Discussione generale
Data: 
Lunedì, 11 Maggio, 2020
Nome: 
Stefano Ceccanti

Presidente, io penso che dobbiamo affrontare questo dibattito tutti quanti con grande senso di umiltà e di non faziosità, perché, in una situazione d'emergenza inedita come la presente, la prima preoccupazione di qualsiasi decisore pubblico è di non commettere peccati di omissione. Per cui, rispetto al rischio di peccati di omissione, anche procedere per prova ed errore, facendo degli errori, come tutti hanno fatto in questa gestione, è inevitabile. Quindi eviterei di attaccare qualsiasi governante che si sia trovato a gestire quest'emergenza, a livello nazionale, a livello regionale, a livello comunale, di diversi orientamenti politici, perché molti errori sono stati fatti, ma è tutto da dimostrare che altri governanti al posto di quelli che si sono trovati in questa situazione avrebbero fatto meglio. Quindi un atteggiamento d'umiltà è forse il modo migliore per evitare di ripeterli in futuro. Vorrei citare un letterato, Arguedas, peruviano, che diceva: è meno quello che siamo della grande speranza che speriamo. Ciascuno di noi ha dei grandi convincimenti anche su come deve essere affrontata questa emergenza, ma gli strumenti che noi abbiamo per capire, per orientare, sono comunque molto deboli, e spesso da soli sbaglieremmo, quindi abbiamo l'esigenza di collaborare di più, tra Governo e Parlamento, maggioranza e opposizione, la rete degli enti locali e regionali. Per questo a me non convince molto il tono complessivo della mozione dei gruppi d'opposizione, anche se poi plana su impegni tutto sommato sensati e convergenti con quelli di maggioranza. Non mi convince perché tende a mescolare problemi specifici, come gli ultimi che ricordava prima il collega, che però non si affrontano in una mozione ma si affrontano sul provvedimento specifico (quando avremo il decreto sulla app, la conversione del decreto, vedremo se emendare il decreto sulla app, se esso è deficitario in più punti, che è possibile, lo vedremo, lo valuteremo), con un'impostazione generale che mette in discussione la legittimità complessiva, cioè il fatto che noi siamo uno Stato di diritto. Allora, la situazione complessiva ha delle imperfezioni evidenti, e lavoriamo su queste mozioni anche per superarle, ma non si può mescolare la critica a singoli errori che ci possono essere con l'idea che siamo in una situazione fuori dai canoni dello Stato di diritto e dallo Stato costituzionale. Anche la descrizione di come si esce dalla “fase 1” - la banalizzo, magari è una estremizzazione - che sembra ricavarsi dalla mozione, cioè che siamo stati in una fase 1 quasi emergenziale, con violazione dello Stato di diritto, e improvvisamente dobbiamo passare alla “fase 2” senza limiti ai diritti, obiettivamente ciò è poco sostenibile. Noi possiamo sostenere che da qui in poi, in questo processo, le limitazioni ai diritti, se le situazioni epidemiologiche lo consentono, progressivamente siano ridotte fino ad essere annullate. Ma è un processo, non è un momento miracolistico in cui possiamo eliminare tutti questi limiti. E anche alcune cose sono francamente estremizzate: già abbiamo risolto agevolmente, con un buon dibattito parlamentare, la settimana scorsa, la questione della libertà di culto, ma la mozione affronta la questione della libertà di culto in modo sbagliato, perché l'affronta solo relativamente alla confessione di maggioranza, la Chiesa cattolica.

Ma l'articolo 19 della Costituzione, appunto per partire dalla Costituzione, dice: tutti hanno il diritto di professare liberamente la propria fede religiosa, e così via; quindi è di tutti. Quando si parla di libertà di culto, si parte dal 19, la libertà di tutti, e poi si va al 7, la Chiesa cattolica, all'8, le con le intese con le confessioni diverse dalla cattolica.

Così erano impostati i nostri emendamenti parlamentari e così era impostato anche l'emendamento parlamentare del collega Occhiuto, di Forza Italia, ed è la soluzione che, poi, è prevalsa, con una spinta parlamentare significativa e l'Amministrazione che si è attivata, aprendo il tavolo con la Conferenza episcopale, già chiuso, e quello con le confessioni diverse dalla cattolica che è in corso di chiusura, in modo che tutti possano avere delle limitazioni solo ragionevoli a partire dal giorno 18 per la libertà di culto.

