondamentale del quadro d'insieme e che non c'entra col controllo successivo, si aggiunge al controllo successivo.

Il controllo successivo è un controllo concreto, in cui si va a vedere puntualmente se l'applicazione della norma… Quando noi approviamo una norma non sappiamo come possa essere interpretata, e quindi il controllo successivo risponde a questo: l'impatto della legge nel concreto; invece il controllo preventivo ti risolve il problema di norme che a priori si capisce che sono incostituzionali. Fra l'altro io credo che dovremmo introdurlo su proposta di significative minoranze parlamentari anche per le leggi del Parlamento, perché questo aiuterebbe anche a ridurre il nostro dibatto di polemica sulla costituzionalità delle leggi quando noi parliamo delle pregiudiziali, e così via. Quindi questo è il primo macro-problema, il problema dei limiti che riguarda materia di bilancio, che riguarda materia penale e che riguarda il controllo della Corte.

Il secondo macro-problema è il problema di come si imposta il rapporto tra la proposta popolare e il contro-progetto parlamentare. Ora, è ovvio che se c'è un referendum propositivo, un'iniziativa popolare, il Parlamento non fa niente o la boccia, si vada ad un referendum: questo rientra nelle cose pacifiche. Qui però le cose sono impostate in modo tale che nel momento in cui la proposta popolare è presentata c'è un automatismo, e quella, qualsiasi cosa faccia il Parlamento, va al voto come tale. Quindi è una sorta di strumento non negoziabile: il Parlamento può anche andare nella medesima direzione e cambiare una virgola e si fa il referendum lo stesso. Questa è un'impostazione antiparlamentare del testo, perché noi siamo giustamente abituati all'abrogativo: nell'abrogativo… Ora, mi esprimo in termine non tecnico, la Corte Costituzionale usa un altro linguaggio, ma la sostanza, per farci capire da tutti, è: se il Parlamento va nella direzione voluta dai promotori, il referendum non si tiene, ed è un giudice terzo, la Corte di cassazione, che valuta se la direzione è veramente quella dei promotori, nel qual caso il referendum è superato; oppure, se la direzione non è quella, la Corte di cassazione traspone il quesito sulla nuova normativa: ormai queste tecniche referendarie le conosciamo tutti perché le abbiamo utilizzate. Perché non fare la stessa cosa anche nei riguardi del propositivo? E quindi assumere la possibilità che il Parlamento, nella discussione parlamentare, vada nella direzione, raggiunga un altro livello di maturazione del testo e renda superfluo il voto. Perché dobbiamo a tutti i costi mettere in contrapposizione il testo del Parlamento e il testo del corpo elettorale anche quando la direzione è la stessa? Questo è il punto.

Ma poi, nel caso in cui il Parlamento intervenga e vada in altra direzione, perché creare un meccanismo barocco in cui dobbiamo mettere al voto degli elettori tre quesiti? Vuoi tu il testo il del Parlamento o lo status quo, vuoi tu il testo del corpo elettorale o lo status quo o facciamo uno spareggio? È evidente che se il Parlamento decide in senso diverso, come accade sull'abrogativo, a quel punto è il Parlamento che ha scelto, non il corpo elettorale, è il Parlamento che ha scelto di dire: noi abbiamo fatto una proposta in una direzione diversa da quella del corpo elettorale, le alternative sono queste. È il Parlamento che si assume la responsabilità di agire in senso diverso; ma non bisogna costruire una scheda, magari con più consultazioni in contemporanea, abbiamo dieci schede con tre quesiti per ogni scheda! Questa è una cosa che va a colpire molto la capacità dell'elettore di discernere che cosa vota. Ve le immaginate dieci schede lo stesso giorno, con tre quesiti per ogni scheda?

Ma al limite… Noi siamo radicalmente contrari a questo modo di impostare la consultazione, anche perché rende difficile agli elettori capire; però al limite…

Mi date ancora un minuto? Io eviterei davvero di fare la cosa che è scritta, che abbiamo capito solo alla fine che è scritta così, per cui al terzo decisivo quesito possono votare solo quelli che hanno votato due “sì”: perché se mi dite che volete imitare la Costituzione svizzera, che ha questo meccanismo barocco, il meccanismo è barocco ed è sbagliato, però perlomeno al terzo quesito si chiede a tutti gli elettori cosa vogliono. Allora se un gruppo di giovani, per esempio, è contrario ad un'iniziativa demagogica sulle pensioni, quella popolare vuole “quota 80”, il Parlamento vota quota 100, un gruppo di giovani che si sente leso dall'equilibrio del sistema pensionistico può voler votare “no” a tutti e due, ma se tutti e due passano vorrà poter votare il male minore nella terza, e dire: preferisco, se proprio deve passarne una, “quota 100” anziché “quota 80”.Guardate che questo, oltre che essere sbagliato, incide sulla libertà e l'uguaglianza del voto, perché nel quesito decisivo una parte degli elettori non può votare, non può scegliere il male minore: questo è ai limiti dell'assurdo!

Chiuderei quindi dicendo questo: cerchiamo seriamente di concentrarci su questi macro-problemi, che rendono il testo fortemente stridente con i princìpi supremi, perché capita molto spesso che vengano enunciati in buona fede dei begli obiettivi. Qui ci vengono promesse le valli dalla Svizzera o il sole della California, ma non vorrei che invece finissimo in Polonia o in Ungheria, nelle democrazie illiberali dell'Est, o finissimo nell'Argentina di Juan Domingo Perón, perché spesso non volendo si parte in una direzione ma purtroppo si finisce nella direzione opposta. Invito tutti a rileggere online, la rivista Mondoperaio ha ripubblicato il testo di Norberto Bobbio del 1975 Quali alternative alla democrazia rappresentativa?: Norberto Bobbio ci dice che fin qui tutti quelli che hanno cercato il meglio per andare oltre la democrazia rappresentativa sono finiti della non democrazia. Stiamo attenti a quello che facciamo