Ma anche il modo un po' rozzo con cui è descritta una proposta, quella della clausola di supremazia presentata in alcuni emendamenti di alcuni deputati delle forze di maggioranza, è un pochino surreale, perché sembra che, improvvisamente, in questo rapporto che va benissimo di gestione tra Stato e regioni, su cui è lecito avere dei dubbi, improvvisamente, irrompa dalla maggioranza una proposta originale e ipercentralistica che sarebbe quella della clausola di supremazia. Io ricordo ai firmatari della mozione che la riforma costituzionale del centrodestra approvata dal Parlamento nel 2005, bocciata dal referendum nel 2006, aveva la seguente norma che è molto più radicale delle norme che sono state presentate dai parlamentari della maggioranza; la leggo per ricordare a loro, che se la sono scordata, che cosa diceva: “Il Governo, qualora ritenga che una legge regionale o parte di essa pregiudichi l'interesse nazionale della Repubblica, entro quindici giorni dalla sua pubblicazione, invita la regione a rimuovere le disposizioni pregiudizievoli. Qualora entro i successivi quindici giorni il consiglio regionale non rimuova la causa del pregiudizio, il Governo entro gli ulteriori 15 giorni sottopone la questione al Parlamento in seduta comune che, entro gli ulteriori 15 giorni, con deliberazione adottata a maggioranza assoluta dei propri componenti può annullare la legge o sue disposizioni. Il Presidente della Repubblica, entro i successivi dieci giorni, emana il conseguente decreto di annullamento”. Questa era la clausola di supremazia nella proposta di legge del centrodestra, nettamente più forte e più stringente di quelle che sono state presentate dai parlamentari della maggioranza. Ne discuteremo, però, evidentemente, il centrodestra non può far finta di non aver scritto queste cose e dire che, di per sé, una qualsiasi clausola sarebbe sbagliata.

Per questo, la mozione di maggioranza ricorda tre elementi chiave, sulla base dei quali è evidente che noi, pur con problemi e criticità, ci siamo sempre mossi, in un quadro di legittimità costituzionale. Anzitutto, mai, questa emergenza è stata senza un limite; il limite è quello dello stato di emergenza sanitaria di sei mesi: fine gennaio-fine luglio; quindi, non c'è nessuna assenza di limiti, tipica, invece, di altri ordinamenti ai confini, ormai, purtroppo, dello Stato democratico liberale, come quello ungherese, se non oltre questo confine.

Il secondo è che il decreto-legge n. 19 del 2020 che stiamo convertendo in questi giorni ha presentato una tipizzazione dei contenuti precisi dei DPCM che non possono oltrepassare quei confini. Ovviamente, come tutte le cose, è perfettibile, stiamo discutendo su emendamenti al decreto-legge n. 19 del 2020, anche provenienti dalla maggioranza, e, quindi, va tutto benissimo, però non possiamo dire che da quel giorno, mi sembra, il 25 marzo, in cui è stato emanato il decreto-legge n. 19 non si sia rientrati in una fisiologia di sistema, appianando alcune difficoltà delle prime fonti che erano state emanate. Il terzo, è il DPCM del 25 aprile che ha iniziato il processo di ridurre le limitazioni ai diritti; quindi, può essere senz'altro criticato, però, pur criticandolo, tutti devono riconoscere che si è mosso per ridurre la limitazione dei diritti, non per introdurne di ulteriori.

Detto questo, la mozione di maggioranza non è una apologia di tutte le singole misure varate e neanche della situazione attuale; infatti, la mozione di maggioranza non dice che tutto va bene, ma, in sostanza, che cosa ci dice? Dice che lo strumento su cui si è fondata questa fase di DPCM deve essere il più possibile ridotto e per questo le proposte di parlamentarizzazione non servono solo a parlamentarizzarli, ma a disincentivarli, perché se noi dicessimo solo che non vogliamo i DPCM, ma che vogliamo solo i decreti-legge, è difficile - lo dico al collega di prima - dire che non vogliamo neanche i decreti-legge, perché l'emergenza c'è; quando l'emergenza sarà finita speriamo di avere meno decreti-legge e di avere più legislazione ordinaria normale, ma fino ad allora è ovvio che noi avremo decreti-legge e conversione di decreti.

Allora, se io inserisco degli elementi di parlamentarizzazione dei DPCM, creo un disincentivo a usare i DPCM; per certi versi è più importante questo effetto indiretto di quello diretto sulla parlamentarizzazione stessa. E, poi, appunto, io penso che si possa anche andare al di là delle norme e penso che il Presidente del Consiglio farebbe benissimo ad andare al di là delle norme, perché questi elementi parlamentarizzazione, che discuteremo domani e che approveremo, entreranno in vigore dopo l'emanazione del nuovo DPCM annunciato, che regolerà il funzionamento del nostro Paese dal 18 maggio. Però io penso che sarebbe un segno importantissimo della nuova fase - il Governo ci dice che siamo nella “fase 2” - se, per così dire, anche il Presidente del Consiglio riuscisse ad anticipare la norma, venendo direttamente qui, a spiegarci il nuovo DPCM, il suo senso, il suo significato, la sua direzione, anche perché sarà probabilmente l'ultimo dei più impegnativi DPCM, almeno lo speriamo, con la riduzione dell'emergenza.

Quindi, io penso che si possa chiedere al Governo, al di là di accettare questi impegni ulteriori a ricorrere allo strumento fisiologico dei decreti e comunque a parlamentarizzare i DPCM, di anticipare la norma con i propri comportamenti, perché, appunto, vale per tutti noi l'avvertimento che serve umiltà e che il Paese capisce l'umiltà e capisce l'assenza di faziosità; mai come nelle situazioni di emergenza, è questo che dobbiamo praticare. È meno quello che siamo della grande speranza che speriamo: vale per tutti.